Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: StephEnKing1985    15/02/2013    4 recensioni
...Niall guardò verso il buco nel muro, che si allargava ogni secondo di più. Dinanzi a lui si apriva il buio, un buio che mai aveva visto prima, così spaventosamente gonfio di negatività. - Ecco - disse Jackson - questo è solo l'inizio. - Niall si voltò verso di lui. - Voi siete pazzo, Jackson... - Quest'ultimo buttò la testa all'indietro e si mise a ridere. - ...Solo grandi pazzi possono essere grandi geni - disse, mentre Niall lo fissava attonito. Intanto, dal buio, occhi gialli cominciarono ad avanzare. Niall indietreggiò, e Jackson gli mise una mano sulla spalla. - Che la festa abbia inizio - commentò, sogghignando maleficamente.
Niall Horan, un ragazzo appassionato di romanzi horror del suo autore preferito, Howard P. Jackson, si troverà a dover indagare sulla morte di alcuni suoi amici, anch'essi appassionati fan dello scrittore maledetto, i cui libri fanno impazzire chiunque li legga con troppa attenzione. Che cosa si nasconde dietro questa macabra particolarità? Toccherà a Niall scoprirlo, addentrandosi nel mondo di Jackson, il mondo dove nascono i suoi orrori... Riuscirà ad uscirne vivo?
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

34.

 

 

 

La sigaretta del Dottor Kaufmann si era consumata quasi tutta, mentre lui ascoltava incredulo il racconto che gli aveva fatto il paziente. Niall era rimasto tutto il tempo nella sua posizione, cioè a gambe incrociate nell’angolo della stanza, a guardare ogni tanto lui, ogni tanto il vuoto.

- …Così… Jackson starebbe iniziando la sua conquista del mondo, ho capito bene? –

- No Michael – rispose Niall scuotendo lentamente la testa – Jackson si sta riprendendo il mondo. Ciò che era sempre stato dei demoni. Sta ripristinando il mondo del caos, di prima dell’antichità. – il suo sguardo era perso nel vuoto, ma poi si riebbe e lo riportò su quello di Kaufmann, che con la sigaretta ancora tra le dita, lo osservava sconcertato.

 

*****

 

…Bisogna solo decidere con chi stare. Con Jackson… O contro di lui. Ma non è una decisione facile, ci vuole una mente molto forte e una personalità determinata. Bisogna stare attenti agli infettati. Sì, quelli che io ho fatto fuori alla libreria Pendragon. E ai demoni. Gli sgherri di Jackson. Sono dappertutto, ma possono essere freddati con le armi da fuoco, almeno così ho potuto capire. Sta cominciando un’era nuova, un’era dove il Padrone Jackson riporterà alla realtà ciò che prima era dominio esclusivo del regno della fantasia. …Puoi vederlo anche tu là fuori, Michael, che non sto scherzando.

 

Alle 23.30 di quella sera, il dottor Kaufmann era ancora nel suo ufficio ad ascoltare e riascoltare la lunga registrazione dell’intervista al suo nuovo paziente. Questo è suonato come un tamburo, pensava ogni volta che il nastro finiva con le ultime parole, non sto scherzando. A parte lui e Thomas Bailey, rinchiusi peraltro in due manicomi differenti – Niall a Brookhaven e Thomas a Juniper Hill – gli altri casi di omicidi rientravano tristemente nella normalità della cronaca statunitense. Certo, i vaneggiamenti mistici erano all’ordine del giorno, ma per quanto ne sapeva Michael Kaufmann, non aveva mai sentito un vaneggiamento mistico anche solo paragonabile all’Apocalisse di Horan.

Mentre scriveva la sua prima relazione sullo stato mentale del ragazzo, sbadigliò vistosamente. Guardò l’orologio da polso. Le tre e trenta erano passate da un quarto d’ora. Si alzò dalla scrivania e andò al mobile dei liquori, lo aprì e si versò due dita di Jack Daniel’s.

