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Autore: Cosmopolita    19/02/2013    9 recensioni
Quando sei un single che abita da solo, alcune cose ti sembrano talmente scontate da non accorgerti nemmeno che esistano.
(Dal prologo)
Arthur Kirkland è un poliziotto cinico e felice della sua vita in solitario.
Ma l'entrata di due bambini nella sua vita gli farà presto cambiare idea...
[...]–Eileen Jones ha due bambini. – cercava di misurare le parole, di dire e non dire –Si chiamano Alfred e Matthew, sono gemelli... – si sistemò una ciocca di capelli color del grano dietro l’orecchio, forse un altro stratagemma per perder tempo e fece un gran sospiro.
–Lei è il padre. – buttò giù la frase frettolosamente, quasi volesse togliersi subito quel fastidioso sassolino dalla scarpa.
Arthur si strozzò con la sua stessa saliva. Tossicchiò per alcuni minuti poi incredulo, ripeté –Il padre? Io? – [...]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'This is your father'
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Quando la signora Kirkland aveva saputo della l’imminente partenza per New York da parte di Hannah e Ian, quelli che in un certo senso erano sempre stati i suoi figli modello, il paradigma assoluto dei ragazzi intraprendenti e spregiudicati che lei aveva da sempre ammirato, ne era rimasta vagamente delusa.Per carità, sapeva benissimo di essere stata fin troppo dura e intransigente con Arthur, in fondo si trattava sempre di suo figlio e lei gli voleva bene, ma era anche vero che Mary Kirkland era una donna molto orgogliosa e non avrebbe ammesso mai il suo errore.
Faceva parte della vecchia scuola e per lei “salvare le apparenze” era diventato un motto personale
-Mi state facendo uno scherzo, mi auguro. Non andrete mica a trovare vostro fratello?- aveva quasi balbettato, il giorno prima della partenza.
Gli angoli della bocca di Hannah si incurvarono dolcemente; una delle poche figure degne del suo rispetto, secondo la ragazza, era proprio sua madre e vederla soffrire perché era rimasta confusa dalla loro scelta, faceva male perfino ad una come lei.
-Io gliel’ho detto a questa qui,- Ian con un gesto la indicò –Di lasciar perdere con questa cavolata, ma sai com’è, mamma, vuole sempre fare come vuole lei!-
-Ah, ma dai, quanto siete noiosi!- ribatté lei allegramente –Sentite, diciamo che ho voglia di vedere Arthur, ok? E…- rivolse un’occhiataccia al fratello –Ti ho…gentilmente invitato ad accompagnarmi perché non posso sostenere dieci ore di viaggio senza compagnia. –
-Ma perché? Hannah tesoro, sai che non approvo questa tua decisione. – sua madre non era per niente felice della sua scelta, anzi. Si era rivolta alla figlia con un tono acido e arcigno, che di solito non usava mai con lei.
Quando la guardava in quel modo e le parlava con quel tono critico, pensò rabbrividendo, sua madre le ricordava in modo impressionante Arthur.
-Sì, lo so. Ma ormai ho deciso di andarci e tu puoi dirmi quello che vuoi, io non cambierò affatto idea. –
-Sei proprio una scema!- esclamò Ian d’impulso
-Ah, davvero? Se non sbaglio, stai partendo anche tu, insieme a me.-
Il loro padre, intervenne in quel momento. Abbassò il giornale e si rivolse al figlio  –Già, perché parti anche tu, Ian? Non che critichi la tua scelta, anzi, ma sappiamo tutti qui che a te Arthur non piace.-
Ian sospirò. Era giunto il momento di dire le cose come stavano in realtà; di far capire ai suoi familiari che aveva semplicemente bisogno di voltare pagina e che Yvonne, insieme a tutto quello che faceva parte della sua vista precedente, erano per lui un ricordo troppo bello e amaro allo stesso tempo per lui  –Mi sono licenziato ieri mattina, dall’ospedale. –
Silenzio. Per una volta tanto, né sua madre, nè Hannah, ribatterono qualcosa, ma rimasero semplicemente a guardarlo con gli occhi sgranati, come se mentalmente gli avessero chiesto il perché di quel gesto.
Fu suo padre a domandarglielo in modo esplicito.
-Mi hanno accettato in un altro ospedale, lontano da qui…indovinate dove?- sorrise nel notare che tutti i suoi familiari si erano voltati per guardarlo in faccia, sorpresi
-Non è possibile!- esclamò la sorella dopo un po’, sorpresa e, poteva giurarci, anche vagamente divertita  –Per questo sei voluto partire con me. –
Annuì.
Aveva deciso di trasferirsi a New York. Per ricominciare tutto da capo.
Se ci era riuscito Arthur, poteva farcela benissimo anche lui.
 
