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Autore: Scarlet Jaeger    15/02/2013    2 recensioni
Lost Canvas. I Gold Saint sono tutti morti (tranne Shion e Dohko) in seguito all'ultima Guerra Sacra contro Hades. Ma se invece della morte, per loro fosse stato pensato un qualcosa di diverso? Se la morte fosse solo l'inizio di qualcosa? Se la loro vita, fosse stata spostata in un universo alternativo? Sapranno riconoscerlo, oppure andrà bene così per loro?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Cancer Manigoldo, Cancer Sage, Gemini Aspros, Gemini Deuteros
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Universi Paralleli 3 Universi Paralleli 3-Vita o morte?(Parte 1)


Era una bella giornata quel giorno. Il sole alto nel cielo riscaldava ed illuminava la città di Atene.
Hasgard decise di andare al parco per fare quattro passi, così da poter cogliere le iniziali temperature primaverili.
Uscì di casa subito dopo aver pranzato visto che abitava in una grande casa da solo. Non doveva rendere conto a nessuno, per quello dedicava tutto se stesso all'insegnamento; verso quei bambini che lo facevano sentire vivo ed amato. Nonostante la loro tenera età, gli manifestavano sempre la loro gratitudine ed entusiasmo in qualsiasi cosa che faceva. Di questo si riteneva soddisfatto.
Tre di loro, però, lo avevano colpito nel profondo; continuava a pensare ai loro visi attenti ed alle loro espressioni curiose nelle sue spiegazioni. Nonostante fosse la prima volta che li vedeva, di quello ne era certo, c'era qualcosa di strano in quelle tre creature; come se in qualche modo, ed in qualche occasione, si fossero già conosciuti. Ma forse stava vaneggiando. Questo si disse quando raggiunse una panchina, all'interno del parco, togliendosi dal viso una ciocca di capelli argentei. Si sedette, allargando le braccia sullo schienale, inspirando una boccata d'aria fresca; rimase così, beandosi dei raggi caldi del sole, ascoltando il vociare della vita che stava trascorrendo in quel luogo.
-Guardate, ma quello è il maestro Hasgard!-
La tenera voce di un bambino lo riportò alla realtà. Aprì gli occhi, abituandoli di nuovo alla luce, cercando con lo sguardo chi avesse parlato.
I tre bambini a cui pensava poco fa, arrivarono correndo con un gioviale sorriso sulle labbra.
-Saro! Teneo! E anche tu Selinsa!-Rimase per un momento interdetto da quell'arrivo precipitoso, guardandoli con aria confusa.
I bambini annuirono, accerchiandolo; avevano un sorriso contagioso che non potè rifiutare. Aprì le sue labbra facendo notare i denti bianchissimi.
-Ma guarda che sorpresa, anche voi qui!-
Scompigliò teneramente i capelli di ogniuno, aiutandoli a sedersi accanto a lui. Guardò a giro per vedere se qualuno li stava cercando, ma non notò nessuno.
-Come mai siete soli?-Chiese.
-No, ci sono le nostre mamme, ma stanno chiaccherando insieme poco più in la!-Rispose la bambina indicando tre donne a poca distanza da loro.
-Siamo venuti a salutarla, visto che era da solo!-Continuò il bambino di nome Teneo.
-Che carini, è stato un bel pensiero!-Sorrise Hasgard.
-Maestro, ci racconta una storia?-Chiese di getto Saro, che aveva gli occhi fissi su di lui.
-Una storia eh.-Ridacchiò l'uomo portando il bambino sulle sue ginocchia.-Vediamo, che tipo di storia?-
-Continui la storia del Cosmo che ha accennato in classe!-Si eccitò il bambino.
Il maestro ridacchiò, pensando a cosa poter dire per coinvolgerli.
-La stessa energia che le stelle hanno in loro come conseguenza del Big Ben voi lo avete dentro di voi, dentro il vostro corpo. Siete governati dalla forza delle stelle e la vostra anima racchiude in sè lo stesso potere di un'intera costellazione. I Saint ottengono i loro poteri sovrannaturali grazie all'esplosione che avviene dentro di loro, dell'intero Cosmo racchiuso in un così piccolo spazio. Grazie a questa immensa forza, i Saint possono tutto!*-Spiegò, rapendo e coinvolgendo nelle sue parole i tre bambini che lo guardavano ammaliati da tale racconto.