Sopra il mobile c’era uno specchio e il busto di Sigmund Freud, il padre della psicanalisi. Sciacquandosi la bocca con il whisky, Michael si guardò allo specchio, guardando anche il suo mentore alla lontana.

- Se questi sono i mostri con cui devo combattere io – mormorò Kaufmann – mi immagino solo con cosa avrai dovuto combattere tu, caro Maestro. – disse, e ridacchiò allegramente agitando il bicchiere per rimescolare ciò che rimaneva del whisky.

All’improvviso, vide qualcosa nello specchio. Un’ombra, come una presenza nel suo ufficio. Ridacchiò ancora un po’, salvo poi smetterla immediatamente, leggermente spaventato. Uno scricchiolio attirò la sua attenzione. Era lo scricchiolio del parquet della sala d’attesa, dove i suoi pazienti (molto abbienti) si riunivano prima delle sedute. Senza perdere di vista la porta aperta sul corridoio principale, aprì lentamente il cassetto della sua scrivania, estraendone altrettanto lentamente una rivoltella calibro 38. Tolse la sicura e puntò la pistola alla porta aperta, sentendo lo scricchiolio che continuava. Sul tavolo Kaufmann teneva una foto di lui, seduto su una gradinata insieme a sua moglie e sua figlia. La guardò, e il suo pensiero andò anche a loro, sole in casa mentre lui era ancora nel suo ufficio a lavorare… Scacciò dalla testa quel pensiero, avvicinandosi lentamente alla porta, sempre con la pistola spianata. Lentamente fece capolino sulla soglia, cercando di scorgere se ci fosse qualcuno.

- Mani in alto! – urlò, sicuro di sé. Ma il suo urlo fu sprecato. Nella sala d’aspetto non c’era nessuno.

Eppure avrei giurato che…

Un sibilo alle sue spalle gli raggelò il sangue nelle vene. Si voltò di scatto, vedendo dietro di sé una specie di mostro grigio con zanne al posto dei denti, gli occhi iniettati di sangue e artigli al posto delle mani. L’essere ringhiò, avvicinandosi verso il dottore. Kaufmann camminò all’indietro, poi si ricordò di essere armato e fece fuoco.

BANG! BANG!

Sparò due colpi in rapida successione, ma che non bastarono a fermare la belva. Questa gli si avventò addosso e cercò di morderlo al collo. Kaufmann urlò, imprecò, cercò di sottrarsi all’aggressione. Sparò ancora una volta, prendendo di striscio la testa del demone. Questi urlò in una specie di verso gutturale, quindi saltò via dal corpo del dottore e si buttò verso la finestra, mandandola in frantumi.

Scosso e spaventato, Kaufmann rimase lì a sedere sul parquet della sua sala d’attesa. Se ci fossero stati i suoi pazienti, allora sì che sarebbe stato un momento di comicità, ma in quel momento lui si era preso un attacco di fifa blu.

- Cazzo… - mormorò, ansimando. – NiallNiall ha ragione. Bisogna fare qualcosa. –

Velocemente raccolse le sue cose, la sua borsa ed il suo impermeabile (…e non dimenticarti la pistola, vecchio mio!) e corse via dallo studio. A casa, a proteggere sua moglie e sua figlia.

 

*****

 

Alle 03.40, ovvero dieci minuti dopo che Kaufmann, a qualche centinaio di chilometri di distanza da Silent Hill era stato aggredito da un demone nel suo studio, Niall aprì gli occhi, svegliato da urli nel corridoio. Riconobbe tante voci. C’erano l’infermiera Lisa Garland che urlava, insieme al capo servizio Henry Slowspeare detto l’Irlandese per le sue origini d’oltremanica. Slowspeare stava urlando comandi ai suoi sottoposti, preoccupato da chissà quale pericolo. Chiamate la polizia! L’esercito! Will! Scendi in armeria a prendere dei fucili, di corsa!!! E poi, pochi minuti dopo: Ma perché cazzo la polizia non arriva??? Cristo!

Poco dopo sentì la Garland che parlava ad alta voce:

Henry, al secondo piano le celle si sono tutte aperte!

