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Autore: Macaron    18/02/2013    9 recensioni
"“ Sono tuoi i sessantasette sms?”
Molti messaggi non dicono nulla in particolare, sono solamente lamenti di Sherlock per la stupidità di tutte le categorie umane esistenti ma quando li legge gli sembra che quei tre anni siano un po’ meno i tre anni in cui è stato abbandonato e un po’ di più i tre anni in cui è stato protetto."
Di sessantasette sms inviati, di maglioni orribili e dei momenti in cui rimani semplicemente a respirarti addosso.
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sleeping with ghost'
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Premessa, cortissima: Questa “storia” si ricollega un po’ ad Orfeo’s song, che spero di aver linkato nel modo giusto -_-, perché nella mia testa è ambientata poco dopo. E’ abbastanza indipendente e si riesce a leggere anche senza filarsi l’altra, però qualche riferimento c’è.

 

 

 

 

“Hush
It's okay
Dry your eye
Dry your eye
Soulmate dry your eye
Dry your eye
Soulmate dry your eye
Cause soulmates never die”

Sleeping with ghost, Placebo

 

 

 

Le cose non vanno a posto subito. Le cose non tornano subito alla normalità. John non se l’aspettava nemmeno che le cose tornassero alla normalità, perché semplicemente nella realtà le cose non vanno così. Non puoi aspettarti che una notte passata a parlare di incubi e miti greci sdraiato sul divano con il tuo coinquilino risolva le cose, sarebbe troppo facile, sarebbe troppo irreale. Le cose non sono semplicemente così facili. Le cose non vanno semplicemente così.

Continua a non seguire Sherlock sulle scene del crimine. Ci prova una mattina, dieci giorni dopo la famosa notte che nella sua mente è rimasta scolpita come “La notte di Orfeo”, Sherlock riceve un sms da parte di Lestrade e inizia a saltellare per la casa lanciando strane allusioni a capelli rossi e bizzarre associazioni* ed è genuinamente felice come solo Sherlock riesce ad essere in quelle occasioni e John non riesce a dirgli di no quando si gira verso di lui e gli chiede semplicemente “Andiamo?”. Andiamo? Sì, andiamo perché nella vita non può fare altro che seguirlo, è come se il suo corpo fosse stato creato per funzionare bene solo quando è vicino a Sherlock Holmes. Però non funziona, non ancora. Il caso è interessante e inconsueto e Sherlock è brillante e in dieci minuti riesce a zittire tutta Scotland Yard, però quando si volta verso di lui dopo aver risolto ogni mistero e lo fissa come se fosse in attesa di qualcosa a John si bloccano le parole in gola. Sa bene quello che dovrebbe dire, quello che vorrebbe dire, lo conosce a memoria il loro copione, sa che è solo l’ennesima ripetizione di una scena che hanno già girato tante volte e che prevede che lui sgrani gli occhi ed esclami qualcosa tipo “Fantastico!Grandioso!” ma quelle parole non vogliono uscire, e lui non sembra riuscire a dirle. Vedere Sherlock sulla scena di un crimine è ancora troppo destabilizzante, è come gettare del sale su una ferita che non si è ancora rimarginata. Razionalmente John sa benissimo che non sono state le scene del crimine a fargli vivere tre anni d’inferno, lo sa, ma vedere Sherlock esaltarsi a sfidare criminali e risolvere misteri lo riporta sotto il tetto del Bart’s e non riesce a non chiedersi se il suo migliore amico non sarebbe di nuovo pronto a sacrificarlo, a gettarlo all’inferno, solo perché si annoia e perché una nuova sfida sembra davvero molto divertente. Razionalmente John sa che non è colpa delle scene del crimine e che non è nemmeno colpa di Sherlock, lo sa, ma è ancora troppo presto per riuscire a ricordarselo. E’ troppo presto. Così quando Sherlock si volta verso di lui, John non riesce a dire fantastico e il giorno dopo Sherlock non gli chiede di accompagnarlo da nessuna parte.

