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Autore: GretaTK    14/02/2013    3 recensioni
" [...] Lesse nei suoi occhi, fra le sfumature delle sue iridi praticamente identiche alle sue, fra le piccolissime e quasi invisibili rughette d’espressione attorno alle palpebre, le occhiaie appena accennate e i bulbi oculari arrossati, e capì ogni cosa.
Gli venne spontaneo spalancare occhi e bocca dallo shock, ed un macigno gli si posò proprio sullo stomaco.
-E’ tornata- affermò senza richiesta di conferma, sapendo perfettamente di aver centrato il soggetto.
Tom aspettò qualche secondo prima di rispondere, cercando di trovare la forza di convalidare i pensieri del fratello.
-Sì, Bill. Cheryl è tornata-.
Appena ne ebbe il coraggio sollevò il capo, incrociando gli occhi coi suoi.
E non ci fu bisogno di ulteriori e superflue parole, non ci fu ragione di esprimere altro perché, in sostanza, c’era da dire tutto, ma non esistevano le parole adatte per farlo. "
Tratto dal secondo capitolo
Spero di avervi incuriosite! ;)
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonasera mie care Aliens! Lo so, è una vita che non posto, ma non ho più avuto un briciolo di ispirazione per questa storia!
Ero del tutto bloccata, non riuscivo più ad andare avanti, tanto che mi era pure venuta voglia di cancellarla dal sito! ;(
Spero che, se capiti di nuovo, le idee per continuarla si facciano vive prima, perché mi dispiacerebbe non continuarla più!
Detto questo, vi lascio al capitolo al quale (sinceramente) non so dare un'opinione personale! Non mi convince ma nemmeno mi fa schifo... insomma, siate magnanime! Ahah
Buona lettura, sperando di non aver perso nessuna delle tante Alien che seguono questa FF!

Un abbraccio,
GretaTK











~ CAPITOLO 9 ~

 
 
 
 
 
 
 
 
 

“ Non posso nascondere ciò che sento ora,
devo andare e lasciarti da solo,
ma sappi sempre che io ti amo tanto, ti amo tanto.
Addio, occhi marroni. Addio, per ora.
Addio, Sole. Abbi cura di te.”