-Voi mi ricordate così tanto coloro a cui rivolsi queste parole.-Sorrise tristemente, quasi in trance. Ma chi erano veramente quelle persone a cui aveva rivolto queste parole? Quando si sforzava di capirlo, otteneva solamente una forte emicrania.
-I vostri nomi..-Si portò una mano alla tempia e chiuse gli occhi.-Saro, Teneo, Selinsa!-Sospirò, portando indietro la testa per colpa di una fitta al cuore. Si portò l'altra mano all'altezza dell'organo.
Iniziava piano piano a ricordare. Quell'emicrania continuava a mischiare nel suo cervello alcune immagini:
Due bambini, una bambina con una maschera inespressiava sul volto. Le loro urla di spavento ed incitamento verso colui a cui dovevano la loro devozione, oltre ad Athena.
La Cloth lucente, di cui era rivestito, che rispecchiava il viso maligno e divertito dello spectre di fronte a lui.
Una battaglia all'ultimo sangue e poi, il buio.
Poi, si era ritrovato in quel mondo, più di duecento anni dopo; in un mondo a lui totalmente sconosciuto dove aveva ritrovato quelli che, probabilmente, erano le reincarnazioni future dei suoi amati allievi. Li sentiva di nuovo così vicini, così estranei alla guerra. Tutto quello che aveva sempre sognato per loro, si era avverato. Chiuse gli occhi, qusta volta credette per sempre, con un sorriso triste sulle labbra.
Non era ancora pronto, a lasciare quel mondo.
-Benvenuto, giovane Saint!-
La voce calma ed eterea di una donna, arrivò di colpo alle sue orecchie. Si sentiva fluttuante e leggero, in mezzo a quella semi oscurità in cui era catapultato.
-Dove mi trovo!-Chiese, cercando di rimettersi in piedi pur non avendo appoggi.
-Questo è l'oblio, ciò che divide impercettibilmente la vita e la morte.-Spiegò la prima donna.
Di fronte a lui ce n'erano due; la prima era vestita di un candido e lungo vestito bianco, che risaltava nell'oscurità di quel "nulla". L'altra, si mimetizzava più nell'oscurità con la sua tunica scura, che le ricadeva fino ai piedi. In mano reggeva una torcia, unica fonte di luce in quello spazio; tra i capelli invece, aveva un cerchietto dove partivano alcuni spunzoni affilati.
Hasgard osservò il tutto, ingoiando un po' di saliva, continuando a far balenare lo sguardo da una figura all'altra.
-O.oblio?-Balbettò, non capendo nulla di quella situazione.-E voi chi sareste?-
-Si.-Iniziò la donna dal vestito candido.-Io sono Mnemosine, una Titanide. Figlia del cielo Urano e della terra Gea. Sono la personificazione della Memoria.-Concluse, lasciando la parola all'altra.
-Io invece, sono Ecate. Sono una divinità psicopompa, in grado di viaggiare liberamente nei tre mondi: quello degli umani, quello degli Dei e quello dei Morti. Sono colei che accompagna le anime all'aldilà.-
Rimase per un momento interdetto da quelle spiegazioni, continuando a far vagare lo sguardo sulle due figure.
-E, cosa volete da me?-Chiese.
-Ti è stato concesso di vivere la tua seconda vita in questo mondo parallelo: il futuro grazie alla forte devozione in Athena prima di morire. Il suo amorevole cosmo vi ha concesso una seconda possibilità, ma nel momendo in cui avresti ricordato il passato, avresti dovuto compiere una scelta.-Iniziò Mnemosine.
-Una scelta? Che tipo di scelta?-Continuò Hasgard, curioso.
-Se continuare a vivere nel mondo cui sei stato catapultato, oppure morire e lasciarlo per sempre.-Continuò Ecate.
