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Autore: Nerea_V    16/02/2013    4 recensioni
"Era ormai due giorni che gli stavo dietro, ma di lui nessuna traccia. Aveva lasciato una scia di persone scomparse e di cadaveri da un mese ormai e c’era di sicuro qualcosa sotto. [...]"
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Punto di vista di Elena

Quella notte non riuscii a dormire. Non pensavo ad altro che a quello che era successo dal maledetto giorno in cui li avevo incontrati.
Erano stati i due giorni più belli che avessi trascorso da chissà quanto.
Guardai la luna sorgere e tramontare, senza accorgermi di quanto tempo stesse realmente trascorrendo. Quando la stanchezza mi coglieva non era mai per molto. Mi addormentavo giusto per rivedere quei momenti che avrei voluto cancellare. La strafottenza con cui mi parlava, le sue labbra sulle mie, il suo rifiuto. Tutto mescolato insieme. Questo faceva risvegliare in me sensazioni talmente forti da risvegliarmi, mi faceva contorcere sulla poltrona su cui ero seduta, tanto da farmi sentire quel senso di vuoto che precede una caduta e che in questi casi ti fa solo svegliare con il fiatone e più ansia di prima.
Quando il sole sorse non ne sopportai la luce. Era troppo intensa e inaspettata dopo una notte di luna calante. Mi avvicinai alla finestra e chiusi le tende. Poi tornai al mio posto ad aspettare. Aspettare che se ne andassero senza disturbarmi, ma Dean probabilmente non aveva spiegato la situazione a Sam.
Infatti passarono le dieci, l’ora dell’appuntamento e sentii bussare. Una speranza si accese in me. Se fosse stato Dean? Se si fosse ricreduto sulla sera prima? Quanto avrei voluto che fosse così.
Mi avvicinai trepidante alla porta, mano sulla maniglia pronta ad aprirla.
- Elena, ci sei?- La voce di Sam mi colpì come una coltellata. – Volevamo salutarti prima di partire.- Parla per te capellone.
Mi dispiaceva per lui, eravamo diventati amici. Avrei voluto salutarlo, ma se avessi aperto la porta ci avrei trovato anche Dean all’altro lato e non ce l’avrei fatta a incontrarlo di nuovo in quel momento.
Il telefono squillò e non risposi. Mi rannicchiai sul letto cercando di non scoppiare di nuovo a piangere. Cosa cavolo mi aveva fatto quel ragazzo? Io non ero mai stata una debole, o almeno non avevo mai potuto e dovuto esserlo da quando mamma era morta e più che mai ora. Era cresciuta in fretta, addestrata alla vita dura che ti lascia sempre con le gambe per aria. Adesso invece mi ritrovavo a piangere quasi due volte in sole ventiquattrore, anche meno, dopo diciotto anni dalla morte di mia madre senza una sola lacrima, solo qualcuna alla morte di mio padre, ma niente più. Le avevo sempre trattenute, perché simbolo di debolezza in un settore che non lo permetteva.
Quando sentii l’auto mettersi in moto e uscire dal parcheggio, aprii la porta e li osservai allontanarsi.
Reagisci cavolo. Dissi a me stessa. Renditi presentabile, vai a far colazione e parti subito per una qualsiasi città e cerca un qualsiasi caso.
Dopotutto non avevo torto, dovevo reagire. Così feci quel che mi ero detta da sola.
Tornata dalla tavola calda, però, percepii qualcosa di strano. Quando entrai nella mia stanza sentii freddo, un freddo strano. Sapevo cosa volesse dire. Presi subito una sbarra di ferro dalla mia borsa e mi preparai.
Entrai nella stanza, controllai il bagno, ma non c’era niente. Fu quando mi voltai per tornare nella stanza che lo vidi. Vestiti surclassati da chissà quanto tempo, barba incolta, capelli scarmigliati, pelle pallida. Osservava il pavimento. Poi con movimenti a scatti, da perfetto stile ‘fantasma inquietante’, tirò su la testa e mi osservò con un ghigno sadico stampato in faccia. Osservandolo meglio notai una linea rossa attorno al collo che contrastava con la sua pelle candida. Era Rookvelt. Sapevo che era stato troppo facile.
- Porca puttana.- Dissi notando che accanto a lui c’era la mia borsa dove tenevo il mio fucile caricato a sale.
Lui fece qualche passo verso di me e io indietreggiai brandendo la spranga che avevo in mano. – Sai ti ho vista al cimitero.- Disse. Da quando in qua i fantasmi avevano voglia di parlare? – Hai disseppellito mio fratello e hai fatto un bel falò.-
Capii al volo che non era George Rookvelt. – Sai mi stavo divertendo tanto con mio fratello. Con il nostro bel lavoretto ci stavamo assicurando un posto tra le file dei demoni. Dove avremmo potuto squartare chi ci pare, tutte le anime che erano all’inferno avrebbero potuto essere nostre.- Ecco da dove arrivavano i presagi demoniaci, stavano supervisionando il suo, anzi a quanto pare il ‘loro’ lavoro. Fece un altro passo verso di me. – Ma tu e i tuoi amici avete rovinato i nostri piani.-
Come potevano essere in due? C’era poco da pensare, dovevo agire. Presi più coraggio che potei. – Beh, mi spiace.- Poi mi avventai su di lui e lo scacciai col ferro. In un attimo sparì. Mi precipitai sul mio borsone e tirai fuori il mio fucile, poi cercai il cellulare. Dovevo contattare Bobby, chiedergli di fare alcune ricerche mentre tenevo a bada il maggiore dei Rookvelt. Dovevo sapere dove era stato sepolto, ma non avrei potuto scoprirlo io con il fantasma alle calcagna. Avrei dovuto ascoltare il mio istinto quando mi diceva che non dovevo fidarmi delle apparenze, sapevo che era stato troppo facile risolvere quel caso.
Ero così agitata che mi accorsi tropo tardi che era tornato il gelo nella stanza. Mi girai giusto in tempo per vedere Rookvelt che mi dava una botta in testa con una sedia. Caddi al suolo con la vista che si annebbiava. Mentre perdevo pian piano i sensi gli sentii dire. – Bene e adesso vediamo di far tornare qui i tuoi amichetti.-
Cercai di tornare presente a me stessa, ma ogni volta che mettevo a fuoco quel che mi circondava mi girava la testa e non riuscivo a rialzarmi. Mi abbandonai al suolo consapevole che presto sarebbe finita.
Poi fu tutto nero.


