Crossover
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Autore: Siirist    17/02/2013    2 recensioni
Siirist Ryfon è un giovane ragazzo della città di Skingrad, figlio di benestanti agricoltori che sogna di entrare nella Gilda dei Guerrieri per ricevere onore e gloria. Ma non è una persona comune, discende da un'antica casata elfica, della quale fece parte millenni prima un Cavaliere dei draghi leggendario. Un giorno la sua vita cambierà drasticamente e verrà catapultato in un mondo di magia, tecnologia, intrighi politici, forze demoniache e angeliche, per poi affrontare la più grande crisi della storia di Tamriel. Questa fanfic è una crossover tra tre mondi fantasy che amo: Final Fantasy (di cui troviamo le ambientazioni, come Spira, Lindblum), "Il ciclo dell'eredità" di Paolini (di cui sono presenti molti dati, quale i draghi con i Cavalieri e il sistema della magia, ma l'ispirazione è molto libera) e The Elder Scrolls IV: Oblivion (di cui sono presenti le città). Oltre a questo ci saranno anche alcune citazioni di One Piece e di Star Wars. I personaggi principali sono tutti originali. Ci saranno alcune comparse da vari manga (Bleach, ad esempio) e in alcuni casi i nomi saranno riadattati (Byakuya), in altri saranno quelli originali (Kenpachi).
NB: il rating è arancione in quanto è adatto alla maggior parte della storia, ma in alcuni capitoli dove compaiono i demoni (non il primo che si incontra all'inizio, quello è ridicolo) gli scontri possono essere anche molto cruenti.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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RITORNO A VROENGARD

 

Siirist stava seduto a gambe incrociate su una terrazza naturale che si estendeva da una delle montagne a nord di Kami no seki. Da lì, osservava la sconfinata pianura in cui si ergeva la capitale dei demoni e la colossale arena che l’Imperatore aveva deciso di tenere nonostante il torneo per la spada di Ragnarok fosse finito. Il sole stava per sorgere e i colori dell’alba stavano illuminando tutto, ma il mezzo demone aveva preferito osservare quella che era stata la sua casa per quasi quarant’anni sotto al simbolo di Obras grazie ai suoi occhi da vampiro. E ora, geloso e prepotente, arrivava Soho a portare la sua fastidiosa luce in mezzo alla calma dell’oscurità del fratello. Gli sarebbe mancata Kami no seki, non c’erano dubbi a riguardo. Avrebbe voluto pensare che sarebbe ritornato, ma sapeva che sarebbe stato difficile, almeno per i prossimi cinquecento anni. Chi sa cosa aveva in serbo per lui il Consiglio, dopo tutti i problemi che aveva causato? Non voleva accettarlo, ma era giunto il momento di ritornare alla Rocca. Almeno avrebbe rivisto Alea, sempre che il Consiglio non li dividesse. Sospirò mentre i raggi dell’astro splendente gli illuminavano il viso. Rorix, grande quanto un mastino, gli si avvicinò.

‹È ora di partire.›

 

Tutto il pomeriggio precedente Siirist era stato con i tre fabbri a lavorare sull’armatura del Cavaliere, che era stata incantata perché si potesse rigenerare automaticamente. Con quel nuovo strato di Adamantite che la ricopriva, era diventata più pesante e leggermente più ingombrante, ma c’era da ringraziare la tecnica di ripiegatura adottata dal fabbro demoniaco che aveva permesso di comprimere il metallo il più possibile. Sempre al cospetto della Forgia Infernale, Siirist aveva infuso le sue tre spade del potere della Zanmato, rafforzando esponenzialmente il potere demoniaco contenuto al loro interno.

Rimandata l’armatura a Oblivion, Siirist aveva lasciato la fucina ed era andato a fare i bagagli, così come Hans e Bhyrindaar, che avevano deciso di lasciare Kami no seki: il primo per andare a Tronjheim assieme ai nani per studiare i metodi di lavorazione nanici, il secondo per ritornare a Rivendell. Tomoko, Eiko e Akane avevano aiutato il mezz’elfo ad organizzare i suoi averi più importanti, tra cui i vari grimori, mentre Akira si era occupato di avvolgere la Zanmato in una fasciatura di fibra d’argento e assicurarla con diversi talismani demoniaci, sia catene d’argento che piccole pergamene. Queste, infuse di potere demoniaco, fungevano da soppressori ed erano ciò che più si avvicinava ai prodotti mistici.

