Capitolo 12
La Libertà
Circa due settimane dopo Eleanor poté uscire dall’infermeria.
Giustappunto, durante le vacanze di Pasqua, a metà aprile circa. Non era
rimasta indietro perchè la “premurosa” Hermione le aveva portato i compiti. Fu
sorpresa di vedere come tutti i compagni di Grifondoro fossero lieti di vederla
sana e salva. Per la sera in cui tornò, Fred e George pensarono bene di
saccheggiare la cucina (saccheggiare… come se fosse difficile, gli elfi
domestici ti tirano la roba addosso, a momenti! NdComy^^) e così finirono
all’una. Eleanor, mentre tutti erano già andati a dormire, rimase in Sala
comune, a godersi il tepore delle ultime fiamme e il morbido tappeto per terra.
Con le ginocchia abbracciate, gli occhi socchiusi e la testa buttata indietro,
con i lunghi capelli bianchi e neri, finalmente pettinati, che ondeggiavano con
lei, mentre cantilenava la canzone del Carillon.
Ad un tratto urtò qualcosa dondolandosi all’indietro. Era Harry.
- Ciao. – gli disse.
- Ciao. Che fai? – le chiese il ragazzo, sedendole accanto.
- Mi godo la libertà: non ne potevo più di stare a letto.
- So che vuoi dire… ci sono rimasto anche io tante volte. –
- Ron ed Hermione me l’hanno detto. Harry, hai notizie di Sirius Black?
–
- Non ancora. Silente lo ha già fatto dichiarare innocente per non aver
commesso il fatto, e la notizia è su tutti i giornali. Sapevo che era da Remus
Lupin, e gli ho anche mandato Edvige, ma non è ancora tornata. – ma in quel
momento la civetta bianca picchiettò col becco alla finestra. (come dire: ”le
ultime parole famose!” ndComy^^)
- Edvige! – Esclamò Harry. si alzò da terra, aprì la finestra ed Edvige
gli si posò sul braccio, mentre Eleanor recuperava qualcosa da mangiare tra gli
avanzi della festa. Harry prese la lettera dalla zampa del rapace e, dopo
averla ringraziata con una carezza e una moina e averla vista tuffarsi nel
cibo, la aprì.
C’era scritto:
“ Caro Harry,
Non potevi portarmi notizie migliori. Silente mi ha fatto dichiarare
innocente e da oggi sono ufficialmente libero e innocente. – qui Harry ebbe un
sussulto: Sirius era il suo padrino se era libero…- Se lo vuoi ancora, potrai
venire a vivere con me: sono il tuo padrino e finalmente potrò fare ciò che
Lily e James mi chiesero 14 anni fa. Verrò ad Hogwarts uno di questi giorni,
devo riferire delle cose a Silente, e poi voglio controllare come state. Ho
saputo da Ron ed Hermione dell’accaduto alla partita.
Ci vediamo presto, e stavolta come essere umano!
Sirius Black”
Sul viso di Harry si dipinse un largo sorriso. Eleanor lesse a sua volta
la lettera.
- Harry! Ma è… fantastico! –
- Sì! Niente più Dursley! – e non era solo quello a renderlo felice. Era
la consapevolezza che ora aveva qualcuno ad aspettarlo, e non doveva essere lui
ad aspettare.
- Harry ma… mi conosce? –
- Ellie, ti ricordi quel grosso cane nero che era insieme a Remus Lupin
quella sera? –
- Sì…-
- Quello era Sirius. È un Animagus non registrato. Mi raccomando, è un
segreto. – Eleanor si appoggiò alla parete, ma se ne staccò subito, per il
dolore alle spalle.
- Che hai fatto? – chiese Harry, preoccupandosi.
- Le spalle. Nei punti dove ha affondato gli artigli mi fa ancora male.
–
- La ferita è chiusa, vero? –
- Sì, ma i muscoli sono doloranti. Madama Chips mi ha detto che devo
stare attenta. –
- Col tempo passerà. –
- Già. Come tutto. Col tempo. Lo
sguardo le si fese assente e perso. La ragazza si mosse e si sedette su una
delle poltrone, sprofondando nella morbida
e confortevole imbottitura. Fissò il fuoco, ma non guardava il fuoco.
Guardava i suoi ricordi, come si potrebbero vedere in un pensatoio.