Punto di vista di Dean

L’impala sfrecciava veloce sull’asfalto, anche troppo veloce. Per non pensare non c’era niente di meglio che guidare la mia piccola, ma non quella volta. Pensieri ed immagini si susseguivano nella mia testa e per ricacciarli via non sapevo che altro fare se non schiacciare quel dannato acceleratore.
Ero consapevole che Sam mi guardava preoccupato, ma non avevo bisogno anche del pensiero di lui che voleva parlare di ‘sentimenti’. Proprio non mi andava una chiacchierata con lui sul suo argomento preferito di conversazione.
In risposta alle sue occhiate alzai al massimo il volume della radio che trasmetteva “Highway to hell” degli AC/DC. Non c’era canzone più azzeccata di quella.
Dopo parecchio tempo Sam abbassò il volume riducendolo a misero suono di sottofondo.
- Andiamo! Perché mi devi rovinare la giornata?- Dissi spazientito.
Mi guardò scettico. – Veramente te la stai rovinando da solo. Comunque devo fare una telefonata.- Disse digitando un numero sul cellulare e portandoselo all’orecchio.
- Chi chiami?- Chiesi, guardandolo curioso.
Lui sospirò. – Chiamo Bobby. Voglio sapere se sa qualcosa di Elena, visto che a quanto pare non la posso chiamare perché ‘è meglio che la lascio stare’.- Disse a mo di rimprovero.
Guardai fisso la strada davanti a me. – Vedrai che sta bene.-
- Beh, vorrei accertarmene dato che è una mia amica. Non so che discussione abbiate avuto voi due, ma io voglio sapere come sta. - Poi più piano disse. – Anche se immagino non bene, visto come stai tu. -
Lo ignorai e feci finta di non ascoltare la telefonata a Bobby, ma la verità era che anch’io ero preoccupato per come se la stava passando, ma sapevo che probabilmente non si era fatta sentire ne da Bobby ne da nessun altro.
- Uh, Bobby. Sono Sam. – Ascoltò la risposta poi riprese. – Sì, senti Dean è un idiota e ha diciamo avuto una discussione con Elly.- Altro silenzio, dove io lo guardai male, ma sembrò non accorgersene. – Lo so, ma sai anche tu com’è fatto.- Disse girandosi verso di me, ma vedendo la mia faccia cambiò subito espressione. – Beh, senti ti chiamo perché quando siamo partiti lei era ancora nella sua stanza. Volevamo sapere se ti aveva chiamato.- Nel silenzio che seguì cercai di captare qualche parola dall’altro lato del ricevitore. –Ok, senti con noi non vuole parlare. Non è che la chiameresti per sentire come sta?- Di nuovo silenzio. – No, con noi non vuole parlare. Grazie Bobby. Poi richiama.- Poi chiuse il cellulare e si accasciò sul sedile.
Ci furono vari minuti di silenzio, poi quando cercai di alzare il volume della radio lui mi fermò. – Cos’hai combinato stavolta?- Chiese lui. Io lo ignorai, cosa avrei potuto dirgli?. – Sai sembravate andare d’accordo. Non capisco cosa sia successo.-
- Niente ok! La vuoi smettere, se ho voglia di parlartene, te ne parlo. Altrimenti taci!- Gli urlai. Poi mi calmai. – Scusa Sam, è che non è un buon momento, né il discorso migliore da affrontare. Abbiamo semplicemente avuto una discussione.-