Akira gliela porse, ma il mezz’elfo gli fece cenno di attendere: puntò la mano e, il Cerchio d’argento illuminato, creò un’apertura nello spazio con uno degli incantesimi che gli aveva insegnato Eleril, la Tasca dimensionale, in cui depositò i bagagli. La richiuse e accanto a lui rimase una appena percettibile deformazione nell’aria che indicava la presenza della dimensione creata dal potere magico del mezz’elfo, mentre l’energia per sostenerla continuava ad essere fornita dal Flusso sdoppiato e concentrato nel mignolo destro. Quando ebbe finito, abbracciò i suoi servitori, dicendo loro che si sarebbero rivisti quando avesse risolto la situazione con il Consiglio. Scese nella caverna di Glarald a salutare la Guida ed il drago tigrato e a recuperare le ossa di Tyron, ora molte meno, ma comunque la mancanza si notava appena, che depositò nella Tasca dimensionale. Lì attese l’arrivo di fabbri, nani e orchi, questi ultimi giunti solo per salutare il loro fratello di clan, poiché erano intenzionati a rimanere a Kami no seki e raggiungerlo in futuro assieme ai suoi demoni servitori.

«Tutti pronti?» domandò Bhyrindaar.

«Io sì. Oghren, sei sicuro di non aver dimenticato niente?» rispose Durin.

«Fai silenzio, sbarbatello nel cuore.»

«Tu…» cominciò il nobile nano, la mano che già era andata ad impugnare la sua ascia di marmo nero.

«Non so voi, io sono in trepidante attesa di vedere la mitica Ilirea, quindi potremmo partire, per favore?» domandò Hans.

«Concordo.» risposero Bhyrindaar e Durin.

«Bah.» finì Kondrat.

E con gli ultimi saluti fatti, Siirist dislocò tutti alla città perduta. Gli sguardi di meraviglia dei fabbri e Durin erano da ritrarre, mentre l’espressione ebete e annoiata di Oghren, che era impegnato a scavare nella narice come fosse una miniera, poteva benissimo essere ignorata: tanto, se non si aveva a che vedere con una bella e sanguinante battaglia, con una bella donna o una bella bevuta, poteva anche finirgli il mondo davanti, Barba di fuoco non sarebbe stato interessato. Siirist andò da solo alla sala del tesoro e inserì tutte le ricchezze nella Tasca dimensionale per poi tornare dagli altri e dislocarsi alla sua abitazione a Tronjheim.

Il momento in cui i nani realizzarono di essere ritornati a casa, caddero in ginocchio e misero la fronte a terra, mantenendo gli occhi chiusi: Siirist si era aspettato un simile comportamento da Durin, ma certamente non da Oghren. Infatti, come per non deluderlo, dopo pochi secondi di rispetto verso la Pietra, Kondrat salutò e si diresse alla taverna mentre Dorrak continuava a pregare e ringraziare Titano.

«Impressionante. Ma noto lo stile altmer più che quello nanico.» osservò Bhyrindaar.

«Questo perché siamo nella mia abitazione. Ora andiamo al palazzo reale.» rispose Ryfon.

Tutti e quattro uscirono dall’abitazione e si diressero al cilindro in cui era costruita la città. Intrapresero la strada discendente, i due fabbri che rischiavano di spezzarsi il collo da soli per quanto ruotavano la testa.

«Affascinante.» commentò l’elfo guardandosi intorno.

«Avete deciso di voler rimanere?» domandò Ryfon.

«Non nego che mi piacerebbe. Ma ho lasciato la mia bottega per troppo tempo, è bene che io ritorni. Hai già deciso cosa farai, una volta finito qui, Hans?»

«Non ancora.»

