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Autore: cheekbones    20/02/2013    8 recensioni
[Sequel di NCIS - High School Version]
"Ziva?" sibilò Tony, nel buio.
"Che c'è?"
"Ti amo"
Si voltò verso di lui. "Ti sembra il momento?"
"Beh, si, mi sembra proprio il momento, in effetti"
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NCIS college version
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Ducky: You can tell me why you came down here to see me.
Tony: Ziva.
Ducky: Aah... personal, not professional.
Tony: It's not what you think.
Ducky: I'm not thinking anything!



Era strano pensare di lasciare il Mossad. Ziva non ci aveva mai pensato - non che non l'avesse desiderato -, ma sapeva che non era un'ipotesi lontanamente contemplabile. Oramai era salita sulla bicicletta e sapeva di dover pedalare. Ora, Eli David, suo padre, il Direttore del Mossad, le stava offrendo una via d'uscita. Ferma, Ziva. Non era esattamente una via d'uscita, lei lo capiva: era una fuga, una fuga a regola d'arte, una di quelle che l'agenzia avrebbe ricordato per il resto della sua esistenza e avrebbe sottolineato come esempio da non seguire.
"E' tutto così strano" strinse le gambe al petto.
"Che vuoi dire?" Tony si voltò così velocemente verso di lei, che quasi temette di veder rotolare la sua testa lungo il pavimento.
"Mio padre. E' strano" si morse le labbra. Continuò a parlare piano. "Lo conosco, ok? Non è stato, non è uno stinco di santo ma... a lui piace il Mossad. Cioè, l'ha sempre ritenuta un'ottima agenzia. L'ha resa la sua famiglia, dopo la morte di Tali e il tradimento di mio fratello. Era fiero, quando ho prestato giuramento, Tony. Quasi piangeva!" fece una smorfia.
"Beh, ok, a lui piace. Ma forse non vuole che piaccia a te"
"Questa frase non ha senso" lo guardò dubbiosa. Tony ricambiò lo sguardo.
"Senza offesa, mia piccola ninja, ma a parte quello che lui ti ha detto... non hai indizi. Non hai niente. Devi credergli e..." si bloccò.
Ziva stese le gambe lungo il tappeto e guardò la punta delle scarpe. "Cosa?"
"Non odiarmi, ma penso sia una cosa buona. L'unica cosa buona che tuo padre abbia mai fatto per te" sussurrò. "Sarai libera"
"Non lo sarò mai. Dovrò nascondermi per sempre, Tony. Cambierò nome, città, paese..."
"Paese?" lo vide sussultare. "Perchè? Non ce n'è biso..."
"Stiamo parlando del Mossad, Anthony DiNozzo Junior. Credi che si fermeranno?"
Tony non commentò. Lasciò vagare la mente altrove, a tre anni prima: la storia si ripeteva, in fondo. Ziva doveva andare via, di nuovo, e lui non poteva evitare in alcun modo che accadesse. Per qualche secondo aveva sperato di vederla sorridere, gioire, per quella notizia. Avrebbero potuto fare tante cose. Recuperare il tempo perso, per esempio. Raccontarsi quegli anni che avevano passato separati. Avrebbero potuto tornare alla Woodrow, per farsi due risate, accarezzare i loro vecchi armadietti. Tornare alle loro altelene.
Le dita di Tony strisciarono furtivamente lungo il tappetto e afferrarono quelle di Ziva - erano così fredde e piccole!
"Quante volte dovrò dirti addio, Ziva David?" la guardò, con un accenno di sorriso e l'espressione stanca. Ma Ziva non si voltò. Lo conosceva talmente bene da poter descrivere, ad occhi chiusi, la sua espressione, le rughe formate attorno agli occhi, la bocca increspata da quell'espressione affranta, ma mai sconfitta. Si limitò a stringere la presa sulla sua mano.
"Tony"
"Dimmi"
"Io..."