 

 

Le cose non vanno a posto subito ma qualcosa inizia a cambiare. Non durante il giorno. La loro routine rimane inalterata e rimangono inalterati anche i momenti di gelo, la sensazione di camminare troppo spesso sulle uova, la paura di dire qualcosa di sbagliato che li accompagna. Durante il giorno tutto è normale, ci sono le scene del crimine, c’è l’ambulatorio, c’è un bollitore sempre sul fuoco, la tv spazzatura e Sherlock che spara al muro quando si annoia. Quello che cambia è la sera, la notte.

Non è che abbiano proprio deciso di dormire insieme. Non se lo sono mai detti, non ci sono stati sguardi languidi o altre scene melense, è solamente successo. Un paio di giorni dopo “la notte di Orfeo” John si sveglia di soprassalto e visto che di tornare a dormire non se ne parla, e comunque ormai sono le quattro del mattino, decide di scendere in soggiorno a bere un tè ed è in quel momento che lo sente. Proviene dalla camera di Sherlock e il dottore non riesce a non appoggiarsi alla porta per sentire meglio. John non ha mai visto Sherlock Holmes dormire ma potrebbe riconoscere tra mille il suono di un incubo e ancora prima di aprire la porta sa benissimo che il suo amico ne sta avendo uno. Poi si affaccia, lo vede rigirarsi nel sonno con la fronte imperlata di sudore e vorrebbe sedersi sul suo letto, svegliarlo e dirgli che va tutto bene, scostargli i riccioli dalla fronte e ripetergli mille volte che è stato solo un incubo (come avrebbe voluto che facessero anche a lui) ma non è ancora capace di farlo così rimane semplicemente affacciato e spera che basti la sua presenza a tranquillizzarlo. Come non lo sa, ma a volte pensa che a lui tranquillizzi solo il fatto che Sherlock sia nello stesso edificio. La sera dopo quando entrambi si attardano e non vogliono andare a dormire fa un grande respiro e invece di alzarsi per andare nella sua camera prende una coperta e si sdraia sul divano e non lo guarda negli occhi, ma spera solamente che Sherlock capisca senza che ci sia bisogno di dire altro. Sherlock è Sherlock e ovviamente capisce, perché lui capisce tutto e capisce anche i sentimenti è solo che la maggior parte delle volte non ha semplicemente voglia di farlo, e dopo una mezzora si alza e si sdraia al suo fianco. Non si guardano, ma i loro piedi si sfiorano sotto la coperta. E tutto inizia, di nuovo.

 

 

John non ha mai dormito con un uomo. In realtà probabilmente non ha nemmeno mai dormito con una donna per così tanti giorni di fila, ma con Sherlock è diverso, con Sherlock è sempre stato tutto diverso. Sherlock arriva nella tua vita e dopo meno di ventiquattro ore ti ritrovi a sparare a un tassista, ridere su una scena del crimine e mangiare dim sum, non è nulla di nuovo. E’ bello dormire con Sherlock e questo lo spaventa un po’. E’ bello e rassicurante e sa di casa e di qualcosa a cui potrebbe fare l’abitudine e questo lo spaventa anche di più. Ogni notte si sdraia sul divano, si tira su la coperta fino a mento e schiaccia il suo corpo contro il divano per lasciare più spazio a Sherlock perché lui è piccolino e Sherlock è magro ma non riesce a stare fermo e vorrebbe evitare di sentirlo cadere e spiaccicarsi sul pavimento. Non dormono abbracciati, John non è nemmeno sicuro che qualcuno abbia mai davvero abbracciato Sherlock, non ci sono casuali sfioramenti, non ci sono contatti sessuali, ma c’è sempre una parte del suo corpo che tocca il corpo di Sherlock. Una notte è il piede, la notte successiva è un braccio oppure la schiena. E se non è lui a cercare quel piccolo contatto è Sherlock a farlo. E’ come se il solo sentirsi vicini, se il solo sentire la pressione l’uno dell’altro riuscisse a scacciare ogni incubo, ogni cosa che non si sono detti, ogni momento che non hanno condiviso.