Harry si mise a sedere sull’altra poltrona, in silenzio. Quello di lei
sembrava preludere ad un discorso, come a voler raccogliere le idee. E infatti:
- Quando ero piccola, come sai, venni rapita dai Mangiamorte. Hai
sentito anche tu il racconto della Riley. Fui riportata a casa. Di prima non ho
ricordi, ma so una cosa: tranne mia madre, non ho mai avuto persone accanto.
Quando è morta ho creduto di morire anch’io, di dolore e solitudine. Poi ho
trovato Hermione, Ron e te; e tutta la casa di Grifondoro. E il preside. Mai
come stasera mi sono sentita parte di qualcosa. –
- E noi ne siamo felici! – era Hermione. C’era anche Ron.
- Ellie, che vuoi dire con “sono stata rapita dai Mangiamorte”? –
chiese.
- Beh, è il momento che anche voi sappiate. – raccontò loro l’accaduto.
- Ma è atroce! – esclamò Hermione, avvicinandosi ad Eleanor – Oh, Ellie!
–
- Tranquilli, ora di quei quattro mesi mi rimangono solo gli incubi. E
le formule. Ma quelle posso usarle come preferisco. –
- Comunque d’ora in poi non sarai più sola. – le disse Hermione – Avrai
sempre qualcuno a cui chiedere aiuto, se ne avrai bisogno. – Eleanor aveva le
lacrime agli occhi.
- Grazie. – riuscì infine a dire.
– Ragazzi, Sirius ora è libero, e verrà qui a giorni! – disse Harry.
- Bene! – disse Ron.
- Buonanotte a tutti. - Hermione prese Eleanor per mano e insieme
andarono in camera.
- Vado a letto anch’io. – disse Ron – Vieni? –
- Arrivo, tu vai. –
- Ok. – Poi scomparve su per le scale. Harry si affacciò alla finestra.
La Luna piena si stagliava luminosa e alta nel cielo. Nella sua vita di 15 enne
i momenti felici non erano stati molti, ed erano cominciati 5 anni prima,
quando aveva lasciato i Dursley per andare ad Hogwarts. Ma ora aveva un
pensiero forte e lieto: sarebbe finalmente andato a vivere col suo padrino, con
una persona che non lo avrebbe zittito in malo modo a sentir parlare di Magia,
in una casa dove il ricordo dei suoi genitori sarebbe stato visto, come era per
lui solo ad Hogwarts. Forse, pensò ancora, solo riaverli lo avrebbe reso più
felice…
Salì su per le scale, cullando la mente in quei pensieri e si ficcò
sotto le calde coltri del letto. Gli occhiali erano ora posati sul comodino,
accanto alla bacchetta e alla lettera. Da una fessura tra le tende penetrava un
sottile raggio di Luna argenteo che illuminava i suoi brillanti occhi verdi.
Gli occhi blu di Eleanor erano illuminati alla stessa maniera e guardavano il
soffitto. Non riusciva a capire: sentiva una strana inquietudine nel cuore,
come non le capitava da tempo, ormai. Era una sorta di peso che le mozzava il
respiro e non le permetteva il sonno. I capelli bianchi e neri risaltavano sul
cuscino, sparsi dal continuo muoversi. Eleanor controllò la bacchetta sopra il
comodino. Il gran muoversi le aveva anche ravvivato il dolore alle spalle
anchilosate, ma non voleva alzarsi. Non voleva uscire dal calore confortante
delle coperte. Sentì Hermione sbuffare nel sonno. Chissà cosa stava sognando.
Ad un tratto ebbe l’impressione di trovarsi in un altro posto, di fissare la
stessa luna da un punto diverso. Harry si rizzò all’improvviso a sedere sul
letto. Che era stato? Ad un tratto Eleanor sentì una musica, in sottofondo. Si
alzò, piano, sul letto. Si guardò intorno, ma la musica non aveva una
provenienza precisa. Attirata dalla musica, che le era familiare ma che non
riusciva a riconoscere, uscì dal letto. Prese la bacchetta e infilò la pesante
vestaglia. Grattastinchi le si strusciò sulle caviglie e lei, abbassandosi, gli
disse, carezzandolo:
- Shhh, non disturbare Hermione. Sono sveglia, tranquillo. – Il gatto
fece le fusa soddisfatto e saltò sul letto della ragazza, accoccolandosi
(Profittatore! NdComy^^). Eleanor uscì dalla camera, silenziosa come un gatto.