La porta si spalancò di botto e le mani si separarono. Tony non potè evitare di guardare malissimo Deeks che, preoccupato, sventolava un cellulare. "Ehi, Tom e Jerry. Un numero sconosciuto ha mandato un sms alla fuggitiva" le lanciò il cellulare, che afferrò al volo. Ziva lo aprì e notò che era scritto in ebraico. Lo sguardo si indurì.
"Che c'è scritto?" La guancia di Tony quasi toccò la sua. Non fece in tempo ad assorbirne il calore, che si alzò di scatto e afferrò la giacca che aveva malamente lasciato sulle lenzuola pulite. Whisky le miagolò disperato tra le gambe.
"Dove pensi di andare?" Tony la seguì fuori da camera sua.
"Devo fare una cosa"
"No, no" le afferrò il gomito, facendola voltare. "Tu non vai da nessuna parte senza di me. Che c'è scritto, Ziva?"
Si guardarono per un po' e, con imbarazzo, Deeks e Kensi si defilarono in cucina. "Allora, David? Parli o devo torturarti?"
"Non è affar tuo" non lo disse con disprezzo. Era una semplice constatazione, mista a quella che sembrava autentica paura. Paura che lui potesse seguirla per davvero - Tony ne rimase realmente ferito. Pensava di essersi guadagnato almeno un minimo di fiducia da parte sua.
"Ti ricordi l'ultima volta che sei andata a fare gli affari tuoi, da sola, cos'è successo? Tuo fratello è morto" le disse, quasi ringhiando. Non voleva dirlo con quel tono, ma non gli aveva lasciato molta scelta. Ziva David doveva smetterla di credersi Wonder Woman. Semplice.
"Questo era un colpo basso" sussurrò.
"Ho imparato dalla migliore" strinse gli occhi. "Non ti lascio" ... più, avrebbe voluto aggiungere, ma si trattenne. "Il messaggio?"
"Vuoi davvero venire con me?" Ziva sentì di avere la gola secca. "Perchè?"
"C'è davvero bisogno che io te lo dica?" sbuffò e le lasciò il gomito. "D'accordo, te lo dico: sei una deficiente"
Ziva David spalancò la bocca, offesa. "Scusami?" strillò.
"Oh, si" Tony sorrise, tronfio. "Sei una grandissima testa di cazzo, perdonami il francesismo, miss. Ma sei proprio una cretina. Tutti gli allenamenti del Mossad non riusciranno mai a renderti invulnerabile a..." alzò la mano e cominciò a contare. "Pallottole, bombe, pugnali, armi di distruzione di massa e chi più ne ha, più ne metta" incrociò le braccia. "Non sei minimamente capace di badare a te stessa, ti concentri sull'obiettivo e semplicemente... vai. Salvaguardarti? Ma ovvio che no. Ora" si schiarì la voce. "Ho una teoria"
Ziva era completamente senza parole, la mano pronta a tirargli un ceffone come si deve.
"Ritengo che la ragione della mia esistenza sia impedire che tu ti faccia male. Come una specie di baby-sitter" spiegò. "L'ho fatto anni fa, lo sto facendo adesso e continuerò a farlo. Voglio solo farti capire che oramai è finita. Non ti lascerò andare da sola, perchè potresti farti male anche solo guidando. E sappiamo tutti e due che è molto probabile che accada" ridacchiò. "Ora, hai due scelte: mi porti con te spontaneamente, o dovrò seguirti. E non sarà piacevole, credimi"
"Lo sai che sei stupido quanto me, no?"
