Fanfic su artisti musicali > Ed Sheeran
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Autore: itslarryscomingout    16/02/2013    1 recensioni
La ragazza lo guardò con stupore. Si passò una mano sul volto, strofinandosi poi gli occhi. Si avvicinò cautamente, incerta. E se fosse stata solo una casualità? Chi diceva che era proprio quello?
Continuò a camminare, fino ad arrivare ad una distanza di pochi metri. Ed alzò la testa, guardandola. La ragazza era ferma, immobile, lo guardava ad occhi sbarrati.
"Non è possibile."
Disse solo, in un sussurro, scuotendo la testa. Ed la guardò inarcando un sopracciglio. E se... riguardò la rosa bianca che aveva nelle mani, sorridendo poi lievemente, aggiustandosi la visiera del cappellino senza staccare gli occhi della ragazza difronte a lui.
Lei si avvicinò, a quel punto, sentendo le gambe molli.
"Edward?" pronunciò incerta. Ed sorrise, guardandola di nuovo.
"Ed-Edward sei tu?", pronunciò lei, sentendo la gola secca e gli occhi umidi. Avrebbe voluto piangere. Lui si avvicinò lievemente, porgendole la rosa. Lei l'afferrò incerta attenta a non sfiorarlo. Si concentrò sul fiore abbassando la testa. Era puro, bello, bianco, profumato.
"Perché non mi hai detto che eri tu?", sussurrò allora lei, lasciando che una lacrima le rigasse il volto. Si sentiva presa in giro. E Ed a quella visione sentì piccolo piccolo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Edward, che mi ha ispirata.
Tutta per te. 






Quella mattina faceva davvero caldo. Il sole era forte, intenso come non mai. C’era chi passeggiava, portando a spasso il proprio cane godendosi i raggi che battevano finalmente sulle regioni dello Yorkshire, mentre altri si erano rintanati in casa, accendendo tutti i tipi di condizionatori o fonti di fresco possibili. Ed aveva sbuffato per l’ennesima volta, passandosi una mano nei capelli umidi, sporchi per il troppo sudore.
“Accidenti!”, aveva sbottato in preda ad una crisi di nervi, lanciando la penna da qualche parte per terra. Riguardò con rabbia il foglio bianco, se non per qualche scarabocchio. Si era ritrovato senza accorgersene a scrivere una piccola ‘R’ che dalla rabbia aveva cancellato con forza e odio. E Ed si odiava, si odiava perché le aveva dato se stesso pur di vederla sorridere, aveva dato tutto per lei, ma … forse non era abbastanza. Si era alzato svogliatamente dalla sedia, scombinandosi ancora una volta i ciuffi dal color arancia. Aveva sbuffato e si era diretto scalzo nella cucina. Quella casa era enorme, fredda e spoglia senza di lei, senza i suoi sorrisi e senza i suoi occhi del colore del prato. Aveva aperto distrattamente il frigo, prendendo l’acqua, e infischiandosene delle buone maniere aveva direttamente tracannato dalla bottiglia. Se tendeva le orecchie poteva sentire ancora la sua risata riecheggiare tra le pareti, uccidendolo e colpendolo al petto. Aveva posato la bottiglia, passandosi poi il dorso della mano sulle labbra per asciugarsi qualche goccia d’acqua caduta. Si era diretto nella sua stanza dalle pareti di un viola chiaro, il suo colore preferito. Si gettò sul letto, noncurante, rotolandosi fino a finire a pancia in giù, e socchiuse gli occhi, lasciando che i ricordi di lei lo investissero letteralmente.


“Viola? Sul serio Ed?”, le aveva detto lei, inarcando un sopracciglio e guardandolo scettica.
Lui aveva schiuso le labbra, formando una ‘o’, e poi innocentemente “Si, perché? Non ti piacciono?” le aveva detto. 

Lei aveva solo roteato gli occhi, tuffandosi poi sul letto. 