E lui le rispondeva, incazzato:

Maledizione! Sigillate il braccio, chiudete tutte le uscite. Non fate scappare nessuno! Io chiamo la sicurezza!

Fuori dalla sua cella, era il caos totale. Si rannicchiò ancora di più in sé stesso, timoroso di ciò che stava accadendo e ciò che si era aspettato da quando era entrato lì al Brookhaven Mental Hospital, ciò per cui stava sempre attento, sempre calmo e pronto all’evenienza. Buttò un’occhiata alla porta della sua stanzetta imbottita. La sua era ancora chiusa. Forse quell’imbecille di Slowspeare sarebbe stato contento che almeno il braccio E era ancora sigillato. A proposito, era già da un po’ che non sentiva più nessuno. Come mai?

La risposta gli arrivò pochi minuti dopo. Doveva esserci Lisa Garland ancora nel reparto, lo evinceva dal suo camminare frettoloso, da ragazza del Sud… Si alzò dal letto e andò alla porta, guardando dalla finestrella con la grata. Lisa apparve pochi istanti dopo, sanguinante e trafelata.

- Niall! – esclamò – Qui fuori sta succedendo il finimondo! –

Lui restò calmo, guardandola senza risponderle. Per un momento sembrava che si fossero invertiti i ruoli: lui, il sano di mente, se ne stava nella cella. E lei, la pazza, era fuori. Proprio lo scenario che Jackson aveva prima teorizzato, poi scritto… e infine ricreato nella realtà. Le dispiaceva anche per lei, ma al momento non poteva aiutarla. Almeno, non finché se ne stava rinchiuso in quella cella.

- Stai calmo e vedrai che tutto si aggiusterà, okay? – lo rassicurò allontanandosi dalla porta. Subito dopo fu sopraffatta da un altro paziente – un uomo di circa quarant’anni, con barba e pigiama clinico – che l’acchiappò per i capelli e l’accoltellò in mezzo ai seni. Prima un colpo, poi un altro, poi un altro ancora… Lisa strillò sprizzando grandi quantità di sangue e cadendo ginocchioni sul linoleum, e a quel punto Niall sembrò ritrovare la sua sanità mentale.

- Lasciala!! Lasciala!!! – urlò, sbattendo i pugni sulla porta. L’uomo che l’aveva accoltellata si girò a guardarlo, rivelando con un sorriso due file di denti marroni e scomposti.

- E’ cominciata, Niall Horan. È cominciata l’apocalisse. Jackson sta arrivando, e finalmente non saremo più noi i pazzi. – dichiarò, poi si mise a ridere. Infine, prese per i capelli Lisa e le tagliò la gola.

- Noooooooo!!! – Urlò Niall, continuando a sbattere i pugni sulla porta. Poi l’uomo che l’aveva accoltellata le prese le chiavi e ne infilò una nella serratura della porta di Niall.

- Fammi uscire di qui e ti giuro che t’ammazzo, bastardo! Mi hai sentito?? Ti ammazzo!!! – urlò Niall, nero di rabbia. Tra tutti gli infermieri, Lisa Garland era sempre stata buona con lui, non gli aveva mai fatto pesare la sua condizione di internato, e vederla lì, sul linoleum verde a sprizzare le ultime gocce di sangue del suo corpo, gli strinse il cuore. Convinto di non poter fare nulla, si rimise sul letto. Per un po’ rimase con gli occhi umidi di lacrime a guardare la parete imbottita, fino a che non si addormentò.

 

*****

 

Paradossalmente, i sogni di Niall in quella stanza furono del tutto tranquilli. Sognò una domenica di tanti anni prima, quando con la sua famiglia era andato a visitare la città di Hollywood. Rivide sé stesso bambino, percorrere Sunset Boulevard, in quella lunga e caldissima estate. Erano i tempi in cui lui era ancora un moccioso sognatore, e in cui Greg non si era ancora deciso ad arruolarsi per il bene della sua nazione. Vedeva la scritta Hollywood sulla sommità della collina, e i tanti teatri che popolavano la via. Quella era la fabbrica dei sogni, il mondo del cinema, dove le fantasie degli uomini prendevano vita. Sognò suo padre Bobby che scattava fotografie a tutto spiano, e sua madre Maura che teneva per mano i suoi piccoli affinché non si perdessero in quella miriade di gente. Ad un certo punto vedeva una locandina, con su scritto The show must go on, lo spettacolo deve continuare, e mai frase si sarebbe resa tanto adatta.