«Faresti bene ad aprire una tua bottega, ma sconsiglio di ritornare a Skingrad, a meno che ti manchi. Un fabbro delle tue capacità avrebbe molto successo in una grande città umana come Arcadia. Oppure Bevelle o Zanarkand, se preferisci rimanere a Spira. Se, invece, non desideri aprire una armeria tua, sei sempre il bene accetto a Imladris: ma questa volta solo come mio assistente, non come apprendista.» gli sorrise.

«Mi lusingate, ma temo stiate esagerando, ho ancora molto da imparare da voi. So forgiare da solo armi in Adamantio, ma l’Adamantite continua ad essere troppo complessa per me.» scosse la testa con umiltà.

«Ti stai sottovalutando.» gli mise una mano sulla spalla per incoraggiarlo.

Quando raggiunsero l’ultimo piano della città, le porte del palazzo reale si aprirono ed uscì un nano che vestiva dei colori Alftand.

«Fratello Siirist e nobile Durin, ben ritornati, io sono Nalkk, vice-re di sua durezza Orik. Per quanto la vostra presenza qui sia sempre bene accolta, sono sorpreso di rivedervi, per di più con altri due stranieri, uno dei quali un elfo: potrei sapere il motivo della vostra venuta?»

«È tornato anche Oghren, che ora sta indubbiamente a prosciugare tutta la birra della taverna di Erthic. Io sono ritornato per donare le ricchezze di Ilirea pattuite con Orik e per assicurarmi che i Guanti di Luce siano ancora al sicuro. Non vi preoccupate per la presenza di un elfo, ripartirà con me, mentre l’umano rimarrà qui per imparare i segreti della lavorazione delle armi naniche. Spero non sarà un problema. Per sapere perché è ritornato Durin, chiedetelo direttamente a lui.»

«Certamente, non sarà un problema, no…» rispose esitante il reggente.

«Avevo bisogno di ritornare ai Beor, ho avvertito troppo la mancanza della Pietra in questi anni, ma sia io che Oghren ripartiremo tra qualche settimana. E non preoccupatevi per l’umano, mi prenderò io la responsabilità di badare a lui.» disse Dorrak.

«Ora che questa faccenda è risolta, scusatemi, ma devo andare alla sala del tesoro.»

Siirist lasciò i fabbri con Durin fuori dal palazzo reale e si dislocò a pochi metri dalle guardie che si presero un colpo e per poco lo attaccarono, ma, avendolo riconosciuto, abbassarono le loro asce.

«Perdonatemi per lo spavento. Sono venuto a depositare i tesori che ho promesso a Orik e ad assicurarmi che i Guanti di Luce siano ben custoditi.»

«Certamente. Ma non abbiamo la chiave per aprire la serratura.» gli rispose uno dei nani.

«Nessun problema.»

Richiamato il sangue demoniaco, generò una potente fiamma nera nel palmo sinistro e le diede la forma di una lancia che bucò la serratura da parte a parte.

«Non vi preoccupate, soltanto una persona all’interno della Setta dello Scorpione possiede questo potere, e se fosse lui ad attaccarvi, nessuno di voi sopravviverebbe comunque. E mi assicurerò di ricreare una nuova serratura.»

I nani annuirono ed il mezz’elfo entrò nell’ampia sala del tesoro. Era sconfinata, con colonne squadrate ad intervalli regolari che la dividevano in innumerevoli rettangoli da otto metri per cinque. Dappertutto vi erano pile e pile di pietre e metalli preziosi, gemme dell’anima, monete. Trovato il primo punto non troppo sommerso da ricchezze, Ryfon aprì la Tasca dimensionale e fece uscire un quantitativo di tesori pari a cinquanta milioni di guil, poi cercò i Guanti di Luce. Li trovò su un piedistallo, protetti all’interno di una teca di Cristallo. Era sorprendente come i nani non avessero sostituito il materiale elfico con il loro mithril.

‹Dovresti portarli via. Custoditi da te, saremo sicuri che gli Scorpioni non se ne potranno impossessare.› disse Rorix.