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Si era alzato presto come al solito per andare al lavoro, e si era perso ad osservarla e riosservarla come fosse l’ottava meraviglia del mondo, ritrovandosi inconsapevolmente a sorridere intenerito dalla sua espressione rilassata e serena.
Le aveva dato un casto e delicato bacio sulla fronte e si era alzato, raggiungendo il bagno con passo strascicato.
Si era lavato e cambiato, per poi scendere le poche scale e raggiungere la cucina di Cheryl, dove la Moka già pronta lo attendeva per essere messa sul fuoco.
Mentre estraeva i biscotti e le brioches dalla dispensa, vide il led del cellulare della sua ragazza illuminarsi. Lo guardò curioso, mentre l’istinto di prenderlo e vedere chi le avesse scritto cresceva a dismisura.
Tentò di trattenersi più e più volte, ma alla fine cedette alla tentazione. Lesse con avidità il contenuto del messaggio, sentendosi sempre peggio alla fine di ogni riga.
Un moto di gelosia misto a rabbia e confusione lo portarono a tornare in camera con passo veloce e pesante, e quando raggiunse il capezzale di Cheryl cominciò a chiamarla e scuoterla senza la minima delicatezza.
Lei mugugnò infastidita cercando di scostarlo, e quando riuscì ad aprire gli occhi lo guardò stranita, ma comunque ben contenta di averlo di fronte.
-Ehi- mormorò lei stiracchiandosi, distendendo gambe e braccia -Ma che ore sono?- domandò poi accigliata, guardandosi intorno.
-Le sette e mezza- rispose atono lui, continuando a fissarla.
-Che cosa? Ma sei pazzo?! Perché mi hai svegliata allora? Lo sai che comincio il turno alle undici oggi-
-Per questo- rispose nervoso, lanciandole il cellulare sul materasso.
Lei lo guardò stranita, sempre più confusa. Poi spostò l’attenzione sul piccolo oggetto accanto a lei, avendo quasi timore a toccarlo.
Era caduto con lo schermo verso il basso, e Cheryl non poteva vedere cosa mostrava il display, ma dentro di sé aveva già capito.
O almeno, sospettava fortemente che Patrick avesse trovato i messaggi e le chiamate di Tom. Ma perché le aveva spiato il telefono? Come aveva potuto?
Senza riuscire a trovare una risposta, lo prese in mano e finalmente si accorse che c’era un nuovo messaggio, e capì che Patrick non le avrebbe mai spiato il telefono se non avesse visto il led illuminarsi.
-Chi ti ha dato il permesso di leggere i miei messaggi, si può sapere?- domandò furiosa, alzandosi bruscamente dal letto e guardandolo dritto negli occhi.
-Adesso non tentare di cambiare discorso! Spiegami che cazzo significa quel messaggio Cheryl!-
-Come faccio a risponderti se non mi hai nemmeno lasciato il tempo di leggerlo? Mi hai attaccata subito! Almeno aspetta di sentire che ho da dire!-
-Va bene, come vuoi- accettò lui abbassando il tono della voce ed alzando i palmi delle mani al cielo -Fai pure con comodo-.
Cheryl lo fissò per un istante prima di abbassare lo sguardo e capire a cosa Patrick si riferisse.
Quel messaggio sarebbe potuto essere male interpretato da chiunque non fosse stato a conoscenza della verità. Era un po’ ambiguo, soprattutto per chi aveva un motivo più che valido di essere geloso.
-Oh, Patrick…- mormorò lei con occhi tristi, osservandolo attentamente.
Si avvicinò a lui, allungando una mano per accarezzargli la guancia liscia e priva di barba, ma lui, con un movimento brusco e fluido, schivò il suo tocco, fissandola addolorato e con gli occhi lucidi.
-Ti prego, Cheryl- cominciò con fare incerto, la voce appena tremante -Dimmi che non sei stata con… con quello. Dimmi tutto quello che vuoi, ma non che tu e lui avete intenzione di tornare insieme, ti prego-
-Patrick, amore mio- gli prese il volto fra le mani e lo baciò passionale -No, non abbiamo intenzione di tornare insieme, e no, non abbiamo fatto niente. Non ti ho tradito, non potrei mai farlo-.
Il ragazzo sospirò sollevato, tenendola stretta a sé con la fronte poggiata alla sua.
-È una delle cose più belle che tu mi abbia mai detto-
-Anche meglio di un ti amo?-
-Diciamo che si contendono il primo posto- disse sorridendo, per poi rabbuiarsi nuovamente.
-Cosa c’è?- domandò infatti lei, aggrottando la fronte preoccupata.
-Perché ti ha scritto quelle cose se fra voi non è successo nulla?-.
La castana rimase un po’ sorpresa da quel quesito, chiedendosi in che situazione si stava per cacciare.
Tom aveva ragione, la cosa migliore da fare era lasciarsi tutto alle spalle e mettere da parte il passato, guardare al presente ed andare avanti, vivere le loro vite l’uno senza l’altra, come avevano per forza di cose dovuto fare da tre anni e mezzo ormai.
Ma come spiegarlo a Patrick? Come poteva fargli capire quanto in realtà fosse difficile lasciarlo andare definitivamente nonostante le loro vite si fossero divise da un pezzo?
Sembrava tutto così ovvio, eppure esprimere i propri pensieri a parole era una vera prova di coraggio che Cheryl non voleva affrontare.
-Prima di risponderti, voglio farti capire una cosa-.
Cheryl si prese del tempo per pensare alle parole adatte da utilizzare per rendergli chiaro il concetto, ma senza allarmarlo troppo.
Prese una mano del ragazzo fra le sue e si sedette sul bordo del letto, trascinandoselo appresso.
-Siamo stati insieme due anni. Due anni bellissimi, in cui credevo di non desiderare altro dalla vita se non lui. Tom era tutto ciò di più importante che mi rimaneva: i miei genitori avevano divorziato qualche mese prima che mi trasferissi qui in America e lo incontrassi. Pensavo che la distanza avrebbe affievolito il dolore, ed invece era rimasto lì, a marcire dentro di me. Mio padre era un uomo buono, e non aveva mai osato alzare un dito su mia madre o su di me, però non sapeva amare. Proprio non ci riusciva, nonostante i vari sforzi. Lui tornava a casa la sera e pretendeva un piatto caldo sul tavolo e di essere lasciato in pace sul divano davanti alla tv. Non parlava mai, né con me, né con mia madre. Era assente, completamente. Portava a casa il denaro necessario per vivere e tirare avanti, ma per tutto il resto era come se lui non facesse parte di quella famiglia. Poi un giorno mia madre, stanca di tutto questo, si era ribellata, ed aveva sfogato tutto il suo dolore. Chiese il divorzio, e nonostante il rifiuto iniziale di mio padre, alla fine i miei si separarono definitivamente. Da quel giorno non l’ho più visto né sentito. Ha preso tutte le sue cose e si è trasferito ad Amburgo. Di lui non so altro. Non so come stia ora, se si sia rifatto una famiglia o meno, ma ne dubito fortemente. Io e mia madre non l’abbiamo più cercato, e lui ha fatto lo stesso. Io però stavo male, da morire. Non sopportavo più nemmeno la presenza di mia madre, e così ho deciso di trasferirmi anche io. Molto più lontano, però. Così una mattina ho raccolto tutto ciò che ho potuto e ho preso un volo diretto per Los Angeles che avevo prenotato qualche settimana prima. A mia madre avevo lasciato solo un misero biglietto, niente di più. Inutile dirti che ha tentato in tutti i modi di ritracciarmi, ma io l’ho sempre ignorata-.
