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Autore: carelesslove    15/02/2013    1 recensioni
La donna si chinò sulle ginocchia e si fermò a fissare la figlioletta negli occhi chiari e sgranati. – tesoro, la mamma deve andare via
- Harry, per favore. – la implorò John esterrefatto – parliamone almeno. Non puoi piombare qui in questo modo e sconvolgermi la vita!
- Trovati una baby-sitter. – rispose lei candidamente.
John scosse la testa con rassegnazione - Aveva ragione nostra madre. Sei inaffidabile e impulsiva.
- Me l’ha consigliato la mia analista. E io sono d’accordo. Andare in clinica è la cosa giusta.
- La tua analista un caz…- insorse lui, poi si morsicò la lingua – Al diavolo tu e quella psicopatica…altro che psicologa, è più psicopatica lei dei suoi clienti.
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Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’uomo di latta

 
 
 
 
- Ti piace quel libro? – domandò, poggiando una mano sulla spalla della nipotina.
- Le farfalle sono stupende. Da grande vorrei avere un grande giardino dove allevarle, di tutti i tipi e paesi. In Tv hanno detto che per ognuna ci vuole un certo tipo di fiore.
John la guardò inclinando la testa di lato e sollevando un sopracciglio – a volte stento a credere che tu abbia solamente sette anni. – commentò.
Si ricordò di come Sherlock una volta avesse accennato all’idea di prendersi una pausa dalla sua carriera investigativa in vecchiaia e di come fosse interessato all’allevamento delle api. A lui invece gli insetti non erano mai interessati.
Si riscosse da questi pensieri e guardò l’orologio.
 - Oggi è domenica. So che vorresti andare al parco ma ieri non siamo andati a trovare la mamma, non credi che dovremmo? – in realtà era una scusa, voleva tenerla lontana da lui almeno per quella settimana. Aveva sentito dire che stava ricominciando a occuparsi di qualche indagine, sebbene Lestrade gli avesse fatto capire che non ne era per nulla contento perché covava ancora parecchio risentimento verso il detective.
Comunque John voleva evitare che la bambina potesse, anche accidentalmente, rimanere coinvolta nella faccenda.
Aveva tentato varie volte di toglierle dalla testa quel tarlo per Holmes, ma invano.
- E’ presto. Forse potremmo andare dalla mamma questa mattina e al parco nel pomeriggio.
Il biondo sospirò rassegnato – Forse. Perché intanto non vai a prepararti?
Il dottore fece qualche passo verso la finestra e guardò giù in strada, non c’era il solito andirivieni, solo qualche mattiniero . Tornò con la mente a tre anni prima. All’epoca probabilmente avrebbe sentito il rumore lieve dei passi del suo coinquilino che girava per la casa, o magari ci sarebbe stato il suono melodico di un violino a dargli il buongiorno.
Ora tutte le mattine ascoltava la radio, cosa che Sherlock odiava più di ogni altra, non sopportava quel brusio continuo che lo distoglieva dai suoi ragionamenti.
Pensò ad Holmes. Non lo odiava, adesso che lo aveva rivisto due o tre volte al parco, da lontano, poteva dirlo con certezza, ma lo detestava dal profondo dell’anima.
Il fatto che fosse stato vivo e vegeto per tutto quel tempo lo faceva andare in bestia. Che ora pretendesse di riprendere da dove erano rimasti, come se nulla fosse accaduto, era semplicemente raccapricciante. Era sicuro che avesse avuto i suoi buoni motivi per farlo, ma John non credeva alle bugie bianche, non ci aveva mai creduto e la delusione era notevolmente superiore al sollievo di saperlo vivo, o almeno così pensava.
 

