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Autore: Johnee    17/02/2013    3 recensioni
L'ultimo anno è stato ricco di avvenimenti per il Comandante Shepard. Non è stato semplice abbandonare l'idea di continuare la relazione con Liara ed è stato altrettanto difficile permettere a Garrus di prendere il suo posto.
Ora, i Razziatori sono giunti e la Galassia è impreparata a una minaccia di questo genere. Con la scoperta che esiste un'arma capace di distruggerli e che Shepard è l'unica in grado di recuperare le risorse necessarie per permettere alle varie razze di cooperare, come potrà la nostra eroina pensare di poter affrontare la sua situazione personale in maniera serena?
[IN REVISIONE]
Genere: Malinconico, Science-fiction, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lenore'
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19. When Johnny Comes Marching Home

 

 

 

 

"E ciascuno faccia la sua parte
Per riempire di gioia il corpo del guerriero
E sarà una gioia per tutti quando Johnny marcerà verso casa”
(“When Johnny Comes Marching Home”)

[x]

 

 

 

19.1: Casa

 

Casa.
Cos'è effettivamente?
Si tratta forse di un elemento fisico? Una costruzione logica dettata dal bisogno di appartenenza? No, in realtà è tutto molto più semplice. Casa significa sollievo:
Sollievo nel sapere che un ambiente non ti è ostile, che gli elementi che lo costituiscono non sono maldisposti nei tuoi confronti e, infine, un posto dove sentirti libera di infilare un paio di pantofole e di alzare i piedi su una sedia dopo una giornata estenuante.
Casa significa anche rimpianti:
Rimpianto nel vedere che le pareti fisiche e metafisiche prima o poi iniziano a sgretolarsi, che le persone non riescono a sopravvivere al passaggio del tempo, o dove le più belle vicende quotidiane si mescolano alle tragedie.
E allora cos'è una casa se non un costrutto di chi la crea? Non è forse una semplice medaglia forgiata da chi vive per chi verrà dopo?
Lenore stava combattendo per questo e, dopo anni di lotta, era riuscita finalmente a capirlo. C'era voluta una dannata invasione di Razziatori per comprendere. Purtroppo le tragedie ci mettono di fronte alla verità con una disarmante naturalezza e a noi non resta altro che cogliere il pensiero e metterlo in pratica.
E mentre passava la macchinetta tra i capelli, guardando attraverso lo specchio i suoi occhi brillare del consueto bagliore rosso, constatò finalmente che non aveva più la forza di lamentarsi, sostituita completamente da un profondo senso di appartenenza al luogo del dolore.
Un luogo dove Anderson l'aveva costretta a scontrarsi con i suoi limiti, restituendole le sue dogtag, l'espressione fiduciosa di un padre e l'orgoglio di un mentore appagato.
Il luogo dove Kaidan Alenko era stato dimenticato, tra le ceneri del paradiso di Virmire, al riparo dalla malizia di un mondo troppo impegnato a farsi la guerra, dimenticandosi che i cuori semplici hanno bisogno di uno spazio.
Un luogo dove Mordin Solus riposava finalmente, dopo aver guardato in faccia il demone che lo perseguitava e le vite alle quali aveva impedito di prendere forma.
Il luogo dove Thane Krios era stato relegato per i suoi crimini e per le sue mancanze, nonostante avesse sacrificato i suoi ultimi istanti di vita per difendere Shepard dalla lama acuminata di un nemico ancora troppo potente.
Un luogo che Legion non poteva assolutamente ragionare in termini quantistici.
Il luogo dove Adrienne Nastz aveva posato lo sguardo innumerevoli volte prima di decidere di comprare una bottiglia di rhum e bere alla sua salute.
Un luogo dove Miranda Lawson riposava dopo aver messo l'amata sorella in salvo da un padre così legato alla sua linea dinastica da perdere di vista la completa realtà dei fatti.
Ebbene, il dolore è un luogo di luce e di ombre, di contrasti pieni; non è possibile definirlo, né pensarlo, eppure esiste. Esiste nella mente di chi resta e nello spirito di chi se ne va. Lenore era sicura di poterlo sentire attraverso le vibrazioni del rasoio che scorreva implacabile sulla sua testa.
Ciocche di capelli rossi che scivolano sul lavandino. Ciocche che sembrano aghi disposti casualmente su un raccoglitore di memorie.
Cos'è, di nuovo, una casa?
Una casa è l'ormeggio dove una bella nave aspetta pazientemente che la bottiglia si scontri sul suo rivestimento in legno raffinato; una casa è il tratto di mare che deve percorrere tra una destinazione e l'altra, ma non è mai e poi mai e poi mai un punto di attracco.
Perché una nave può subire indefinibili peripezie, oppure affrontarle, prima di colare a picco mentre i suoi uomini la sostituiscono con un'altra più affidabile. E Lenore, alla fine dei giochi, si sentiva come quella nave: un contenitore di vite e di fantasmi pronti a lottare assieme a lei per delle fondamenta stabili.
Le fondamenta di una vita che non fosse impostata secondo un calcolo probabilistico o come un grande esperimento di convivenza fra esseri umani e sintetici.
Ciocche di capelli rossi che cadono a terra, rivelando la loro leggerezza nel volteggiare come piume attraverso l'atmosfera impostata di un luogo fisico. Il rumore e le vibrazioni cessano e una mano si accarezza la testa ormai nuda.
Lenore si guardò allo specchio, deglutendo. Le cicatrici formavano un denso reticolo arancione lungo tutta la superficie del suo viso, a perenne ricordo della sua rinascita. O della sua morte.
Si buttò di nuovo sotto una doccia calda, chiudendo gli occhi per accogliere il sollievo sul suo corpo martoriato dalle battaglie che aveva vissuto, schiudendo le labbra per permettere all'acqua di raccogliersi sulla sua bocca e poi venire soffiata via da un gemito a denti stretti.
Quel giorno, Lenore Shepard, figlia e sorella del dolore, portava in battaglia il suo desiderio di casa.