Lui ci pensò un attimo. Quindi, non era del tutto finito. Poteva ancora scegliere?
-E se dovessi scegliere la vita, quale prezzo dovrò pagare?-Chiese, con espressione scettica.
-Un piccolissimo prezzo.-Prese parola Mnemosine.-La tua memoria! Sono colei che ne è la Dea, ed il prezzo per la vita: è la tua memoria della tua vita passata. Non ricorderai più nulla del tuo passato, sarai un uomo normale, con una vita normale. I tuoi ricordi non ti perseguiranno come hanno fatto fin ora, non ricorderai più nulla dei tuoi allievi, se non l'amore che provi per loro come alunni.-Concluse.
Era abbastanza accettabile la proposta, visto che comunque da quando era piombato in quell'universo, rimase senza i suoi ricordi. Si affidava solo al suo sesto senso, quello che gli permise di riconoscere gli animi dei suoi passati allievi in quelli di questi futuri studenti.
-Siamo in attesa della tua decisione!-Disse Ecate, intransigente.
-La mia decisione è presa! Vorrei poter continuare a vivere, continuare ad insegnare. Continuare a stare accanto, anche se incosciamente, ai miei tre allievi.-Concluse con veemenza.
Le due donne si guardarono per un momento, annuendo. Ecate sparì dalla vista di Hasgard, e rimase solamente Mnemosine in posizione eretta di fronte a lui. Avanzò fluttuante, tenendo un braccio disteso nella sua direzione; quando gli fu di fronte, poggiò la fredda mano sulla fronte dell'uomo, che impallidì.
-I tuoi ricordi adesso mi appartengono.-
La voce solenne della donna divenne un eco lontano, mentre uno strano bagliore si faceva padrone dei suoi occhi. Dopo di ciò, di nuovo il buio.
Quando li riaprì, notò che sopra di lui c'era ancora lo splendido sole che ricordava ed i tre bambini che lo fissavano con aria interrogativa.
-Dove eravamo rimasti?-Chiese, sfoggiando un tenero sorriso che conquistò i presenti.
-Ai Saint, ed al Cosmo!-Lo incitò Selinsa.
Lui la guardò scettico, non sicuro che fosse stato proprio quello l'argomento di cui parlavano; ad essere sincero, non ricordava neanche di cosa stava parlando.
-Saint, Cosmo?-Scoppiò a ridere.-Vi va invece un bel gelato?-
Dimenticandosi del resto, i tre bambini saltellarono felici e corsero verso le loro mamme per avvertirle.
Adesso Hasgard, era veramente felice.



Sotto il caldo sole della sua Sicilia, Manigoldo percorreva la strada che lo divideva dalla sua meta: l'orfanatrofio dove avrebbe dovuto lavorare.
In mano teneva le indicazioni stradali scritte da Sage, suo tutore, in modo che potesse trovare facilmente il luogo con i mezzi di trasporto.
Quando arrivò di fronte alla costruzione, si guardò attorno per vedere se era veramente quel modesto edificio la sua meta.
Era provvisto di giardino, dove molti bambini stavano giocando sotto oservazione delle tutrici, e la porta d'ingresso era aperta. Non ci pensò due volte, nonostante la strana sensazione che attanagliava il suo cuore, ad indossare il suo solito sorriso menefreghista e varcare la soglia.
Fu fermato da una delle donne, vestita con un camice bianco ed una coda di cavallo fatta da lunghi capelli biondo cenere.
-Buongiorno, cerca qualcuno?-Gli chiese la donna, fermandolo prima che entrasse nella struttura.
-Non proprio, sono qua per lavoro.-Spiegò il ragazzo.
-Ah, tu devi essere Manigoldo, Sage ci ha parlato di te.-
Il Siciliano alzò gli occhi al cielo, il suo tutore aveva proprio pensato in grande.
-Vieni, ti mostro subito le tue mansioni.-Non perse tempo la donna, conducendolo immediatamente all'interno.
Gli fece fare il giro dell'edificio in tutta la sua grandezza: dalle stanze dei bambini, alla sala adibita alla mensa dove lui avrebbe dovuto lavorare.