"Ci amiamo per questo" la vide aprire bocca. "No, non provare a replicare. Questa cosa delle litigate, dei battibecchi... non funziona più. Usiamo l'odio per sopperire alla mancanza che abbiamo l'uno dell'altra. Perchè tu mi manchi, Ziva. E se devo finire di nuovo in un intrigo nazionale per te, lo sai che lo farò - e sono talmente stanco di questo amore distruttivo da romanzo di serie B, che voglio semplicemente buttare fuori tutto, essere vuoto dentro, piuttosto che subire tutto questo. Deve finire. Non importa se bene o male, per noi, deve solo finire"
Ziva annaspò in cerca d'aria. "Tu mi ami ancora"
"Perchè, tu no?" alzò un sopracciglio, divertito.
Quando le labbra di Ziva aggredirono le sue, Tony pensò che non si erano mai baciati così: erano l'istinto primordiale, la passione e la paura che stavano eruttando fuori tutte insieme per ricoprire entrambi. Non c'era dolcezza, ma solo bisogno. Tony quasi ruggì, sentendola tremare tra le sue braccia; non si sa come, finirono spalmati sulla parete dell'appartamento, tra gemiti e mugolii, provenienti da chissà chi.
Lo allontanò bruscamente. "No" Tony non si rese subito conto che gli stava rispondendo.
"Certo, Ziva. Sei decisamente credibile, dopo avermi quasi violentato"
Gli tirò una sberla dietro la nuca. "Dobbiamo andare in un motel. Era papà nel messaggio. Dice che il Mossad è in tenuta da caccia e la preda sono io. Mi stanno cercando e ho bisogno di un posto sicuro, mi ha detto dove andare. Fingerà, nel frattempo, di avermi trovata in un altro posto, così il Mossad utilizzerà un'altra bomba per fare fuori me e il gioco è fatto. Da stasera, dovrò solo fuggire"
"Perfetto. Quante pistole?"
"Tante"
"Ne abbiamo quattro, se Deeks e Kensi ce le prestano. Documenti falsi?"
"Ce li ho"
"Io pure. Ho ancora quelli che utilizzavo a scuola per bere alcolici. Cellulare?"
"Ne serve uno con scheda prepagata"
"Li prenderemo per strada. Contanti?"
"Ho anche quelli. Dollari, euro e sterline"
"Bene" le aprì gentilmente la porta e ghignò. "Allora, pronta?"
"Prontissima" lo afferrò per la giacca e se lo tirò dietro. "Per inciso, chiamami di nuovo cretina, deficiente e testa di cazzo, e giuro che ti sparo"



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Maddie: Can't remember who took the photo...
Gibbs: I did.

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"Ti dico cosa devi fare: i primi tempi, Shannon sarà stanchissima. Quindi dovrai alzarti minimo tre volte, durante la notte, per dar da mangiare alla piccola peste. Il bagnetto è meglio che lo fai fare a tua moglie, sai com'è, sono più delicate loro e rischieresti di farle sbattere la testolina da qualche parte. Non spaventarti se fa tanta cacca e di colore strano: è una neonata. Ma soprattutto, Jethro, quando piange, non devi guardarla come se fossi terrorizzato, mi spiego? I bambini piccoli piangono per due cose: coliche o cibo. Se ha già mangiato, sono le coliche. Tenerla in braccio fa bene, ma non troppo. Non vorremmo mica viziare già Kelly Gibbs, vero? A quello ci penserà l'adorato zio Toby" Fornell annuì tra sè e sè, soddisfatto. "Oh, ma mi stai ascoltando?"
No, Gibbs non lo stava proprio ascoltando. Aveva la faccia premuta sul vetro del nido dell'ospedale, mentre un'infermiera girava tra le culle per prendere Kelly. Sua figlia. Stranamente l'aveva riconosciuta subito e non per l'orribile body color prugna, ma per l'espressione fiera e pacata e un ciuffetto di capelli bruni sulla testa. L'aveva sentito subito, quel colpo al cuore, come se avesse un infarto.
Si poteva avere un infarto per la troppa felicità? L'avrebbe chiesto al dottore.
