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Autore: Fanny Jumping Sparrow    14/02/2013    8 recensioni
Due uomini tanto diversi quanto accomunati da uno stesso destino di solitudine da condividere con una stessa muta compagna di legno.
Sono io a scegliere il mio fato.
Se così fosse non lo si definirebbe fato.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Davy Jones, Will Turner
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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In tanti anni di militanza in questo sito e fandom non mi è mai capitato di riuscire a concludere ff tematiche collegate a particolari ricorrenze.

Quest'anno m'è uscita sta cosa di una tristezza infinita, che in realtà avevo già abbozzato da qualche mese, dopo aver visto la scena tagliata da La maledizione del forziere fantasma di cui io ho tradotto i dialoghi e che potete vedere qui http://www.youtube.com/watch?v=MMIhLXuuw3c a partire dal minuto 1:00.

Ringrazio già da ora chi vorrà leggerla o lasciarmi un suo breve parere.

Astenersi chi non vuole gli vadano i cioccolatini di traverso...

Siate spietati!

(Io torno da Jackie ^^)



Married to the ship

“Ciò che un uomo è disposto o meno a rischiare: questa è una misura della sua anima.”
“Io scommetto dieci anni di schiavitù.”


Lanciamo dei volgari dadi su questo lercio banchetto, ma non è una semplice partita quella che stiamo giocando. È un contratto irreversibile: la posta in palio è la dannazione eterna.

Ho solcato migliaia di leghe, interrogato innumerevoli volti sfigurati dal terrore, udito le peggiori bestemmie, ignorato le più patetiche preghiere; torturato ed ucciso con la più arbitraria crudeltà.

Ed ho imparato che gli uomini sono profondamente egoisti, al pari di quanto sono avidamente attaccati a questo triste e folle mondo, al punto che per non abbandonarlo salverebbero perfino gli infimi granelli di loro stessi.

In molti hanno accettato di rinnegare e corrompere le sembianze che ha dato loro il Creatore, tramutandosi in mostri, non meno orribili delle sordide anime che sperano di continuare a nascondere al suo implacabile giudizio.

Non possono tuttavia sottrarsi al mio, quanti, per temerarietà o incoscienza, osano sfidare il mare.
Su di esso io detengo lo scettro supremo della vita o della morte.

 … O meglio del fittizio riscatto o della condanna perpetua.


“In cambio della tua libertà?”
“In cambio della libertà di mio padre.”


Ho creduto di aver soppresso per sempre l’inutile battito del mio defunto cuore spezzato dall’odio, e che nulla potesse più scalfirne i laidi brandelli.

Incancrenite si sono le mie pupille di grezzo sale, appestato è il mio sangue della torrenziale disperazione che alberga in chi invoca il mio vincolante aiuto.

È talmente raro, per non dire impossibile, incappare in qualcuno così nobile e spassionato da essere disposto a barattare se stesso per salvare un altro relitto umano.

Ma il mozzo non batte ciglio.

Lo osservo con scrupolo, fiutando un inganno. In fin dei conti lo ha mandato quel vigliacco bugiardo di Jack Sparrow.

“Tu sei un uomo disperato. Qual è la causa? ...”

Ad un tratto mi sovvengono le sue sfuggenti parole, presumibilmente vere.

“È innamorato.”

Oh sì.

“Può essere soltanto una donna.”


Anche se non ha accennato in alcun modo a lei, riesco a cogliere la vivida e funesta scintilla che lo avvampa, con la stessa facilità con cui potrei squarciargli il petto. Fa palpitare i suoi occhi limpidi e dona una calda sfumatura alla sua voce ferma e sicura.


“Una donna non deve per forza portarti alla disperazione. Se scegli la donna giusta.”


È straziante imbattersi in qualcuno che nutre ancora una radicata e genuina fede nel più orrido e distruttivo dei sentimenti.
Trovo quasi insensato infliggergli altri tormenti.

Questo sciocco ragazzo è già condannato. Non lo sa il suo animo candido, ignaro, fidente, che penzola sull’orlo di un baratro senza fondo, gelido e atro.

Sarebbe un atto di misericordia risparmiargli l’amara sorpresa di scoprirlo da solo.

“È promesso”.

Non si dovrebbe promettere neppure una pagliuzza a chi è nato per trascinarti con sé in un’arida voragine infestata di rovi velenosi che ti attanaglieranno la carne, rendendola macera putredine, ripudiata da tutti.

Non si dovrebbe mai riporre la speranza di un benevolo sorriso in una creatura degli inferi che esiste solo per infonderti tormento infinito.

Ed è inutile ancorarsi a qualcuno. Le scelte decisive si compiono da soli, e soli si muore, alla fine.