 
Il rumore del campanello fece sobbalzare tutti, perfino Ian che fino a quel momento era rimasto rigidamente impassibile.
Alle volte, la vita sembra voglia giocarci dei brutti tiri, o almeno, era quello che credeva Arthur quando si alzò dalla sedia per andare a vedere chi fosse.
Perché obbiettivamente, non era possibile che i suoi fratelli venissero a trovarlo a New York proprio in quel momento; era impossibile che entrambi fossero così ritrosi e schizzinosi nei confronti degli omosessuali e infine, ma non per questo meno importante, non era plausibile che, mentre questi ultimi stavano elencando le ragioni della loro avversione per quella categoria, Francis avesse deciso di andare a trovarlo.
Maledizione! Possibile che quella sera ci dovevano essere tutte quelle complicazioni del cavolo?
In quel momento non voleva vedere nessuno, men che meno quell’individuo; aveva avuto un bel tempismo, a presentarsi a casa sua proprio quando i suoi fratelli erano a cena da lui e stavano parlando di argomenti che li riguardavano molto da vicino.
-Cosa diavolo ci fai qui?- gli sussurrò a denti stretti, una volta che il francese lo salutò con una certa cortesia -Uh, sono contento che tu sia felice di vedermi, Arthur!-.
Possibile che non si accorgeva di quanto era poco gradito in quel momento? Quel francese era più stupido di quanto pensasse, poi si lamentava se lui era sempre nervoso in sua presenza.
Gli rivolse un’occhiata poco amichevole e si rivolse a lui con una voce alquanto sbrigativa –Senti, Francis, io…-
-Stavi mangiando, ti ho disturbato?- chiese subito, aggrottando le sopracciglia. Del sorriso smagliante con il quale si era presentato non era rimasta più alcuna traccia
-Non è quello il punto, che poi, tu sei fastidioso sempre, ma…-
In quel momento, sentì la presenza di Hannah dietro di lui e subito dopo la sua voce petulante –E questo qua chi è?-
Si morse la lingua –Lui è…-
-…Sono un collega di lavoro di Arthur. – lo precedette l’altro, con un tono di voce che l’inglese conosceva abbastanza bene; di solito, quando parlava con quella cadenza lenta e determinata, voleva affascinare qualcuno.
Avrebbe voluto tirargli un pugno in testa e cacciarlo fuori da casa sua con i suoi fratelli al seguito, ma era talmente sconvolto da tutta quella situazione che sembrava sfuggirgli di mano, che non fece nulla di tutto questo. Almeno gli era grato per essersi definito “collega di lavoro” e non “amico”.
Hannah lo squadrò da capo a piedi con aria piuttosto critica per poi dire, con un tono altrettanto distaccato –Buonasera.-
-Buonasera, signorina!- il francese fece un sorriso abbagliante che perfino quell’insensibile della sorella ricambiò –Il mio nome è Francis, lei invece deve essere la deliziosa sorella di Arthur. Je suis fascinè de connait- vous, mademoiselle.  -
Ad Arthur sembrava di essere ad un salotto parigino; tutte quelle moine, tutti quegli stupidi convenevoli…solo lui ne aveva il potere, o il coraggio, di creare un’atmosfera simile!
Ovviamente, non riusciva a sopportare nemmeno un briciolo del suo atteggiamento, meno che mai in una situazione simile.
-Esatto, sono Hannah Kirkland, molto piacere – il tono della ragazza era determinato, anche se suo fratello la conosceva fin troppo bene e aveva capito quanto fosse lusingata dalla lingua francese o, piuttosto, da quell’aggettivo “deliziosa”; su di lei si poteva dire di tutto, tranne che non avesse un debole per i complimenti.
Si girò verso Arthur –Non credevo potessi diventare amico di un francese, considerato che non ti sono mai piaciuti.- aggiunse maligna –Evidentemente, l’America ti ha dato alla testa!-
-Non siamo amici!- ribatté lui, ignorando con tutto lo stoicismo possibile le risatine sommesse di quella rana cretina.
-Ah…ho capito, solo colleghi. Sventate i crimini insieme, tipo Batman e Robin.-
-Si vede che siete fratelli!- fu l’unico commento di Francis a quella battuta sarcastica e probabilmente sarebbe stato di gran lunga preferibile per lui se non l’avesse affatto pronunciata, perché entrambi gli rivolsero un’occhiata di biasimo: era palese che nessuno dei due impazziva di gioia all’idea di essere paragonato all’altro.
Per fortuna, c’erano i bambini ad allentare la tensione. Appena videro infatti che il loro amato “zio” era venuto a fare loro visita, si alzarono in piedi.
-Eih, c’è lo zio Francis!- urlò Alfred dalla sala da pranzo, precipitandosi verso di lui. L’uomo gli sorrise in maniera affabile sporgendosi per salutarlo.
-Ciao, campione!- gli batté il cinque e gli fece una carezza affettuosa sul volto.
L’inglese intanto, avvertiva su di sé gli occhi indagatori di Ian; sapeva benissimo che magari era solo una sua impressione e che si condizionava per nulla, ma aveva la brutta sensazione che suo fratello avesse, in una certa maniera… capito tutto.
