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Autore: Padmini    15/02/2013    6 recensioni
Sherlock è un bambino timido che, nonostante la sua buona volontà, non riesce a farsi nessun amico. Forse per il suo carattere introverso, forse perché si annoia con i giochi dei suoi compagni di classe, forse perché è troppo intelligente e saccente, perfino con le maestre. Forse tutte queste cose insieme.
Eppure, da qualche parte, c'è un amico che aspetta solo lui.
AU Child!Sherlock; Teen!John; Child!Moriarty
Genere: Avventura, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jim Moriarty , John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi nuovamente qui! Buona lettura!

 

 

 

 

 

Disegni

 

 

 

 

 

 

I giorni successivi Sherlock fu trasferito a Baker Street, raggiunto immediatamente da John.

Il recupero, sia fisico che mentale, fu lento e faticoso. John si era preso un periodo di aspettativa per curare il suo migliore amico.

I primi tempi fu costretto a nutrirlo via flebo o con cibi liquidi. Brodo di pollo, puree di verdure, che la signora Hudson preparava con tanto amore.

Era sempre John, però, ad aiutarlo a mangiare. Era talmente debole che non riusciva nemmeno a sollevare le posate e, a parere di John, non ne aveva nemmeno voglia.

Da quando erano tornati al vecchio appartamento c'era stato un miglioramento, ma tutto ciò che aveva passato in quel periodo lo aveva parecchio debilitato, nel corpo e nello spirito.

La paura che John potesse andarsene lo faceva ricadere in stati catatonici che John associava al suo mind palace.

Non era facile, per nessuno dei due. Sherlock ce la metteva tutta per guarire e John gli stava vicino quasi tutto il tempo così, pian piano, la natura forte e indipendente del detective prese il sopravvento e lo aiutò a superare la depressione.

John lo accompagnava tutti i giorni a Scotland Yard dove, con la massima discrezione, Lestrade gli faceva esaminare i dati dei casi, man mano più difficili, per aiutarlo a riprendere il ritmo.

 

 

 

 

Già quattro mesi più tardi non c'era più traccia della depressione. Sherlock era tornato sé stesso, nel bene e nel male e John non poteva essere più felice. L'unica cosa che contava era che aveva di nuovo il suo sociopatico iperattivo preferito e niente avrebbe potuto dividerli.

L'inizio di tutto avvenne una sera piovosa. Sherlock aveva in programma un pedinamento, ma John era stato irremovibile. Alla fine ebbe la meglio e il detective si raggomitolò sulla sua poltrona preferita con un broncio degno di un bambino capriccioso.

“Mi annoio, Jawn!” disse stringendo le magre gambe al petto “Dovrei stare là fuori, non puoi relegarmi qui solo perché ...”

“... solo perché piove a dirotto?” domandò John ridendo “Te ne starai buono qui, Sherlock. È la mia ultima parola”

Sherlock si raggomitolò sulla poltrona e si mise a fissare il fuoco. Osservava la danza delle fiamme come ipnotizzato e intanto la sua mente vagava. Distolse lo sguardo dalla luce e sbatté le palpebre e lo sguardo gli cadde nel quaderno con la storia del pirata.

Da quando gliel'aveva restituito, John aveva tenuto sempre in bella mostra quel racconto e sovente lo rileggeva, soffermandosi soprattutto ad ammirare i disegni di Sherlock.

Anche John vide lo sguardo del detective soffermarsi sul quaderno.

“Perché non fai qualche disegno?” gli propose, come se si rivolgesse ad un bambino annoiato cosa che, in effetti, Sherlock era in quel momento.

“Potrei ...” rispose lui stringendosi nelle spalle.

“Allora fallo” lo incoraggiò John alzandosi.

Nel cassetto della sua scrivania c'era una confezione di pastelli nuovi, mai usati, che aveva comprato qualche tempo prima proprio per indurlo al disegno come antidepressivo. Glieli porse e prese anche una matita, una gomma e un foglio bianco da disegno.