Si svegliò a malincuore, ancora nella sua cella, ancora con la parete imbottita davanti agli occhi. Quando si svegliò del tutto, si accorse che la notte era passata da un pezzo, che dalla finestra della sua cella s’intravedeva un po’ di luce. Il sole non splendeva, ma ugualmente era mattina. Mise i piedi giù dal letto e si strofinò gli occhi. Il silenzio regnava sovrano, quella mattina.

Poco dopo si accorse che la porta della sua cella era socchiusa. Fece un balzo e andò al pomello, lo tirò e la porta si aprì. Guardò fuori, prima a destra e poi a sinistra nel corridoio. Le celle dove erano rinchiusi i suoi compazienti, erano aperte. Lisa era ancora lì, riversa a terra in un lago di sangue fuoriuscito dalla sua gola. I lunghi capelli rossi si erano mescolati al suo liquido corporeo, appiccicandosi al linoleum e impastandosi con esso. Niall sospirò, quindi si allontanò dalla sua cella.

A piedi scalzi percorse il corridoio, arrivando fino alla reception. Qui, gli uffici erano tutti sottosopra, c’erano carte sparse dappertutto, un neon pendeva dal soffitto con il suo cavo elettrico che ancora sfrigolava scintille. C’erano raccoglitori di fatture e registri sparsi in ogni dove, cocci di vetri rotti e cadaveri.

Cadaveri degli infermieri, occasionalmente qualche paziente, e sangue. Sangue sulle pareti e sul pavimento, persino sul soffitto. A parte questo, l’ospedale sembrava deserto. Abbandonato come dopo un disastro nucleare.

Niall si mise le mani sulle braccia. Faceva freddo. I suoi piedi erano diventati quasi ghiacciati, dal camminare sul pavimento gelato. Doveva assolutamente trovare un paio di scarpe e poi vestirsi.

Girando un po’, riuscì a trovare la lavanderia e il guardaroba. Qui c’erano ancora tante divise pulite da infermiere, e scarpe bianche. Fortunatamente le divise da infermiere scaldavano abbastanza. Erano di un tessuto particolare, in grado di adattare il corpo di chi le indossava alla temperatura esterna: così, in caso di un’eventuale fuga di un ospite, gli inservienti sarebbero potuti uscire senza doversi infilare alcun soprabito. Il corridoio attiguo al guardaroba portava ai sotterranei, dove c’era l’armeria. Immaginò che tutte le armi fossero state portate via, ma valeva la pena dare un’occhiata.

I sotterranei erano mezzi al buio. Eccezion fatta per qualche luce che lampeggiava, si poteva vedere bene comunque. Qui, Niall vide tante porte. Le targhette lo avrebbero aiutato. Una diceva ARCHIVIO, un’altra diceva MAGAZZINO BENI, un’altra ancora SALA CALDAIE. Girò a sinistra nel corridoio, trovandosi di fronte il gabbiotto dell’armeria. Non era certo un’armeria di dimensioni enormi come quella di un distretto di polizia, ma sicuramente bastava a tenere in sicurezza un posto come quello. Com’era prevedibile, quasi tutte le armi erano state già utilizzate: la rastrelliera dei fucili era praticamente vuota, così come quella delle pistole. Niall sospirò, girando i tacchi per tornarsene da dov’era venuto, quando dietro la porta vide qualcosa luccicare. Si fiondò immediatamente, raccogliendo l’ultima pistola rimasta. Controllò se nel caricatore erano rimaste munizioni. C’erano. Quindi la richiuse e se la mise in tasca. Per stare sicuro, prese un altro caricatore, in caso avesse avuto di nuovo a che fare con qualche demone o qualche altro infettato.