***

 
- Ciao.
- Ciao Dorothy. - fece Holmes, serafico.
- Doroty?
Lui indicò le sue scarpette rosse con un cenno – mai letto il mago di Oz?
Lei scosse la testa.
- Per quanto mi riguarda invece potrebbe essere facile associarmi all’uomo di latta. Bhè, sarà sicuramente una di quelle lacune a cui tuo zio potrà porre rimedio. Sono certo che ti legge una storia ogni sera prima di andare a letto.
Lei dovette scuotere la testa una seconda volta – ieri sera mi ha lasciata con la baby-sitter, una che sta tutto il tempo al telefono, di solito mi addormento da sola.
Holmes scosse la testa sconcertato e fece una smorfia – sicuri che stiamo parlando dello stesso uomo?
La bambina annuì raccogliendo una manciata di ghiaia da terra e passandosela da una mano all’altra, come al setaccio, finchè non rimasero solo poche pietruzze superstiti.
- E’ uscito un'altra volta con Mary. Lei è persino venuta a cena con me e lo zio, una volta.
- E’ la sua fidanzata?
- Penso di si. Ma non sono sicura perché è già sposata, le ho sentito dire che vuole divorsiarzi.
- Divorziare – la corresse il moro.
Il detective distolse lo sguardo, accavallando le gambe.
- E lei ti piace?
Sofia non rispose e lui si girò a guardarla notando così che stava storcendo il naso e scuotendo la testa.
- Ha un odore strano, John dice che è profumo. Poi mi tratta come una bambina dell’asilo solo perché ho sette anni. Secondo lei sono troppo piccola per fare qualsiasi cosa. Quella volta a cena mi ha chiesto se avevo bisogno che mi aiutava in bagno.
Il moro non riuscì a reprimere una risatina – Immagino non abbia figli.
Sofia fece cenno di no.
Holmes rimase un attimo in silenzio cercando di immaginarsi questa fantomatica donna di mezz’età, represse un moto di stizza all’idea che lei poteva condividere con il dottore parte della sua vita mentre lui ora ne era del tutto estraneo.
- Che tipo è? – volle sapere.
- E’ alta, coi capelli lunghi. Li tiene sempre legati e si colora le unghie.
Ieri lo zio John le ha comprato un anello. L’ho visto che entrava nel negozio per prenderglielo, però non gliel’ha ancora dato.
- Forse sta aspettando il momento giusto.
- Mh.
Il detective le lanciò un occhiata – Ma non sarai un po’ gelosa? Vorresti che lui stesse più tempo con te?
- Forse – replicò Sofia – ma lui non è il mio papà e poi è normale se ha una fidanzata alla sua età.
- Stai dicendo che siamo vecchi? – la rimproverò lui, offeso.
Lei rispose con un altra domanda - Tu sei sposato?
Il moro fece uno strana smorfia, inorridito, poi gli mostrò la mano sinistra – Vedi? Non porto anelli. A volte osservare ti fa capire molte più cose rispetto al chiedere.
- Allora sei fidanzato?
- Io sono sposato con il mio lavoro.
- John dice che fai il poliziotto.
- Davvero? – chiese il moro, sorpreso. ‘Watson le aveva parlato di lui?’ si domandò perplesso e vagamente compiaciuto.
- Bhè non proprio, ha detto se mi avevi mai parlato di cose di polizia…
Holmes represse un sorrisino. D’un tratto si materializzò, a una cinquantina di metri di distanza, un uomo dall’aria compassata e vestito in modo impeccabile. Si avvicinò a loro seguito a ruota da una donna dal fisico asciutto, che armeggiava con un cellulare e camminava incerta sul sentiero mezzo ghiaioso e terroso su scarpe griffate dal tacco spropositato.
Sherlock osservò la scena con malcelato divertimento, come un gatto indolente.
- La tua presenza qui, vestito in quel modo, è quasi surreale Myc – lo apostrofò il moro, con espressione indecifrabile.
- Devo ammettere che la tua, in compagnia di questa signorina, non è da meno – osservò candidamente il fratello, senza scomporsi.
- Suppongo che sia mio dovere presentarvi, – senza tanti preamboli si volse verso Sofia – questo è mio fratello maggiore, Mycroft. Sofia, la nipote di Watson – terminò rivolto al fratello.
La bambina era evidentemente compiaciuta di poter conoscere un componente della famiglia Holmes e, incuriosita dal nome inconsueto, si alzò dalla panchina per porgergli la mano.
Mycroft sorrise placidamente e non mosse nessun altro muscolo.
Il moro si sentì obbligato a intervenire – Ehm – si schiarì la voce – lui non lo fa [1]– asserì rivolto a Sofia – con nessuno – concluse perentorio.
La bionda ritirò la mano e tornò a sedersi, composta, senza distogliere lo sguardo dall’uomo.
- Non penso pioverà oggi, signore. C’è il sole da stamattina – osservò guardando dubbiosa l’ombrello appeso al braccio.
- Che perspicacia. Senz’altro nipote di Watson, non c’è dubbio. – ironizzò Mycroft.
