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Autore: iusip    04/09/2007    2 recensioni
Questa ff è una AU, ambientata nel periodo in cui Ryo combatte come soldato nel Sud America. Shinichi Makimura è padre di due bambini, un maschio e una femmina. Soltanto la bambina sopravvive al massacro che colpisce la famiglia. Dopo 20 anni, Ryo Saeba e Kaori Makimura si incontrano di nuovo. Ma, questa volta, SENZA SANGUE. (Ispirato al romanzo omonimo di Baricco.) Buona lettura.
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Hideyuki Makimura/Jeff, Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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La donna camminava per strada, ondeggiando leggermente sugli alti tacchi dei suoi stivali neri.

Aveva piovuto da poco, così il suo viso era rivolto all’asfalto, nel tentativo di evitare le pozzanghere di acqua sporca che si erano formate nelle crepe del cemento.

La sua andatura era rilassata, calma, come quella di una persona che cammina per il semplice gusto di muovere le gambe, senza avere una meta precisa.

Parecchie teste maschili si voltarono nella sua direzione, mentre si faceva strada tra la folla del sabato sera nel centro di Shinjuku.

Il suo corpo sinuoso e quasi felino, fasciato in un tubino nero che le arrivava un palmo sopra il ginocchio, la rendeva sicuramente appetibile agli sguardi degli uomini.

Ma non si trattava solo di questo.

La donna emanava un fascino strano, magnetico, quasi gelido, che solo le persone carismatiche posseggono.

Camminava apparentemente senza meta, ma sempre evidentemente sicura di sé.

L’insegna luminosa di un night dall’altro lato della strada attrasse la sua attenzione.

Aspettò che il semaforo dei pedoni diventasse verde, poi si confuse nella fiumana di gente che attraversava la strada sulle strisce pedonali.

Raggiunse il night a larghe falcate, come se avesse improvvisamente fretta, come se si fosse ricordata in quel preciso istante di una faccenda molto importante che non poteva essere rinviata.

Entrò nel locale, e il proprietario, che stava guardando una partita di calcio, le indicò distrattamente le scale che l’avrebbero portata al piano inferiore, dal quale provenivano musica psichedelica, risate sconce e fischi volgari.

Lei disse “Grazie”, e l’uomo si girò a guardarla. Quando lo fece, spalancò grottescamente la bocca.

Cosa ci faceva una dea del genere il un locale come quello?

Forse era straniera, e aveva scambiato il night club per un innocente pub.

“Signorina, mi scusi se mi permetto…ma non credo che questo sia un locale adatto ad una donna come lei.”

Lei si voltò a guardarlo, un piede già sullo scalino, la mano appoggiata al corrimano in ferro.

Rimase un attimo immobile, torturandosi il labbro inferiore con i denti, in un gesto carico di indecisione che strideva con la sua apparente sicurezza.

Sorrise all’uomo, un sorriso enigmatico e quasi inquietante, poi gli voltò le spalle e discese rapidamente i dodici scalini – li aveva perfino contati, lo faceva sempre, quando era particolarmente nervosa.

L’ambiente che l’accolse era saturo di fumo e di un penetrante odore di alcool.

C’era un palcoscenico, di fronte a lei, dove un paio di ballerine seminude si dimenavano a ritmo di musica abbarbicate ad un palo.

Indossavano un succinto perizoma, da cui spuntavano alcune banconote, e i loro capelli avevano colori sgargianti – parrucche sintetiche, senza dubbio.

Sotto il palco c’erano tavolini circolari, attorno ai quali uomini per lo più ubriachi ridevano sguaiatamente e allungavano le mani nel tentativo pietoso di toccare le gambe delle ballerine.

Le luci erano soffuse, e proiettavano lingue di fuoco sulle pareti e sui volti della gente.

Lungo la parete di destra c’era un lungo bancone lucido, dietro il quale un barman e due cameriere vestite da conigliette servivano abbondanti bicchieri di superalcolici ai clienti seduti sugli alti sgabelli.

La donna osservò i bicchieri scivolare sulla superficie liscia del bancone, poi si diresse verso l’unico sgabello libero, sedendosi e accavallando le lunghe gambe.

L’uomo alla sua sinistra non si girò nemmeno a guardarla, troppo concentrato a godersi lo spettacolo di lap dance.

Ma doveva essersi accorto della sua presenza, perché disse:

“Ehi, amico, quel posto è occupato.”

La donna fece per alzarsi.

“Mi scusi, pensavo fosse libero.”

Ryo Saeba, sorpreso, si voltò verso la fonte di quella voce un po’ roca ma decisamente femminile.

Aveva appena intravisto il suo viso, perché lei gli dava le spalle, ma immediatamente seppe che stava per lasciarsi sfuggire la donna più bella che avesse mai incontrato.

Le afferrò il polso, mentre lei aveva già preso la sua borsetta e si era alzata, cercando di guadagnare l’uscita.

“Mi dispiace essere stato scortese, signorina. Resti pure, il mio amico si arrangerà.”

Si ripromise mentalmente di ringraziare Mick per la sua provvidenziale uscita di scena, che gli aveva permesso di incontrare questa dea che adesso lo fissava incerta.

Le lasciò il polso solo quando lei prese di nuovo posto accanto a lui.

Non poteva vederla bene in faccia, perché le luci erano soffuse, ma il suo occhio da predatore l’aveva immediatamente valutata 100 punti pieni.

Il vestito lasciava intravedere l’attaccatura del suo seno, in un gioco vedo-non vedo che era per lui più eccitante di un topless.