Le sue mansioni erano semplici come servire ed aiutare i bambini più piccoli a mangiare; amichevolmente e facendoli sentire a casa. Ce l'avrebbe fatta? Lui stesso era ignorante su certe cose, lui che non aveva mai avuto trattamenti benevoli, a parte quelli dell'uomo che faceva le veci dei suoi genitori, prematuramente scomparsi. Lui stesso era stato cresciuto in un ofranatrofio, a quanto Sage raccontava; si perchè non aveva ricordi dei primi anni della sua vita e, per quanto si sforzava, riusciva ad avevre solo una forte emicrania.
-Tra poco sarà ora di pranzo, mi raccomando, affidiamo a te i bambini!-Gli sorrise la donna, con un sorriso che gli attanagliò lo stomaco; non era sicuro di essere all'altezza del compito. Era sempre stato una persona differente dai ragazzi della sua età. Preferiva la calma alla folla, preferiva rimanere a guardare l'orizzonte, invece che divertirsi come una qualunque persona. Tuttavia, non voleva deludere le aspettative di nessuno, tantomeno di Sage. Aveva accettato l'incarico e lo avrebbe portato avanti; era in sfida con sè stesso, ed a lui piacevano le sfide.
Indossò il suo sorriso migliore e raggiunse la stanza dove, l'addetta, gli avrebbe donato il camice appostito per iniziare le sue mansioni.
Poco dopo, si ritrovò nella stanza con una baraonda di bambini urlanti e scalmanati, seduti ai tavoli, che gridavano e ridevano tra loro.
Cercando di rimanere calmo, iniziò a portare le pietanze ai vari tavoli, sforzandosi di essere gentile.
-Ma non mi piacciono le verdure!-Si lamentò un bambino sbattendo il pugno, con ancora il cucchiaio in mano, sul tavolo. Aveva il viso piegato in un'espressione imbronciata.
-Tu le mangi!-Si girò inviperito con i capelli appiccicati alla fronte, quei pochi che rimanevano fuori dal cappellino bianco che gli avevano affibbiato.
Il bambino sgranò gli occhi, spaventato dal viso truce del ragazzo, ed iniziò a mangiare (controvoglia) il piatto fumante che aveva davanti.
-Ma, ci sono anche le carote!!-Fu una bambina dietro di lui a parlare, ma non si lasciò intenerire dal suo visino angelico; anche a lei mostrò un'espressione divertita e maliziosa.
-Vuoi diventare cieca, piccola?-Ridacchiò e la bambina ingoiò un po' di saliva, sgranando gli occhi.
-Cieca?-Soffiò, spaventata.
Manigoldo annuì, rimanendo con l'espressione beffarda stampata sul viso.
-Non lo sai, le carote fanno bene alla vista!-Spiegò, soddisfatto dell'attenzione che gli riservavano i bambini.
In poco tempo, tutti i presenti erano chini sui piatti e non parlarono fino a che non finirono tutte le pietanze nei piatti. Rimase a guardare la scena con le braccia conserte sul petto, assolutamente soddisfatto di quel primo giorno di lavoro.
Quando due donne entrarono nella stanza, preoccupate dal silenzio, rimasero di stucco guardando scioccate il ragazzo che annuiva con veemenza.
-E' stato facile!-
Finito il turno, Manigoldo uscì dall'orfanatrofio tirando un sospiro di sollievo; non era stata pesante la giornata, ma lo stare rinchiuso per qualche ora dentro quattro mura, gli aveva messo nostalgia dell'aria aperta. Inspirò a pieni polmoni quella brezza calda che sentì dentro in pochissimo tempo. Raggiunse la spiaggia, dove era solito andare, trovandola come il solito semi vuota.
Non si preoccupò di sporcare scarpe e vestiti, continuò ad affondare i piedi nella sabbia calda, fino ad arrivare al bagno asciuga dove, con un gridolino di liberazione, si distese togliendosi le scarpe e lasciando i piedi nudi a mollo.
Era una senzasione benevola, che gli serviva per riprendersi completamente dallo stress della giornata; doveva riconoscere che, nonostante le urla dei bambini e la pesantezza delle ore in piedi, non era stanco per niente.