In Sala Comune la musica non s’interruppe, anche se non aumentò di volume.
Controllò la bacchetta: era lì, al sicuro, nella sua mano. Poi uscì, scostando
piano il quadro della Signora Grassa. Il canto crebbe d’intensità e le sembrava
più forte verso destra. S’incamminò, lentamente, badando a non far rumore e per
non farsi sentire da Gazza o, peggio, da Pix. Scese fino al 2° piano, seguendo
la musica, arrivando fino al Gargoyle che segnava l’entrata dell’ufficio di
Silente. Il suono sembrava provenire proprio da lì. Il Gargoyle si aprì senza
che lei dicesse niente. Eleanor sobbalzò. Ma poi, attirata dalla melodia, salì
su per le scale. La porta dell’ufficio di Silente era semi-aperta e Ellie, non
vedendo nessuno, entrò lentamente. Sul suo trespolo Fanny cantava con voce
sottile e armoniosa, un canto quasi ipnotico, che non si interruppe quando lei
entrò.
- Ciao Fanny. – le sussurrò, accarezzandole il capo. La fenice, senza
smettere di cantare, chiuse gli occhi di piacere. Eleanor si aggirò cullata dal
canto del mitico animale per la stanza calda. Vide la spada d’argento di Godric
Grifondoro che riluceva nella sua teca. Si avvicinò, affascinata. I rubini
incastonati nell’argento rilucevano sotto i raggi della Luna. Godric
Grifondoro. Salazar Serpeverde. Il primo era il fondatore della sua casa, il
secondo era suo avo, era sua parte del sangue che le scorreva nelle vene, sua
una parte delle sue capacità.
- Insonnia, Eleanor? – la ragazza sobbalzò. Era Silente.
- Si…signore, io…-
- Fanny canta, stanotte. Sei venuta attirata dal suo canto? – Eleanor
annuì. – Ha una bella voce. Vuoi della cioccolata calda? Stavo giusto per
farmene una. – disse Silente, sorridendole e guardandola da sopra gli occhiali
a mezza luna. – Così, magari, possiamo parlare. Non ci siamo riusciti in tutto
questo tempo, se non per poco tempo. – Di fronte all’opportunità di vedere
risposte alle sue domande, Eleanor non ci pensò due volte.
- Sì, grazie. –
Si sedettero al tavolinetto basso, su due poltrone rosse. Silente accese
qualche candela per illuminare la stanza, mentre Fanny continuava a cantare.
Poi prese il bricco con la cioccolata calda e ne versò una generosa tazza a Eleanor.
La ragazza sorrise.
- Mia madre mi preparava sempre la cioccolata calda quando mi vedeva un
po’ giù. Non so perché, ma faceva miracoli. –
- Deve essere un vizio di famiglia: devo trovare ancora un Silente cui
non piaccia la cioccolata calda, eheheheh! – Eleanor sorrise.
- Preside…-
- Chiamami zio, come faceva tua madre. Tra noi non servono le formalità.
–
- Va bene… zio. Io… non so che fare. –
- In che senso? –
- Quando mia madre è morta, ho desiderato di seguirla. Non l’ho fatto
solo perché le avevo promesso di vivere. Ora, che la probabilità di morire mi
si è centuplicata, beh… non voglio più lasciare questo mondo. Ho degli amici,
delle persone cui voglio bene, non voglio che soffrano per me, non voglio
lasciarli. –
- La vita è sempre così, piccola mia. Sono… 25 anni che combatto
Voldemort. Da prima, se conti quando ero suo insegnante e lo tenevo d’occhio. E
l’unica cosa che ho trovato per sostegno è stata la consapevolezza della scelta
che ho fatto. –
- La cosa è che io, questa scelta, la sento mia solo in parte. Ho amato,
amo mia madre, come lei ha amato me, ma non posso fare a meno di pensare
“perché proprio io?” –
- Tua madre ti ha spiegato perché ha fatto quella scelta. Lei sapeva che
quello che avrebbe fatto avrebbe determinato un differente corso non solo della
sua vita, ma anche della creatura che avrebbe portato in grembo. Ma ha scelto
così in nome di un bene comune, sacrificando la sua vita e tentando di
sacrificare il meno possibile la vita di sua figlia. D’altronde, qualunque
altra donna sarebbe stata uccisa dopo il parto, e allora ti immagini cosa
sarebbe successo? Se tu fossi stata cresciuta da loro, che ne sarebbe stato di
te? –
- Non lo so. E preferisco non prendere nemmeno in considerazione la
cosa. Mi sono bastati quei quattro mesi. E non vorrei rifarlo per niente al
mondo. Zio, quello che mi chiedo è: ce la farò? –
- Ce la farai se lo vorrai, nipote mia. Guarda Harry, lui è vissuto
orfano 11 anni in una famiglia di Babbani, senza sapere di essere un mago.