Kelly ogni tanto sbadigliava e, contemporaneamente, dondolava tutta, agitando le manine per aria e i piedini sulla coperta. Un paio di volte si era anche girata su un fianco, poi sull'altro - sembrava una piccola tartarughina iperattiva. Improvvisamente, poi, si calmava. Gibbs si era quasi spaventato a vederla immobile, finchè Kelly non aveva fatto uno scatto e aveva ripreso a dondolarsi. Era piena di rughe.
"La culla, mi raccomando, deve essere a prova di dentini e fughe. I bambini di solito amano i box, così possono cominciare a... oh, Gesù. Jethro? Stai... Jethro, stai piangendo?"
"E' bellissima, Tobias" si portò una mano alla bocca.
L'amico sorrise e rischiò di piangere pure lui. Tirò su col naso un paio di volte e lo abbracciò. "La sapevo che avevi un cuore debole, amico mio. La senti questa felicità? Quest'ondata di amore che ti travolge? Bene. Perchè non perdirai più nessuna di tutte e due. Quella piccolina ti metterà a dura prova, ma tu non smetterai mai di amarla più di ogni altra cosa al mondo. Benvenuto nel magico regno della paternità!"
Gibbs strinse la camicia di Tobias e scoppiò a ridere. Sentiva di poter ridere per sempre, perchè ne aveva il potere, ma soprattutto ne aveva la voglia.
In fondo al corridoio, Danny e Steve sedevano con le spalle al muro, vicini. Il primo sorrideva estasiato, l'altro si stava tamponando il sudore con un fazzoletto, mentre cercava il cellulare nelle tasche della giacca.
"Mai più donne incinte da sorvegliare, ok?" avvisò il collega. "Mi è quasi preso un colpo. Non vedevo tanto sangue dai tempi della guerra in Afghanistan e, credimi, ce n'era tanto. Ma proprio tanto"
"Non apprezzi la magia della nascita, Steve. Questo perchè non hai figli tuoi, cavernicolo"
"Forse è vero" restò in silenzio per cinque minuti. "Forse dovremmo adottare un bambino. In quanto coppia, intendo" si beò della faccia sconvolta del suo compagno. "Che ho detto?"
Danny fece per parlare, ma vennero interrotti dall'arrivo di Ducky Mallard. "E' nata?"
"E' nata" Danny alzò il pollice in su, sorridente. "Ah, sono stato un'ostetrica perfetta" si vantò col professore. Steve si trattenne dal ridergli in faccia, mentre l'uomo annuiva. "Dove sono?"
"Gibbs è lì, Shannon è ancora dentro. La stanno rimettendo in sesto, credo. O forse non ha ancora smesso di piangere"
Ducky annuì un paio di volte e, alzando le braccia al cielo, corse anche lui ad unirsi all'abbraccio (molto poco virile, osservò Steve) tra Tobias e Gibbs.
Danny, invece, sorrise. "Ah, ma che bel momento" poggiò una mano sul ginocchio del compagno. "Sai, è per questo che mi piace fare questo lavoro. E, in fondo, mi mancheranno. Non prendermi in giro, ma cucinare con Shannon mi piaceva!"
"Anche a me mancheranno" soffiò Steve. "Almeno con Jethro si poteva guardare una partita in santa pace" guardò di traverso l'altro.
"Non mi prenderò la frecciatina, mi dispiace. Rimaniamo fino a domani?"
"Ma si. Voglio portare dei fiori alla neo-mamma"

"Si può?"
"Ma certo!" Shannon sorrise lentamente, quando la testa di suo marito spuntò sulla soglia della porta. "Ciao" mormorò.
"Ciao a te, mamma" Gibbs la guardò emozionato, ed entrò in stanza. Ma non era solo. In braccio teneva qualcosa di piccolo, rosa e caldo. "Vorrei ufficialmente presentarti Kelly. Lo so che vi siete già conosciute in sala parto, ma adesso le hanno fatto il bagnetto, diciamo che è presentabile" le si sedette accanto, porgendole la bambina.