E parlano. Tutto quello che non si dicono di giorno sembrano riuscire a comunicarselo di notte. Sembra quasi che le luci soffuse e i lampioni illuminati siano una cura per tutti i loro problemi. Si sdraiano sul divano e parlano e a volte non si dicono niente e non c’è nulla della freddezza con cui si scontrano ogni giorno. Sherlock gli racconta dei suoi esperimenti e John cerca di tenere a mente tutti gli aneddoti bizzarri dei suoi pazienti solo per poterglieli riferire. Non parlano dei casi, non parlano dei tre anni che non hanno vissuto, non sono ancora pronti, John non è ancora pronto e va bene così. Ogni tanto Sherlock gli racconta qualcosa della sua infanzia e John si perde nell’immaginare quel bambino dai riccioli neri ribelli intento a studiare le api. Si chiede se si sia mai sentito solo, si chiede se abbia mai avuto qualcuno a tranquillizzarlo dopo un incubo e si chiede anche se sarebbe cambiato qualcosa in quel caso.

Qualche volta quando ancora fatica a dormire John sfiora la schiena di Sherlock con la punta delle dita e si chiede cosa proverebbe a indugiare di più in quel contatto. Si chiede cosa proverebbe a baciarlo dimenticandosi del resto, dimenticandosi del fatto che il consulente è sposato con il suo lavoro e che lui non è gay e che non si sono visti per tre anni e che gli ha spezzato il cuore, e pensando solamente a Sherlock come Sherlock. In quei momenti il suo stomaco si contrae e avverte una scarica d’adrenalina che s’irradia nel suo corpo e capisce di essere irrimediabilmente eccitato. Allora respira, chiude gli occhi, interrompe quel contatto e si concentra unicamente sul suono di Sherlock che dorme e non fa incubi e l’adrenalina scompare, il suo corpo si rilassa, sorride e pensa che va bene così. Va davvero bene così.

 

E poi una sera succede. Sherlock è sdraiato sul divano e John sta guardando distrattamente una vecchia puntata di Doctor who in televisione cercando d’ignorare i commenti sarcastici del suo coinquilino a proposito di quanto sia bizzarro che “ Ogni certo numero di puntate si scopra che i Dalek non sono davvero stati sterminati ma Ehy se n’è salvato giusto uno e quell’uno cercherà di uccidervi tutti fino a quando non li sterminerete di nuovo!”. (in cuor suo John è convinto che a Sherlock non piacciano le puntate del Dottore perché ha paura di confrontarsi con la sua nemesi: il sistema solare.). Il telefono inizia a squillare a ripetizione e John lo fissa perplesso perché insomma sono le due del mattino e non è che abbia tutta questa fila di amici desiderosi di scrivergli un sms alle due del mattino. Non è che abbia tutta questa fila di amici in generale, in realtà.

Allunga il braccio sulla poltrona e lo controlla un po’ stranito.

“Sessantasette sms. Sessantasette sms. Chi mi può mandare sessantasette sms alle due del mattino? Penso sia impazzito il cellulare.” Borbotta perplesso, più a se stesso che a Sherlock.

“ Sono stato io.”

“ Sei stato tu? Sei stato tu a fare cosa?” Non capisce.

“ Sono miei i sessantasette sms.”

“ Sono tuoi i sessantasette sms?”

“ Sono miei i sessantasette sms. E se continui a ripetere ogni frase che dico questa conversazione potrebbe rivelarsi abbastanza difficoltosa. E più noiosa di parlare con Anderson. “ Sherlock alza gli occhi al cielo.

“ Più noioso di Anderson? Io non sono più noioso di Anderson…” s’interrompe. Perché stanno parlando di Anderson? Perché stanno litigando su questo? Con Sherlock è così, finisci sempre in mondi sconosciuti. “ Perché mi hai mandato sessantasette sms se sono seduto qui davanti? Cosa c’è scritto?”