appena arrivato si è trovato gli occhi addosso perché era il famoso Harry
Potter. Poi ha affrontato Voldemort tre volte e l’anno scorso lo ha persino
visto risorgere e affrontato. Ma non si è mai perso d’animo. La forza per
superare tutto viene da dentro. Io sono vecchio, la mia vita è trascorsa per
sua buona parte, ma tu, tu sei poco più di una bambina: devi cercare di vivere
meglio e più a lungo possibile. Hai degli amici accanto a te, e con gli amici è
tutto più semplice. –
- Sì… è vero. Se non ci fossero Hermione, Ron e Harry non saprei dove
sbattere il capo. –
- Visto? Ce la puoi fare, e sei abbastanza forte per farcela. Il fatto
che tu sia figlia di Tom Orvoloson Riddle non significa niente, se non ti fai
condizionare dal tuo cognome. –
- Hai ragione, zio. – Eleanor finì la sua cioccolata. Silente la guardò,
poi le disse:
- Vai a letto, ora. È tardi, e tu dovresti già stare tra le braccia di
Morfeo. –
- Sì, infatti ho sonno. Buonanotte, e grazie. – si alzò dal divano e
abbracciò il bis- zio. Silente aveva gli occhi lucidi:
- Buonanotte, bambina. E quando hai bisogno di un chiacchierata, vieni
pure. –
- Grazie ancora. – Eleanor uscì dalla stanza di Silente. Tornando in
dormitorio, Eleanor ebbe la fortuna di non incontrare nessuno.
- Primule e Violette. – sussurrò alla Signora Grassa.
- Entra cara. – borbottò lei, sognando, evidentemente.
Eleanor rientrò. Tornando a letto, molto più sollevata, si accorse che
erano le tre passate.
<< Speriamo di riuscire a dormire >> pensò. Ma non fu un
problema: appena posata la testa sul cuscino, Morfeo la prese con se.
Al mattino dopo, quando si svegliarono, Harry e Ron scesero in Sala
Comune, e poi in Sala Grande a far colazione. Lì videro Hermione, ma non
Eleanor.
- Buongiorno. –
- ‘Giorno, ragazzi. –
- Eleanor dov’è? –
chiese Harry.
- Ho tentato di svegliarla, ma ha mugolato un “lasciami dormire un altro
po’” e si è voltata dall’altra parte. –
- Sonno, eh…- disse Ron, ridacchiando.
- Sembra di sì. – rispose Hermione. Harry era pensieroso. Stava ancora
pensando a quella specie di sogno fatto prima di addormentarsi. Se era un
sogno…
Mentre finivano di far colazione, videro entrare Eleanor, che si
stropicciava gli occhi.
- Mmm…’giorno. –
- Buonanotte, vorrai dire. – disse Ron.
- Ma hai dormito, stanotte? – chiese Hermione.
- È che ho parlato a lungo con lo zio. – disse, a voce bassa.
- Lo zio? – domandarono interrogativi i tre.
- Scusate, il preside. – Hermione, Ron ed Harry si erano quasi scordati
che Eleanor era la bis-nipote di Silente.
- E che ti ha detto? – chiese Hermione, curiosa – Beh, sempre se puoi e
vuoi dircelo! –
- Non è certo un problema! – e raccontò loro la chiacchierata notturna.
- Meno male che non ti ha beccato Gazza! – disse Ron.
- Sì, è stata fortuna. Oh, mamma, che sonno…-
- Hai delle belle occhiaie. Su, mangia, così ti svegli. – disse
Hermione.
- Sì, ho fame. – Eleanor fece colazione, mentre chiacchierava con i suoi
tre amici. Fred e George arrivarono, casinari, raccontando storie e sparando
battute.