‹Ci ho già pensato. Ma non dimenticare ciò che ci ha detto Siiryll, le Reliquie si riuniranno, è destino. Preferisco affrontare Azrael quando le possiede tutte, quando so che ho una possibilità, per quanto infima, di vincere, che farlo contro solo la Spada di Luce quando so che sarebbe destino per me perdere.›

‹Perché, scusa?›

‹Se è inevitabile che le Reliquie si riuniscano, se sono io a proteggerne una, significa che mi ammazzano per prenderla.›

‹Sì, capisco che intendi. Ma lo trovo assurdo, io non credo nel destino, noi ci scriviamo da soli il nostro futuro.›

‹Non sempre, amico mio. Era destino che io e te ci incontrassimo, e pensa a come è successo: Evendil aveva bisogno di far riparare Lin dur, perciò venne a Skingrad. Ci sono certi eventi che devono succedere, e non importa cosa si fa per evitarli, avranno comunque luogo. Senza contare che, portando via i Guanti ai nani, tradirei la loro fiducia, e sappiamo per certo che ne ho bisogno se voglio vincere.›

‹“I sette riuniti”, eh?› chiese retorico e poco convinto il drago.

Il Cavaliere annuì all’interno della sua torre mentale, seduto sul suo trono. L’Inferno, adagiato sulle sue cosce, lo fissò e scrollò le spalle, per poi abbassare la testa e mettersi a dormire.

‹Come ti pare. Ora dormo in attesa del tuo arrivo, sbrigati.›

Siirist uscì dalla sala del tesoro e, richiuso il portone, generò della sabbia dal terreno che andò a prendere la forma della serratura precedente per poi diventare marmo nero. E ancora Siirist ebbe un senso di fastidio a pensare che quello era il suo limite, mentre Gilia avrebbe potuto modificarla ancora, se avesse voluto. Ma tanto ne avrebbe scoperto il segreto, si disse. Salutò le guardie e ritornò da Bhyrindaar con la dislocazione. Vedendo che era ora di salutarlo, Hans si inchinò al maestro.

«Vi ringrazio infinitamente per tutto ciò che mi avete insegnato. Spero ci rivedremo presto, fino ad allora, che le stelle vi proteggano.»

«E che la tua lama resti affilata.» gli sorrise l’altmer.

E salutato Durin, Siirist si dislocò con il vecchio fabbro a Rabanastre.

«Faccio un salto a Oblivion per lasciare il resto del tesoro di Ilirea e poi andiamo verso la Foresta Antica. In cucina c’è tutto il necessario per preparavi una tazza di tè, se volete.»

«Molte grazie.»

Il mezz’elfo scese nel seminterrato ed attivò il portale per la dimensione daedrica, che lo portò all’ottavo piano. Si dislocò sotto alla tana di Ifrit e creò una nuova stanza nel terreno, dove depositò le ricchezze. Poi, pensando che era da un po’ che non lo vedeva, si dislocò al cospetto dell’Esper.

«Padrone, ben trovato.» gli disse con un cenno della testa.

«Spero di non disturbare. Sono venuto così tante volte a depositare i miei averi, mi sembrava scortese farlo di nuovo senza salutarti.»

«Sono felice tu lo abbia fatto. Sento che il giorno in cui avrai bisogno della mia forza è vicino.»

Quelle parole, che certamente non avevano un intento simile, scoraggiarono il Cavaliere: davvero avrebbe presto avuto bisogno di invocare un Esper? Non era certo un buon segno. Chi, oltre ad un successore di Obras, lo avrebbe potuto spingere al punto di ritrovarsi costretto ad invocare uno dei custodi di Oblivion? Che il suo fatidico duello con Raiden fosse più vicino di quanto pensasse?

«Allora spero me la vorrai prestare.»

«Sarà un onore.»

Entrambi fecero un inchino e Ryfon usò la chiave dimensionale per ritornare a Rabanastre.

‹Questi Esper e le loro premonizioni. Non mi piacciono. Dovremo stare più attenti del solito d’ora in poi.› disse con un basso rantolo Rorix.