 

 

19.2: La Normalità;

 

"This feeling that I get
This one last cigarette
As I lay awake and wait
For you to come through that door”
(Foo Fighters- “Stranger Things Have Happened”)

 

 

Il silenzio è una di quelle poche cose che uniscono i tanti nel definirlo insopportabile.
Quando una conversazione cessa, la mente corre libera e l'istinto si affanna a trovare una soluzione per riprendere i frammenti del dialogo e riunirli goffamente in un'opera di restauro. Il silenzio è la manifestazione più viva del dolore, il suo massimo apice, e le persone riescono a riempirlo solamente con il pianto, o con una risata per sdrammatizzarlo.
Infine, protrarre il silenzio è anche un sinonimo di arresa all'inevitabile momento in cui non riusciremo più ad aprir bocca.
James Vega e Garrus Vakarian protraevano un lungo silenzio necessario, quel giorno prima della Grande Tempesta.
Nonostante fossero tutto fuorché due persone silenziose (soprattutto se in presenza l'uno dell'altro), non riuscivano assolutamente a rivolgersi la parola.
Smontavano meccanicamente le loro armi per controllare il loro status prima del conflitto finale. Perché Shepard li aveva voluti entrambi al suo fianco per quell'ultima volta, a consolidare quella triade come la più letale in tutta la faccia della Galassia. Un umano e un Turian, nemici in passato, che si stringono la mano dopo essersi azzannati il collo. Una chimera e un arcangelo, un organismo razionale e un vortice di passioni umane.
-Mi servirebbero cinque dita...- aveva mormorato il Generale, gettando pesantemente sul tavolo un cacciavite a stella.
James sorrise tristemente, rivolgendogli un'occhiata fugace, immerso in un ricordo che ancora lo addolorava. Deglutì, stringendo la mascella; poi sollevò le mani dal suo lavoro, sbottando una risata -La natura mi ha provvisto di dieci dita- disse, sfarfallando le appendici digitali -L'evoluzione ci ha resi superiori in manualità, Scars...-
Garrus scosse la testa, divertito -Solo in quello, a quanto pare- scherzò, appoggiando le mani sul tavolo.
-Sono sollevato di poter fare squadra con te ancora una volta, Scars, almeno non avrò distrazioni una volta atterrati su Londra- ammise il Tenente, trasformando il sorriso triste in un ghigno divertito -Il culo di T'Soni avrebbe catalizzato immediatamente la mia attenzione, distogliendomi dagli ordini-
-Il mio culo ringrazia il paragone- sbottò Garrus, riprendendo tra le dita il cacciavite e porgendolo a James dalla parte del manico.
L'altro afferrò l'oggetto, agitandolo in segno di rimprovero; presto ricadde il silenzio, e James si ritrovò ad agitare nervosamente quel cacciavite, puntandolo in direzioni diverse e rigirandoselo abilmente tra le dita.
-Senti, Garrus...-
Il Generale sollevò di nuovo la testa dal suo lavoro, battendo un paio di volte le palpebre in un'espressione curiosa.
-Questa cosa mi frulla in testa da qualche giorno e... tu sei l'unico Turian di cui dispongo, al momento-
-Se è un modo per dirmi che mi vuoi bene, James, allora scordati le parole.- si voltò brevemente dietro di sé, poi tornò a guardarlo, protendendosi lievemente in avanti, la mano a coprire lateralmente la bocca -Parlare di sentimenti è una cosa da donne, sai?-
-O da checche, lo so lo so...-
-Ecco un'esternazione che avrei volentieri evitato...- esalò Garrus, scrollando le spalle -Andiamo, cosa mi vuoi dire?-
James esitò, poggiando le mani sui fianchi e gonfiando il petto; quindi, con un sospiro nervoso buttò fuori l'aria trattenuta, muovendo nervosamente le braccia come a scioglierle dalla tensione.
-Esiste un... un Paradiso Turian?-
Garrus inclinò la testa, sporgendola poi in avanti. Una sequela di imprecazioni trattenute si formularono tra le sue labbra appena dischiuse mentre la lingua si contraeva sul palato. Decise di chiudere la bocca di scatto, muovendo le mandibole in avanti. Non era arrabbiato tanto per la domanda in sé, dato che era innocua, quanto per il significato che James gli voleva attribuire. Con Shepard aveva toccato quel tasto dolente solo una volta, iniziandolo e chiudendolo tra le pareti della sua cabina in un modo che molti definirebbero violento ma che solo una coppia bizzarra come la loro avrebbe definito dolce e sentito.
Delle persone che si erano lasciati alle spalle in quella missione, James aveva conosciuto profondamente solo Adrienne. E, di fronte alla perdita, il Tenente aveva deciso di sdrammatizzare, prendendo il silenzio di sorpresa con un atteggiamento che poteva dirsi frivolo... ma il dolore coglie all'improvviso, smascherando anche le più nobili intenzioni.
Garrus si scrollò di dosso quel silenzio, strofinandosi la parte incava tra la parete del naso e la guancia -Il luogo metafisico che voi chiamate Paradiso per noi non esiste, James...- ammise, appoggiando lievemente le dita sul tavolo da lavoro e facendo una pausa per raccogliere le idee, attivando il meccanismo delicato del silenzio.
Il Tenente diede uno sbuffo con il naso spingendo la testa all'indietro -Merda...- esalò quindi, portandosi una mano alla bocca.
-Non ti scaldare, è un discorso molto complesso per essere sintetizzato- replicò Garrus, ponendo le mani in avanti. Poi proseguì -Di sicuro avrai sentito un Turian invocare gli Spiriti... ebbene, uno Spirito è l'idea di un posto preciso, che esula dalla natura fisica della realtà. La giustizia, ad esempio, ha un suo Spirito, ma anche i bellissimi Giardini del Presidium hanno un loro Spirito. Insomma, con Spirito puoi definire sia un oggetto ideale che un luogo materiale.- fece una pausa per cercare di recuperare il bandolo della matassa, poi proseguì -Tu mi stai chiedendo se c'è un'idea di “vita oltre la morte” per il nostro culto primario, vero? Dunque... nel diventare adulti siamo cresciuti secondo una certa linea comportamentale, servendo una precisa causa o, più semplicemente, un luogo specifico... almeno una di queste certezze rispecchierà lo Spirito che noi andremo a raggiungere una volta che la vita avrà abbandonato il nostro corpo. Perché il tutto scorre, e il tutto è grande grazie all'insieme degli elementi che lo compongono, siano essi materiali o spirituali.- diede un sospiro profondo -Lei è lì, a contribuire a quello Spirito che l'ha sempre caratterizzata, diventandone una parte e mescolandosi nella sua grandezza... ecco, questo è il nostro paradiso.-
James chinò lo sguardo, corrucciato, abbastanza confuso da quel discorso. Portò le mani in avanti, aprendo i palmi verso l'alto -Non si può descrivere una persona secondo una linea retta- fece, con un'espressione indecifrabile sul viso -Siamo diversi anche se guardiamo dentro di noi... non saprei come spiegartelo, ma secondo me Adrienne era più Spiriti in uno, ecco!-
Garrus rise sommessamente, inclinando la testa, una nota di dolcezza nello sguardo -E allora vorrà dire che ritroverai il suo Spirito d'appartenenza in diverse cose-
Gli occhi di James si spalancarono, come se fosse stato improvvisamente colpito da un raggio di sole -La normalità, ecco cosa!- esclamò a voce alta, agitando un dito, sorpreso da quell'illuminazione improvvisa. E si rimise al lavoro, le mani che scorrevano sul Graal velocemente, a seguire quell'idea che tanto lo aveva coinvolto -Lo Spirito della Quotidianità-
E anche Garrus si ritrovò a prendere le sue conclusioni, seguendo quella disarmante creatura nel suo personale vortice di semplicità dove le rette sono un insieme di punti e corrono seguendo un tragitto infinito ma lineare, senza mai affrontare il silenzio.