“Ecco, mio caro artista. Crea!”

“Cosa dovrei disegnare, di grazia?” rispose lui, prendendo in mano il tutto.

“Quello che vuoi! Che ne so ...” guardò il cesto con le mele “Perché non fai una bella natura morta?”

“Noioso”

“Allora disegna un teschio”

“Banale”

“Prova ad affacciarti alla finestra e fai un paesaggio urbano”

“Scontato”

“Arrangiati allora!” sbottò John, stanco di sentirsi scartare ogni idea.

Proprio in quel momento lo sguardo di Sherlock si posò nuovamente sul quaderno. Quella volta aveva disegnato le avventure del Capitano Talbot. Pensò dunque al blog di John. Anche quelli erano racconti avventurosi e lui poteva illustrarli.

Fece girare la matita tra le dita in cerca dell'ispirazione. Chiuse gli occhi e ripercorse mentalmente le loro imprese. Non sapeva da quale cominciare, poi la razionalità prese il sopravvento.

Perché non cominciare con la prima?

Uno studio in rosa.

Ritornò a quei giorni e cercò i momenti salienti.

L'incontro al Barts, l'indagine a Brixton, l'incontro con Angelo, l'inseguimento del taxista, il dilemma delle due pillole e infine l'immancabile coperta anti-shock.

 

Tutti conoscevano la versione di John perché l'avevano letta nel suo blog. Nessuno sapeva però cos'aveva provato lui in quei momenti soprattutto perché, naturalmente, nessuno pensava che ne provasse, perciò non si erano nemmeno dati la pena di chiederglielo.

Stava eseguendo un delicato test sull'emoglobina, quando vide John.

L'aveva riconosciuto immediatamente, nonostante l'aria affaticata e gli anni trascorsi lontano da lui.

Aveva sentito che il suo cuore aveva mancato un battito dalla felicità, ma si era sentito sprofondare in un pozzo nero di delusione quando il medico, entrando in laboratorio, non dava segni di averlo riconosciuto.

Aveva chiamato Mycroft e da lui aveva ricevuto conferma di ciò che sospettava.

L'amnesia di John era qualcosa alla quale non era preparato. Da anni si era immaginato quel momento, aspettando il ritorno del suo Jawn, ma ora che era di nuovo con lui non aveva più ricordi del loro passato.

Si era trovato in una situazione incerta. Non sapeva bene cosa fare perché sapeva di essere ignorante nel campo dei sentimenti e non si immaginava quale reazione avrebbe potuto avere John se gli avesse rivelato il loro passato insieme.

Tutto ciò che era successo poi lo aveva fatto desistere dal raccontargli qualsiasi cosa.

Non voleva rovinare l'alchimia che si era ricreata spontaneamente tra di loro rievocando il passato e rischiando di rovinare quel rapporto appena rinato dalle ceneri della sua amnesia, ma che prometteva grandi sviluppi.

 

I mesi successivi gli avevano dato ragione. John, forse inconsciamente, si era ritrovato a occuparsi di lui come un babysitter con un bambino troppo cresciuto e lui aveva alimentato questa situazione, sperando che ricordasse spontaneamente.

Durante gli anni in cui l'aveva atteso si era sempre interrogato sulla natura dei suoi sentimenti per lui, ma non era riuscito a giungere ad una conclusione.

Quando Angelo li aveva scambiati per una coppia era rimasto segretamente lusingato, ma nel momento in cui John aveva esternato in modo così esplicito il suo orientamento sessuale e la ferma intenzione di non cambiare, aveva farfugliato qualcosa riguardo al fatto di essere sposato con il suo lavoro, per difendersi dalla delusione.

In realtà in quel momento aveva capito di essere innamorato di lui.

Quante sere era rimasto in casa solo a soffrire, mentre John usciva con la fidanzata di turno!

C'era anche la noia a tormentarlo, ma la cosa che lo faceva rodere dentro era il continuo tentativo del suo Jawn di fuggire da lui.