 

*****

 

Fuori, l’aria era fredda, molto fredda. Ma la divisa continuava a tenerlo caldo. Nel parcheggio, c’erano altri cadaveri. Tra questi, Niall riconobbe il cadavere di Slowspeare, il quale giaceva con la gola mezza asportata. Non era un patologo, ma Niall avrebbe detto sicuramente che era morto per il morso letale di un demone. Il cancello d’accesso era aperto, ma c’erano auto sparse ogni dove. Segno che chi le aveva utilizzate aveva tentato di scappare ma era stato fermato prima dai mostri.

- Jackson… maledetto figlio di puttana. Ti fermerò. – mormorò Niall, pensando che urgeva tornare immediatamente a New York. Se lì a Silent Hill, nel Maine, le cose stavano così, figuriamoci a casa cos’era successo. Scelse un’auto lì vicino, che aveva ancora il motore acceso. Tirò fuori il cadavere della donna alla guida e lo adagiò sull’asfalto, quindi chiuse le portiere e partì alla volta di New York.

Provò ad accendere la radio, ma tutte le stazioni erano diventate mute. Imprecò, pregando di trovarne una che funzionasse e che desse notizie chiare.

La trovò.

La voce dello speaker era sovraeccitata, ma carica di una tensione negativa nello spiegare gli eventi.

- …non ci sono sviluppi sui recenti fatti avvenuti tra questa notte e questa mattina. Sappiamo solo che gli omicidi si sono triplicati. In più, delle creature di natura misteriosa hanno fatto la loro comparsa. Delle specie di cani, o tigri, o che so io. Con gli occhi iniettati di sangue, che hanno seminato orrore e morte nelle ultime ore. L’esercito degli Stati Uniti d’America è in allarme, orde di cittadini hanno creato dei comitati di difesa del territorio. Il Presidente ha dichiarato lo stato di guerra questa mattina, una guerra non contro un altro popolo del mondo, ma bensì contro qualcosa di sconosciuto e letale, che si è insinuato da un giorno all’altro nelle nostre vite. Signore e signori, forse questa è l’apocalisse. Sarebbe inutile se vi dicessi che va tutto bene, perché non va tutto bene. A tra poco, dopo il bollettino d’informazione. –

E dopo lo speaker, anziché la musica, passava un messaggio registrato con le misure precauzionali per coloro che erano sopravvissuti.

- …Nell’avvicinarsi ai limiti di una città in auto, si deve segnalare la propria presenza utilizzando i proiettori abbaglianti per tre volte. Dopodiché bisogna scendere dai veicoli e alzare le mani, affinché gli ufficiali preposti verifichino lo stato di umanità o alienità. Rispondere sempre ai comandi delle forze dell’ordine. Non lasciare una città se non si è assolutamente costretti. I bambini al di sotto dei dieci anni devono girare con i propri genitori o con un ufficiale dell’esercito. Si consiglia ai superstiti di raggiungere i centri di raccolta più prossimi… - e altre indicazioni di sopravvivenza.

- E’ cominciata. Nessuno potrà fare più nulla, Niall Horan. –

Con le mani sul volante, Niall si girò. In auto con lui non c’era nessuno, era la radio che parlava.

- …Messaggio per Niall Horan. Qui è il suo dolce Louis che gli parla, e che vorrebbe tanto farlo suo in un letto. Per ora è costretto ad aspettare, ma prima o poi ci riuscirà. Niall, tesoruccio, torna a casa, ti stiamo aspettando. Mamma e papà sono così ansiooosi di rivederti! –

- Oh merda! Mamma! Papà! Che cosa gli avete fatto, bastardi!!! – esclamò Niall contro la voce alla radio. La voce di Louis non rispose più, in compenso Niall accelerò.

Era cominciata. Era cominciata. E bisognava fermarla.

 

 

FINE (?)

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: StephEnKing1985