Qualche lacrima prese il sopravvento sui suoi occhi, ma lei aveva prontamente preso qualche respiro profondo ed aveva continuato come nulla fosse, nonostante la voce incrinata dalla sofferenza che le provocavano quei ricordi.
-Piano piano mi sono abituata alla mia nuova vita. All’inizio mi sono appoggiata ad un vecchio amico di famiglia, a cui ho fatto promettere di non rintracciare mia madre, e poi col tempo ho trovato un lavoro ed un piccolo appartamento condiviso con altre tre ragazze. Abbiamo cominciato ad uscire insieme, ed è stato in quel momento che ho conosciuto Veronika. Non so spiegarti cosa sia successo fra noi di preciso, ma è stato come trovare la pace. Insomma, lei è stata in grado di darmi la forza di andare avanti solo con uno sguardo. In lei ci ho visto tutto. Era come se fosse stata un Angelo mandato qui apposta per me, solamente per me, e lo è stata davvero. Mi ha salvato la vita, decisamente. Abbiamo cominciato a frequentarci sempre più spesso, e col tempo la nostra amicizia è diventata sempre più forte. Lei però in quel periodo aveva cominciato anche a vedersi con Bill. Si conobbero grazie a suo padre, vicedirettore della sede Californiana della Universal. Non c’è nemmeno bisogno di dirti che dopo poco ho conosciuto Tom. C’è stato uno strano scambio di sguardi fra noi, come se fossimo consapevoli che eravamo fatti per stare insieme-.
A quelle parole, Patrick tremò appena. Provò con tutto sé stesso a non farlo notare a Cheryl, ma lei non si lasciò sfuggire la sua reazione.
Le dispiacque da morire vederlo così turbato, ma non sapeva in quale altro modo raccontargli la sua storia, se non dicendo le cose come stavano.
-Quindi, beh, abbiamo cominciato ad uscire tutti insieme, e col tempo io e Tom ne abbiamo approfittato per vederci soli io e lui. Alla fine ci siamo messi insieme, e per due anni mi è sembrato di vivere in un sogno. Era tutto così perfetto, così surreale da non credere che stesse succedendo proprio a me. Ancora oggi mi reputo una stupida per non aver capito che qualcosa di brutto stava per accadere. La vita non ti regala così tanta felicità per niente. Prima o poi devi aspettarti il conto, talmente salato da farti male in modo direttamente proporzionale rispetto alla gioia ricevuta. I Tokio Hotel dovettero cominciare il loro Tour Mondiale, e per almeno un anno non avrebbero più rimesso piede qui, a LA. Così io e Tom ci siamo lasciati, capendo entrambi che non avremmo mai potuto resistere così distanti per così tanto tempo. È stata una scelta molto sofferta, ma è stata la cosa più giusta da fare per entrambi. Io, per reagire a tutto quello, ho deciso di tornare nuovamente in Germania, mentre Veronika ha continuato a vivere nella villa dei gemelli, aspettando il ritorno di Bill. Io sapevo per certo che stavo sbagliando di nuovo, che scappare non era la soluzione migliore. Anzi, che non era proprio una soluzione, ma non potei farne a meno. Così avvisai mia madre del mio ritorno, e nonostante tutti i casini che avevo combinato, nonostante l’avessi abbandonata in modo così brusco, lei mi riaccolse a braccia aperte senza fare una domanda. Per tre anni ho vissuto nuovamente con lei, andando a lavorare e tutto il resto, ma col passare del tempo mi accorgevo sempre più che i giorni mi parevano lenti ed inesorabili, e non avevo più la forza di vivere lì dopo tutto quello che avevo passato in America. Ho quindi nuovamente deciso di trasferirmi a Los Angeles, stavolta avvertendo anticipatamente mia madre, e sono arrivata qui sei mesi fa. I primi trenta giorni mi sono sentita tremendamente sola, ma almeno, contro ogni mia previsione, ho trovato presto un lavoro e questo piccolo appartamento in cui vivere. Poi, all’inizio del mio secondo mese qui, ho incontrato te, ed il resto della storia lo conosci anche tu-.
La ragazza non disse più niente. Aspettò che Patrick si prendesse tutto il tempo di cui aveva bisogno per ripensare alle sue parole, e successivamente fuse le iridi con quelle di Cheryl.
-Non mi avevi mai raccontato del tuo passato. O almeno, forse qualche cosa a grandissime linee. Non avevo idea che tu avessi dovuto affrontare tutto questo-.
Cheryl lo abbracciò più forte che poté, inspirando profondamente fra i suoi capelli, assuefacendosi del suo profumo confortante.
Lui prese ad accarezzarle il capo, proprio come piaceva a lei, ricambiando la stretta.
-Ed ora che vi siete rincontrati è stata una bella sorpresa per entrambi, mhm?-
-Non la definirei proprio bella. Diciamo che è stata una sorpresa e basta-
-Non è stato facile, nonostante tutto, non è vero?-.
La castana rimase basita difronte a quella domanda visibilmente retorica. Boccheggiò per qualche secondo senza trovare le parole, ed alla fine decise di riassumerle tutte in una sola.
-Sì-
-Come immaginavo-
-Ma è stato solo un momento di confusione passeggero. Ora è tutto finito- lo rassicurò prendendogli il volto fra le mani e guardandolo dritto negli occhi -Non siamo stati benissimo in questi giorni, ma adesso ci siamo chiariti, ed abbiamo capito che il passato è passato. Ora entrambi abbiamo qualcuno a cui teniamo ed è giusto continuare le nostre vite senza badare a ciò che è stato-
-Ne sei sicura?- domandò un po’ incerto Patrick, chiedendole conferma con lo sguardo.
-Sì, sicurissima-
-Allora vieni qui e non lasciarmi mai- le sussurrò, baciandola con passione.
-Ti amo- soffiò lei fra le labbra appena riuscì a staccarsi quel poco che poteva per riuscire a parlare.
Anche se non ti ho detto tutta la verità, continuò, questa volta tenendoselo ben stretto nella mente.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