Lui mi osservò attentamente. – C’entra per caso la scorsa notte. Senti l’ho capito che non siete stati al pub fino a quell’ora. Non sono uno stupido, anche se quando ho cercato di sondare la situazione siete stati irremovibili. Non so come faccia a fidarmi di gente che mente così bene.- Disse per sdrammatizzare. Io non risposi. – Dean, so che non ti piace parlarne, ma voi due… Non so c’era uno strano feeling tra voi. Era come se vi conosceste da tutta la vita. Ti conosce e ti capisce molto più di me, lo vedevo come vi guardavate.-
- Sam, per favore, smettila.- Dissi.
A quel punto lui si zitti e io alzai a tutto volume la radio.
Quando la sera ci fermammo in un motel lungo la strada Bobby richiamò. Rispose Sam. – Dimmi.- Io ascoltai senza darlo troppo a vedere, mentre pulivo la mia pistola. – Come non risponde?- Disse. Iniziai subito ad agitarmi.
- Metti in vivavoce.- Gli dissi avvicinandomi.
Lui annuì. – Aspetta Bobby, metto in vivavoce così sente anche Dean.-
Dopodiché pigiò alcuni tasti e lo poggiò sul suo letto. – Sai di essere un idiota vero?- Mi chiese Bobby. – Cosa diavolo hai combinato stavolta?-
Sospirai. – Niente. Non sono affari vostri.- Risposi un po’ troppo duro.
- Oh ragazzo, altroché se lo sono! Quella ragazza ne ha passate tante, proprio come voi e non si merita certo anche una doppia dose della tua imbecillità.- Disse lui.
Abbassai lo sguardo. – Lo so. Sai come sta?- Chiesi agitato da quel che aveva detto prima.
Lui sospirò contro la cornetta. – No purtroppo. Ho provato a chiamarla su entrambi i suoi cellulari. Ma non risponde. Ha provato anche Rufus, la chiamiamo da tutta la giornata, ma non risponde. All’inizio pensavo che non volesse parlarmi perché ce l’aveva con te, da quanto aveva detto Sam. Sai magari pensava che chiamassi da parte vostra, come in effetti stavo facendo.- Aspettò qualche secondo poi riprese. – Questo atteggiamento non è da lei. Avrebbe dovuto rispondere a Rufus e non ha mai rifiutato così tante mie chiamate. Di solito anche se è arrabbiata con me dopo un po’ mi richiama.-
Mentre Sam continuava a parlare con Bobby io presi il cellulare e provai a chiamarla un paio di volte. La segreteria partiva sempre dopo una ventina di squilli, troppo perché fosse lei a mettere giù o per una segreteria accesa per non sentire nessuno.
- C’è qualcosa che non va.- Dissi tornando verso Sam e il telefono. – Normalmente si lascia il cellulare spento o si mette giù dopo pochi squilli. La segreteria qui parte dopo un bel po’ di chiamata a vuoto. Quindi o ha gettato entrambi i cellulari o è successo qualcosa.- Dissi in agitazione. Cosa poteva essere successo?
Poi parlò Bobby. – Avete finito il lavoro, prima di partire, vero?-
- Ma sì, certo che lo abbiam…- Mi interruppi subito.
- Come ha detto lei, è stato fin troppo facile.- Disse Sam. – Magari aveva ragione. Quando mai le cose ci sono andate lisce in una caccia?-
No, non poteva essere. Perché l’aveva lasciata sola prima che partisse? Perché non si era assicurato che era al sicuro? – Merda.- Dissi incominciando a raccogliere le nostre cose.
- Bobby noi torniamo indietro. Chiamaci se sai qualcosa. Appena arriviamo ti chiamiamo.-
- Scordatelo, arrivo anch’io, mi metto subito in viaggio. Probabilmente arriverete prima voi.  Mi aspettano quindici ore di macchina. State attenti.- Disse Bobby.
- Certo.- Appena chiusa la chiamata mi diressi verso la mia macchina. – Andiamo Sammy!-
Come avevo potuto lasciarla sola? Se le era accaduto qualcosa non me lo sarei mai perdonato.
 