 

 

19.3: La Forza;

 

"Singled out for who you are
it takes all types to judge a man
feel, that's all you can
filthy suits with bigot ears
hide behind their own worst fears
live, that's all you can
it's all you can do”
(Flogging Molly - “Float”)

 

 

Jeff “Joker” Moreau si alzò dalla sua postazione.
Si alzò perché era stanco di doversi appoggiare a un supporto per vivere le semplici consuetudini, come quella di prendere un caffè. Zoppicò fino all'ascensore mentre gli specialisti concordavano la rotta per la Terra, ultima tappa prima dell'abisso, o prima della vittoria. Ecco cosa lo turbava: la vittoria.
Perché era logico che almeno una delle due parti avrebbe vinto e, in entrambi i casi lui avrebbe accantonato la vita militare per dedicarsi alla coltivazione, come i suoi parenti. I migliori, quando hanno compiuto il proprio destino, sono destinati ad essere accantonati in virtù di qualcuno che li superi, soprattutto in ambito tecnico e scientifico.
Ma un'opera d'arte senza un artista che la completi è sterile, perché dietro alla mano c'è la testa e, dopo un po', il processo di imitazione viene meno per dare forma a qualcosa di sublime, di impensabile, che solo la caduca natura umana può concretizzare.
E il volo, per Jeff, era un'opera d'arte inimitabile. I processi standard venivano accompagnati dall'abilità, dal pensiero creativo, ciò che distingue un fisico da un matematico, ciò che divide l'artista dal letterato: L'Arte.
L'arte del volo, l'arte di saper dare ai meccanismi standard una forma particolare, personale. E a Jeff quest'impresa era riuscita: aveva trasmesso la natura umana della personalizzazione a un meccanismo automatico... purtroppo, però, non si dava pace.
Come avrebbe potuto continuare dopo aver assunto questa consapevolezza? Dopo aver raggiunto l'umano limite della perfezione? Dove avrebbe piantato il seme del nuovo inizio in un terreno già battuto?
Shepard l'aveva messo di fronte ai suoi limiti e lui li aveva superati con brillante versatilità. Ma come può un pilota del suo calibro limitarsi a guidare meccanicamente una fregata dell'Alleanza in assenza di una missione di quel tipo?
Beh, c'era pur sempre l'insegnamento...
...ma come si può insegnare la perfezione?
Come si può solo pensare di spiegarla a parole? La perfezione si dimostra, non si spiega.
Se solo avesse potuto urlare, Joker, l'avrebbe fatto, ma si trovava seduto al tavolo dell'Osservatorio con in mano una brodaglia di caffé che fumava in una tazza dell'Alleanza.
-Trova un nuovo scopo... sì, è come dire a un salmone di nuotare in uno stagno!- borbottò, rivolto al vetro panoramico della stanza dove le stelle restavano ferme, nonostante la Normandy sfrecciasse alla massima velocità attraverso la Galassia per raggiungere la Quinta Flotta dell'Alleanza.
Si ritrovò ad incrociare lo sguardo di Shepard, della nuova Shepard: quella dimagrita all'inverosimile, dalla testa rasata e dalle le cicatrici che le martoriavano il viso e le braccia. Un'ombra del Comandante, un'ombra di dolore e di incompletezza.
-Comandante- Joker si sollevò in piedi, supportandosi al tavolo. Shepard gli rivolse un sorriso tirato, raggiungendolo e sedendosi davanti a lui.
Due titani al confronto, eppure talmente fragili da fare invidia a un cristallo di ghiaccio. Come due stalattiti che pendono dal soffitto di una grotta gelata che all'apparenza sembrano essere letali e indistruttibili, ma quando cadono si sbriciolano in mille pezzi.
-Come procedono i preparativi, Tenente?- aveva chiesto lei, incrociando le braccia sul tavolo, in maniera informale.
Jeff aveva fatto spallucce -La Normandy non è mai stata così pronta. Tutto è alla piena potenza e l'equipaggio sembra essere un gruppo di podisti prima della maratona di New York!- sbuffò -IDA sta provando le funzionalità della nuova Scatola nera, sai, semmai un Razziatore decidesse di usare la Normandy come una bambola gonfiabile...-
Shepard ridacchiò, chinando la testa sulle braccia, poi sollevò lo sguardo, sconvolto dal rosso degli impianti sintetici applicati da Cerberus -Abbiamo tirato su una gran bella bambola, non trovi?-
-Apprezzo il fatto che tu ti sia calata le braghe maggiormente per questa cicca piuttosto che per assecondare i desideri dei politicanti- ammise Jeff, abbandonandosi sullo schienale -Senza di lei, io non sarei che un guscio vuoto...-
-Saresti un genio anche se non avessi la Normandy sotto il culo, Jeff, lo sai benissimo-
-Avere delle ali così belle è stato... un sogno- il pilota voltò la testa verso la vetrata, ad osservare di nuovo le stelle -Finirà, Shepard... e io sarò costretto a vederla pilotare da un estraneo-
Il Comandante lo fissò attentamente, poi si lasciò andare in un sorriso -Credo di capirti... io non posso proprio immaginare come poter affrontare una nuova vita dopo quello che abbiamo costruito. A partire dai semplici upgrade fino all'equipaggio, il migliore fottuto equipaggio che tutta la Galassia ci invidia. E oggi, questa realtà si spezzerà...-
-Come puoi accettarlo?- eruppe lui, sporgendosi in avanti -Come puoi anche solo pensare a un futuro senza...- indicò a piene braccia ciò che lo circondava -...senza di lei, Comandante?-
Shepard allora trasse un respiro profondo, mentre lui rimaneva in attesa, lo sguardo spiritato.
-Ebbene, mi farò forza- ammise lei, semplicemente, battendo le mani sul tavolo -Mi spingerò a trovare una nuova ragione di vita. Ho sempre il mio addestramento e il mio grado di Spettro, Jeff... e dopo questa guerra di certo ci saranno molte teste calde da raffreddare. Non temere, il divertimento non finirà solo perché i Razziatori creperanno-
-Sarà diverso, Lee, lo sai meglio di me!-
-Sì che lo sarà, ma cosa dovrei farci?- lo interruppe lei, lanciandogli uno sguardo severo -Non è di certo piangendomi addosso che risolverò i problemi. Piuttosto distruggo un acquario, mi rado i fottuti capelli a zero!- si indicò con un gesto complessivo -Sono Lenore Shepard, il soldato perfetto, e tu sei il pilota perfetto del soldato perfetto che ha radunato l'equipaggio perfetto! Ma come ben sappiamo, la perfezione non esiste, esiste il sacrificio per superare l'ostacolo e raggiungere un grado ancora superiore! Ho paura anch'io del futuro, quello stronzo... ma lo affronto a testa alta!- rizzò la schiena, assumendo una posa fiera -Opponiamoci, Jeff, opponiamoci al fato, al destino, alla sorte o come cazzo vuoi chiamarlo... la missione non è ancora finita e noi dobbiamo ancora mettere la firma al quadro.-
Joker parve come afflosciarsi durante quel discorso. Sentiva come se qualcuno stesse soffiando su una fiamma e, al contempo, vedeva quella stessa fiamma colpita da un'altra forza contrapposta che l'alimentava.
Si passò una mano sul viso, spostando lievemente in alto la visiera del cappellino, mentre Shepard, dall'altro capo del tavolo seguitava a fissarlo.
-E mettiamola, questa dannata firma...- disse solo, sospirando sommessamente -Così ci togliamo direttamente il pensiero-