E infondo non era sorpreso: il modo in cui quel ragazzo si relazionava con i suoi figli e il modo in cui quei due bambini lasciavano trapelare l’affetto che provavano per lui, lasciavano intuire fin troppo esplicitamente che rapporto ci fosse tra loro due.
Indubbiamente, entrambi avevano capito che non erano “solo colleghi” come aveva ribadito lui più volte. Era meglio non pensarci e piuttosto concentrarsi su come ristabilire quella situazione che gli era letteralmente scivolata dalle mani.
-Beh, che vuoi?- chiese con un tono un po’ drastico; non era colpa del francese se in quel momento lui si sentiva così in imbarazzo, così poco a suo agio e allo stesso tempo cercasse, si sforzasse con tutto sé stesso di non dare a vedere nulla. Eppure in quel momento non riusciva a non attribuire il motivo di tutta quella confusione a lui e, di riflesso, a prendersela con lui; era un impulso quasi impossibile da trattenere
-Ma Arthur, ti sembra il modo di rivolgerti ad un ospite?- lo riprese sua sorella con aria beffarda
-Fatti gli affari tuoi!- e si sentì, di replica da parte di lei, una specie di sibilo rabbioso, come se non se l’aspettasse quella risposta così secca da lui.
-Se vuoi ripasso un’altra volta…-  fece per dire il francese con voce roca, piuttosto confuso per tutto quanto: la ragazzina di fianco a lui guardava Arthur inviperita, i bambini erano improvvisamente rimasti in silenzio, quasi avessero intuito anche loro la gravità della situazione e poi… c’era quell’altro tizio dai capelli rossi, il fratello con molta probabilità, che non la smetteva di fissarlo. Quest’ultimo non somigliava per nulla al suo amico; era di una bellezza nettamente superiore, aveva i lineamenti marcati e allo stesso tempo proporzionati, quasi perfetti.
Ma possedeva anche un’aria altera, inquietante, che lo intimoriva addirittura. Ora capiva perché l’inglese non parlava mai molto volentieri di lui -Salve – lo salutò sforzandosi di guardarlo negli occhi. Ian non rispose, fece soltanto un cenno con il capo, come se non gli importasse minimamente di ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi -Ehm…lui è mio fratello, Ian. – mormorò con voce sorda.
Si sentiva chiaramente che era profondamente imbarazzato, anche senza guardarlo in faccia.
Proseguiva guardando il pavimento con aria distratta e nervosa e le sue guance erano colorate di rosso; sembrava avesse la febbre.
Si sforzò per guardare suo fratello negli occhi e far finta di niente.
-Piacere di conoscerla, mi chiamo Francis Bonnefoy!- malgrado il tono allegro, anche il francese si sentiva piuttosto fuori luogo e imbarazzato; più passavano i minuti, più si rendeva conto che quella di andare a fare visita ad Arthur proprio il giorno in cui i suoi fratelli erano appena giunti a New York, non era stata propriamente una brillante idea -Il piacere è tutto mio- il rosso strinse educatamente la mano del nuovo arrivato e gli sorrise in maniera affabile –Sono stato a Parigi, l’anno scorso. E’ una bella città. –
Anche lui sorrise –La ringrazio. Ecco, credevo che l’inglese comune non ci trovasse nulla di buono nella Francia– poco dopo aggiunse –Suo fratello, per esempio, è uno di quegli inglesi. – lanciò un’occhiata ad Arthur e notò che era rimasto stranamente impassibile a quel commento. Probabilmente, era talmente sotto pressione e innervosito da non riuscire neanche ad incenerirlo con uno sguardo.
-E’ una delle tante cose da cui, per fortuna, mi dissocio dal bruco. – Ian scoppiò in una risata smodata che inizialmente fece quasi rabbrividire Francis; odiava le risate come quella sua, erano così volgari ed eccessive!
Si sentì un sibilo di impazienza, o di irritazione piuttosto, da parte di Arthur. Più passava il tempo, più diventava sempre insofferente a tutto quanto quello che lo circondava e di questo il francese se ne era accorto
-Allora, deve dire qualcosa a mio fratello?- riprese a dure quello con un’aria vagamente divertita –Avanti, dica pure. – Deglutì a vuoto –In realtà… ecco, sono venuto semplicemente a trovarlo. – accennò nuovamente ad un sorriso, ma lo sguardo di quell’uomo e, cosa peggiore, il fatto che ad Arthur non piacque per nulla quella risposta, a giudicare dal modo in cui si massaggiava le tempie con fare nervoso, lo misero maggiormente sotto pressione.
Era strano; non aveva mai provato un senso così opprimente di agitazione, prima d’ora -Quindi avevo ragione, non siete solo colleghi– ribatté Hannah trionfalmente.
Il suo tono allegro e acuto li fece trasalire entrambi.
-Lui è lo zio Francis, noi gli vogliamo bene. – intervenne Alfred.
 