Il moro alzò gli occhi al cielo e rivolgendosi a Sofia commentò – Non è per la pioggia, è più che altro... Diciamo che gli piace portarselo dietro.
- Ora che abbiamo chiarito queste vitali questioni di moda e bon ton, potrei avere il piacere di parlarti in privato qualche minuto? Quel lavoro che ti avevo chiesto di svolgere, non mi pare di aver ricevuto notizie in merito. – incalzò Mycroft, leggermente spazientito.
- No, ma ci sto lavorando. Come ben sai non trascuro mai niente e non mi piace trarre conclusioni affrettate, né tanto meno esporre parte delle mie intuizioni quando ancora non vedo delinearsi davanti a me il quadro completo.
- Credo che da un po’di tempo a questa parte tu stia trascurando i tuoi doveri di consulenza al Ministero degli affari esteri e delle politiche internazionali di cui ti ho incaricato negli ultimi tempi. Anche se è un incarico ufficioso dovresti prenderlo con la dovuta serietà.
- Questo mi offende. – osservò il moro, reciso – Non trascuro mai il lavoro. “L’homme c’est rien, l’oeuvre c’est tout”[2].
- Bene – replicò il fratello, tamburellando col piede – allora devo dedurre che le ulteriori informazioni che sono venuto a portarti ti interesseranno, e forse ti sproneranno a un maggior impegno.
Dopo qualche secondo di riflessione il moro riprese la parola - Come vedi adesso non posso.
- Non c’è problema, fratellino. Ho qui con me tutti i documenti che ti possono tornare utili. Basta che gli dai una scorsa questa sera ed entro domani mattina al massimo mi fai sapere qualcosa.
Il moro prese lo spesso faldone che gli veniva porto dalla segretaria con le scarpe Vivienne Vestwood, che dovevano stargli leggermente strette visto il modo in cui stava rigidamente eretta e spostava ogni tanto il peso da una gamba all’altra.
- Ti ho allegato anche un fascicolo con delle foto e un file con la registrazione della voce che dovrebbe appartenere a uno degli uomini che cerchiamo, quello infiltratosi alla convention, nonché il tabulato telefonico del cellulare che mi avevi chiesto.
- Quale efficienza… meglio di James Bond. Va bene, darò una spulciata alle tue scartoffie e ti manderò un resoconto via mail, oppure c’è il rischio che venga intercettata? – chiese, sollevando un sopracciglio sarcasticamente.
- Hai fino alle nove di domattina, dopodiché puoi considerarti sollevato dall’incarico, ma poi non aspettarti il mio aiuto quando verrai a chiedermi qualche informazione per risolvere i tuoi casi. – detto questo girò sui tacchi, seguito a ruota dalla claudicante assistente.
Holmes non avrebbe mai capito perché le donne si sottoponessero volontariamente a quella tortura.
Tornò a guardare la bambina .
- Vedi Sofia, anche quell’uomo è sposato con il suo lavoro e quella donna non è la sua ragazza ma la sua segretaria. Mio fratello è così impegnato da avere bisogno di una persona che gli gestisca il tempo ventiquattro ore su ventiquattro.
La bambina lo guardò con gli occhi sgranati – Un poliziotto anche lui?
Il moro scosse la testa - Lavora per il governo.
- E’ un detective segreto?
Il moro la guardò sconcertato - Tu guardi troppa televisione. Lo dicevo sempre a John di non guardare quei telefilm americani.
La bambina fece una risatina e arricciò il labbro superiore in un modo che al moro ricordava terribilmente Watson, anche quell’aria di estatica ammirazione era la copia carbone di quella del suo ex coinquilino.
Poi si sentì una voce di un ragazzino in lontananza, . La bionda lo guardò schermandosi dalla luce con la mano destra e lo riconobbe subito – E' un mio compagno di scuola – spiegò al detective chiedendogli il permesso di raggiungerlo.
C’era un parco giochi di fronte a loro con scivoli, altalene.
- Va bene – le concesse Holmes – non ti allontanare.
L’altra non se lo fece ripetere due volte. Sherlock rimasto con le mani in mano cominciò a sfogliare svogliatamente il fascicolo sulle sue ginocchia ma fu presto catturato dalle nuove informazioni che, andando a colmare alcune lacune ,gettavano nuova luce sulle sue supposizioni e sui lati che ancora non aveva messo ben a fuoco. Si ritrovò a sfogliare le fotografie e a esaminare febbrilmente i dati e le testimonianze, dimenticandosi dello scorrere del tempo.
Quando si interruppe e sollevò la testa dal dossier si sorprese nel sentire un gran vociare e guardò in direzione del area giochi, cercando di scorgere due trecce bionde e un paio di scarpe rosse.
Dimenticò in un istante i fogli e iniziò a correre, scavalcando la piccola staccionata che lo separava da quella oasi di fanciullezza.