Arrivammo a Elmore all’alba. Inchiodai nel parcheggio e scesi quasi di corsa dall’auto. Arrivato davanti alla sua stanza incominciai a tempestarla di pugni, ma nessuno rispose. Continuai a picchiare la porta, ma non successe niente. – El!- Gridai cercando di aprire la porta che era bloccata.
- Dean calmati.- Mi disse Sam. Io lo guadai furioso. – Non serve a niente agitarsi in questo modo. Devi calmarti, perché se non ragioni con calma non risolveremo un bel niente. Sfogati piuttosto buttando giù la porta.-
Questa era una gran bella idea. Mi allontanai di qualche passo, presi la rincorsa e sfondai quel pezzo di legno. Dentro la stanza era vuota, ma riconobbi il suo borsone ai piedi de letto, con dentro tutte le sue armi. Tutte tranne il fucile caricato a sale che era per terra, ma dall’altra parte della stanza. – Sammy le è successo qualcosa.- Dissi avvicinandomi alla sua borsa e tirando fuori la foto di lei da piccola con i suoi genitori. La strinsi forte. – è tutta colpa mia.-
- Non dire così Dean. Adesso facciamo qualche ricerca e vedrai che la ritroviamo.- Cercò di calmarmi Sam.
- Come può essere Rookvelt. Lo abbiamo arrostito quel bastardo.-
Camminai avanti e indietro per la stanza, mentre mio fratello tirava fuori il portatile e iniziava a cercare qualche altra informazione. Sam trovò qualche articolo che riguardava gli omicidi attuati dal fratello, aveva un modus operandi molto simile a quello di George Rookvelt, spesso venivano scambiati.
- Potrebbe essere lui. Molto più sensato della possibilità che ci sia ancora qualche suo pezzo in giro. Nei documenti che abbiamo trovato non se ne parla, dicono che vanne sepolto intero. L’unica pista che ci rimane è quella di Stephen Rookvelt.- Disse Sam.
Scoprimmo subito che era stato sepolto a Freemont nell’‘Oakwood Cemetery’. La città dove aveva commesso i suoi ultimi crimini prima di essere arrestato e giustiziato per aiutare il fratello.
- Bene io vado a cercarla nella casa di George Rookvelt. Ho come la sensazione che anche in vita lavorassero insieme qualche volta, perché non farlo anche dopo la morte? Se è lui doveva conoscere il suo laboratorio. Tu vai a bruciacchiare quel figlio di puttana.- Dissi.
Lui annuì e fece per andarsene, ma poco dopo si girò nuovamente verso di me. – Abbiamo una sola macchina.- Disse.
Tirai fuori dalla borsa le chiavi della Ducati. –Sono sicuro che non si arrabbierà. È un’emergenza.- Dissi.
- Io sono sicuro che ti taglierà la testa per aver guidato la sua moto senza il suo permesso.- Disse Sam prima di uscire e partire.
Arrivai in pochissimi minuti alla casa abbandonata fuori città. Tirai fuori il mio fucile a sale e mi caricai la borsa in spalla. Senza aspettare un solo altro secondo corsi nel laboratorio in cantina, lo buttai all’aria, ma non trovai nessuno.




**______Angolo dell'autrice______**

Manca poco, molto poco alla fine. direi un capitolo o due.
  
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