Non era riuscito a trovare altre spiegazioni alle numerose 'fidanzate' che si portava a casa, più spesso per tappare qualche buco emotivo più che per vero interesse.

 

Ora finalmente erano finalmente riusciti a venire a patti con i loro sentimenti. Anche John si era reso conto di amarlo. Si era odiato fino al midollo per essere stato così codardo con lui. La depressione che lo aveva colpito non derivava solo dall'abbandono di John ma anche dalla sua inadeguatezza. Si sentiva in colpa per averlo costretto ad una decisione così drastica. Si era comportato da perfetto imbecille e lui era fuggito.

Non sarebbe successo, mai più.

 

Aveva appena finito il disegno del loro primo incontro al Barts. Era venuto decisamente bene. I tratti erano decisi ma non troppo marcati. Soppesò per un attimo l'idea di colorarlo, magari con degli acquerelli, ma la scartò quasi subito.

Era perfetto così, in un bianco e nero che ricordava le illustrazioni dei libri che John gli leggeva la sera prima di dormire.

Chiuse l'album da disegno con un gesto secco che attirò l'attenzione del dottore.

“Hai già finito?” gli chiese sporgendosi “Posso vedere il tuo capolavoro?”

Sherlock scosse la testa.

“Non ancora. Quando saranno finiti anche gli altri, non prima. Me lo prometti?”

Lo guardò con il suo solito sguardo da cucciolo, quello che usava quando voleva ottenere a tutti i costi qualcosa e John non seppe resistere.

“Va bene! Va bene! Sempre circondato dal mistero, eh?” chiese scherzosamente “Penso che andrò a dormire” aggiunse poi, mettendo da parte il libro che stava leggendo. In quell'istante Sherlock reagì.

Posò l'album di disegni al suo fianco e si alzò. In due passi raggiunse John e si sedette a cavalcioni sulle sue gambe poi, senza preavviso, lo baciò.

Un bacio dapprima casto, poi sempre più audace. Se prima lo sfiorava solo con le labbra, cominciò a esplorare la sua bocca con la lingua, sperando di indurlo ad aprirla.

John, che era rimasto interdetto per quel gesto così inatteso, lo assecondò e lo circondò con le braccia, attirandolo a sé. Sentì le reciproche eccitazioni incontrarsi al cavallo dei pantaloni e la cosa lo fece fremere di piacere.

Le loro lingue si rincorrevano e giocavano, regalando ad entrambi momenti di puro godimento. Non solo ciò che stavano facendo era bello, ma lo stavano provando con la persona amata.

Fu John, questa volta, a staccarsi.

“Non va bene, Sherlock, non va ...”

Il detective lo zittì con un altro bacio e continuò a dargliene altri sul viso tra una parola e l'altra.

“Non sono più il piccolo Sherlock al quale raccontavi le fiabe. Sono un adulto che ti ama e ti desidera. Lascia stare il passato... è un bellissimo passato ma deve rimanere tale. Pensa solamente a quanto ci siamo sempre voluti bene e ora …”

Lo baciò con maggiore passione e andò a sfiorargli i pantaloni.

“Ora mi sento pronto, Jawn. Mi sento pronto per questo. Ho capito che non posso rinunciare a te e che ti amo”

Il cuore di John perse un battito sentendo quelle parole. Non solo gli stava dichiarando i propri sentimenti, ma gli stava dicendo che voleva sperimentare con lui anche qualcosa di più fisico.

Non se lo fece ripetere due volte e, continuando a baciarlo, iniziò a sbottonargli la camicia.

“Anch'io ti desidero, Sherlock... Ti desidero come non ho mai desiderato nessuno”

Sherlock sospirò sentendo le dita di John insinuarsi sotto la sua camicia e toccare la pelle. Era estremamente delicato, ma anche molto sensuale, così fece altrettanto con la camicia di lui.

Si spogliarono lentamente, assaporando ogni gesto.