 

 

19.4: La Gabbia;

 

"Chi muore in silenzio, si vendica della curiosità altrui”
(A. Merini)
[x]

 

 

-Cosa diavolo...-
A Tali cadde il datapad dalle mani mentre osservava, con quella che avrebbe dovuto essere un'espressione allibita, il Muro dei Caduti.
Tutte le targhette erano state rimosse con perizia e poste dentro una cassa davanti al monumento. Tali si guardò intorno, facendo un giro su sé stessa -Keelah...- sospirò, dopo essersi passata una mano dietro al collo. Chi mai poteva aver fatto un gesto simile? Con che coraggio!
E se nel frattempo Tali si scervellava nello scoprire chi era stato l'artefice di quella bricconata, Garrus fronteggiava la cabina di Shepard fissando minacciosamente la porta a braccia conserte.
Era dall'assalto al Quartier Generale di Cerberus che non la vedeva e avrebbe voluto parlarle in privato prima che la situazione non lo permettesse più. Alzò un pugno per bussare, tenendolo a mezz'aria. E così rimase per quelli che potevano benissimo essere dieci, quindici minuti. Poi il braccio iniziò a pesare e lui tornò alla posizione iniziale.
Era così difficile dire addio a qualcuno che ti ha accompagnato per così tanto tempo?
Shepard lo aveva reclutato tre anni prima, trascinandolo via a forza da un ambiente che svalutava e vanificava i suoi sforzi. L'aveva coinvolto nelle peggio missioni e lo aveva fatto entrare nella sua vita, permettendogli di smussare il suo carattere rigido e imparziale. Ma ora tutto questo stava per finire.
"
O vittoria, o morte” aveva detto Lenore mentre elargiva gli ultimi consigli ai suoi uomini, dopo la battaglia alla Cronos Station e dopo la scoperta che le braccia della Cittadella si erano chiuse ed era stata trasportata sopra la Terra.
E lì qualcosa si era rotto inesorabilmente, perché se tutti volevano che quella guerra finisse il più presto possibile in un modo o nell'altro, alcuni volevano ricostruire da zero la propria esistenza dopo il conflitto. E Shepard aveva imposto di vivere all'istante per dare il massimo della potenzialità di cui la sua squadra disponesse, senza una certezza di uscire vivi da quella missione decisiva.
-Apriti improvvisamente, porta del cazzo, non lasciarmi qui come un cretino a domandarmi se sono sano di mente a preoccuparmi di queste stronzate- eruppe Garrus, aprendo le braccia per poi batterle stancamente sui fianchi.
Ma la porta non gli rispose, essendo essa un oggetto inanimato.
E lui continuò a fissarla, intensificando la minacciosità del suo sguardo, protendendo la testa in avanti come per ribadire il concetto.
E la porta gli rimandò il suo riflesso contro, facendolo imbestialire maggiormente, tanto da fare un giro su sé stesso e darle così le spalle. Attese pazientemente altri minuti, poi si voltò di scatto, osservando le reazioni del suo interlocutore.
Giustamente, la porta non si mosse. Rimase ferma nel suo classico status di porta, una barriera silenziosa che divide due stanze.
-Non vuoi collaborare, eh?- sussurrò, appoggiando la fronte contro lo stipite e carezzando la superficie della porta, come a scusarsi del suo atteggiamento ostico.
Dopo la morte di Adrienne, Garrus aveva lasciato Lenore in balia di sé stessa, sconvolto dalla piega che aveva preso la missione su Cretia. Si era buttato sul lavoro, aveva aggiornato quanto più possibile le varie componenti del Thanix e si era rifiutato di andare in missione assieme a lei e Liara su Thessia, sostenendo la scusa che in Batteria Primaria le cose stessero andando di male in peggio.
E lì, sul pianeta delle Asari, era davvero successo il finimondo.
Appena dopo aver ricevuto la notizia del fallimento di quella missione, Garrus si era recato nell'hangar delle navette assieme a Tali, James e Ashley, mentre Cortez posteggiava la navetta e faceva scendere la squadra che si era occupata del recupero dei dati Prothean su Thessia. Shepard era ferita, i generatori degli scudi emettevano, a scatti, delle scintille bluastre, un taglio piuttosto profondo sul mento. Ma lo sguardo di Liara batteva ogni taglio, danno o malfunzionamento... i suoi occhi erano vuoti, i suoi gesti lenti e sembrava che stesse trattenendo il respiro. A passo spedito, Shepard le era passata accanto cingendole le spalle con un braccio e conducendola all'ascensore.
Javik, al contrario di ogni loro aspettativa, si era fermato davanti a Garrus e lo aveva informato minuziosamente dei fatti, ammettendo la bruciante sconfitta che Cerberus aveva inflitto loro...
Dopo aver ascoltato con attenzione il resoconto, Garrus aveva ripreso il controllo della situazione con la sua solita verve, avvertendo IDA, tramite interfono, degli sviluppi riferiti da Javik e dell'intenzione di uscire dal Sistema il prima possibile. A passo spedito poi si era recato presso la cabina di Shepard e si era buttato letteralmente ai suoi piedi, affermando che era pronto a fare qualsiasi cosa pur di mettere fine all'esistenza di Cerberus e dello stesso Kai Leng.
Lei aveva reagito sommariamente, come al solito, e aveva finito per consolarlo di ogni cosa successa, costringendolo ad alzare la testa e a continuare il suo lavoro con professionalità, fianco a fianco.
Insomma, Garrus si sentiva in colpa: Shepard aveva di nuovo colto la sua debolezza e l'aveva assorbita, prendendosene la colpa ancora una volta.
Con un sospiro, il Turian si apprestò finalmente ad aprire la porta.