Io stesso ho commesso tutti questi osceni errori …

E intuisco chiaramente la prevedibile parabola che rende la sua sorte tanto simile alla mia.

Questo povero illuso galleggia in una nauseabonda ubriacatura che lo induce a credere di poter affrontare a testa alta le più cocenti sconfitte.

Neanche l’ombra dell’ineludibile male che lo circonda sembra intaccarlo.

Tenace, devoto, umile, fervente.
Il suo audace parlare rievoca atroci ricordi ...

Quanto tragicamente somiglia all’uomo che fui.

Tanto scellerato da asservire la mia libertà allo stolto sogno di confinarla per pochi minuti di ardore tra le mie braccia, così da sentirmi padrone e non schiavo di quello sporco inganno con cui aveva destato il mio smorto spirito.

Invece pallidi raggi freddi furono le sue languide carezze, falsa la luce, falso il calore che dispensavano.

Il nostro incontro non è stato che un’eclissi: ci siamo toccati, abbiamo creduto di esserci fusi in un’unica realtà, ma poi ognuno di noi, astri orbitanti in un firmamento troppo vasto e perturbato, ha ripreso a percorrere il proprio cammino.

Ci siamo persi.

Molti decenni sono decorsi e non uno di essi ho sfruttato per tornare da lei, che non ha voluto aspettarmi un misero, fatidico giorno.

E, relegato su questa nave, non è spirato un singolo minuto che non maledicessi quelle preziose ore lasciate consumare dalla marea che m’ha tenuto lontano da quell’immutabile richiamo.

Sappi, però, che non hai vinto su di me: mi hai estirpato solo uno stupido muscolo malandato, io ti ho estorto tutto ciò che eri, mia Calypso.

Sono diventato te. In fondo tu non sei più nulla.

Cristallizzata in una scialba e umana apparenza, forse ti sarai divertita nel sedurre qualche derelitto che ha perso la rotta, smarrendosi nel tuo lussurioso fascino di sirena, della cui vera forma solo io serbo memoria.

Chissà quali affascinanti sembianze possiede l’incantatrice che ha abbindolato con sì cieco furore questo sventurato, tanto da spingerlo ad affrontarmi con cotale gran faccia tosta.

Chissà se con lei ha già provato l’intossicante ottenebramento della carne, o se, trepidante e casto, sta preservandosi quella traviante consunzione al dì delle infauste sospirate nozze.

Se così fosse, sarebbe una delicata primizia da custodire gelosamente in quest’immondo vascello di peccatori senza semenza.


“Adesso ricordo. Tu sei quello che spera di sposarsi … Ma il tuo fato è di essere sposato a questa nave.”


È una perla rara che potrei pretendere di tenere con me per saggiare il gusto ignoto di salvare per davvero qualcuno, obbedendo al compito che spontaneamente intrapresi tanto tempo fa.  

Sono io a scegliere il mio fato.
Se così fosse non lo si definirebbe fato.




Non posso arrendermi all’idea che sia tutto affidato ad un casuale lancio di dadi.

A menzogne travestite di speranza e scaltrezza.

C’è di più in questo mondo.

Sarò pur stato ingannato da quell’imbroglione senza scrupoli di Jack Sparrow, ma voglio credere che abbia scorto in me quella possibilità e quella motivazione di cui lui si sentiva privo.

E non si sbagliava. In questo momento io ho voluto sfidare Davy Jones, il demonio che fa tremare i polsi a chiunque ne avverta il solo nome.

Un demonio dilaniato da un antico sentimento tradito, che sorride solo calpestando le disgrazie altrui, si sazia della loro miseria per dimenticare la propria.

Sotto quell’immorale e viscida scorza deve per forza esserci ancora un residuo dell’uomo che, come ogni altro, ha tribolato di fronte ad una donna, che è naufragato in un’inspiegabile abbagliante emozione.

Amare dovrebbe far sentire vivi, capaci di qualsiasi azione, anche la più disperata e avventata.

Fors’anche di uccidere, lenendo il rimorso di aver macchiato il proprio onore; o di morire, alleviando il rimpianto di non aver toccato quella dolce soglia che tutti gli amanti bramano raggiungere per suggellare la loro unione.

Parla di rischiare, ma in verità la vita non ha più alcun valore per lui.

Come può averlo dimenticato e travisato?

Ogni suo freddo sguardo fremente di collera sembra suggerirmelo.

È davvero così terribile perdere la fede nella persona amata?

No.  Se vuole spaventarmi si illude.

Io non potrei mai diventare come lui.

Andrò sempre avanti.


Un’altra partita.


Ha graziato quel pezzente traditore di suo padre, e, anziché accontentarsi dell’indecente fortuna, persiste nel voler affondare nel pericolo più torbido, provocandomi ancora come mai nessuno ha osato in tanti onorati lustri di comando trascorsi su questo veliero.

