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Autore: Vally98    17/02/2013    1 recensioni
Una ragazza ferita non da una ma da ben due perdite è capace di chiudersi in sè stessa e di isolarsi dalla realtà. chissà se le sue passioni l'aiuteranno a ritrovare il coraggio di sognare e di sorridere.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mi madre piangeva. Mio padre la consolava con gli abbracci più calorosi ch’io avessi mai visto.
Dopo quella telefonata tutta la famiglia era caduta in un baratro di confusione e tristezza. Ma ero io quella che stava peggio tra tutti, anche se non lo dimostravo. Avevo perso due persone nello stesso istante, ma me ne stavo zitta, nell’angolo, la schiena premuta tra i due muri, le braccia conserte, lo sguardo impenetrabile. Nessuno, e dico nessuno, in quel momento sarebbe stato in grado di decifrare i miei sentimenti.
Era un incubo, certo. Non poteva essere successo davvero. Non tutto insieme! Ma più i minuti passavano più mi dovevo smentire.
Mamma continuava a piangere, papà a stringerla forte, imitati a ruota dai miei cinque fratelli. Io ero la sola che si dimostrava fredda e distaccata, totalmente indifferente all’accaduto.
Già... ma dentro morivo, e nessuno l’avrebbe saputo, mai.
Deglutii un groppo amaro che mi incastrava la gola. Sospirai, girai i tacchi e con una tranquilla e normalissima camminata mi avviai verso la mia stanza, sbattendomi la porta al spalle.
Sapevo che tutti si erano voltati per vedermi sparire dietro l’uscio, senza però smettere di manifestare il loro dolore. Non mi serviva vedere per saperlo.
Mi avvicinai alla finestra, lentamente, con calma, il cuore che batteva a mille. Avevo lo sguardo fisso, vuoto, se qualcuno lo avesse incrociato ne sarebbe rimasto terrificato. Fui io stessa a incrociare i miei occhi riflessi sul vetro della finestra.
Poi guardai fuori: il giardino, i miei fiori, i miei alberi, la nostra panchina.
Strinsi forte gli occhi con una smorfia disgustata e addolorata. Mi costò molto vedere scomparire dietro le palpebre su quel punto del giardino che mi era tanto caro. Ormai contava anche meno di una semplice panchina del parco della città.
Mi voltai di scatto. Mi costrinsi a dare le spalle a quello spettacolo che mi faceva stare male, ancora più male di quanto non stessi già.
Fissai il mio letto quasi con odio, non so spiegarmi perché, poi mi ci buttai sopra, acciuffai il cuscino con un rapido scatto del braccio e me lo strinsi al petto. Ci affondai dentro il viso. Ero decisa a non cedere al pianto ed ero sicura che non l’avrei fatto. Cercai di cancellare il volto sconvolto di mia madre dalla mente, gli abbracci di mio padre e le lacrime dei miei fratelli. Cercai di dimenticare tutto... anche lui... poi inspirai profondamente per calmarmi, ma fu proprio quello il mio errore: fu il suo profumo a farmi scoppiare.
E piansi. Piansi. Piansi.
   
 
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