CAPITOLO
14: NUOVE PROSPETTIVE
*Ospedale
di Mystic Falls, 23 Marzo…*
ROXANNE’S POV
Le parole di quel
dottore continuavano a rimbombarmi nella testa.
“Lei è incinta. Lei è
incinta. Lei è incinta”.
Io… come poteva essere?
Beh, pensandoci bene, da quando io e Damon eravamo partiti per quella vacanza a
Los Angeles da mio padre ci avevamo dato dentro come conigli, ma… una cosa del
genere non era decisamente nei programmi.
Ero incinta. Aspettavo
un figlio. Il figlio di Damon.
Poi mi ripresi, come se
quella notizia mi avesse improvvisamente rinvigorita.
«Come sta il bambino?
Ha subito danni a causa dell’aggressione?», chiesi ansiosa.
Il medico sorrise
nuovamente. «Per un attimo abbiamo temuto, ma per fortuna non c’è stato bisogno
di sacrificare il bambino per salvarle la vita, è molto forte. Nonostante
questo però, devo chiederle di stare a riposo per molto tempo, almeno cinque o
sei mesi e il primo trimestre della gravidanza dovrà trascorrerlo a letto, per
evitare ogni rischio».
Per me una cosa del
genere era impossibile da accettare, ma se volevo salvaguardare il mio bambino
era l’unica cosa da fare e di certo non avrei rischiato di perderlo.
«Dottore, il mio
fidanzato è qui? Quanto tempo è passato dall’aggressione?»
«Sono trascorsi due
giorni dall’aggressione, il suo intervento è durato otto ore. Molte persone
erano in sala d’attesa per lei, c’era anche una ragazza vestita da sposa e… »
Solo in quel momento mi
tornò in mente.
«Oh mio Dio, il
matrimonio!»
«Già… il suo fidanzato
era molto preoccupato, è stato lui a portarla qui, ma purtroppo non ho potuto
dirgli nulla. Qui in terapia intensiva siamo molto rigidi riguardo a lasciar
trapelare le condizioni dei nostri pazienti e le divulghiamo solo alla
famiglia. Purtroppo i suoi amici non sono riusciti a mettersi in contatto con
suo padre, da quanto ne so ci stanno ancora provando, ma io non ho potuto dir
loro nulla, solo che era viva. Posso chiamarli adesso che si è svegliata, però.
Il suo fidanzato è sempre rimasto nella sala d'attesa, non è mai andato a
casa».
«Oh, dice sul serio? Posso
vederlo?»
«Certo, se se la sente
vado a chiamarlo subito».
«E… dottore?» lo
bloccai quando era sulla porta.
«Sì?»
«Lui ancora non sa che
aspetto un bambino?»
«No, signorina
Stevenson»
«Mi chiami Roxanne, la
prego».
«Bene… Roxanne. Vado
subito a chiamarle il suo fidanzato, allora».
Quando fui di nuovo
sola nella mia stanza cominciai a metabolizzare quella nuova situazione.
Una piccola vita
cresceva in me. Sarei diventata madre.
Non riuscivo ancora a
crederci, era come se improvvisamente tutto fosse diventato più leggero, come
se il peso sulla mia coscienza per aver ucciso un uomo ed il terrore nel quale
avevo vissuto in quegli anni, si fossero alleviati.
Ero ancora immersa nei
miei pensieri quando la porta si aprì di scatto e un agitatissimo Damon come
mai l’avevo visto prima di allora, fece irruzione nella mia stanza d’ospedale.
«Roxanne, amore… », mi
prese il volto tra le mani e mi diede un lungo bacio.
Tra l’altro, notai che
era la prima volta in assoluto che mi chiamava con il mio nome intero.
«Come stai? Come ti
senti?»
«Va tutto bene, Damon,
ora sto meglio, cerca di calmarti».