___***___

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

-Secondo te che dovrei fare?-.
La ragazza guardò l’amica in attesa di una risposta che, però, non arrivò.
-Ehi, ci sei?-.
-Oh, scusami- disse sbattendo le palpebre e tornando nel mondo reale -Puoi ripetere? Non ti stavo ascoltando- confessò, priva di imbarazzo.
-Me ne ero accorta- commentò sarcastica ed infastidita allo stesso tempo l’amica -Ti stavo chiedendo che devo fare con Tom…-
-Beh, che dovresti fare scusa?- domandò allarmata la bionda, tentando in tutti i modi di evitare il suo sguardo.
-Come che dovrei fare?- berciò sorpresa la castana, boccheggiando per qualche secondo stupita prima di riprendere il discorso -Tom è così strano da quando c’è quella che gli ronza di nuovo intorno…-
-Con quella, ti riferisci a…-
-A Cheryl, ovviamente!- rispose seria Ria, sbuffando contrariata.
-Oh, certo- balbettò insicura Samantha, abbassando lo sguardo sulle sue dita, intente a giocherellare nervose le une con le altre.
-Che c’è Sam? Qualcosa non va?- chiese subito dopo un po’ preoccupata la ragazza di Tom, sporgendosi verso di lei.
-No, niente. È solo che…-
-È solo che?- la spronò Ria, non capendo proprio che fosse preso alla sua amica.
-Devo dirti una cosa- proferì incerta, mordendosi il labbro inferiore del tutto insicura di quello che stava per fare.
O meglio, di quello che stava per dire.
-Sono qui apposta- la rassicurò Ria, prendendole una mano e stringendola fra le sue -Sai che puoi dirmi tutto ciò che vuoi-.
La bionda si sentì sempre più in trappola. Ormai non poteva tornare indietro.
Le alternative non erano molte: o si rimangiava tutto, o raccontava una bugia.
Ebbe la forte tentazione di seguire la seconda opzione, ma infine si disse che non era giusto nei confronti della sua amica, e che era stufa dei segreti e delle menzogne, perché come infastidivano lei, sicuramente non piacevano nemmeno agli altri.
Quindi prese un respiro profondo, si fece coraggio e disse ciò che le premeva in gola da qualche ora ormai.
-Io conosco Cheryl-.
Samantha decise di fermarsi prima di continuare, aspettando di vedere la reazione di Ria alla notizia per rispondere a tutte le sue domande.
Ma nessuna parola uscì dalle labbra di Ria, e furono i suoi occhi scuri a parlare per lei.
Era confusa, sbalordita e turbata.
Samantha leggeva nelle sue iridi ogni suo pensiero. Si stava chiedendo come facesse a conoscerla, e perché non glielo avesse mai detto prima.
Per evitare qualsiasi incomprensione si affrettò a chiarire ogni cosa.
-Lavoriamo insieme, e… beh, col tempo siamo diventate amiche-.
Ria non riuscì a staccare gli occhi di dosso alla bionda.
La fissava senza nemmeno sbattere le palpebre da tanto era concentrata in pensieri tutti suoi.
D’un tratto sembrò rinsavirsi e, con un sospiro ben assestato, si appoggiò allo schienale della sedia, troncando il contatto con le pupille ambrate di Samantha.
-Ria, io…-
-Perché non me l’hai detto prima?- la interruppe la castana, portando nuovamente la sua attenzione sul viso della californiana.
Poi, come se ci avesse ripensato subito, scosse la testa e si massaggiò piano le tempie.
-Senti, lascia stare. Posso capire che per te non sia stato facile trovare il modo di dirmelo-
-Non è questo- si affrettò a chiarire la bionda -Il fatto è che l’ho scoperto soltanto ieri che, beh… che era stata insieme a Tom-
-Che sai dirmi di loro?- domandò senza quasi neanche lasciarle il tempo di finire la frase.
-Niente di così interessante- si limitò a rispondere Sam, scrollando appena le spalle.
-Samantha…-
-Ma è vero!- berciò scocciata la diretta interessata -Non c’è niente da dire! Sono stati insieme due anni, si sono lasciati e lei se ne è andata. È tornata a Los Angeles sei mesi fa, si sono rivisti al Koete sabato scorso e sono rimasti un po’ scossi, ma ora è tutto passato, basta. Devi smetterla di parlare male di lei, perché non ha fatto niente di brutto per meritarselo! Anzi, io le voglio bene, ed è una persona meravigliosa. Non farebbe mai nulla per far soffrire gli altri. E se proprio vuoi saperla tutta, è Tom che le ha scritto e l’ha tormentata fino allo sfinimento, e lei l’ha sempre fatto ragionare per non permettergli di fare cazzate perché sapeva che stava con te!-.
Il silenzio che ne seguì fu come un pugno allo stomaco per entrambe: a Samantha per essere stata troppo brusca, e a Ria per la verità che le era stata così brutalmente sbattuta in faccia.
Per tutto quel tempo aveva pensato solo a sparlare di Cheryl senza essersi prima informata sui fatti reali, e alla fine aveva scoperto che era solo Tom quello da dover incolpare.
Sì sentì una persona orrenda, ed anche tanto, tanto ferita.
-Mi dispiace- si scusò mogia mogia Samantha, raccogliendo le sue cose e cominciando ad alzarsi dal suo posto -Ma ero stufa di sentirti dare addosso sempre e solo a lei, che non c’entra nemmeno nulla. Ora comunque è meglio che vada, che fra mezz’ora comincio il turno. Rifletti sulle mie parole-.
E, detto questo, si avviò verso l’uscita del bar, senza mai voltarsi indietro.
Ria rimase immobile al suo posto, ripensando alle parole dell’amica facendole vorticare violentemente nella sua testa.
 