Sherlock lo fissa come se avesse appena fatto la domanda più stupida di sempre. Probabilmente l’ha fatta. “ Due giorni fa, ti ho sentito parlare con Lestrade. Parlavate dei miei casi e della caduta.” Rimangono in silenzio per qualche secondo e John inizia a sentirsi a disagio. Sherlock continua a parlare. “ Parlavate della caduta in generale e di dove fossi andato dopo, una conversazione superficiale perché Lestrade non riesce a fare di meglio e perché tu sei sempre molto educato ma difficilmente hai voglia di scomodarti ad andare in profondità quando un argomento ti tocca. A un certo punto tu hai riso e hai detto qualcosa a proposito del fatto che sicuramente in quei tre anni non mi ero nemmeno accorto del fatto che non fossi con me, come quando non mi accorgo che esci per andare al lavoro. Hai riso e hai detto che probabilmente mi devo essere stupito di non averti trovato a passarmi la penna per tre anni. E così ti ho mandato sessantasette sms.” Lo fissa, come se fosse la cosa più semplice e ovvia del mondo.

John se la ricorda quella conversazione con Greg, perché Sherlock continua a chiamarlo per cognome? Lo conosce da oltre dieci anni! si ricorda di essersi sentito a disagio a fare i conti con tutti quei sentimenti, con tutta la loro storia. E si ricorda anche di quella frase, un po’ stupida e sicuramente non vera. John sa benissimo di essere mancato a Sherlock, solo che ogni tanto non se lo ricorda. Solo che ogni tanto è più facile fare una battuta che confrontarsi con il loro passato.

“ Non ci arrivo, Sherlock. Cos’hanno a che fare sessantasette sms con tutto questo?”.

“ Ogni tanto penso che tu oltre a non osservare non ascolti nemmeno, John. Mi sono accorto che tu non c’eri, sei l’unica persona che mi accorgo quando c’è e quando non c’è, e quei sessantasette sms sono una prova. Perché servono sempre le prove, bisogna dimostrare le proprie tesi. Quei sessantasette sms sono una parte di tutti i messaggi che ti ho scritto e non ti ho mandato in questi tre anni. Non te li avrei scritti se non mi fossi accorto della sua assenza.”

John prova ad aprire la bocca per replicare ma sembra che il suo cervello abbia deciso di tagliare tutti i contatti possibili con la laringe. Sherlock è così. Tre secondi prima insulta la tua intelligenza e ti paragona ad Anderson e poi dice una frase come questa, che è un mondo intero. E te la dice guardandoti negli occhi senza scomporsi, perché è senza filtri, perché i sentimenti non sono il suo campo ma forse proprio per questo quando li lascia trasparire è limpido, è pulito, non ha barriere ed è quasi destabilizzante.

“Devo leggerli?” Che domanda idiota, ma John non riesce a produrre di meglio.

“ No, John. Te li ho mandati perché la tua suoneria del cellulare, che tra l’altro è imbarazzante perché chi metterebbe il vortice del tempo come suoneria?, mi concilia il sonno. “

John ride. L’ha appena insultato e ha appena fatto la figura dell’idiota ma gli viene solamente voglia di ridere. Si alza e va a sdraiarsi sul divano vicino a Sherlock e non si preoccupa di essergli troppo vicino. Prende il cellulare, lo mette in mezzo tra loro due, in modo che entrambi possano vederne lo schermo, e inizia a leggere.

Non sa le date e probabilmente non sono nemmeno in ordine, visto che gli sono stati mandati tutti solo dieci minuti fa, ma non è importante.

 

L’Italia è noiosa, mangiano in continuazione. Come te. SH

E comunque tutto quel caso del mostro di Firenze è ridicolo, l’avrei risolto in una settimana scarsa e tu avresti di nuovo potuto guardare le coppiette in amore come a Baskerville. SH

 

“Sei andato a Firenze?” **

“ Sono andato anche a Firenze”

Non sa bene cos’aspettarsi da quei messaggi, forse qualcosa di più intenso e significativo di essere paragonato a dei tizi che mangiano in continuazione ma quando legge quelle parole sente comunque qualcosa di caldo nello stomaco. Non sa bene cosa sia ma è bello pensare di essere stato anche lui a Firenze, anche solo per qualche minuto.

John continua a scorrere gli sms ed ogni tanto si sofferma su qualcuno in particolare.