Shannon allungò le braccia e la strinse al petto - la piccola si limitò a sbadigliare e si sistemò tra le braccia di sua madre. "Oh mio dio" la donna scoppiò a ridere e piangere insieme. "Mio dio, mio dio. Ciao Kelly" singhiozzò e le lasciò un bacio sulla fronte.
"E' bellissima, Shannon. Stupenda"
Sua moglie sorrise e si accostò al letto per fargli un po' di spazio. "Vieni qua, papà" lo baciò, attenta a non pesare su Kelly. 
"Lo sai che lì fuori c'è una squadra di calcio accampata per vedere tutte e due?" la informò Jethro. "Tobias e Ducky stanno litigando su chi dovrà essere il padrino, suppongo. Steve e Danny, invece, fissano i neonati... sinceramente, ho paura che ne possano rapire uno. Tu lo sapevi che stavano insieme? Ah, poi ci sono Abby e McGee"
"Che carini! Sono venuti!" Shannon passò l'indice sulla fronte di sua figlia. Era larga come la sua!
"Già. Pare che Tobias abbia dato la lieta notizia su Facebook. Penso che verrà parecchia gente. Anche il preside Vance mi ha mandato i suoi auguri e mi dice di salutarti - Jackie, sua moglie, ha un sacco di tutine da passarti" alzò un sopracciglio. "Saremo sommersi dai vestiti"
"Ringrazia, tesoro. Quando lei crescerà, ci troveremo sommersi di scarpe, vestiti, trucchi..."
"Non pensiamoci" le baciò una spalla, divertito. "I nostri genitori stanno arrivando"
"Oddio, allora c'è davvero una squadra di calcio, lì fuori" Shannon fece una smorfia. "Sei una star, Kelly. Hai visto?"



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"Non ci crederai mai!" soffiò Tony, allungandosi verso di lei.
Ziva lanciò un'occhiata dubbiosa al tassista e lo incitò a parlare. "La dottoressa Shannon ha partorito! Una bambina! Si chiama Kelly"
"Forte" sorrise. "Chi te l'ha detto?"
"McGee, mi ha mandato un sms..." alzò gli occhi al cielo, quando Ziva lo guardò preoccupata. "... a cui non risponderò. Tranquilla" le scompigliò i capelli e Ziva si rilassò. Tony sapeva che, nei rari casi di buon'umore, era un gesto che la faceva ridere. Le provocò un brivido, quando, con le dita, scese ad accarezzarle la nuca; Ziva socchiuse gli occhi. Aveva paura, ma non l'avrebbe mai ammesso davanti a Tony - si fidava di lui, come non si era mai fidata di nessuno prima, ma sentiva che quell'emozione doveva tenerla per sè. Se Tony avesse saputo quanto era terorizzata e spaurita, avrebbe potuto fare una sciocchezza.
"Ehi" le accarezzò l'attaccatura dei capelli col pollice. "Andrà bene. Dobbiamo solo aspettare il via libera di tuo padre e poi..."
"Esatto. E poi, cosa?" lasciò che la mano cadesse nel vuoto. "Non so ancora dove andare"
"Beh, uhm... potresti..."
"Non rimarrò qui"
"Ok" Tony sospirò. Sentì che non era il caso di replicare oltre, sapeva che avrebbe solo peggiorato le cose. Voleva solo che il Mossad andasse via dall'America per sempre - un peso sul cuore gli diceva che per lui stava finendo male. Non c'era alcuna possibilità che Ziva potesse rimanere negli Stati Uniti, figuriamoci a Baltimora. Era completamente fuori questione; e lui era fuori fase, per colpa sua.
"Siamo arrivati" osservò il tassista e allungò una mano per avere la sua paga.
Tony sbirciò dal finestrino: il motel era quanto di peggio Eli David potesse trovare. Sembrava una bassa e tozza palazzina in rovina, seguita da altre mini stanze, pronte all'uso, la cui unica cosa funzionante (l'insegna al neon) era sul punto di crollare in testa a qualche ignaro passante.