Io le voglio bene, ed è una persona meravigliosa. Non farebbe mai nulla per far soffrire gli altri.
 
Se proprio vuoi saperla tutta, è Tom che le ha scritto e l’ha tormentata fino allo sfinimento, e lei l’ha sempre fatto ragionare per non permettergli di fare cazzate perché sapeva che stava con te!
 
Non aveva idea di quale delle due cupe realtà la facesse soffrire di più, ma dopo quelle rivelazioni, nonostante avesse dovuto essere il contrario, la odiò ancora di più.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Lo studio era gremito di gente che si affaccendava a terminare i propri compiti, ma nonostante questo era incredibilmente silenzioso.
L’unico rumore di sottofondo che rimbombava fra le alte pareti candide era quello dei fogli che venivano passati di mano in mano, dei passi di chi doveva correre da una sala all’altra per prendere ciò di cui aveva bisogno, e dei respiri di quelle stesse persone.
Respiri lunghi, corti, affannati, leggeri. Tutti diversi, come chi li possedeva.
Differenti come lo sono loro, ognuno con il suo stile, con i suoi ideali, col suo carattere. Ognuno, infondo, fatto a modo suo.
Bill, un dolcissimo ragazzo pieno di sogni e di forza.
Gustav, introverso e riservato, ma dal cuore grande.
Georg, divertente e chiassoso, eppure maturo e responsabile.
Tom, orgoglioso e testardo, però profondo ed inconsapevolmente affettuoso.
Insieme sono come un unico elemento, tasselli di uno stesso puzzle: con forme totalmente differenti, ma che si incastrano alla perfezione.
Ed ora che il quarto tassello si era chiuso in sé stesso lasciando gli altri tre in balia della preoccupazione, il silenzio sembrava l’unica soluzione possibile in quel momento, a causa dei troppi pensieri.
C’era qualcosa di strano in Tom, e nonostante tutti sapessero chi ne fosse la causa, non avevano idea del motivo preciso.
Alla fine lui aveva Ria, no? Diceva di amarla, di tenere a lei, eppure da quando Cheryl era ricomparsa sembrava non avere più certezze in niente, come se si fosse accorto che, in realtà, quelle erano solo bugie dette a sé stesso così tante volte da essersene convinto davvero, alla fine.
E come da copione, il chitarrista si era allontanato dagli altri, sedendosi tutto solo sui pochi gradini in legno della verandina all’aperto sul retro.
Il sole batteva forte quel giorno, ed ogni tanto un venticello leggero scuoteva le chiome degli alberi, dando vita ad un fruscio scostante e rilassante.
Sembrava un Paradiso, con l’odore dell’erba appena tagliata e una sigaretta in bocca.
Si era completamente estraniato dal mondo, e gli era pure riuscito facilmente, grazie anche all’atmosfera che aleggiava nell’aria attorno a lui.
Aspirò un altro po’ di nicotina e, dopo averla farla passare per i polmoni, la ributtò fuori, perdendosi ad osservare il fumo che si disperdeva nel vento.
Era andato lì per stare un po’ da solo a pensare in piena tranquillità, eppure ancora non era riuscito a farlo.
Aveva passato tutto il tempo completamente assente, come se non fosse lì e come se non avesse tanti dubbi nella testa.
Era un momento difficile, nonostante avesse già fatto la sua scelta. Forse non era quella giusta? O, forse, semplicemente non riusciva ad accettare che Cheryl si fosse rifatta una vita dopo di lui?
In ogni caso, erano entrambi pensieri egoistici.
Il primo perché, se non era una decisione giusta, non lo era per lui, e non necessariamente per lei; nel secondo caso, invece, non c’era nemmeno bisogno di spiegare perché fosse un pensiero rivolto unicamente a sé stesso.
E la cosa che più lo faceva infuriare era che prima del ritorno di Ryl tutto andava a gonfie vele, ed ora sembrava che ogni cosa attorno a lui stesse crollando.
Come poteva lei, dopo tre anni e mezzo, provocare tutto quello scombussolamento nel suo mondo praticamente perfetto?
Nemmeno uno Tsunami all’ennesima potenza avrebbe potuto portare tutto quello scompiglio in lui ed in ciò che lo circondava.
E fu proprio in quel momento che si convinse che Cheryl era una vera e propria forza della natura, in grado di farlo tremare anche solo con uno sguardo, senza nemmeno rendersene conto.
Aveva così tanta forza dentro di lei, ma allo stesso tempo era così fragile ed insicura, piena di dubbi e domande, molto probabilmente gli stessi che affollavano la mente del chitarrista.
Si sentì così vicino a lei in quell’istante. Gli pareva di poterla capire come nessun’altro poteva e avrebbe mai potuto fare.
Era convinto di essere lui il ragazzo giusto per lei, e viceversa, nonostante tutto quello che era accaduto fra loro.
Ritornare su quei pensieri riportò inevitabilmente a galla tutti i sensi di colpa ed i rimorsi che lo laceravano sin nel profondo del suo animo.
Come aveva potuto essere tanto meschino, tanto insensibile?
Mai avrebbe creduto di poter comportarsi in modo tanto vigliacco e disgustoso, soprattutto dopo tutto l’amore incondizionato che la ragazza gli aveva donato.
Lei si era completamente lasciata andare con lui, gli aveva dato tutto quello che aveva potuto, senza la minima esitazione.
E lui? Lui che era stato in grado di fare? Di distruggere tutto quello che lei aveva meticolosamente costruito come se non gliene importasse niente.
E la cosa più strana di tutte è che a lui importava davvero di lei, gliene era sempre importato.
Ogni volta che lei parlava, che sorrideva, che lo prendeva per mano o semplicemente gli stava accanto in silenzio, a lui sembrava che l’intero mondo cambiasse forma e colore, e che tutto diventasse dolce, morbido e caldo, riflesso esatto di ciò che provava dentro.
Era la perfezione fatta a persona, nonostante i difetti che caratterizzano ogni singola persona sulla faccia della Terra.
Era perfetta perché sapeva rendere tutto così entusiasmante e frizzante, sempre nuovo, nonostante la routine che caratterizzava i loro giorni insieme.
Sì, ogni tanto inventavano qualcosa di diverso da fare, qualche posto da visitare, qualche escursione improvvisa e lontana dalla caotica città californiana, ma la verità dei fatti è che, stranamente, la loro storia era più normale di quel che si potesse pensare, molto simile a quella di qualsiasi altra coppia sul pianeta.
E, in qualche modo, gli mancava quella vita, quelle sensazioni forti e profonde, la normalità di quella storia, della loro storia.
E lui aveva rovinato tutto, come solo un povero scemo poteva fare.
E per cosa? Per l’orgoglio? Come dimostrazione della sua forza interiore? Per sottolineare chi fosse il capo alfa in quella relazione?
No, tutte cazzate. Aveva voluto dare a vedere tutto quello, ma la realtà era ben altra.
La verità pura, cruda e semplice era che Tom aveva avuto paura.
Sì, paura di soffrire.
Di stare male, di piangere, di farsi prendere da terribili attacchi di panico.
Tom aveva paura di starle lontano, ed aveva disperatamente cercato una strada alternativa al dolore, con scarsi, anzi, nulli risultati, visto ciò che era successo.
A ripensarci ancora in quel momento, una lancinante fitta di dolore gli prendeva con violenza il petto.

