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Autore: Nerea_V    20/02/2013    4 recensioni
"Era ormai due giorni che gli stavo dietro, ma di lui nessuna traccia. Aveva lasciato una scia di persone scomparse e di cadaveri da un mese ormai e c’era di sicuro qualcosa sotto. [...]"
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Quando ripresi i sensi non riuscii a mettere a fuoco quello che mi circondava. Sentivo freddo, questa era l’unica cosa cui riuscivo a pensare. Sbattei le palpebre parecchie volte prima di riuscire a distinguere qualcosa.
Vidi delle travi, sembravano disposte a capriata, quindi probabilmente mi trovavo in una soffitta. Cercai di alzarmi, ma avevo le mani legate, così come i piedi. Feci forza sui gomiti e riuscii a sedermi. L’unica illuminazione veniva da una piccola lanterna all’altro lato della stanza e da dei deboli raggi di sole che filtravano dalle assi di legno sopra la mia testa.
- Credo che siano arrivati.- Disse una voce proveniente da un angolo oscuro della soffitta. – Diamo inizio alle danze.- La figura del maggiore dei fratelli Rookvelt uscì dall’ombra con un coltello affilato in mano, lungo quanto un mio avambraccio. Fece qualche passo verso di me e io cercai di indietreggiare trovandomi contro una parete. Mentre si avvicinava iniziai a cercare di liberarmi dalle corde che mi legavano i polsi. Erano strette e mi ci sarebbe voluto un po’ per slegarle, ma potevo farcela. Il problema era allontanarlo, non potevo farlo senza le mani libere.
Continuò ad avvicinarsi. – Facciamoci un po’ sentire, se no come potranno arrivare qui?- Chiese ironico.
Lo fulminai con lo sguardo. Sapevo che stava per torturarmi come con le altre vittime, ma non avrei ceduto tanto facilmente. Non volevo che si mettessero in pericolo per me e se non mi avessero trovato, se ne sarebbero andati. Il fantasma, ormai a pochi centimetri da me, si chinò e fece scorrere la lama sulla parte alta del mio braccio. Il coltello scivolò lasciandosi dietro una lunga striscia rossa. Il dolore non tardò ad arrivare, forte e intenso, come se mi stesse bruciando, ma riuscii a trattenere l’urlo che voleva uscire dalle mie corde vocali.
- Vedo che vuoi fare la dura.- Disse poggiando il coltello al lato destro del mio collo. – Vediamo quanto puoi resistere.- Fece scendere la lama fino a raggiungere lo scollo della mia maglia. Anche se il dolore era più intenso e mi mozzò il fiato riuscii a trattenere la voce, che non voleva altro a parte uscire violentemente dai miei polmoni.
Mi prese le gambe e le distese, poi fece un altro taglio, più profondo stavolta, sulla mia coscia destra. Ne fece un altro poco distante da quello, ma l’unica cosa che feci fu tremare. Mi aiutava, riuscivo a sfogare lì la frustrazione del non poter liberare la voce. Sembrava che il rimedio per far passare tutto fosse gridare a pieni polmoni, ma non era così e in ogni caso dovevo resistere per il loro bene. Lui continuò a tagliuzzare il mio addome, dove stavolta si soffermo con la punta e la fece ruotare, stavolta non riuscii a trattenere un gemito basso e roco. I suoi occhi si illuminarono vittoriosi, sapeva che non avrei resistito a lungo. Continuò a infierire, finché non si stancò del mio silenzio e pugnalò brutalmente il mio braccio sinistro. Per la sorpresa e il dolore intenso esplosi in un urlo straziante per le mie stesse orecchie, sfogando tutto quello sopportato fino a quel momento. Appena mi resi conto di quanto avevo fatto serrai le labbra in fretta, maledicendomi.
- Tardi ragazzina.- Disse il fantasma.
Dal piano di sotto sentii un rumore sordo e poi una voce familiare grido. – El!- Pregai che lasciasse stare, ma a quel punto Rookvelt estrasse e affondo di nuovo il coltello nella spalla e scoppiai in un altro urlo misto a singhiozzi, nonn ce la facevo più. – El, resisti sto arrivando.- Continuò il ragazzo al piano di sotto, lo sentii correre verso la zona in cui si trovava probabilmente un varco per la soffitta, che la volta prima non avevamo notato.