Scesero dall'auto e non si avviarono all'ingresso, finchè il loro autista non sparì all'orizzonte.
"Bene" Ziva prese un respiro. Si schiarì la voce. "Puoi lasciarmi qui"
"Nah. Entro con te. Non si può mai sapere" si assicurò che la pistola fosse al suo posto, al sicuro nella sua giacca.
"Tony"
"Ti prego, non ricominciare. E prendimi la mano, sembreremo due fidanzati in cerca d'intimità" era una buona idea, così Ziva ubbidì e si stampò in faccia il sorriso più falso dell'Universo. La reception consisteva in un banco, un telefono, un registro e un ragazzino con i rasta che leggeva un fumetto. A Tony ricordò Sam, il suo coinquilino nel bel mezzo della Savana, ed ebbe una fitta di nostalgia. Chissà dov'era.
"Salve. Abbiamo prenotato la camera 223" trillò Ziva, lanciando sguardi languidi al suo finto accompagnatore.
"Ecco a voi" Il ragazzino estrasse da un cassetto la chiave. "Uscite, è la seconda porta dopo i cassonetti dei rifiuti" tornò con lo sguardo al suo giornalino. Ziva ebbe la tentazione di strapparglielo di mano, ma si trattenne. Soppesò tra le mani la chiave e uscirono di nuovo fuori.
"Dev'essere quella" Tony strizzò gli occhi. Indicò un punto luminoso poco lontano. "Merda. Le luci sono... accese"
Si guardarono e, contemporaneamente, estrassero la pistola. La mente di Ziva lavorava frenetica: come mi hanno trovata, se fino a cinque minuti fa non sapevo nemmeno dove andare? Come faccio a far andare via Tony? Perchè mio padre non mi ha protetta?
"Potrebbe essere la donna delle pulizie" tentò Tony.
"A mezzanotte inoltrata? Originale" osservò lei. "Coprimi" gli fece un cenno e si avviò verso la porta d'ingresso.
"Ziva?" sibilò Tony, nel buio.
"Che c'è?"
"Ti amo"
Si voltò verso di lui. "Ti sembra il momento?"
"Beh, si, mi sembra proprio il momento, in effetti"
Ziva biascicò qualche insulto in ebraico e poggiò le spalle al muro, di fianco alla porta d'ingresso. Le finestre erano coperte dalle tende, sembrava non esserci nessun movimento, all'interno. "Tony?"
"Che c'è?"
Ziva deglutì. "Andiamo". Con un colpo ben assestato del gomito aprì la porta e puntò la pistola verso l'unica figura in piedi nella stanza.
Sentì Tony, dietro di lei, la pistola alta, trattenere il respiro: Eli David li osservava, tranquillo, con dei documenti tra le mani.
"Shalom, Tony. Non ci vediamo da quando entravi in camera di mia figlia dalla finestra" Tony ebbe il buongusto di arrossire, ma non lasciò cadere la pistola.
"Bei tempi, quelli" rispose.
"Papà!" strillò Ziva. "Che ci fai qui?"
"Prima di risponderti, ti consiglierei di puntarmi contro la pistola di nuovo" la incitò con la mano. "Su, forza"
"Non ti punterò addosso una pistola! E tu, abbassala" urlò a Tony. "E' mio padre"
"Alzatela invece. Fate come vi dico, avanti"
Il ragazzo fece come ordinato, ma Zivaz esitò. "E' una farsa!" biascicò, alzando la pistola. "Ora, per piacere, spiegami che ci fai qui! Ci buttano in prigione tutti e due se ci trovano in questa stanza, lo sai, vero?"
Tony ebbe un sussulto che Eli notò. E gli sorrise. Tony aveva capito, sua figlia ancora no.