 
Nonostante fossero gli ultimi giorni di Gennaio, quella mattina il Sole splendeva luminoso, anche se i suoi raggi rimanevano tiepidi, come dimostravano i quindici gradi di temperatura.
Una bazzecola, in confronto a ciò che lei ed i ragazzi erano abituati.
Proprio quest’ultimi, quel giorno, dovevano partire per il nuovo tour mondiale, e sarebbero stati via quasi un anno, fra tappe promozionali pre-tour e possibili, lunghe, vacanze di riposo.
Era proprio per quel motivo che Cheryl premeva con tutta la forza che aveva sull’acceleratore. Per arrivare in tempo a casa loro.
Per arrivare in tempo da lui.
Arrivata alla sua meta scese velocemente dal veicolo, suonò il campanello e si fece aprire da un tentennante Bill.
Parcheggiò l’auto accanto alla villa, sul viale che portava all’uscita, ed arrivò di fronte all’uscio di casa di corsa.
-Ehi, ciao- mormorò incerto il cantante, rimanendo immobile sulla soglia di casa.
-Ciao, Bill- ricambiò impaziente lei, guardandogli dietro le spalle, per quanto le fosse possibile a causa della sua incredibile altezza -Ehm, posso entrare?- domandò successivamente, facendosi spazio fra lui e lo stipite della porta senza nemmeno aspettare una risposta dal ragazzo.
-C-certo- balbettò incerto solo quando lei era già praticamente in mezzo all’atrio.
-Dov’è Tom? In camera sua?- chiese innocentemente a Bill che, senza avere la forza di aprire bocca, la fissava in silenzio.
Quello sguardo, pieno di dispiacere e dolore, non le piacque affatto.
-Bill?- lo richiamò -Tom è nella sua stanza?- domandò nuovamente, preoccupata da quell’espressione sofferente dipinta sul suo volto.
-Sì- riuscì finalmente ad esalare con fare stanco, come se dovesse confessare un reato impeccabile che si teneva sulla coscienza da troppo tempo.
Quell’ulteriore strano comportamento del moro la mise in allerta.
-Cosa…?-.
Non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase che sentì il suono ben definibile dello scatto di una serratura.
-Tom?- urlò successivamente in direzione delle scale, sentendo dei passi avvicinarsi.
Quando il ragazzo raggiunse l’apice della scalinata di marmo, la prima cosa che notò Cheryl fu che era in boxer.
-Cosa ci fai ancora in mutande? Non dovete partire fra poco?- domandò sempre più perplessa la castana, spostando lo sguardo da un gemello all’altro.
Improvvisamente si sentì un altro riecheggiare di passi proveniente dal piano di sopra, e tutti e tre si voltarono in quella direzione.
-Georg e Gustav sono ancora qui? Non avevano detto che per questa notte avrebbero alloggiato in uno degli appartamenti dello studio?-.
Nessuno le rispose, e dal quel silenzio così pesante e freddo capì che qualcosa non andava.
-È successo qualcosa? Perché nessuno mi risponde?!- berciò esasperata, non sapendo più chi dei due guardare.
D’un tratto il rumore di passi cessò, e Cheryl si voltò velocemente verso le scale, accorgendosi che Tom non era effettivamente l’unica persona al piano di sopra.
-Tom…- mormorò la ragazza, osservando lui e la persona che gli stava affianco -Tom, ti prego, dì qualcosa…-
 