Ecco, ci mancava pure questa!
 
Arthur disse definitivamente addio alla sua copertura, già di per sé abbastanza fragile e pessima. Davvero, credeva che ormai, toccare il fondo fosse quasi impossibile.
Lui ci era già arrivato, al fondo.
-Oh, ma che teneri!- tubò Hannah accarezzando la testa del nipote il suo unico, e isolato forse, gesto d’affetto nei propri confronti –Così volete bene al “collega” del papà.- calcò volontariamente quella parola, come se ci provasse gusto a punzecchiare Arthur e la sua tendenza a nascondere i suoi sentimenti.
Alfred annuì –Lui viene a trovarci quasi sempre e qualche volta siamo noi ad andare a trovare lui.-
Suo padre si morse la lingua, un gesto di puro nervosismo.
Sentì che gli occhi preoccupati di Francis si erano soffermati su di lui, come se avesse intuito perfettamente i suoi sentimenti. L’unica cosa che voleva, in quel momento, era che semplicemente Hannah smettesse di fare domande a proposito dei suoi rapporti con il francese e il perché era abbastanza chiaro; i suoi bambini, pur secondo la loro logica infantile, avevano compreso molto bene che loro due si “volevano bene” e semmai avessero detto una cosa del genere davanti ai fratelli, avrebbe dovuto aspettarsi ben di peggio del loro totale scherno verso di lui.
Ormai a questo, era anche abituato. Ma l’umiliazione che avrebbe provato nel sapere che tra i suoi familiari lui era considerato una vergogna e un “impuro” al tempo stesso, era troppo insopportabile per lui.
E, cosa assai catastrofica, sia sua sorella che Ian sembravano molto interessati al suo rapporto con il francese
-Da quanto tempo vi conoscete, tu e il bruco?- gli stava domandando quella diabolica ragazzina.
Il bello era che perfino Francis sembrava frastornato da tutto quello che stava accadendo. Manteneva a stento un sorrisetto di circostanza e non sembrava molto a suo agio, cosa strana perché normalmente era molto disinvolto, in qualsiasi luogo si trovasse
-Il bruco?-
-Ma sì, Arthur!-
-Ah…ecco, da più o meno cinque anni.- si rivolse ad Arthur –Bruco? E’ un bel soprannome, posso chiamarti anche io così?-
–No!- esplose all’improvviso lui, rosso di rabbia. Non ne poteva davvero più, ne aveva piene fin sopra le tasche di tutto quanto
-Sei un po’ nervosetto stasera, eh? Mi mancavano questi tuoi eccessi. – Hannah sorrise e fece per prendere il cappotto –Ora, forse è meglio che andiamo, vero Ian?-
-Già- il tono della sua voce era impassibile come al solito ma, Arthur ne era assolutamente sicuro, sembrava quasi divertito e perché no, interessato da tutta quella situazione.
 