‹Concordo.›

Siirist ritornò a piedi al piano terra della casa e trovò Bhyrindaar comodamente seduto su una poltrona a sorseggiare una tazza di tè. Come lo vide riapparire, il fabbro appoggiò la tazza e fece per alzarsi.

«Finite pure con comodo, non c’è fretta.»

L’altmer ringraziò e finì la sua bevanda. Quando l’ebbe consumata, si alzò per lasciare la tazza nel lavandino, ma il mezz’elfo la cancellò con il Vuoto, dicendo che ne avrebbe potute ricreare infinite con la sua magia di creazione, perciò usò la dislocazione per portarsi nel punto più lontano in cui arrivasse il suo occhio mentale dopo essere entrato in stato di calma assoluta e aver esteso il colore dell’osservazione. Ripeté l’operazione una sette volte e arrivarono finalmente al confine con la Yaara Taure.

«La dislocazione è indubbiamente un metodo di trasporto pratico.» commentò l’elfo.

«Se possedessi un legame comune con il Flusso, non me ne potrei permettere così tante.» rispose.

«No di certo.» ridacchiò.

Non erano passati nemmeno quindici minuti da quando erano entrati nel regno elfico, che furono raggiunti da un gruppo di soldati bosmer, ognuno in groppa ad uno splendido cavallo e c’erano due animali in più che li seguivano.

«Avevamo sentito del vostro arrivo, Cavaliere d’Inferno. Mastro Bhyrindaar, è un onore fare la vostra conoscenza. Permetteteci di scortarvi a Imladris.»

Vista la magia che permeava la foresta elfica, usare la dislocazione sarebbe stato impossibile, quindi avere dei cavalli sarebbe stato comodo. Ma, una volta arrivati alla regione altmer, avrebbe potuto raggiungere la capitale con qualche dislocazione come aveva fatto per percorrere il deserto di Dalmasca.

«Ve ne siamo grati, ma non sarà necessario andare fino a Rivendell, basterà raggiungere il limitare settentrionale della foresta.» rispose alla guardia.

«Come desiderate.»

A differenza di quando aveva percorso quel tragitto con Glarald, quando avevano dovuto evitare le strade e muoversi in mezzo alla fitta foresta, per di più a piedi nella neve, seguendo la strada principale che raggiungeva Ellesmera e da lì proseguiva nord, in sella ai cavalli che mantenevano una velocità media di settanta chilometri orari, raggiunsero il limitare settentrionale della foresta in appena tre giorni.

‹Bah, con me ci avresti messo solo qualche ora, e senza nemmeno i Ruggiti. Non capisco perché ti ostini a non venirmi a prendere.› disse Rorix.

‹Non posso portare Bhyrindaar al nido degli Inferno.›

‹Bah.›

«Grazie infinite, ora proseguiremo con la dislocazione.» disse Ryfon ai soldati.

Questi annuirono e, come l’altmer e il mezzo furono smontati da cavallo, salutarono e si allontanarono.

«Si ricomincia…» mormorò Bhyrindaar.

«Vi danno fastidio le dislocazioni?»

«Un poco. Mi fanno girare la testa.» ammise.

«È normale che facciano questo effetto se usate ripetutamente. Se ripenso ai miei allenamenti con l’arte della Tenebra mi viene la nausea.»

L’alto elfo ridacchiò e quasi non si accorse di aver percorso oltre cento chilometri in un batter d’occhio; realizzò cosa era accaduto solo quando notò che l’ambiente circostante era cambiato.

«Vi prego di avvisarmi, almeno posso chiudere gli occhi…»

«Chiedo scusa. Siete pronto?»

«Sì.» rispose abbassando le palpebre.

Quando, finalmente, Siirist riuscì a vedere la capitale altmer con il suo occhio mentale rafforzato dall’Ambizione, si dislocò per la quinta volta, arrivando di fronte al cancello che chiudeva la grande vallata. Gli odori estivi che permeavano l’aria arrivarono alle narici del mezz’elfo con immenso piacere.

«Casa…» non riuscì a non sorridere il fabbro.

Siirist annuì. Non condivideva il pensiero dell’altro, la sua casa era Kami no seki, ma c’era qualcosa di speciale in Rivendell, quello era innegabile.