-Tom? Tom, mi senti? Perché non mi rispondi?!-.
Con un sobbalzo il rasta si voltò verso la sua sinistra, trovandosi di fronte il viso più che familiare di una ragazza.
-R-Ria?! Che ci fai qui?!- domandò confuso e sorpreso Tom, come se si fosse appena risvegliato da un sonno lungo, profondo e tormentato.
Come se si fosse appena svegliato da un incubo orrendo.
-Devo parlarti, immediatamente, e questa volta voglio delle risposte-.
Lo sguardo deciso e fermo della sua ragazza gli fece capire che non aveva scelta: quella era la volta decisiva per tirar fuori tutto quello che doveva essere detto, il momento perfetto per scoprire le carte in tavola.
-Dimmi pure- affermò, tentando di essere il più disinvolto possibile, osservandola mentre prendeva posto al suo fianco.
-Ami ancora Cheryl?-.
Quella domanda, così improvvisa ed inaspettata, lo lasciò con la bocca asciutta, e le parole sembrarono più difficili da pronunciare rispetto a quello che si era aspettato.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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C'era qualcosa di strano in lei, quel giorno.
Il suo sorriso radioso sembrava essersi dissolto nel nulla, oscurandole le iridi ambrate.
Quando non serviva nessun cliente girovagava per il negozio a controllare che tutto fosse in ordine, ma il silenzio con cui lo faceva era a dir poco preoccupante per chi, come lei, era abituato a vederla costantemente con un'espressione raggiante ed allegra sul volto dai lineamenti morbidi e dolci.
-Che ti prende, Sam? E' successo qualcosa?-.
La bionda si voltò verso di lei, sbattendo le palpebre più volte, come se si fosse appena svegliata da un lungo sonno.
-Mhm?- mugugnò un po' distratta, aspettando che l'amica le rifacesse la domanda.
-Cos'è successo? Sei così... strana, oggi. E' da stamattina che non dici una parola-.
Samantha, per un primo momento, restò zitta a fissarla, immobile come una statua. Poi, con un sospiro sconsolato, abbassò il capo.
-Stamattina ho fatto colazione con Ria-.
A Cheryl si bloccò il fiato in gola, e la californiana non se lo fece sfuggire.
-Abbiamo discusso- continuò poi, facendo finta di nulla.
-P-perché?- domandò incerta, ingoiando rumorosamente la saliva mentre piegava un paio di jeans e li riponeva al loro posto.
-Diciamo che la gelosia l'ha fatta parlare a sproposito di te, e mi ha dato molto fastidio, soprattutto visto che è Tom ad averti stressato l'anima con chiamate e messaggi. Così me ne sono andata e l'ho lasciata lì da sola-.
Nonostante quella nuova rivelazione, che le dava fastidio e le procurava pure, senza sapere bene il perché, una lieve fitta di dolore al cuore, la prima cosa a cui pensò fu alla sua collega e amica, vedendola così sofferente dopo il disguido avuto con Ria.
Non conosceva personalmente la ragazza, e non poteva sapere che ti tipo di persona fosse, ma Samantha sembrava così legata a lei, e questo poteva significare solo che era una bella persona, gentile e disponibile. Con le persone a lei care, perlomeno.
Perché quella sera che si erano accidentalmente "scontrate" a casa dei gemelli, il suo sguardo non era stato per niente amichevole, nemmeno un secondo.
Aveva notato i fulmini e le saette nelle sue iridi scure da quando l'aveva vista in mezzo all'atrio fino a quando non se ne era andata.
Fortunatamente era molto brava a sostenere gli sguardi di sfida, e pure a farsi valere con sottili frecciatine, solo apparentemente ingenue, in grado di zittire qualunque interlocutore.
Era dolce e gentile, buona con tutti. Almeno fino a che non la trattavano con superficialità e disprezzo. Lì sì che sapeva tirare fuori gli artigli.
-Mi dispiace che abbiate litigato per me- le confessò sincera, puntando nuovamente le pupille su di lei.
Sam ricambiò immediatamente il suo sguardo, con la stessa ombra di dispiacere nelle iridi.
-Non pensare che sia colpa tua. Tu non c'entri niente. E' lei che, quando si sente minacciata, sputa sentenze a destra e a manca senza nemmeno accettarsi dei fatti. La verità è che lei ha paura di te, perché ha capito che sei l'unica al mondo in grado di toglierle Tom, se solo lo volessi, e credimi se ti dico che tenterà in tutti i modi di tenerti il più lontana possibile da lui. Io le voglio un bene dell'anima, ma so che è perfida e vendicativa. Ti posso solo dire di stare attenta, perché quando vuole è davvero subdola. Per il resto io non posso fare niente, mi dispiace-