Passarono la giornate fuori, per il bel tempo, a passeggiare e a
svagarsi all’aria aperta. Stavano tornando al castello quando Harry si fermò di
botto. Un uomo stava attraversando il cortile antistante l’ingresso della
scuola, un uomo alto, magro, con folti capelli neri, vestito di nero e con un
lungo mantello. La bacchetta magica scintillava, lucida e pulita, nella tasca
interna del mantello, mentre camminava a passo spedito. Harry corse verso di
lui.
- SIRIUS! – Tutti si voltarono. Sirius Black era un nome che incuteva
comunque un certo timore, nonostante fosse appena stato dichiarato innocente.
Black si voltò udendo la voce di Harry. Giusto in tempo per prendere in pieno
petto l’abbraccio del ragazzo, che era arrivato come un Bolide.
- Harry! – i due s’abbracciarono. Intanto
venivano raggiunti da Eleanor, Hermione e Ron. Sirius si era tagliato i
capelli, che ora non erano più sudici e infrenati. Si era rimesso in forma e
ora le spalle erano larghe, il viso non più scavato, un Sirius Black di nuovo
come ai tempi del matrimonio di Lily e James, un Sirius di nuovo 14 anni più
giovane. Solo qualche ruga in più solcava il viso, e gli occhi avevano ancora
un’ombra dello spiritismo acquisito a Azkaban.
- Harry, come stai?
–
- Bene, anzi, benissimo, ora! E tu? –
- Bene anch’io. Salve ragazzi, come state? –
- Salve signor Black, bene grazie. – fu Hermione a rispondere.
- Ragazzi, stavo andando da Silente, e vi avremmo fatto chiamare. Ho
delle novità fresche. –
- Su mio padre. –
- Sì, giovane Eleanor Caroline. – disse con un mezzo sorriso. La ragazza
arrossì: era quello che aveva detto quella notte, rientrando con i suoi amici
al castello dopo aver Schiantato Malfoy.
- Mi chiami solo Eleanor, prego. –
- Va bene, Eleanor. Andiamo, Silente ci sta aspettando. –
Novità su suo padre. Eleanor sapeva che non potevano essere di buon
auspicio. In quintetto, cui gli studenti facevano ala al passaggio, arrivò al
2° piano e di lì all’ufficio di Silente. Sirius bussò.
- Avanti. – disse Silente, con voce stanca, dall’interno. Sirius aprì la
porta ed entrò, seguito dai ragazzi. Era presente anche Piton. Harry vide
Sirius e il professore di Pozioni squadrarsi in cagnesco, sedendosi il più
possibile lontani.
- Le novità non sono delle migliori. Minus ha detto qualcosa sotto
interrogatorio, ma non tutto, sospettiamo. – Peter Minus era stato uno dei
migliori amici di Sirius, Remus e James, ma aveva tradito la loro fiducia,
consegnando i Potter a Voldemort. E a Sirius questo bruciava in maniera
particolare, perché era stato lui a consigliare a James e Lily Peter come
custode segreto, mentre invece era stato scelto lui. – E poi ha farfugliato
qualcosa a proposito di Eleanor. Questo. – tirò fuori un foglio e cominciò a
leggere – “Il destino della ragazza è accanto a suo padre. La nostra Lady
Oscura, a lei dovremo obbedienza, quando avrà ucciso il padre e sarà accanto al
padre.” –
- Inoltre il Marchio Nero si è fatto più nitido. – disse Piton.
Eleanor non riusciva a parlare. Vide i visi degli altri presenti, che si
lambiccavano nel tentativo di capire quello che Minus intendeva dire. Aveva i
denti serrato e lo sguardo inceneritore, con i lampi rossi sul blu della sua
iride color della notte, come quella volta in Sala Grande. Harry se ne accorse
e le posò una mano sul polso. Eleanor lo guardò:
- Calma. – le disse. La ragazza annuì.
- Eleanor, tutto bene? – chiese Silente.
- Sì, ora sì. Mio padre mi sottovaluta, e ha sottovalutato mia madre. –
- Che vuol dire, miss Riddle? – chiese Piton.
- Voglio dire che so bene che non devo uccidere mio padre, per non
diventare come lui. E non ci devo nemmeno provare, anche se comunque non
funzionerebbe. – Piton la fissò, un po’ sorpreso.
- Sii prudente, Eleanor. Voldemort ha capacità superiori ad ogni
immaginazione umana. – disse Sirius.