Le sua braccia erano sottili, il suo polso, ornato da un semplice braccialetto di caucciù che stonava con la sofisticata eleganza della donna, era minuto.

Le gambe, che adesso lei teneva accavallate, erano coperte leggermente da un paio di calze velate.

I capelli ramati le arrivavano alle spalle, e sembravano talmente morbidi che ebbe la tentazione di allungare una mano e toccarli.

Avrebbe voluto che l’illuminazione fosse migliore, per poterla guardare negli occhi.

Ma si accontentò di osservare il suo profilo delicato e regolare.

La donna sembrò non accorgersi dell’esame dettagliato dell’uomo.

“Vuole qualcosa da bere?”

Lei si riscosse, voltandosi verso di lui e sorridendogli.

“Un Martini, grazie.”

“Ehi, Fred, un Martini per la signorina.”

“La ringrazio.”

“Dammi del tu, altrimenti mi fai sentire vecchio. Mi chiamo Ryo.”

Di nuovo, quel sorriso appena accennato.

“Ok…allora grazie, Ryo.”

L’uomo la osservò stringere le sue dita longilinee attorno al vetro, poi portare il bicchiere alle labbra e bere un sorso di liquore, gettando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi.

La visione lo lasciò senza fiato, ed ebbe come l’impressione di averla già vista.

Ma era impossibile, non si sarebbe mai potuto dimenticare una bellezza del genere.

“E tu, donna misteriosa, ce l’hai un nome?”

Lei bevve un altro sorso, poggiò il bicchiere sul bancone e lo fissò, il volto nascosto in un cono d’ombra.

Dannazione, imprecò Ryo mentalmente, se solo potessi guardarla negli occhi…

“Mi chiamo Nina.”

“Non sei di qui, vero? Non ti ho mai vista nei paraggi…d’altronde un volto come il tuo sarebbe impossibile da dimenticare”, disse Ryo, galante, anche se l’unica cosa di lei che non riusciva a vedere era proprio il viso. Ma con un corpo del genere…tutto il resto passava in secondo piano.

Lei sembrò leggergli nel pensiero, perché gli sorrise ironicamente.

“E a te interessa solo il mio viso, vero?”

Ryo sembrò spiazzato dalla provocazione, diretta e concisa.

Di nuovo, quella sensazione di conoscerla, o meglio, che fosse lei a conoscerlo…

“Tu sei Ryo Saeba, meglio conosciuto come lo Stallone di Shinjuku, vero?”

L’uomo gonfiò il petto, orgoglioso.

“Vedo che la mia fama mi precede, e che sono conosciuto in tutto il Giappone. Ma tornando a te, cosa ti porta a Shinjuku, Nina?”

Lei lo fissò negli occhi, e anche se non poteva vederli Ryo se li sentiva addosso, profondi e perforanti.

La donna rispose alla sua domanda con un’altra domanda, ma quello che lei disse dopo fece dimenticare a Ryo tutto il resto.

“Posso chiederti una cosa che ti sembrerà un po’ strana?”

“Tutto quello che vuoi, donna misteriosa.”

“Vorresti fare l’amore con me?”

Lui non disse niente, non diede nemmeno segno di averla sentita.

Lei pensò che forse aveva solo immaginato di dire quelle parole, senza essere poi riuscita realmente a formulare la domanda. Così la ripetè, piano.

“Vorresti fare l’amore con me?”

Ryo si voltò a guardarla, questa volta sorridendo apertamente. Quello era decisamente il suo giorno fortunato.

Pagò per quello che aveva bevuto, lasciando i soldi sul bancone.

“Fred…dì a Mick di tornare a casa senza di me.”

Il ragazzo dall’altro lato del bancone afferrò i soldi, poi ammiccò in direzione di Ryo.

“Sarà fatto, amico.”

La donna si alzò, rovistò nella borsetta e ne estrasse un paio di occhiali da sole dalle lenti scure.

Li indossò, e a Ryo la cosa sembrò bizzarra, ma si disse che forse lei aveva un amante, o un marito, e non voleva farsi riconoscere.

Era assurdo, e lui lo sapeva benissimo, ma le stranezze di quella donna adesso non gli importavano.

Voleva solo portarla a casa sua – un motel sarebbe stato troppo squallido per una donna del suo calibro – e dimostrarle che la sua fama di grande amatore non era assolutamente immeritata.

Risalirono le scale lentamente, e lui le prese la mano. Lei non ritrasse la sua.

Il proprietario del locale, al piano superiore, stava sbraitando contro un giocatore che si era lasciato sfuggire un’occasione d’oro per segnare, e non si accorse nemmeno di loro.

Uscirono, nella fredda aria notturna, sempre tenendosi per mano- due estranei, ma mano nella mano.

Ryo lasciò scivolare il suo sguardo su di lei, e un’eccitazione strana si impadronì di lui.

Non si trattava della normale esaltazione all’idea di una nottata di puro sesso.

Era diverso, questa volta.

Era la stessa eccitazione che gli scorreva nelle vene prima di una battaglia.

Una miscela esplosiva di adrenalina, energia, ebbrezza, e un pizzico di paura.

Paura? Quello era semplicemente assurdo.

Non stava andando a combattere, anzi.

Rafforzò la stretta sulla mano di Nina, tranquillizzandosi.

Era solo una donna, dopotutto.

Solo una donna.



PS: Dedico questo capitolo a Roby. Un piccolo omaggio, per la tua grande gentilezza. Spero ti piaccia!! Baci
  
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