-Non devi scusarti, tu non c'entri nulla con questa storia. Hai solo avuto la sfortuna di trovarti in mezzo a questo triangolo, se così lo posso definire, visto che io e Tom non abbiamo fatto niente di male...-
-Ma quindi adesso come vi siete messi d'accordo?- domandò curiosa la bionda, cambiando velocemente discorso.
-Beh, cosa credi che ci siamo detti? Abbiamo semplicemente concordato di lasciarci tutto alle spalle e vivere le nostre vite come nulla fosse. D'altronde non abbiamo altra scelta-
-E se aveste avuto la possibilità di tornare insieme, invece?-.
Cheryl sentì la pelle delle gote prendere fuoco mentre la osservava con occhi sbarrati dalla sorpresa.
-N-no! Cioè... mi sono espressa male!- esclamò nervosa, scuotendo le mani davanti a sé -Intendevo che io ormai sto ricominciando a frequentare Veronika e Bill, e sarebbe un problema per tutti se io e lui litigassimo o non ci guardassimo nemmeno in faccia, tutto qui...- ci tenne a precisare la castana, piegando il capo verso il basso.
-Capisco- si limitò a rispondere Samantha, sorridendo beffarda e, allo stesso tempo, con una luce triste negli occhi.
-Oh, guarda un po', sono già le sette! Abbiamo finito il turno tesoro- esclamò successivamente, prendendola sottobraccio per dirigersi verso gli spogliatoi mentre le loro colleghe del turno successivo entravano nel negozio.
-Stasera che farai?- le chiese Cheryl, estraendo il cellulare dalla borsa per rimettere la suoneria.
-Non lo so. Io e Abbie volevamo uscire, ma non abbiamo idea di che fare! Il che è tutto dire, visto che siamo a Los Angeles!-.
Entrambe risero, lasciandosi prendere da quell'attimo di leggerezza, aggrappandosi ad esso con tutta la forza che avevano.
-Tu invece hai in mente qualcosa per stasera?- le girò la domanda, mettendosi la borsa su una spalla e chiudendo il suo armadietto.
-No, anche io e Patrick siamo nella vostra stessa situazione- l'informò sbuffando, prima di illuminarsi d'improvviso.
-Oddio, cosa significa quella faccia?- chiese leggermente preoccupata Samantha, avendo quasi paura a sentire la risposta.
-E se uscissimo tutti e quattro insieme, stasera? Che ne dici?-
-Sarebbe grandioso!- affermò esaltata, già con le mani dentro la borsa -Chiamo Abbie e glielo chiedo!-
-Sarà meglio che avverta anche io Patrick, non si sa mai-.
Cheryl andò sull'elenco delle chiamate ricevute con l'intento di trovare il recapito di Patrick, ma, prima di quello, il suo sguardo venne catturato da un altro nominativo, decisamente più corto e del tutto differente.
Come i due proprietari, del resto.
Il suo cuore cominciò a batterle forte nel petto al pensiero della sera prima, quando Tom era stato a casa sua per parlarle. Ancora non credeva possibile che il chitarrista fosse irrimediabilmente ripiombato nella sua vita.
Aveva fatto di tutto pur di evitarlo, eppure il destino le si era di nuovo ritorto contro. O, forse, era semplicemente l'ostinazione del ragazzo ad essere pressoché indistruttibile.
Sorrise lievemente al solo ricordo dei loro passati litigi, causati, gran parte delle volte, proprio dalla  cocciutaggine del rasta.
Non aveva mai conosciuto una persona così tenace e testarda in tutta la sua vita, ne era più che certa.
Tom è uno di quelli che, anche a mettergli la verità sotto al naso, riescono sempre a trovare il modo per rigirartela come vogliono loro.
"Sei solo uno sbruffone egocentrico."
Quante volte si era ritrovata a chiamarlo in quel modo negli anni addietro? Tante, troppe volte.
E, per quanto fosse una cosa da poco conto, le mancava da morire.
Ma più di tutto le mancava la loro complicità, così forte e profonda, che, sapeva per certo, era ancora lì, nascosta da qualche parte.
Solo che ormai era troppo tardi per andare a ricercarla.
Doveva mettersi l'anima in pace: il loro tempo era finito.

  
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