Shepard si voltò appena dalla sua postazione davanti al terminale, mentre il monitor subiva delle interferenze tipiche del segnale di disturbo inserito nella rete extranet dai Razziatori.
Un segnale bluastro recitava “Incoming Call” mentre dei puntini di sospensione si susseguivano in una finestra laterale.
Improvvisamente, la schermata si aprì sul viso noto di un Turian dai marchi rossi con la testa poggiata sul polso, evidentemente anche lui in attesa da qualche tempo.
"
Oh” fece quello, riprendendo una posa composta “Buongiorno Comandante. Che sollievo vederla”
-Buongiorno a lei, Kabalim Achaton- replicò Shepard, protendendosi in avanti -Ho letto il contrassegno sul suo messaggio e ho deciso di chiamarla immediatamente. È forse successo qualcosa di grave?-
Il Turian esitò qualche istante poi, guardandosi attorno circospetto, diede un sospiro nervoso, accentuato dal rumore stridente del microfono “Nel messaggio che le ho inviato, Shepard, dicevo che siamo riusciti ad estrarre il corpo del Tenente Comandante Nastz dalle macerie, dopo aver occupato la città di Cretia... immagino che voglia avere dei chiarimenti al riguardo...”
-Tenente Comandante...- ripeté Shepard, passandosi stancamente una mano sul viso -La Gerarchia ha reintegrato il suo grado?-
Achaton mosse le mandibole, un'aria compiaciuta “Da quando Nastz è entrata in servizio sulla Normandy, il Primarca ha deciso di premiare in questo modo i suoi sforzi per gestire 'L'Affare Tortuga'... strano davvero che lei non ne fosse venuta a conoscenza, Comandante”
-Erano dati classificati, Kabalim, non vorrei dimenticarglielo- puntualizzò lei, appoggiandosi comodamente allo schienale della sedia -Tornando a noi: sì, vorrei sapere quanto più possibile su di lei prima di...- si bloccò un istante, prima di riprendere il discorso, il tempo per deglutire -Achaton, sarò sincera, questa storia mi ha turbata non poco e lei è l'unico disposto a fornirmi delle risposte chiare e sincere. Lei conosceva bene sia Actius che Ennie... cioè, Nastz. Io penso di meritare almeno una spiegazione riguardo alla sua missione, dato che l'ho avuta nel mio equipaggio per più di un mese... so che durante il servizio sotto il mio comando lavorava anche per la Gerarchia sotto copertura, ma non conosco le sue vere intenzioni, se non relative a quello che mi ha sempre detto... cioè che voleva continuare a servire sotto di me in futuro.-
"
Erano effettivamente le sue reali intenzioni.” confermò Achaton, appoggiando i gomiti sui braccioli della sua sedia e protendendosi in avanti “Aveva chiesto al Maggiore Actius di inoltrare per lei la richiesta di collaborazione ufficiale con l'Alleanza, ma i suoi superiori hanno aspettato ad approvarla per valutare se effettivamente lei fosse sicura di ciò che chiedesse. Nastz è sempre stata molto volubile, anche se ha svolto un lavoro eccellente per la Gerarchia. Quando è entrata di ruolo come Detective ha deluso le aspettative dei suoi superiori, eppure alla chiamata di un ruolo non ufficiale nelle Forze Speciali di Infiltrazione non ha esitato.” si passò una mano sul collo, volgendo lo sguardo altrove “Se quel Vakarian non si fosse messo in mezzo, lei ora sarebbe ufficialmente nelle Forze Speciali della Cittadella con un ruolo di tutto rispetto di mediazione tra le Forze della Gerarchia e il Consiglio”
-Ecco una cosa che non mi è riuscito di capire, Kabalim- intervenne Shepard, rizzando immediatamente la schiena -Nastz era una detective molto dotata, sostiene Garrus, eppure voleva entrare a far parte delle Forze Speciali della Cittadella, da principio-
"
Una scelta imposta dai superiori, Shepard, per quello ho tirato in ballo il suo essere volubile. All'ultimo minuto ha disubbidito agli ordini e ha scelto di intraprendere il ruolo di Detective. Se la Gerarchia non le avesse dato l'occasione per rimediare con l'Affare Tortuga, lei sarebbe stata congedata con disonore assieme a Vakarian per reati contro l'autorità. Per quello ha mantenuto la sua copertura fino alla morte, per non creare ancora più problemi a lei e al suo equipaggio.”
-Mi spieghi una cosa, Achaton. Adrienne era molto dotata per il ruolo di Detective, sulla Cittadella aveva maturato un'esperienza invidiabile...- prese una pausa per raccogliere le idee, poi scosse la testa -Avrebbe davvero potuto cambiare le cose, eppure si è lasciata trascinare dentro i giochi di potere della Gerarchia. Perché? Da quello che ho sempre visto, Nastz era una Turian con una solida determinazione, avrebbe potuto benissimo restare nel suo ruolo da Detective e svolgere comunque un impiego di connessione tra la Gerarchia e il Consiglio, magari in campo diplomatico anziché militare-
"
Lei è un soldato N7, Shepard, dovrebbe sapere cosa comporta disobbedire agli ordini diretti dei superiori. Nastz aveva una missione e non l'ha portata a termine. Ciò comporta al minimo l'intervento della corte marziale... mi sorprende che lei abbia tirato in ballo un ragionamento simile”
-Ha ragione, Achaton, mi scusi per l'intervento poco intelligente.- Shepard si passò una mano sul viso -Avete recuperato il suo corpo, quindi...-
"
Già... la dogtag di Adrienne è attualmente in vostro possesso, Shepard, ma siamo riusciti a recuperare almeno quelle di Castor e a rendere la sua a Vakarian.” il Kabalim fece una pausa, chinando lievemente la testa “Non ci voleva, Shepard, non ci voleva proprio...”
Il Comandante prese un respiro profondo. E ora cos'avrebbe dovuto dirgli?