 

Il nuovo bastone è perfetto per te, quello vecchio era inguardabile. Sapevo che con Ella non avrebbe funzionato comunque. SH

 

“ Sto per chiederti come tu possa sapere che tipo di bastone utilizzavo ma presumo che quando hai un fratello che è praticamente il governo inglese sia tutto piuttosto semplice.” Si sente imbarazzato ed esposto in quel momento. Non era previsto che Sherlock sapesse, non era previsto che lo vedesse andare in pezzi. Non era nemmeno previsto che tornasse, in realtà.

“ Era inguardabile John, da nonno non da medico. E dava l’impressione di essere definitivo, penso tu l’abbia scelto per quello. Per quello ne ho scelto un altro per te, e non fare quella faccia se avessi mai osservato invece di limitarti a guardare le cose avresti notato una piccola incisione con le tue iniziali che come potrai presumere non è così comune trovare nei bastoni comuni. Ma tu guardi e non osservi, come sempre.”

“ Mi hai tenuto d’occhio?”

“ Sempre. Non avevo alternative, i criminali europei sono davvero noiosi.”. Lo dice così, senza esitazione nella voce e giusto con una punta di sarcasmo.

 

Sembra che io riesca a catturare i più pericolosi criminali ma non sia predisposto geneticamente per prepararmi un tè decente. SH

Com’è possibile perdere un cecchino? Eppure sembra che quegli incompetenti degli uomini di Mycroft ci siano riusciti. SH

John. SH

 

Molti messaggi non dicono nulla in particolare, sono solamente lamenti di Sherlock per la stupidità di tutte le categorie umane esistenti ma quando li legge gli sembra che quei tre anni siano un po’ meno i tre anni in cui è stato abbandonato e un po’ di più i tre anni in cui è stato protetto.

 

La mia riabilitazione pubblica sembra funzionare, i giornali che m’invia Mycroft sono pieni d’imbarazzanti articoli in cui tutti non vedono l’ora di dire quanto io sia un genio e quanto in realtà l’abbiano sempre saputo. Ridicoli. SH.

Tu l’hai sempre saputo, invece. SH

 

“ Io l’ho sempre creduto, è diverso. Tu sai le cose, io ho fede. In te, almeno.” Lo guarda dritto negli occhi e gli sembra che per qualche istante sia sul punto d’arrossire. Dovrebbe sentirsi vulnerabile, invece si sente a casa.

“Una volta Irene ha detto che credevo in qualcosa di superiore e che si trattava di me stesso. Non so se credo in qualcosa, se non credo in niente, non lo so. Ma se credessi in qualcosa, crederei in te.”***

 

Mycroft è ingrassato, suppongo che non ci sia bisogno d’andare in Italia quando riesci a mangiare così tante torte in fretta. SH

Noia. SH

Mi manchi. SH

La sera sul monte Kailash le stelle sono molto più luminose che a Londra. O forse non lo sono ma questi sono noiosi dati sul sistema solare che conosci meglio di me. Perché sono inutili. SH

 

“E’ in Tibet, il monte” Non ha fatto in tempo a crogiolarsi nel messaggio precedente che Sherlock lo ha interrotto.

“ Ogni tanto con la tua telepatia sei quasi noioso anche tu. Quasi come il sistema solare! ”

“ Non osare!”. Ridono.

 

Non voglio essere salvato ma ci sono giorni quando torno nella mia stanza, abbandono il mio travestimento e tiro fuori una soluzione al 7% in cui vorrei solamente che qualcuno avesse stravolto l’ordine dei miei calzini. SH ****

 

“In questi tre anni ho passato così tanto tempo tra le tue cose che potrei rimetterti in ordine i calzini anche ad occhi chiusi”

 

Mi annoio, John. SH

La tua nuova ragazza di ripiego fa sembrare interessante la noiosa maestrina. SH

Come si chiamava poi? Jane? Josie? Hai notato che scegli anche donne dai nomi insulsi? Secondo me lo fai per poterle dimenticare meglio. SH

Ah Jeanette! Va detto che era coraggiosa per riuscire a stare con te quando indossavi quel maglione natalizio. Un insulto al buon gusto. Il maglione. Ma anche Jeanette. SH

 

“ Non era così orribile! ”

“ Non era così orribile? Inizio a pensare che quando mi riempi di complimenti dovrei sentirmi insultato visto che il tuo senso estetico è ufficialmente dato per perso!”