Continuava a pensare alla struttura, e quella parte di quartiere non del tutto sconosciuta. C'era una parte di lui che continuava a ripetergli che c'era già stato. Degli antichi ricordi che cercavano di riaffiorare nella mente.
Chiuse gli occhi, cercando di scacciare il mal di testa che quei pensieri gli provocavano, respirando corpose boccate d'aria.
Fu in quel momento che immaginò o ricordò, non era ben chiaro, delle scene passate. Riconobbe lui stesso da piccolo, seduto in un angolo di un palazzo crollato. Non era la stessa città di quel periodo, ma era comunque un luogo non del tutto sconosciuto. Indossava una tunica sporca e logora, con il cappuccio calato sugli occhi. Era circondato da piccole fiammelle che, non riuscì a capire come, riconobbe come fuochi fatui; non ne era spaventato, li osservava sorridendo cercando di accarezzarli con i polpastrelli. Un rumore di passi distolse il sè stesso bambino dalle sue attenzioni. Il viso di Sage lo steva guardando inespressivamente.
Dopo, il buio.
Aprì gli occhi di soprassalto, ricordando tutto. Lui era un Gold Saint del Tempio, morto nella battaglia contro Thanathos, uno degli Dei Gemelli.
Disegnò un ghigno soddisfatto, una volta cosciente, osservando il luogo dov'era finito. Era uno spazio in mezzo al nulla perso nella semi oscurità.
Continuo a far balenare lo sguardo a destra e sinistra, riconoscendo di non essere solo. Due donne stavano fluttuando come lui a poca distanza. La prima era vestita con un lungo e candido vestito bianco, la seconda con una tunica scura e portava una torcia in mano.
-Chi siete? Dove mi trovo?-Le aggredì con quelle domande, ma loro non si scomposero neanche un secondo.
Fu la prima donna a rivolgergli parola.
-Benvenuto Manigoldo.-Sentendosi chiamare per nome trasalì per la curiosità più che per lo spavento.-Io sono Mnemosine
, una Titanide. Figlia del cielo Urano e della terra Gea. Sono la personificazione della Memoria.-Concluse, lasciando la parola all'altra, così come fece con Hasgard.
-Io invece, sono Ecate. Sono una divinità psicopompa, in grado di viaggiare liberamente nei tre mondi: quello degli umani, quello degli Dei e quello dei Morti. Sono colei che accompagna le anime all'aldilà.-Spiegò compostamente la donna vestita di nero.
Manigoldo aprì le labbra in un ghigno più pronunciato del primo, leccandosi il labbro superiore.
-Colei che accompagna le anime all'aldilà eh..-Pronunciò, guardando il suo dito indice.-Chissà, magari non sei l'unica..-Puntò lo stesso dito verso le due che sorrisero comprensive della stupidità degli umani.
-Sei colui in grado di separare l'anima dal corpo con il tuo colpo segreto: il Sekishiki Meikaiha. Tuttavia non ti servirà a nulla qui; Siamo nell'oblio, l'attimo che divide la vita dalla morte e noi siamo due Divinità mostrate nella loro divina forma. Non possediamo il corpo mortale.-Spiegò Ecate tranquillamente, ma il ragazzo grugnì. Non era abituato ad essere messo a tacere in quel modo.
-Cosa volete da me, e perchè sono finito qua?-Chiese, continuando a mantenere la sua espressione imbronciata.
-Come tutti i tuoi compagni, siete finiti in questo universo parallelo dopo la vostra presunta morte. E' stato l'amorevole cosmo della vostra Dea, e la vostra volontà devota alla giustizia a catapultarvici così da poter avere una seconda possibilità; ad una condizione però: qualora i vostri ricordi si fossero risvegliati, avreste dovuto intraprendere una scelta.-Mnemosine mise a tacere la curiosit del ragazzo che, però, aveva molte altre domande da porre.
-Una scelta? Assurdo..-Biasciò.-Che tipo di scelta?-Chiese, lievemente titubante.