La bambina era accovacciata a terra e si teneva il braccio, mentre del sangue colava da un taglio sulla fronte, fortunatamente era una ferita superficiale ma già una piccola folla si era radunata intorno alla ragazzina nel tentativo di soccorrerla,.
Il moro si fece largo tra la folla – E' con me. Lasciatemi passare – scansò una signora anziana e un uomo sui quarant’anni
– Permesso – si chinò verso Sofia e la sollevò un po’ per accertarsi delle sue condizioni.
Portò una mano a sollevarle il mento. Lei piangeva sommessamente
– Stai bene? Cosa è successo? – le esaminò il braccio, e intanto gli tamponò il taglio sulla fronte. La prese in braccio e la portò verso la panchina. 
Lei diceva di essere caduta dal ponticello di funi sul quale si stava arrampicando. Era piuttosto alto, Sherlock gli aveva gettato uno sguardo di sfuggita.
Le tamponò il taglio e l’accompagnò fino alla fontanella dove lo sciacquò dalla sabbia.
- Stai calma – mormorò. - Su, fammi vedere il braccio.
– Non sembra rotto – constatò – ti fa male se faccio così?
Lei fece segno di sì.
- Tanto?
La bionda scosse la testa.
Il moro tornò a concentrarsi sulla fronte che aveva ripreso a sanguinare. – Ti senti strana? Ti gira la testa?
La bambina non rispose e gli si abbarbicò addosso, posandogli la testa sulla spalla – Zio John. – mormorò.
Il detective la scostò da sé un momento – Sofia, mi devi rispondere. E’ importante – non credeva potesse avere un trauma cranico ma era pur sempre caduta dall’alto.
- No. Mi brucia solo. C’era una pietra appuntita .
Lei tornò a gettarsi contro di lui mentre questi la circondava un po’ rigidamente con le braccia. Dopo qualche minuto si era già calmata.
Sherlock si mise una mano in tasca ed estrasse il cellulare, scorrendo la rubrica si fermò sul nome di John. Osservò un attimo lo schermo oscurarsi per lo stand-by. Era teso al pensiero della reazione del dottore, ma non potevano fare finta di niente.
- Chiamo tuo zio.
Lei lo guardò e le si illuminarono gli occhi, poi però si rabbuiò – Si arrabbierà. Lo fa sempre
- Non preoccuparti.
- Magari aspettiamo un po’. – propose.
- No. – lui la guidò verso la panchina e premette il tasto per inoltrare la chiamata .
Quando il dottore rispose la sua voce denotava già un certo allarme, era chiaro che non si aspettava una sua chiamata.
- Cos’è successo? – chiese il medico, asciutto. Per certe cose era piuttosto perspicace, bisognava ammetterlo.
- E’ meglio che ci raggiungi.
Il dottore non rispose e chiuse la comunicazione. Il detective si rimise il cellulare in tasca e prese in braccio Sofia.
- Come va?
- Meglio - rispose la bambina che si accoccolò contro di lui, posando la testa in un punto imprecisato tra il collo e la spalla.
- Bene. – Sherlock le posò una mano tra i capelli, un po’meno a disagio di quando l’aveva abbracciata poco prima, ma sempre piuttosto impacciato  – La prossima volta stai più attenta. Sei intelligente per la tua età, devi sapere che John non sopporterebbe che ti succedesse qualcosa. – la ammonì in tono grave .
- Ma io non sopporto quelli che mi stanno addosso. Zio John non mi lascia fare niente, ha paura anche della sua ombra.
Il detective si infervorò, neanche fosse stato lui punto sul vivo – Non dire cose simili. Lui – deglutì – ha i suoi buoni motivi. Te lo assicuro. – sapeva che Watson era più che giustificato nell’essere così apprensivo, non bisognava essere degli psicologi per capire cosa si agitava nel suo intimo – lui non è un codardo, ha solo paura di perdere di nuovo qualcuno.
Sofia si staccò per guardarlo – Di nuovo? – lei ovviamente non poteva capire.
Lui la guardò crucciato –  E' la persona migliore che conosca ma…l’idea di perderti lo terrorizza. Lo capisci? Devi essere comprensiva, solo così potrai aiutarlo a guarire dalle vecchie ferite.
- Intendi la ferita alla gamba?
- No, non fisicamente...
La conversazione fu interrotta bruscamente dall’arrivo di John. Per nulla propiziatoria una nuvola si spostò a oscurare il Sole.
 
 
 
N.d.a: Sherlock sta diventando paurosamente occ, la trama non è ben chiara neppure a me, o meglio è più il conflitto S/J la trama. Il cap doveva continuare ancora ma poi mi è venuto troppo lungo. Succede poco in effetti e John non c’è quasi per niente. Nonostante sia consapevole della pochezza della storia se qualche anima pia provasse l’impulso di commentare gli sarei grata ad vitam. Saluti 
 
 
 



[1]Ovviamente preso paro paro da AGOS
[2]Citazione dal Canone.
  
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