Si erano già visti reciprocamente nudi. Sherlock girava seminudo per casa con una disinvoltura invidiabile ed entrava in bagno mentre John faceva la doccia, ma quella volta c'era qualcosa di diverso.

Si stavano esplorando l'un l'altro, toccandosi e baciandosi in carezze sempre più audaci. Ci volle molto tempo perché anche l'ultimo strato di vestiti venisse adagiato sul pavimento.

Sherlock era magrissimo ma ben proporzionato, mentre John esibiva i muscoli sviluppati durante la sua permanenza nell'esercito.

Sembrava che i loro corpi non aspettassero altro. Avevano preso il sopravvento sulle menti dei loro proprietari e si muovevano come in una danza perfettamente coreografata.

Si sfioravano con tutta la pelle. Sherlock strusciò il viso su tutto il corpo di John come un gatto che fa le fusa, facendogli il solletico con i capelli.

A quel punto John non seppe più resistere. Afferrò con le mani le loro eccitazioni e le fece strofinare. Quel semplice tocco bastò per farlo gemere dal piacere e anche Sherlock espresse a voce ciò che provava. La voce baritonale del detective era ancora più eccitante e John sentì che non avrebbe resistito a lungo.

“Sherlock, ti prego … Non così … Io non ce la faccio ...”

A quella richiesta di pietà, Sherlock sorrise e si alzò per andare in cucina. Tornò dopo qualche istante con la bottiglia dell'olio e si avvicinò malizioso al dottore.

 

 

 

 

 

Martha Hudson si era sempre considerata una donna di ampie vedute. Non si scandalizzava quando guardava le scene di sesso nei film e si commuoveva quando vedeva due uomini o due donne scambiarsi effusioni amorose in pubblico. Era perfino scesa in strada quando era passato il gay pride, ma quando spense la televisione per andare a dormire, arrossì.

Era stata molto in ansia per il destino dei due uomini, soprattutto da quando John se n'era andato senza dirle il perché ma ora, soprattutto sentendo i rumori sospetti che provenivano dall'appartamento al piano di sopra, capì che era perfettamente guarito.

Sentì la voce di Sherlock anche da lì e, in misura minore, quella di John. Ciò che la turbava di più, però, fu il rumore sordo e regolare della poltrona che sbatteva sul pavimento di legno.

Dopo l'iniziale imbarazzo si mise a ridacchiare.

Finalmente quei due si erano decisi, sopratutto quel bambino cresciuto che era Sherlock.

Abituata com'era ai rumori molesti provenienti da quel piano, anche se di solito erano costituiti dagli spari contro la parete, prese gli immancabili tappi per le orecchie dal comodino e andò in camera sua per prepararsi per la notte.

 

 

 

 

 

Si fermarono con il fiato corto, come se avessero corso dieci chilometri.

“Non amo lo sport fine a sé stesso, Jawn. Dovresti saperlo ormai”

“Lo so... ma in questo caso potresti fare un'eccezione, non credi?”

“Sì ...” rispose ansimando “Potrei … potrei … Jawn?”

“Dimmi, Sherly ...”

“Ti amo”

John sorrise e prese senza guardarla la coperta dal divano. Erano entrambi sporchi, ma non voleva interrompere quel contatto. La stanza era riscaldata dal tepore delle braci nel caminetto, ma preferì coprirsi. Lo cinse in un abbraccio di pail e gli fece appoggiare la testa al suo petto.

“Ti amo anch'io” rispose e lo baciò sulla testa, come faceva quando gli rimboccava le coperte, ma ormai Sherlock dormiva, sfiancato da tutta quell'attività fisica. Lo annusò. Sapeva di sapone di marsiglia, caffé e sudore. Un mix strano che gli piacque. Gli piaceva l'odore del suo sudore, soprattutto perché sapeva da cosa derivava.

Chiuse gli occhi.

Non aveva mai sperimentato una felicità più intensa né un piacere più appagante, con nessuno.

Finalmente ciò che aveva sempre provato per Sherlock era sbocciato e non avrebbe potuto avere un profumo migliore.

   
 
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