"Sei sempre stato un bravo ragazzo. Prenditi cura di lei"
"Lo farò"
"Di che state parlando? Ehi!" Ziva tirò un leggero colpo, con la gamba, a Tony. "Che significa?"
"Ti sta proteggendo, sai. Avevamo ragione" disse il ragazzo. "Ti prego, tieni alta la pistola, Zee"
"Perchè?" chiese. La risposta le arrivò circa tre secondi dopo; cinque persone, che riconobbe immediatamente come agenti del Mossad, entrarono dalla porta d'ingresso, già spalancata da loro. Erano armati fino ai denti e guardavano Eli David con autentico dolore e rammarico.
"Eli David. E' accusato di tradimento e spionaggio" disse uno di loro. Ziva non lo conosceva e, spaesata, lo vide stringere, intorno ai polsi di suo padre, delle manette. Le tremarono le mani.
"Ziva" Tony le fece abbassare l'arma. "Ziva, mi dispiace"
"Ma..." boccheggiò la ragazza. "Io..."
"Complimenti agente David" Genim, il braccio destro di suo padre, le porse la mano. "So che non deve essere stato facile inseguire e mettere con le spalle al muro il suo stesso padre, pochi agenti l'avrebbero fatto. E' una risorsa importante per l'agenzia. Sarebbe meglio, però, non... ecco, sottolineare che lei abbia avuto bisogno di un... aiuto esterno" accennò a Tony.
"Aba*" mormorò la ragazza, chiamando suo padre. Stava a testa bassa. "Aba" abbassò la pistola. "Vi sbagliate, io non stavo..."
Uno sguardo di Eli la incenerì sul posto. Non parlare, bambina. Non-parlare. Tony le strinse un braccio.
"E' innocente, non fatelo... " impotente, vide che lo portavano via. "Genim!" ringhiò. Lo conosceva da sempre, come Leni. Non poteva credere che facesse arrestare il suo mentore senza fare nulla.
"Ziva" l'uomo le fece una riverenza. Poi le sorrise. "Le Bahamas sono splendide in questo periodo dell'anno. Non trovi?" le strizzò una guancia. "A proposito" si voltò sulla soglia, prima di sparire. "Non ti disturbare a prenotare un'aereo per Tel Aviv. Prenditi prima una settimana per sistemarti: abbiamo bisogno di un'agente di collegamento all'ambasciata israeliana di Washington. Sono pieni di incapaci" fece una smorfia. "Ci servirà una come te, così ben inserita" gli scappò una risatina. "Shalom, bambina" si chiuse la porta alle spalle.
Ziva era spaesata. Tony anche.
"Tuo padre si è fatto arrestare come complice di Michael. Ha organizzato tutta questa sceneggiata per evitare di metterti nei casini" riuscì a dire Tony, dopo qualche minuto. Le si parò davanti. "Ziva?" sventolò una mano davanti al suo viso. "Ehilà?"
"Si?" scosse la testa e lo guardò. 
"Che c'entravano le Bahamas, scusa? Sono confuso, è successo tutto così..." Ziva gli scoppiò a ridere in faccia. Tony si accigliò. "Uhm?"
Non si fermò, la ragazza continuò a ridere, tenendosi la pancia. Balbettava qualcosa.
"Che figlio di puttana!" fece un'applauso.
"Dici a me?"
"No, scemo. A mio padre! Che grandissimo..." afferrò Tony per le spalle. "Ha intenzione di scappare. Le Bahamas. Mio padre adora le Bahamas. E Genim lo sa. Ha messo su questo teatrino non per far scappare me... ma per crearsi una fuga da solo!"
Tony si grattò una guancia. Poi scoppiò a ridere anche lui.

"Una pizza peperoni e funghi, pizza con patatine fritte. Voilà!" Tony si sedette sul marciapiede, davanti al motel, e porse uno dei due cartoni a Ziva. Mangiarono in silenzio per un po', scossi ancora da qualche risatina incredula.