- No Dean! – Gridai. – Ti prego non venire. Vattene! Non vuole altro.-
Ma dai rumori che venivano da sotto capii che o non mi aveva sentito o non gli importava quel che avevo detto. Poco dopo lo vidi in fondo alla stanza. La torcia gli illuminava il volto preoccupato. Quando mi vide diventò furente. Io avevo quasi sciolto le corde che mi legavano i polsi, ma mi serviva ancora qualche minuto. Non potevo permettere che nel frattempo Rookvelt gli facesse qualcosa.
Il fantasma sorrise beffardo alzandosi. – Bene, eccolo qui. L’eroe della situazione.- Disse  mentre Dean puntava il fucile su di lui. Poi sparò e il fantasma scomparve.
A quel punto corse verso di me. – El, piccola, stai bene?- Annuii poco convinta e confusa.
- Ti prego vattene finché riesci. Vagli a dar fuoco.- Lo implorai.
Lui cercò di sistemarmi meglio. – E secondo te perché sono da solo.- Sussurrò facendomi un sorriso scaltro. Sam! Se ne stava occupando lui. Sospirai di sollievo, ma non era ancora finita. Vidi il fantasma avventarsi su di noi appena in tempo.
- Dean!- Gridai. Lui si girò, estrasse un asta di ferro che aveva nella borsa e la conficcò nel fantasma.
Dopodiché si girò di nuovo verso di me, cercando di sollevarmi senza farmi male. – No Dean, se mi tieni in braccio non potrai combatterlo.- Dissi debole. – Posso camminare da sola.-
Lui mi guardò negli occhi e forse capì che non era la verità, ma capì anche che non poteva portarmi fuori così finche Rookvelt non fosse stato eliminato definitivamente. Scendemmo al primo piano mentre mi sorreggeva con un braccio. Ci dirigemmo più in fretta che potei verso le scale che portavano al piano inferiore. Continuavo a perdere sangue, ma non potevo fermarmi. Ricomparve in fondo all’ultima rampa di scale poco prima che ci arrivassimo. Io alzai come meglio potevo la sbarra di ferro e Dean, poggiandomi al muro, caricò il fucile. Stava per sparare quando la mano dello spettro cominciò a sfrigolare, poi comparve una fiamma. – No, non può essere.- Disse mentre il fuoco si propagava e lo bruciò completamente. – Noooo.- Fu l’ultima cosa che si sentì.
- Impara a contare amico.- Disse Dean.
Io sorrisi guardandolo, ma mi reggevo a stento in piedi. Si girò verso di me facendomi l’occhiolino. – Oh ma quanto siamo spavaldi. – Dissi ridendo.
Rise di gusto, quanto mi era mancata la sua risata.- Dai andiamo. Ti porto subito all’ospedale.- Mi fece di nuovo appoggiare a lui e mi portò fuori.
I miei occhi si posarono su una moto rossa, fin troppo familiare. Mi bloccai. Lui si girò verso di me. – Che c’è?- Chiese facendo il finto tonto.
Lo guardai male. – Cos’è quella?- Dissi indicando la mia Ducati con il mento.
- La tua moto.- Continuò lui innocente. Poi vedendo che non desistevo disse. – E va bene. Avevo bisogno di un altro mezzo di trasporto e non dirmi che avresti preferito che la guidasse Sam.- Rabbrividii al solo pensiero e lui lo percepì. – Ecco appunto. Ti ho fatto solo un favore.-
Continuai a guardarlo male. - Avresti potuto rubare una macchina.- Dissi. – O vuoi dirmi che sei un bravo ragazzo e che certe cose non le fai.-
- Ci avrei messo troppo.- Disse, poi guardò il mio volto scettico. – E va bene, ho voluto approfittarne. – Sospirò.
- Cretino.- Dissi mentre lui sospirava sempre più frustrato. Ci avviammo verso la moto. – Lo sai vero che adesso dovrò guidare la tua macchina.-
Lui mi appoggiò al sedile della moto per tirare fuori i caschi e con un mezzo sorriso strafottente mi disse. – Non abbiamo fatto nessun accordo del genere mi pare, quindi io non ti devo proprio niente.- Disse vendicandosi di quello che io gli avevo detto qualche sera prima.
- Sì, ma tu hai preso la MIA moto SENZA il MIO permesso.- Dissi enfatizzando alcune parole.
Lui mi guardò ridendo. – Insomma vinci sempre tu.-
- Certo tesoro.- Risposi sorridendo mentre mi metteva il casco.
Alzò gli occhi al cielo. – Se non mi spieghi il significato di quello che dici, potresti evitare di parlare nella tua lingua madre.-
- No, è troppo divertente vederti esasperato.- 
  
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