-Continuare a vivere nella realtà parallela in cui siete stati catapultati, o morire.-Spiegò la donna e lui scoppiò in una sonora risata.
-Mi stai chiedendo di decidere se vivere o morire?-Ridacchiò ancora sotto i baffi.
-La vita, caro Manigoldo, non si concede a chicchesia senza una condizione!-Chiuse gli occhi per un momento, aspettando la reazione del ragazzo che non fu quella da lei pensata.
Il Gold Saint rise, puntando gli occhi su Mnemosine. Aveva iniziato a capire, in effetti gli pareva fin troppo facile.
-Allora, a cosa dovrò rinunciare?-Chiese divertito. Lui era fatto così.
-Alla tua memoria. I tuoi ricordi della vita passata. Nulla che ricondurrà i tuoi pensieri alla tua vita vissuta al Tempio.-
Manigoldo alzò le spalle, continuando a mantenere il sorriso sulle labbra.
-Solo questo? Non mi sembra una rinuncia poi così grande. Premetto che non mi importa nulla del mio destino, di vivere, o di morire. Mi dispiace più per Sage, che ha passato entrambe queste vite a vegliare su di me. Devo tutto me stesso a quell'uomo.-Spiegò.-Quindi, vorrei tornare in quel mondo, poter continuare il mio lavoro e la mia vita.-
-Bene, Mnemosine, lo lascio a te.-Concluse infine Ecate, dopo aver ascoltato il discorso del ragazzo, dileguandosi nell'oscurità del luogo senza spazio e tempo.
La personificazione della Memoria avanzò verso di lui, fluttuante, poggiando una mano sulla sua fronte. Si sentì immediatamente svuotato di ogni pensiero e ricordo, dopo di ciò un fascio di luce tagliò l'oscurità del "nulla".
Quando riaprì gli occhi con foga, respirando affannosamente, si accorse di trovarsi ancora disteso sul bagnoasciuga della spiaggia. Si issò a sedere osservando il tramonto di fronte a lui e le onde che si infrangevano contro i suoi piedi.
-Bentornato tra noi!-
La voce di Sage lo riportò alla realtà. L'anziano era, come di consueto, seduto accanto a lui. Lo guardò divertito, osservando la sua espressione per poco spaesata ed evidentemente rintontita dal sonno.
-Sage!-Scandì la parola.-Quando sei arrivato?-Chiese confuso.
-Poco fa, stavi riposando. Il lavoro è stato duro?-Chiese, ridacchiando per il comportamento del ragazzo che scuotè la testa in un gesto negativo.
-No, non più di tanto. A dire la verità mi piace. Mi piace essere d'aiuto ai bambini che sono rimasti orfani.-Chiuse gli occhi, beandosi di un'espressione soddisfatta.
-Anche tu hai un cuore, Manigoldo?-Ridacchiò il tutore.
-Forse. Magari è la vicinanza con un certo vecchietto!-Sorrise maliziosamente, alzandosi da terra e cercando di aiutare Sage a farlo.
-Vorresti arrivare alla mia età e nelle mie condizioni!-
-Chissà....-Sorrise guardando il cielo, preparandosi a quella nuova vita da vivere in compagnia.
Fine capitolo 3


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Eccomi qua, alla conclusione di questo capitolo! Come avevo preannunciato, non sarà lunghissima! Ho deciso comunque di descrivere il destino di due Gold alla volta. Questi due hanno deciso di vivere *-* Gli altri, chissà..
Per quanto riguarda l'asterisco, il monologo sul cosmo di Hasgard: è una frase ripresa dalla prima puntata dell'anime classico. Lo dice Marin a Seiya. Mi piaceva come frase in quel contesto, visto che ho sempre pensato ad Hasgard come un uomo colto!
Per il resto, spero di non aver deluso le vostre aspettative! Mi scuso per i vari errori, purtroppo correggo da sola le mie storie T.T molte cose mi sfuggono!
Un bacione i recensori, chi ha messo la storia tra le seguite/preferite, e alla mia Sagitter No Tania che è sempre presente *-*
Un bacione a tutti, alla prossima!


 
  
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