Nel vedersi apparire fuori dal nulla due persone, le guardie del cancello sobbalzarono, ma subito riconobbero Bhyrindaar e, di conseguenza, capirono chi fosse quello al suo fianco anche con l’assenza del drago rubino.

«Mastro Bhyrindaar, bentornato a casa, Cavaliere d’Inferno, che le stelle vi proteggano entrambi.» dissero con due inchini.

«E che le vostre lame restino affilate.» rispose il mezz’elfo.

«Grazie, è bello essere a casa.» disse il fabbro.

Accortosi che Siirist era pronto a dislocarlo ancora, Bhyrindaar gli fece cenno di aspettare.

«Preferisco camminare ora.»

«Capisco.» annuì.

Effettivamente sarebbe stato bello camminare nella vallata e risalire la salita che portava all’ingresso della città, ma Ryfon non aveva tempo da perdere, perciò salutò il fabbro dopo averlo ringraziato ancora e si dislocò fuori dalla porta di villa Ilyrana. Le guardie personali di Elisar reagirono come quelle cittadine prima di inchinarsi di fronte al mezz’elfo.

«Bentornato, Cavaliere d’Inferno.»

«Grazie.»

Aprì la porta ed entrò. Non era nemmeno arrivato alla scalinata che portava al salotto, che fu raggiunto da Elénaril.

«Sia lodato Soho.» disse abbracciandolo.

«Non direi, ma lasciamo perdere.»

«Non metterti a pregare Obras in casa mia, Siirist.» disse l’appena giunto padrone di casa.

«Abituatevi, Elisar, prima o poi dovrete conoscere gli appartenenti alla mia famiglia demoniaca.»

«Quel giorno non sarà mai troppo lontano.»

«Siete un razzista.»

«Hmpf.»

«Alea? Avrei sperato di trovarla qui, visto come la notizia del mio ritorno sia stata resa pubblica.»

«Non lo sai?» chiese sorpresa Elénaril.

«Cosa?»

«Il tuo ritorno è stato tenuto segreto dal Consiglio. È venuto qui due giorni fa Aulauthar per informare il principe e noi che saresti passato per visitare la tomba di Eleril prima di tornare a Vroengard, poi il principe lo ha comunicato alle guardie cittadine, mentre Syrius si è occupato di parlarne con re Aesar. Gli unici in tutta la Foresta Antica a sapere del tuo arrivo siamo noi, le guardie della mia casa, il re, il principe, le guardie di Imladris e la pattuglia che ti ha scortato lungo il territorio bosmer.» spiegò Elisar.

«Perché?»

«La Gilda dei Ladri ha scoperto che la Setta dello Scorpione si sta preparando ad attaccare Vroengard, perciò il Consiglio ha pensato fosse meglio tenerti nascosto e usarti come arma segreta. A Vroengard nessuno sa del tuo imminente ritorno al di fuori dei dieci.»

«Capisco. Di quanto è vecchia la notizia dei preparativi della Setta?»

«Meno di un mese.»

«Allora è bene che non perda tempo. Avrei preferito restare qui un paio di giorni, ma devo andare. Ma prima, vi chiedo scusa per essere stati arrestati da Delmuth a causa mia.» disse inchinandosi.

«Non ti preoccupare. Piuttosto, è a causa nostra che sei finito nei guai con gli Anziani.» scosse la testa la donna.

«Delmuth se l’è cercata. Quando mai riprenderà i sensi, ci penserà duecento volte prima di attaccarvi ancora.»

«È una fortuna che non fossi così forte quando ci siamo incontrati la prima volta.» commentò Elisar.

«Non avete idea.» ringhiò il mezzo demone, l’immagine di Alea martoriata che gli ritornò in mente e lo fece imbestialire.

Congedatosi, lasciò villa Ilyrana e andò al rudere dell’abitazione dei suoi avi. Entrò nella cripta del sesto Cavaliere d’Inferno ed essa si illuminò magicamente, precedendo un sonoro sbadiglio da parte del non-morto.