"Perchè l'ha fatto, secondo te?" Le chiese, mentre osservava un fungo colare via dalla sua fetta di pizza.
"Penso fosse stanco. La morte dei miei fratelli l'ha distrutto - sono mesi che Leni prova a farlo dimettere. Adesso capisco perchè non l'ha fatto" scosse la testa. "Aveva già organizzato tutto con Genim, che bastardi. Senza dirmi niente"
"Ha colto l'occasione migliore. Tu ne esci pulita, rimani in America e lui se ne va al mare" fece spallucce. "Ma come ha intenzione di scappare?"
Ziva annuì tra sè e sè. "E' un David. E ha il suo vice. Quei due ne sanno una più del Diavolo"
"E così" la guardò di sottecchi. "Rimani a Washington"
"Efattho" sputacchiò, mangiando la pizza. "Non guardarmi così" si pulì la bocca con un tovagliolo di fortuna, pescato nella borsa.
"Così come?"
"Come se volessi mangiarmi" fece spallucce. "Io e te... non torneremo insieme, Tony. Anche se rimarrò in America... per un po', perchè non è detto che mi facciano restare qui per sempre... tra noi è finita tanto tempo fa. Mi hai tradita"
"E' vero" Tony sorrise e diede un morso alla sua pizza.
"Perchè sorridi?" gli domandò stizzita. "Ti ho detto che tra noi due non c'è alcuna possibilità di tornare assieme"
"Ho capito, Zee"
"La smetti di essere così pacato!?" gli tirò un pugno sul braccio. "Cos'hai in mente?"
"Niente"
"Non mi fido di te"
"Si, Ziva, si. Ora mangia"
"E non dirmi quello che devo fare, DiNozzo!"
Tony alzò gli occhi al cielo. "Dio! Sarà terribile essere il tuo ragazzo"
"Non lo sarai. Hai capito?"
"Si, Ziva, si. Ma quando arrivano Deeks e Kensi, diamine?!"
"Non cambiare argomento!"
"Sei pesante!"
"Ah" alzò le braccia la cielo, stizzita. "Io?!"
"Si, tu. Sei pesante e... sporca di pomodoro" le baciò il labbro superiore. "Ora non più"
"Smettila!"






































Maia says:

E il prossimo sarà l'epilogo :'D Vi confesso, ancora non so come... presentarvelo. Nel senso, ho due idee differenti, per il prologo. Molto simili, ma diverse (?) si, boh, non riesco manco a spiegarmi tra me e me.
Gesù, sono sopravvissuta a questo capitolo :'D Non mi va ancora di fare saluti, ringraziamenti (poi mi viene da piangere), posso solo dire che sono priva di energie e queste parole che state leggendo sono frutto di tanto stress fisico e mentale. Odio la maturità D:
Mi sento profondamente in colpa per come ho "trattato" la nascita di Kelly - ma ho 19 anni, signore e signori, non ho la più pallida idea di cosa significhi avere una bambino, perciò... ci ho provato, ecco >.< Però non ne sono soddisfatta, boh.
Dei Tiva invece lo sono HAHAHAHHAHAHHA perchè mi fanno ridere HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA li ho fatti più scemi degli originali, ragazzi sono un mito HAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHA
Vabbè, il mistero è venuto a galla :) Eli ha pensato un bel po' ai cazzi tuoi, ha coperto Ziva e se ne in giro (da solo) per il mondo. Io mi preoccuperei. Ehm, ho disseminato un po' di decima stagione in giro - vorrei mettere un bordello di gif e citazioni ma mi sto trattenendo - perciò non dico altro xD

Ci vediamo (per l'ultima volta) al prossimo capitolo :')

*Aba: Papà in ebraico.

P.s.: Metà capitolo non è stato betato :( Perdonate eventuali errori.



  
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