Se da una parte provava dolore e un senso di fragilità insostenibili, dall'altra si sentiva presa in giro da tutto quell'enorme discorso.
-Achaton... io, davvero, sono spiacente per quello che è successo... avrei dovuto intuire...-
"
Lenore” fece lui, interrompendola “Posso chiamarla per nome?”
Il Comandante annuì, completamente spiazzata da quell'indecisione che ancora una volta la stava assalendo.
"
Ebbene, Lenore, lei è stata fondamentale per la riuscita della presa di Cretia, la Gerarchia è in debito con lei e io sono fiero di aver combattuto al suo fianco.” prese un respiro “Il suo intervento ha permesso a molti uomini di tornare dalle proprie famiglie e ora l'esercito Turian è in grado di controllare una zona fondamentale sulla mappa di guerra. La mia squadra ha perso degli elementi validi, ma se non aveste liberato Cretia in tempo, ora anch'io sarei morto. Non può controllare l'inevitabile, Lenore, è impossibile per chiunque... l'unica cosa che possiamo fare è prendere a schiaffi quella che voi umani chiamate morte quando verrà a cercarci, oppure liberare definitivamente la Galassia dai Razziatori, prima che sterminino anche la morte stessa”
Diedero entrambi una breve risata, poi Achaton proseguì “Non si scusi assolutamente, non faccia vedere la schiena al nemico, li prenda a calci e poi ci aiuti a ricostruire quello che abbiamo perso e a migliorare ciò che è ingiusto, lo deve ai suoi compagni caduti sotto la sua responsabilità, come io lo devo agli amici che ho perso... 'l'Intangibile è Inarrestabile', ma è anche vero che se permettiamo ai nostri nemici di vedere un frammento di fragilità nel nostro comportamento, gli scudi si rompono e il proiettile perfora le carni. Sia forte, Lenore, non renda vano ciò che ha perso, perché è quello che farò anch'io sostenendo le prime linee di Hammer, al suo fianco”
-Lo apprezzo molto, Achaton.- replicò Shepard, sorridendo mestamente.
"
Spero che dopo questa conversazione le cose per lei siano più facili da accettare, Lenore. Conteremo le tacche sull'elsa a guerra finita”
-Kabalim, un'ultima cosa...- intervenne Shepard.
"
Prego”
Il Comandante prese un respiro, sempre sorridendo -Vakarian non era a conoscenza che Adrienne aveva la sua dogtag, non è vero?-
Achaton ridacchiò sommessamente “Questo dovrebbe chiederlo a lui direttamente... a me non ha voluto dare spiegazioni.” poi appoggiò la testa sul polso, lanciandole un'occhiata dolce “Io ho una mia teoria, al riguardo, ma non vorrei darle un'interpretazione troppo... sdolcinata.”
Shepard intecciò le braccia, il sorriso che si trasformava in un ghigno -Sentiamo-
"
Penso che Adrienne se ne sia impossessata con l'inganno, per avere un ricordo tangibile del turian che le ha fatto aprire gli occhi... lei ha sempre dovuto prendere delle scelte obbligate e quando ha avuto la possibilità di essere libera, lui le ha indicato la strada. Per quello restava indecisa se restare legata a Castor, che faceva parte del suo passato, o legarsi a un uomo, che effettivamente non l'avrebbe ricambiata, ma l'avrebbe svincolata dalla presa della Gerarchia...”
Shepard diede una breve risata, poi si protese in avanti, un'espressione dolce sul viso martoriato -Mi piace molto come idea, Achaton, e la ringrazio per averla condivisa con me... tenevo molto a quella scapestrata...-
"
L'avevo intuito, Comandante. Che gli Spiriti veglino sulla sua missione”
Shepard trasse un sospiro sommesso, poi rispose direttamente nel dialetto di Cipritine -“Lo Spirito vegli su di te, ti infonda il coraggio per guidare i tuoi uomini con fierezza”-
Achaton batté più volte le palpebre, poi si grattò la punta del naso “Shepard... lei trova sempre il modo per sorprendermi...” poi le rivolse uno sguardo sornione “Sa, questa è una gaffe molto comune per chi non è avvezzo alle nostre usanze”
-Una gaffe?- Shepard sorrise, inarcando un sopracciglio.
"
Le lascio il beneficio del dubbio” replicò Achaton, chinando la testa, divertito “Buona caccia, Shepard, non vedo l'ora di vederla di nuovo in azione.”
Shepard annuì, mentre chiudeva definitivamente la comunicazione. Con un sorriso compiaciuto si abbandonò sullo schienale della sedia, passandosi entrambe le mani sulla testa.
Aveva riscoperto cosa significa avere un sorriso tra le labbra, e tutto grazie alla tranquillità con cui quel Turian aveva affrontato un discorso che l'aveva tormentata durante quei giorni. Bastava semplicemente fare come lei e Garrus avevano sempre fatto.
Prendere le cose come venivano, ciò che le aveva ribadito più volte la stessa Adrienne.
E rivolse uno sguardo divertito verso il suo ospite, che ridacchiava sommessamente appoggiato allo stipite della porta.
-Qual'era la gaffe?-
Garrus diede un colpo di tosse, coprendosi la bocca con un pugno, poi distolse lo sguardo -Si tratta di una formula molto vecchia, in uso solo ed esclusivamente per le missioni senza ritorno...-
Shepard corrugò la fronte, allungando il collo in avanti -Non capisco dove sia l'errore, Garrus...-
-L'errore sta nel fatto che tu non credi negli Spiriti, e porre un giuramento simile implica una fede completa e indissolubile nel culto- il Turian si avvicinò maggiormente, incrociando le braccia -Nemmeno io sarei in grado di pronunciare una formula così sacra per un credente-
Shepard assunse un'espressione sbigottita -Oh...-
Garrus scoppiò a ridere, carezzandole la testa, mentre Lenore sprofondava la testa fra le mani. 