«Ah, Siirist! Da quanto tempo! Cosa posso fare per te? Sei pronto a sapere degli angeli?»

«Purtroppo non ho tempo, devo andare il prima possibile a Vroengard. Ritornerò appena possibile per sapere degli angeli, ma ora c’è una questione più importante che va affrontata.»

«Dimmi.»

Siirist annuì e si tolse la tunica elfica, mostrando i segni rossi che, scendendo dal capo, gli ricoprirono il petto dopo essersi trasformato in draconiano. L’espressione sbigottita di Eleril era la più sincera che il suo antenato avesse mai mostrato. Da vero elfo, aveva sempre un’espressione indecifrabile, come Aulauthar faceva sì di avere sempre un’espressione serena in volto, non si era scomposto nemmeno quando il mezzo demone gli avesse mostrato la sua forma demoniaca. E ora era a bocca aperta a guardare il suo successore raggiungere uno stadio successivo della forma draconiana rispetto a quello che aveva raggiunto lui.

«Come è… possibile…?»

«Non chiederlo a me.»

E gli raccontò tutto quello che era successo, il tradimento della sua coscienza demoniaca, la conquista delle spade, come Rorix fosse intervenuto per aiutarlo. E gli spiegò quanto quel nuovo livello fosse superiore alla forma draconiana base, come addirittura il Lampo era sembrato più semplice da mantenere, come la calma assoluta venisse quasi soppiantata dalla furia animalesca.

Rimasero a lungo a parlare, ad analizzare ogni dettaglio del nuovo livello, a tentare di farlo evolvere ancora, ad assicurarsi che Siirist rimanesse sempre e comunque in controllo delle sue azioni.

«Rimarrò a meditare su questo nuovo stadio. Fino a che non ne sappiamo più a riguardo, cerca di ricorrere il meno possibile alla forma draconiana.»

«Credo sia una buona idea, sì.» rispose mentre finiva di mangiare la sua crostata di ciliegie.

Riaprì la Tasca dimensionale e depositò le vettovaglie che aveva sparso sul pavimento.

«Vedo che la mia Tasca dimensionale ti fa comodo. Non possedevo la capacità di mettere sotto sigillo oggetti inanimati, perciò usavo la Tasca dimensionale per trasportare tutte le mie armi per usarle quando era necessario. Ma era sempre un peso dover sacrificare parte del mio Flusso.»

«Non ti lamentare, avevi un legame addirittura maggiore rispetto al mio!»

«Ma un solo Cerchio d’argento.»

«È vero. La mia ignoranza mi è stata utile. A proposito di Tasca dimensionale, ho qualcosa per te. Non sono ancora tornato al nido degli Inferno per riconsegnare le ossa di Tyron, perciò ho pensato saresti stato felice di avere una parte di lui qui dentro.» disse estraendo una zanna dalla dimensione magica.

Eleril sorrise commosso e annuì, prendendo felicemente in mano la gigantesca zanna. Era lunga una trentina di metri ed era addirittura una delle più piccole; dal sarcofago bianco arrivava quasi alla porta.

«Grazie.»

Con un ultimo saluto, il giovane Ryfon uscì dalla tomba e fu investito dalla pallida luce della luna piena che si ergeva alta e fiera in cielo. Chiuse gli occhi e inspirò a fondo, comprendendo appieno la gioia del Cavaliere d’Alba di essere riunito al suo compagno mentale, anche se si trattava solo di una zanna.

‹Fai poco il sentimentale e vienimi a prendere, allora!› esclamò Rorix.

‹Eccomi.›

E, grazie al legame con il drago, vide davanti a questi un punto libero per una rilocazione, e si dislocò.