“ E’ un maglione natalizio, i maglioni natalizi devono essere così!”

“ Allora il Natale dovrebbe essere cancellato!”

 

Ridono. Come bambini. Come sulla loro prima scena del crimine, dopo l’omicidio del tassista. Come quella volta del posacenere a Buckingham palace. Ridono così tanto che a John sfugge un singhiozzo e istintivamente fa il gesto di tenersi la pancia, come faceva sempre da bambino quando Harriet diceva ancora un sacco di cose divertenti e lui era capace di ridere fino a dimenticarsi il suo nome. E’ solo un piccolo movimento del braccio, ma sono così vicini su quel divano che ogni movimento è uno sfiorarsi. Rimangono a guardarsi negli occhi per qualche momento. Non è un bacio, non lo è all’inizio, è solo un tocco, solo uno sfiorarsi con le labbra, con la pelle. Non si stanno baciando, si stanno respirando addosso e John ha paura che il cuore gli stia per scoppiare. Ha tredici anni. Gli sembra davvero di essere tornato ad avere tredici anni quando prendevi per la prima volta la mano della ragazzina che ti piaceva e non sapevi come andare avanti, non sapevi cosa ci fosse dopo. Una parte di lui vorrebbe scappare via, vorrebbe staccarsi da Sherlock come se scottasse e scappare via dall’appartamento, via da Baker Street, via anche da Londra e forse da se stesso, ma ha paura di fare qualsiasi cosa. Ha paura che se inizierà a respirare un pochino più forte tutto andrà in pezzi, loro andranno in pezzi ed è ridicolo perché sono sopravvissuti a un non suicidio, a una non morte e a tre anni sotto tiro come può un non bacio mandare tutto in pezzi? Così non si muove, non si sposta e rimangono a sfiorarsi e respirarsi addosso. Ma poi Sherlock sospira piano e lo stomaco di John si contrae e se prima pensava che tutto stesse per andare in pezzi adesso gli sembra che tutto possa esplodere. Apre leggermente le labbra e le loro lingue si toccano, si sfiorano. Se avesse davvero tredici anni e stessero giocando al gioco della bottiglia i suoi amici lo prenderebbero in giro e gli direbbero che non si tratta nemmeno di un bacio come si deve ma a John sembra che in quel contatto ci sia il mondo intero. Caldo. Casa. Adrenalina. Brividi. Sherlock.

 

“Cos’è stato?” Tossisce piano, cerca di schiarirsi la voce, John, cerca di dire qualcosa. Qualsiasi cosa.

“ E’ stato bello.”

Non era quella la domanda che gli ha fatto. Non era quella la domanda, ma forse è quella la risposta.

 

 

 

 

 

Pippone inutile:  L’idea per questa storia mi è venuta a Sanvalentino mentre sfogliavo dei vecchi sms e cercavo di non uccidere una mousse al cioccolato, non so ho pensato che bene o male Sherlock poteva sapere quello che aveva vissuto il suo miglior amico in quei tre anni mentre non era vero il contrario e così ho provato a farglielo raccontare. Con i messaggi perché Sherlock preferisce scrivere ma anche perché secondo me è più facile leggere, in certi casi =) Solita dose di diabete lo so, e ho in mente anche una terza storia che si collega a questo tema del sonno e di questi momenti notturni, ma è che sono proprio una sentimentale -_-

 

 

 

* Riferimento all’avventura della Lega dei capelli rossi, avventura che amo in maniera abbastanza imbarazzante.

** Ho scelto di far zampettare Sherlock in posti che nel Canone dichiara di aver visitato durante i tre anni lontano da Baker Street.

*** Liberamente ispirata a The Satan pit, una puntata di Doctor who.

**** Dalla 2x01.

  
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