 

 

 

 

 

19.5: La Vita, la Morte.

 

"But they never will take our sons again,
No, they never will take our sons again,
Johnny I swearing to ye”
(“Johnny I hardly knew ye”)
[x]

 

 

Qui è il Comandante Shepard. L'equipaggio è pregato di riunirsi in sala comune alle ore 15 GMT, divisa cerimoniale. Non ammetto ritardi o assenze, pena un richiamo ufficiale.

 

L'Ammiraglio Hackett sorrise alla sua sottoposta mentre pronunciava il messaggio attraverso il comunicatore della sala riunioni nei pressi del CiC. La osservò attentamente prima di posarle entrambe le mani sulle spalle e voltarla così verso di lui.
Lo sguardo cremisi del Comandante incrociò quegli occhi di ghiaccio, leggermente stretti da un'espressione orgogliosa. Entrambi indossavano con fierezza le divise che contraddistringuevano il loro ruolo all'interno dell'esercito dell'Alleanza, tranne per il fatto che Shepard aveva apportato alcune modifiche, date dal suo background culturale e dalle sue nuove esperienze sul campo militare.
Appuntate sul petto di Shepard le medaglie scivolavano con grazia sul lato sinistro, sotto gli stemmi in rilievo dell'Alleanza e della sezione Spettri del Consiglio.
Una Claidheamh cuil pendeva obliqua dietro alla sua schiena, avvolta dal tartan Blackwatch, caratteristica tramandata dal ramo militare paterno; la cinta che sosteneva la spada era direttamente collegata, sopra il bacino, a una catenella trattenuta dai passanti dei pantaloni in tessuto inamidato dell'Alleanza. All'altezza della regione inguinale, uno sporran in pelle nera ornato di placche argentate, mentre il pomo intarsiato dello Sgian Dubh fuoriusciva dallo stivale.
Una libera interpretazione, approvata da Hackett stesso, che l'aveva aiutata nel rituale di vestizione, affascinato dalle usanze del libero popolo di Scozia e delle modifiche apportate coerentemente a una tradizione millenaria puramente maschile.
Shepard aveva voluto omaggiare in questo modo inconsueto le sue origini.
-E il kilt, Shepard?- le aveva chiesto giustamente l'Ammiraglio, mentre sistemava la fibbia posteriore dello sporren.
-Quella è una mia scelta, Ammiraglio, non indosserò un kilt solo perché è qualcosa di antico e definito nella mia realtà culturale... Con la definizione di Alleanza, questa tradizione è tutt'ora in uso solamente in certi reparti di fanteria che una volta appartenevano alla divisione scozzese dell'esercito britannico. È raro vedere parate del reparto di fanteria leggera se non in piccoli agglomerati urbani entro i vecchi confini scozzesi. Ormai l'Alleanza impone una certa etichetta, e molti eserciti che una volta avevano una solida identità culturale ora sono semplicemente conglomerati in un sistema ben più ampio e uniforme. Non c'è spazio per le parate di Aberdeen quando a Edimburgo l'Alleanza convoca un summit mondiale... non è un'accusa, ma semplice nostalgia, Ammiraglio, cerchi di capire, sono fiera delle mie origini e altrettanto fiera del ruolo che ricopro nell'Alleanza. Per quello ho voluto unire le due cose e integrarle nella mia uniforme ufficiale... mio padre non approverebbe, ma chi se ne importa!-
L'Ammiraglio sbuffò una risata -La tua idea di cerimoniale è molto bizzarra, Shepard, ma sarà un onore parteciparvi, per me...-
-Manca solo un ultimo dettaglio, Hackett, le prometto che non sarà una perdita di tempo, anche se si tratta di un rituale... piuttosto inconsueto per un essere umano-
In risposta a quell'affermazione, l'uomo scosse la testa, ridacchiando -Sono una persona aperta, Shepard, sennò non mi sarei nemmeno soffermato a chiederti una spiegazione. Prima di un assalto di questo tipo è bene risolvere le faccende in sospeso, e se questo rituale può permetterti di tranquillizzare te stessa e il tuo equipaggio, allora ti sosterrò nella tua bizzarra impresa.-
-La ringrazio, Ammiraglio, è un'onore ricevere un simile appoggio-
E si squadrarono per qualche istante, prima di stringersi la mano in una stretta decisa.

 