Non puoi battere il diavolo due volte, figliolo.
Allora perché te ne stai andando?

La sua strenua caparbietà infonde un tiepido soffio di vigore alle mie vene secche ed indurite dal rancore. Un formicolio fastidioso, spiazzante ed inconcepibile si fa spazio dentro di me.

È qui per strapparmi il timone dell’Olandese Volante.

Delle svariate anime dannate che ho raccolto, la sua è l’unica che potrebbe reclamare il mio posto.

Se può donarsi con tale dedizione ad una donna, potrà avere cura della mia fedele compagna di battaglia, di colei che fu muta spettatrice della mia sciagura e che è parte inseparabile di me.

La posta?
La mia anima. Un’eternità di schiavitù.

La tentazione di inebriarmi della sua lenta agonia è irresistibile ...




L’ho battuto il diavolo.

In una maniera assolutamente discordante da quella che mi ero prefissato, offuscato com’ero da un roseo ottimismo.

Ripenso con tenerezza e nostalgia ai timori che m’affliggevano, alle piccole e grandi verità non dette per cui ho sofferto, alle impensabili prove del destino che ho superato.

Sì: ho sconfitto il diavolo.

Ma niente è andato come avevo vagheggiato.

Ho perso il timone della mia vita.

I mari oltre i confini della mappa sono così silenziosi e monotoni da ammattire perfino il marinaio più consumato.

Conosco questa nave a palmo a palmo, ogni venatura, ogni scricchiolio, mentre sto dimenticando il suono della sua voce, la soavità del suo sorriso, il riflesso dei suoi occhi, il sapore della sua bocca.

Sono sposato a questa nave molto più di quanto non lo sia alla mia indomita e leggiadra Elizabeth.

Mi sforzo di aggrapparmi a quei pochi palpiti in cui è stata mia, ma ogni anno che passa le onde li erodono. E non so se potranno essercene altri nella vuota eternità che inesorabile mi attende.

L’ho desiderata come la terra, evanescente e distante.

Non ho nulla di lei in questa landa oscura e desolata.

Soltanto frammenti di attimi che brulicano la mia mente, stanca di tanto buio.

La battaglia infuriava, all’improvviso ci stringevamo ed era come se tutto si fosse dissolto. C’eravamo solo noi, e sentivamo che nulla avrebbe potuto separarci.

Fu lento, poi sempre più intenso.

Le sue labbra erano rosse, i suoi occhi scuri brillavano, i capelli ormai asciutti erano tornati color del grano, la pelle, da tempo non più pallida come la luna, aveva la tinta del cielo al calar del sole.

Era splendida e non avevo la capacità di baciarla perché avrebbe significato privarmi della sua espressione commossa, rapita, malinconica.

E in quell’ultimo bacio cercai di catturare ogni suo sospiro, nell’ormai fendente consapevolezza che non avrei potuto portarla con me.



Quando la voglia di mollare tutto divampava, è stata il faro che m’ha impedito di smarrire la rotta.

L’Olandese è rinata, ha di nuovo uno scopo.

Spero che nel frattempo lo abbia trovato anche lei. Lo desidero davvero. Non desidero altro.

Non ho mai preteso di legarla. Era ancora così giovane, avrebbe potuto considerarmi un ricordo.

Manca un solo tramonto, e tornare non mi sembra più una buona idea.

Piuttosto una trasgressione.

Tradirei entrambe le mie spose.

Perché se quella mortale fosse bellissima, come appare spesso nei miei sogni, rinnegherei il mio compito, non dipartendomi più dai suoi lidi, lasciandomi consumare dalla passione.

Se dovessi scorgere in lei quella stessa insostenibile malinconia che aveva consunto i dolci lineamenti di mia madre, anche lei vedova bianca per un crudele scherzo del destino, non oserei più tormentarla con fugaci visite pregne di addio.

Attenderei di scorgere il suo viso, pallido e smarrito, tra le ombre vaganti su queste barche, e l’accompagnerei per l’ultimo viaggio.
So che, prima o poi, avverrà. La mia paura più grande è inevitabile.

Vorrei fosse già accaduto così da non dover più contare gli anni …

Cosa sono diventato?
Immortale, meschino, egoista.
Il contrario di ciò che ero.

La verità è che comprendo che quelle schegge di amore che potrei ancora darle, non basteranno a colmare un’interminabile esistenza di solitudine a nessuno dei due.

Eppure adesso dirigo la prua verso l’orizzonte oltre il limite.

Un solo giorno, per respirare di nuovo l’odore della libertà e della vita.

Un’altra goccia di luce che resterà per sempre incastonata nel mio cuore, errante in un pelago di tenebre senza fine.
   
 
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