Sorrise un po’, chiudendo gli occhi del tutto. Era bellissima, con i suoi grandi occhioni da cerbiatta, i suoi capelli sempre in ordine e del colore sole. Erano belli, luminosi, profumati, morbidi. Sorrideva sempre dolcemente, e strizzava gli occhi ogni volta che le toccava il naso, arricciandolo. Si rigirò, finendo a pancia in su, e lasciando che delle piccole lacrime di troppo scivolassero dagli occhi. Non ci fece caso. Semplicemente, aggrottando la fronte si era alzato, andando a recuperare il computer che teneva sotto al letto. Scostando un po’ l’aggeggio, aveva trovato una piccola piuma. Quella piuma. La prese insieme al computer, stendendosi poi sul letto, accendendo il macchinario che fece un sonoro ‘bip’. Si perse a guardare quella piuma, ricordando ancora una volta.


“Rose, ma che diavolo è quell’affare che hai in testa?!”, aveva detto lui divertito, mentre lei sorrideva guardandosi allo specchio.
“Guarda che bella, Ginger!”, aveva detto la ragazza, saltando sul posto e battendo le mani, felice. Lui l’aveva abbracciata, facendo una smorfia quando qualche pelo di quella strana piuma colorata gli era finita nell’occhio, e poi aveva sorriso, dandole un bacio sulla guancia.
“Si dai, è carina!”, aveva sorriso lui.


 
Aveva inserito la password che ancora si ostinava a non cambiare. Rosemary. Questo era il suo vero nome. A Ed piaceva da morire, così, dopo aver passato una serata con lei a giocare ad un gioco di società strano, l’aveva accompagnata a casa. Le aveva lasciato un piccolo bacio all’angolo della bocca e poi era andato via, felice di quello che stava costruendo con lei. Era ritornato a casa, e aveva deciso che il nome di quella ragazza sarebbe stato la sua password.
Aveva scosso la testa, sollevato dal fatto che almeno lo sfondo del desktop non fosse lei, ma soltanto la foto di un paesaggio. Si era collegato subito ad internet, andando su Twitter. Scosse la testa, mentre un altro ricordo s’impossessava delle sue meningi.



-Sei importante per me. Credo di amarti come non ho mai amato nessuno. Mi fai stare bene, ma non posso continuare così. Non riesco a nascondermi ancora. Non ci riesco. Non voglio continuare a vivere una relazione all’oscuro dal mondo. Voglio manifestare la mia felicità a tutti, ma … non sono pronta. Forse avrei dovuto fermare tutto prima che iniziasse davvero. Ti … ti voglio bene Ed. Sii felice. Fallo per me. Ti voglio bene, addio.
Rosemary. –
 

Si era firmata così. Un semplice Rosemary. Un ti voglio bene che Ed personalmente avrebbe voluto tramutare, e un addio senza neanche un saluto. Lei era andata via. Ed aveva provato a chiamarla. Ogni giorno ci aveva provato, fino a quando la vocina della segreteria aveva detto ‘Il numero da lei chiamato, è inesistente.’ Poi si era arreso. Lei era andata via, e con sé si era portata anche il cuore di Ed. 

 
Chiuse frustrato la pagina di Twitter, deciso a non accedere. Per una volta voleva allontanarsi dalla sua fama. Era quella che gliel’aveva portata via. Rose era andata via perché lui era stato troppo codardo da non riuscire a dire al mondo intero che c’era lei. Ma non per vergogna, ma semplicemente perché voleva avere una vita privata, lontana dai riflettori e dalle chiacchiere altrui. Decise di andare su Facebook. Sorrise un po’quando gli balenò un’idea per la testa. Entrò su una varietà di siti, creandosi poi una nuova e-mail e infine un nuovo contatto. 
Edward Cohen, questo era il suo nuovo nome. 
Sorrise, cominciando a mandare richieste a chiunque si trovasse davanti e nei suggerimenti. Talvolta si era ritrovato con nomi italiani davanti, ma facendo spallucce aveva continuato a inviare le richieste d’amicizia. In pochi secondi si era ritrovato con minimo dieci amici, e man mano che il tempo passava questi aumentavano.
“Fantastico!”, aveva mormorato dopo un’ora, quando ormai aveva circa cento amici. C’erano gli italiani, gli svedesi, gli americani … di tutto.
Aveva scorso la rotellina del mouse e controllato un po’ cosa succedeva in giro, poi, come se niente fosse aveva scritto uno stato: 
‘ L’inizio di una nuova vita. ’
Aveva sorriso e poi chiuso lo schermo, lasciando che il computer andasse in stand-bye. Il sole era calato e con lui la temperatura all’esterno, rendendola accettabile.
 







  
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