Possibile che avesse capito tutto?
 
No, non era logica come ipotesi. Insomma, uno come Ian che disprezzava quel genere di cose, non l’avrebbe trovato divertente né tanto meno interessante. A meno che, non sospettasse qualcosa e non vedesse l’ora di farselo rivelare proprio da lui stesso.
Quello sì che era da lui!
-Avete bisogno di un passaggio?- cercò di domandare l'inglese, con una voce un po’ impastata.
-Ah, no, chiameremo un taxi. – liquidò la faccenda Hannah, sistemandosi per bene. Poi si avvicinò a Matthew e Alfred e li salutò con un bacio sulla guancia.
-Ciao ciao, bambini! E ciao anche a te, bruco. Vedi di fare qualcosa per quei cespuglietti, eh?-
-E tu vedi di farti gli affari tuoi. – le frecciatine di quella donna di certo non lo aiutavano a calmarsi; possibile che nessuno avesse un briciolo di pietà per i suoi nervi malridotti?
-Buona serata. – Ian sorrise in maniera sinistra –La vuoi sapere una cosa, fratellino?- fece una pausa, forse in attesa di un cenno da parte sua –Ebbene, ho accettato un lavoro qui, a New York. Pensa che bello, ci vedremo ogni giorno – rise nel suo tipico modo molto incontrollato e girò lo sguardo verso la rana –Potremo conoscerci meglio, io e lei, che ne dice? Sono sempre molto curioso di sapere che gente frequenta il mio fratellino. –
Francis deglutì; anche lui, come l’inglese, aveva uno strano sospetto, non riusciva neanche a capire
cosa di preciso sospettasse. Insomma, aveva fatto di tutto pur di non lasciar trapelare nulla sul reale rapporto tra loro due –Ehm… Ma certo, come no!- aveva sorriso talmente tanto che si sentiva la bocca quasi paralizzata.
Presa la sorella sottobraccio, uscì dalla casa senza salutare nessuno.



 
 
 
Porca miseria, quanto tempo è passato? Uno, due mesi…Ah, mi sento una persona orrenda 0_0
Purtroppo ho avuto molti impegni e non sono riuscita a fare nulla di concludente. Di fatti, il capitolo stesso sembra inconcludente ç_ç Bah, spero mi capiate e che vi piaccia lo stesso. So che non è un granchè, ma siamo alla fine e quindi preferirei presentare le cose con più lentezza!
Detto questo, ringrazio e dedico il capitolo a tutti quelli che lo leggeranno <3
A presto,
Cosmopolita

   
 
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