- Anche io. – rispose, sicura, la ragazza. Silente intervenne, a sviare
il discorso:
- Severus, altre novità? –
- No, preside. Al momento, almeno. Ma appena si saprà che Minus è vivo e
che è stato catturato, non ho bisogno della sfera di Sibilla per sapere che ci
saranno reazioni. –
- Sì, immagino. – Silente pareva più vecchio e più stanco del solito. Le
rughe sotto gli occhi sembravano più profonde. Eleanor guardava l’anziano
parente, preoccupata e tesa. Anche Harry lo aveva notato e condivideva le
preoccupazioni dell’amica. Silente era il pilastro centrale, la protezione più
sicura, l’uomo che li aveva messi al sicuro. Ma ora sembrava stanco.
- Bene, se è tutto, andate pure. – disse Silente.
- Bene, preside. – disse Piton, uscendo.
- Andiamo anche noi. – disse Sirius.
- Io vi raggiungo subito. – disse Eleanor. Black stava per dirle
qualcosa, ma Harry gli fece segno di lasciarla fare, e così uscirono.
- Zio, stai bene? Sei pallido. – chiese Eleanor, rimasti soli.
- Sì, Ellie, sto bene. Sono solo molto preoccupato, finché non vi saprò
al sicuro…finchè non sarà sconfitto non sarete al
sicuro. –
- Non ti crucciare troppo: qui siamo al sicuro, e staremo all’erta, come
sempre. –
- Hai visto anche tu, non sei al sicuro. –
- Sì che lo sono. Ci sei tu, c’è la professoressa Riley, c’è Hermione,
Ron e…Harry. –
- Che strano. – commentò Silente, sorridendo – Stanotte ero io a
consolare te, ora è il contrario. –
- Beh, le parti s’invertono. –
- Già, Ellie. Ora vai, i tuoi amici ti stanno aspettando. –
- Sì. Ti voglio bene, zio. –
- Anche io, bambina. – Eleanor uscì, raggiungendo i suoi amici al 2°
piano.
- Scusate il ritardo! –
- Di niente. Andiamo a cenare, ora? – propose Ron, il cui stomaco stava
suonando una sinfonia in assolo, per quanto era vuoto.
- Ok! Sirius, vieni con noi? – chiese Harry.
- Beh, credo che dobbiamo chiedere il permesso, no? –
- Vai pure, Sirius – era Silente -. Tanto molti studenti non ci sono per
le vacanze di pasqua, e il posto abbonda. –
- Grazie Preside. – Sirius seguì i ragazzi in Sala Grande. I (pochi)
studenti presenti lo fissarono basiti per qualche secondo, poi cominciarono a
parlottare. Hermione mandava occhiate gelide a destra e a sinistra, tentando di
placare gli animi, ma…
- Non te ne preoccupare, Hermione. – le disse Sirius – Prima o poi
smetteranno. – al tavolo c’erano i gemelli e Ginny. I gemelli, all’inizio,
rimasero ammutoliti (strano!) poi Sirius disse loro:
- Ho sentito Hagrid dire che voi due siete i Malandrini di questa
generazione, complimenti. Ai miei tempi – e lo sguardo si velò rapidamente di
un’ombra di tristezza, che cacciò subito – Io, Remus e…James, eravamo i Malandrini
per eccellenza. –
- Davvero? – chiesero in coro i gemelli, ora curiosissimi.
- Sì. – Sirius raccontò loro qualcuna delle marachelle più…”Innocue”,
catturando la loro attenzione e accattivandosi la loro simpatia. Il riferimento
a suo padre gettò Harry nel mare dei ricordi, di quando aveva affrontato
Voldemort, e aveva usato la Prior Incantatio per contatto di bacchette
gemelle. E aveva rivisto e parlato con
sua madre e suo padre. Ripensò all’album di foto che Hagrid gli aveva regalato
il primo anno, per natale.
- Harry, tutto ok? – chiese Hermione, interrompendo (per sua fortuna) il
filo dei ricordi che già gli riportava le lacrime agli occhi.
- Sì, Hermione, tutto bene, stavo solo…pensando. –
La cena fu allegra, grazie anche agli scherzi di Fred e George. Sirius
andò via poco dopo cena.
I ragazzi in Sala Comune si rilassarono, dopo la giornata tutt’altro che
leggera.
Harry era diviso tra la gioia per la libertà di Sirius e la profonda
preoccupazione per l’ascesa di Voldemort. Ma alla fine, quello che ebbe la
meglio su tutti fu il sonno.