Nel ponte dov'era sita la sala comune, Tali si torceva le mani impaziente, affiancata da un Garrus piuttosto disorientato, impettito nella sua divisa da ufficiale blu scuro e argentata.
La sala era gremita di soldati dell'Alleanza, dal grado più misero al più alto, spalla a spalla, bellissimi nelle loro uniformi mai utilizzate finora sulla Normandy, i gradi appuntati e l'aria curiosa di fronte a quella convocazione inaspettata durante il preludio di una battaglia così importante.
L'ascensore si aprì davanti a loro, frenando ogni chiacchiericcio.
Shepard fece il suo ingresso, avvolta da un'aura decisa, nonostante la magrezza accumulata in quelle poche settimane. Al suo fianco, Hackett le fece cenno di passare mentre Joker, dietro di loro, si torturava il colletto della divisa con fare piuttosto imbarazzato.
Garrus trattenne il fiato alla vista di Lenore, che sul viso aveva dipinto i suoi marchi colonici, colorati dello stesso verde di quelli di Adrienne. Pregò affinché i loro sguardi si intrecciassero, ma dovette aspettare dei minuti interi prima che lei si voltasse verso di lui...
Shepard squadrò uno ad uno i suoi compagni prima di urlare -Ufficiale sul ponte-
Tutti si misero sull'attenti, finché Hackett non ordinò il riposo, allora il Comandante li radunò attorno a sé, davanti allo spoglio Muro dei Caduti.
Lenore incrociò finalmente lo sguardo di Garrus, sorridendo lievemente di fronte alla sua espressione sorpresa. Poi intrecciò le mani dietro la schiena, prendendo un respiro profondo.
-Soldati- principiò, gonfiando il petto.
-Vi chiederete il motivo della vostra convocazione. Ebbene, durante questi pochi mesi non ho mai avuto il coraggio di esprimere ciò che realmente penso di voi.- si mosse in avanti, l'espressione improvvisamente indurita sopra le cicatrici brillanti -Avete intrapreso al mio fianco numerose missioni all'apice della pericolosità, molti di voi hanno perso almeno un amico e altrettanti hanno visto la morte in prima persona in diverse occasioni. Non è stato facile, non è stato bello, eppure ognuno di voi ha retto il colpo, con la speranza che prima o poi questa guerra finisse.
Oggi è un giorno diverso, e abbiamo realmente l'occasione per scrivere un finale e mettere i titoli di coda a questa pellicola macabra e costosa.- fronteggiò Tali e le sciolse le mani, allungandogliele sui fianchi -Non abbiate timore, non abbiate paura, oggi è il giorno del giudizio per i Razziatori, perché li cacceremo dalla Galassia una volta per tutte-
Tali sollevò appena la testa, incontrando gli occhi di Shepard, tramite la proiezione biancastra dell'iride sul vetro del casco. Il Comandante diede un breve sorriso, stringendole brevemente la spalla, poi indietreggiò di nuovo per poterli guardare tutti.
-Sono stata io a togliere le targhette da questa parete- ammise, aprendo le braccia -Perché ogni singolo istante in questo dannato viaggio la vista di questo monumento non ha fatto altro che turbarmi, ricordandomi quali sono le persone che hanno reso grande il mio operato attraverso il loro sacrificio. La loro morte mi ha costretta a soffermarmi più su quanto ho perso, piuttosto che su quanto ho accumulato nel corso del tempo... e non è più mia intenzione perdermi dietro ai morti quando davanti a me ho settanta validi elementi che ora meritano che le mie forze si concentrino solo ed esclusivamente su di loro.
Non me ne frega se queste frasi possano essere considerate come troppo rudi o inappropriate. Ma oggi, soldati...- prese un respiro -Oggi le elegie non sono nella scaletta delle cose da fare, c'è solo la battaglia. E la battaglia chiama il sacrificio dei vivi, non l'esaltazione dei morti. Oggi combatteremo per una casa a cui fare ritorno, combatteremo per riprenderci la quotidianità che vi è stata strappata a forza dalle vostre esistenze di uomini e donne della Galassia. Combatteremo con uno spirito diverso, per garantire un futuro alle generazioni che verranno, sia esso di pace o di conflitti, ma dove saremo noi a scegliere il nostro destino, non delle macchine venute da chissà dove!- il tono di voce di Shepard era un crescendo deciso, mentre camminava avanti e indietro lungo il breve spazio che le era concesso; il vociare dei soldati si fece sommesso, in risposta a quelle parole, sostenendo la validità di quel discorso.
-Combatteremo con fierezza al fianco dei nostri compagni, vivendo minuto per minuto questa battaglia, perché oggi, comunque vada, sarà una vittoria!- e qui si scatenò un applauso -Noi della Normandy siamo riusciti a forgiare l'impossibile, unendo ogni razza, individuo e clan sotto la nostra bandiera; e saremo noi oggi ad innalzare quel vessillo mentre le cornamuse suoneranno il loro lamento disperato! Perché oggi la speranza di un futuro dipende da noi, dalle azioni che compiremo da questo momento in avanti!- si portò di fronte a Liara e intrecciò le mani tra le sue per un istante, prima di ritornare al suo posto nel mezzo della scena, accompagnata dagli applausi dei suoi soldati e dalle grida scomposte di Donnelly -Sono dannatamente fiera di voi, dal primo all'ultimo, soldati, voglio che sappiate che ogni minuto trascorso in vostra presenza non è stato un minuto perso. Abbiamo dovuto raccogliere le briciole della quotidianità che quei bastardi ci hanno tolto, ma abbiamo trascorso qualcosa di unico e inimitabile, che io stessa serberò nel mio cuore come un ricordo preziosissimo. Sì, sono completamente fiera di voi, uomini, donne, turian, quarian, asari, prothean e dannatissima IA.-
A quell'ultima, molti eruppero in una risata necessaria a stemperare la tensione epica di quel discorso.
-Posso chiedere il permesso di parlare, Comandante?- Garrus interruppe quel soliloquio, muovendo un passo in avanti dopo essersi schiarito la voce.
L'attenzione si catalizzò su di lui, immobile in prima fila al fianco di James e Tali, l'espressione apparentemente calma smascherata dalle mandibole che ebbero un lieve scatto in avanti.
I loro sguardi si incrociarono per un istante, poi Shepard annuì, deglutendo.
-Innanzitutto- fece lui, intrecciando le dita dietro la schiena -Penso di parlare anche per il Tenente Vega, dicendo che siamo onorati di prendere posto al tuo fianco nella tua personale impresa, Shepard. In secondo luogo... diamine... sono lieto di essere stato al tuo fianco sin dall'inizio... abbiamo preso a calci Saren, siamo entrati e usciti indenni dalla Base dei Collettori. Ogni volta ti ripresenti per compiere un'impresa al limite del possibile e ogni volta la spunti... con la tua forza e le tue fragilità. Sono io, anzi... siamo noi ad essere fieri di essere al tuo fianco in questo giorno decisivo, Lenore Shepard.- le si fece più vicino, poi chinò lo sguardo, mentre lei sorrideva tristemente di fronte a quelle parole, -Sono onorato che tu abbia deciso di portare il mio nome sul tuo viso, Lenore... e vorrei... vorrei...- diede una breve risata, sciogliendo le mani e andando a cercare qualcosa sul collo, estraendone una catenella che poi le porse.
-Vorrei affidarti il mio futuro, Len, perché non posso contemplare un'esistenza che non sia al tuo fianco... oh, Spiriti, è imbarazzante farlo in questo modo solenne, ma non ce n'è stata mai occasione...-
Lenore prese tra le mani la dogtag, osservandola con un'aria divertita -Sei un dannato sentimentale Vakarian, sappilo... dovrò ripagarti con la tua stessa moneta.- e, dopo essersi girata la catenella al polso, estrasse la sua, indossandogliela lei stessa -Perché se tu non sei bravo a parole, allora lascia che la mia competenza compensi la tua mancanza. Perché non voglio affidare il mio nome ad altri in questa stanza eccetto te, mi hai permesso di aprire gli occhi sul mio passato, difendendolo davanti a chi osava infangarlo. Hai protetto il mio presente, restando perennemente al mio fianco, facendomi ridere, sostenendomi e permettendomi di appoggiare la testa sulla sua spalla...- prese un respiro per evitare di scoppiare a ridere di fronte a quel Turian così impacciato che si era fatto avanti per supportarla anche in quell'ultima evenienza -E sono certa che salvaguarderai il mio futuro esibendoti in queste figure del cazzo mille e più volte-
Chiunque fosse in prima fila (eccetto Hackett che scuoteva la testa, sconsolato) diede almeno un sorriso, divertito da quell'improvviso siparietto.
-Oh, dannazione- Garrus si grattò la testa, voltandosi altrove -Perché non me ne sono stato zitto...-
-Perché sei fatto così- ammise semplicemente lei, passandogli una mano sul viso -E io sono fottutamente innamorata di te, idiota di un Turian... della tua voglia di metterti in gioco ogni volta, rendendomi talmente fiera di quello che sei che quasi non riesco a credere che, tra tutti, tu sia capitato a me.- ridacchiò, mentre si allontanava di nuovo, indossando la dogtag. Poi si voltò finalmente verso il muro dei caduti e diede un sospiro
-Finalmente soli...- mormorò.
Poi ne carezzò la superficie al centro, passando i polpastrelli dolcemente dov'era sito il posto che le spettava, mentre qualcuno batteva i tacchi per onorare la sua persona con un saluto.

 

 

 

 

 

Fine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota:

 

Ebbene, siamo giunti al termine del nostro viaggio tra le pareti della Sala Comune di questa nave a noi ben nota.
Un viaggio che è costato parecchie diottrie all'autrice e parecchi sospiri sconsolati ai suoi lettori.
Ho scritto e riscritto questo capitolo, convinta fermamente che avrei dovuto concludere questa storia in maniera epica o tragica. Ebbene... non mi riesce.
Non mi riesce perché la malinconia o la gioia arrivano sempre tramite i discorsi più semplici, i gesti quotidiani e le considerazioni di chi affronta la vita con obiettivi altalenanti, che si sviluppano di giorno in giorno.
E allora perché non lasciarvi con un sorriso? Perché non lasciare che Shepard combatta a mente serena le sue battaglie?
E qui concludo, tra lacrime e festeggiamenti.

 

Un ringraziamento speciale alla persona che più di tutte, qui dentro, mi è stata vicina, mi ha sostenuto nel bene e nel male e che manterrà sempre un posto speciale nel mio cuore:
grazie di tutto Andromeda.
Se c'è qualcuno che più di tutti meriterebbe almeno una statua nel bel mezzo dei Giardini del Presidium (della serie: busti chilometrici), ecco, quella sei tu. 

 

In secondo luogo, un ringraziamento sentitissimo al sostegno imparziale e ai consigli di MrMurkrow. Odio dovermi ripetere, ma ogni singola parola/complimento/citazione mi ha continuamente ispirata.

E a coloro che hanno contribuito a farmi andare avanti tramite una recensione: Beatrix, lubitina, Queen95, Eillena, Ravexyle, nini superga e Chary.

E grazie a te, lettore invisibile, che hai contribuito a farmi raggiungere le 300 e passa visite al primo capitolo.

 

Così diciamo tutti.

 

J.

 

 

 

   
 
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