Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: effieth    20/02/2013    1 recensioni
I suoi lunghi capelli tinti neri ricadevano a onde sul prorompente decolté poco nascosto dallo scollato vestito nero. Le sue mani accarezzarono provocanti la pelle beje del divanetto che faceva risaltare le sue unghie rosse ben curate. Sembrava una pantera; una bellissima pantera che, sensuale, attirava a se la sua preda per poi poterla addentare. La sua preda ero io.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La paura mi stava facendo diventare pazza. Completamente pazza.
Socchiusi gli occhi e con un grugnito di stanchezza mi sollevai pesantemente da quell'enorme materasso bianco, che mi aveva dolcemente accolta e cullata per tutta la notte.
La notte. Quella notte.
Mi appoggiai leggera sulla moquette color beige e in punta di piedi mi avviai verso il balconcino che guardava sul giardino dell'hotel.
Non ebbi il coraggio di girarmi verso Michael. Con quale forza avrei potuto guardare quel dio dormire sereno e finalmente felice? Con quale forza avrei potuto dirgli che non sarei mai stata la sua regina perché appartenevo già a qualcun altro?
La portafinestra si aprì scricchiolando. Strizzai gli occhi e varcai la soglia trattenendo il respiro.
Una folata di vento gelito si attorcigliò attorno ai miei arti sfiorandoli e facendoli tremare. Amavo quella sensazione, mi ricordava così tanto la libertà, cosa a me negata ormai da molteplici anni.
Quasi involontariamente raggiunsi a passi lunghi e leggeri la righiera e mi sporsi in avanti.
Intorno a me vedevo solo verde, tantissimo verde e qualche punta di marrone, legno delle panchine sul sentiero che portava al ruscello. Solo in lontananza si potevano vedere le figure geometriche e regolari delle case di città.
Grigia e triste città. Ecco dove ero destinata a finire.
Affondai il viso nelle mie mani e mi sorpresi a singhiozzare.
Perché non potevo decidere io per la mia vita? Perché non avevo mai imparato a dire di no e invece ero un'esperta nell'accontentarmi del nulla?
Inspirai tutta l'aria che potei e poi fui assalita da un'attacco di tosse. Mi portai la mano alla bocca ma non cessava.
Mi aggrappai alla righiera cercando di respirare più lentamente che potevo, ma non mi era possibile visto che ogni volta che cercavo di inspirare rischiavo di soffocare.
Mi piegai e portai una mano sulla pancia. Stupida tosse.
Finalmente, dopo dei dolorosi minuti, cessò.
Tolsi la mano dalla bocca e rimasi impietrita da quello che vedevo. Sangue.
Il rumore della portafinestra che si apriva attirò la mia attenzione. Michael si era svegliato e mi stava raggiungendo.
Sul suo viso c'era un sorriso sereno e rilassato; come se vedermi fosse la cosa più bella che gli fosse mai capitata.
Asciugai la mano sugli short neri offerti dall'hotel e mi diressi verso la stanza.
Non volevo nessun contatto con lui, sarebbe stato troppo doloroso per entrambi.
« Moon »
La sua voce ghiacciò i miei muscoli facendomi bloccare. Appoggiai le mani contro il vetro e sospirai voltandogli le spalle.
« Ti ho sentita tossire, stai bene? »
« Mai stata meglio » risposi ricacciando in gola le lacrime. Amare lacrime che né io né lui ci meritavamo.
Le sue calde mani si aprirono sui miei fianchi. Il suo bacino, coperto solo da un sottile strato di stoffa bianca, si appoggiò sulle mie natiche e il suo petto strusciò sulla mia schiena donandomi una sensazione di calore indescrivibile che, in vent'anni di vita, solo lui era riuscito a donarmi.
Con una mano mi portò dietro l'orecchio una massa confusa di lunghi ed ingarbugliati capelli e le sue labbra inumidirono il lobo del mio orecchio.
« Ti prego stai ancora con me. Non andartene. Non lo sopporterei io come non lo sopporteresti tu. »
Mi misi ritta sulla schiena ed entrai nella stanza sciogliendomi dalla stretta di Michael. Il freddo di prima ormai era svanito; la libertà era scomparsa con esso.
Mi avvicinai al comodino e aprii tutti i cassetti in cerca di una maglietta. Una maglietta della mia taglia magari.
'XL, XL, XL, XL.. ma qui dentro ci vengono solo i vecchi ciccioni appena usciti dal Mc donald?!' urlai dentro di me.
Spazientita, ne afferrai una a caso e la infilai in fretta e furia.
« La distanza ci ucciderà »
Mi voltai verso Michael. Nei suoi occhi navigava terrore misto ad una falsa ed ipocrita speranza. Anzi, meglio. Inutile speranza.
Morire. Cosa ne sapeva lui della morte? Lui non aveva mai sperimentato la morte sulla sua pelle; la perdita di una persona cara, della persona che si ama, la perdita della libertà, sentire il cuore fermarsi. Morire dentro.
Improvvisamente davanti ai miei occhi si materiallizzarono tanti piccoli puntini colorati che mi oscurarono la vista. Sbattei le palpebre e mi aggrappai a qualcosa di morbido. Forse il letto, non lo so, non vedevo più niente.
Feci qualche passo nel vuoto; sembrava di camminare in un universo parallelo. Il mio corpo era in quella stanza con Michael ma la mia anima era altrove. Forse all'inferno?
Scossi la testa e i puntini scomparvero. Ero fuori dalla stanza.
Morire. Ora sì che avrebbe scoperto il vero significato di morire dentro.
  
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