Apparve di fronte al compagno mentale e rimase sbigottito. Egli era diventato gigantesco, era cresciuto ben più di quanto avrebbe dovuto fare in sei anni, era quasi il doppio di una volta, alto quindici metri al garrese, il collo lungo otto metri, il corpo sui venti, la coda poco più corta e un’apertura alare di oltre quaranta metri. E nonostante il loro legame mentale, Ryfon tremò leggermente al cospetto del suo Inferno. Aveva sempre la mandibola liscia, le corna ben delineate come mortali sciabole e non seghettate, ma i suoi occhi, se non per il bianco della sclera, erano ormai come quelli degli Inferno selvatici. Avevano la stessa aria di superiorità, di sufficienza, di disprezzo per quelle insulse formiche che camminavano ai loro piedi. E ciò non cambiava anche guardando il suo Cavaliere. Rorix si chinò e allungò il collo per arrivare a guardare il bipede da vicino: il capo era così grosso che se lo sarebbe potuto mangiare in un boccone e per qualche ragione, al mezz’elfo venne questo timore.

‹Non essere ridicolo. È bello rivederti.› disse, arrivando con la punta del muso a pochi centimetri dalla fronte del biondo.

‹Hai ragione. Ma fai impressione.› rispose, appoggiando il suo capo al muso del rettile e prendendogli la mandibola con le mani.

‹Hehe.›

Bentornato, Toor Dovahkiin. Spero tu abbia mantenuto la tua promessa e riportato le ossa del sesto dono. arrivò il guardiano del nido.

Naturalmente. Vado subito al cimitero a depositarle.

Grazie.

No, grazie a voi.

Per la prima volta in sei anni, Rorix si rimpicciolì e ci mise un po’ ad abituarsi alle dimensioni del suo corpo. Ringhiò infastidito quando si accorse di avere difficoltà a volare ed il suo ringhio si fece anche più intenso quando si vide raccolto dal Cavaliere, che poi lo appoggiò sul suo capo.

‹Ti riabituerai.›

‹Sì…› rispose svogliatamente.

Con un inchino, Siirist si dislocò al cimitero degli Inferno nel punto in cui si erano precedentemente trovati i resti di Tyron, aprì la Tasca dimensionale ed estrasse tutte le ossa, che poi magicamente ridispose per riformare lo scheletro del drago mastodontico.

‹È proprio grande.› osservò ancora Rorix.

‹Di questo passo sarai come lui tra cento anni. Come diavolo hai fatto a diventare così grande in sei anni?›

‹La magia draconica ha stimolato la mia crescita. I draghi selvatici sono tutti più grandi di quelli addomesticati proprio perché questi ultimi non conoscono i veri segreti dei Ruggiti. Guarda gli altri cinque scheletri degli Inferno dell’Ordine, a confronto di Tyron sono insignificanti, e questo perché Tyron, come me, imparò la vera magia draconica.›

‹Capisco.›

Rorix fece per scendere dalla testa del suo Cavaliere, ma questi lo fermò.

‹Perché?›

‹Sarà l’alba fra poche ore, ormai. Anche se ho fretta, preferisco passare queste ultime ore a Kami no seki.›

‹D’accordo.›

 

Rimessa a Rorix la sella estratta dalla Tasca dimensionale, Siirist gli salì in groppa ed il drago calciò da terra, volando verso ovest e lasciandosi alle spalle la capitale demoniaca, con il sole che li illuminava da dietro. Usò un Ruggito che lo fece andare a velocità supersonica, lasciando dietro di sé una scia azzurrina, e in poco più di tre ore raggiunse Vroengard, il sole che era sempre parso essere alla stessa altezza sull’orizzonte a causa del fuso orario. Ma anche senza l’aiuto di Soho, Vroengard sarebbe apparsa come un faro nella notte, con tutti gli incantesimi che volavano e illuminavano l’intera isola, fiamme che ardevano furiose nella Rocca, in mezzo alla foresta e anche dove una volta si era trovato il villaggio. Erano arrivati troppo tardi. Perché gli Scorpioni dovevano sempre attaccare di notte?!

Siirist estese la sua coscienza alla ricerca dei suoi amici. Appena trovata la prima persona che necessitava aiuto, gli occhi rossi, ringhiò e si dislocò.

 

 

 

~

 

 

 

Il prossimo capitolo si intitola L’EPURAZIONE che sarà pubblicato domenica 3 marzo. La Setta dello Scorpione e i suoi alleati di Valendia attaccano la Rocca.

  
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