Lui prese qualche
profondo respiro e chiuse gli occhi, sedendosi poi sulla sedia accanto al mio
letto.
Era ancora troppo
agitato, così preferii aspettare un po’ prima di dirgli della gravidanza. Non
sapevo come l’avrebbe presa, ricordando poi dell’aborto di Sage, forse per lui
era ancora troppo presto. Sperai che la notizia non lo turbasse e cominciarono
a venirmi dei dubbi.
Per adesso comunque,
decisi di non pensarci.
Damon teneva le mie
mani chiuse nelle sue, nei suoi occhi potevo leggere la preoccupazione.
«La polizia vuole
parlare con te, Rox, li ho minacciati di occuparmi io del caso, quindi, non
appena sarai pronta, dovrò farti un po’ di domande perché… »
«Perché ho ucciso un
uomo. Lo so».
Lui annuì pesantemente.
«Non devi preoccuparti
di nulla, Rox, sappiamo tutti che lo hai fatto per legittima difesa, sarà
soltanto una formalità».
«Va bene. Comunque… se
vuoi sapere com’è andata posso dirtelo subito».
«Ce la fai a parlarne?
Sei pronta?»
«Credo di sì… »
«Dimmi tutto, allora».
Il suo tono era fermo.
Così, cominciai a
raccontargli di quella terribile mattina, tutto ciò che mi ricordavo, almeno.
Non appena ebbi
terminato, Damon sospirò pesantemente.
«Pensa solo che
ora finita, Rox, Hai impedito a
quell’uomo di farti del male e gli hai impedito di trucidare altre giovani
donne che altrimenti avrebbero fatto la fine di Kelly e di Mary. Sei stata
molto coraggiosa ed io sono orgoglioso di te. Sei stata forte come sempre ed
hai vinto anche questa volta».
Sorrisi.
«Damon… che cosa è
successo dopo? Il dottore mi ha detto che sei stato tu a portarmi in ospedale».
«Sono stato io, sì.
Sono tornato a casa per venire a prenderti e andare in chiese, ma ho trovato la
maniglia dell’ingresso per terra, il vaso rotto, del sangue in cucina. E ho
capito subito. Ti ho chiamato forte e tu non mi hai risposto. Ho avuto paura.
Sono corso il più velocemente possibile sulle scale e vi ho trovati entrambi in
camera. Un teatro di sangue».
A quel punto fece una
pausa e respirò a fondo.
Gli strinsi una mano,
poi lui continuò.
«Respiravi a malapena,
quindi ti ho presa in braccio e ho guidato fino in ospedale. Lì ti hanno
portata in sala operatoria immediatamente e non ho più avuto notizie di te fino
alla fine dell’intervento. Mi hanno solo detto che eri viva, visto che non sono
un parente stretto non hanno voluto dirmi altro».
«Ma adesso sono qui,
amore mio. Sono qui e nessuno potrà mai più portarmi via da te. Ti amo tanto,
Damon Salvatore».
«Ti amo anch’io,
Roxanne Lynn Stevenson», detto questo mi diede un altro dei suoi baci
appassionati.
«Damon, cos’è successo
al matrimonio? Stefan ed Elena si sono sposati?»
«Sposati?! Non appena
ti hanno portata in sala operatoria mi ha chiamato Rick per sapere che fine
avessimo fatto e così lui, Elena, Stefan e tutti gli altri sono venuti subito. Il
matrimonio è stato annullato».
«Oh, mio Dio. Mi
dispiace tanto… »
«Hanno rimandato fino a
quando non potrai tornare a camminare, Elena ti vuole assolutamente come sua
damigella. Ora che ci penso… direi che è meglio chiamarli; Caroline e Matt
erano fuori di testa quando l’hanno saputo».
A quel proposito, forse
era arrivato il momento di dirgli della gravidanza, perché se Stefan ed Elena
avrebbero dovuto aspettare me, non si sarebbero sposati prima di tre mesi come
minimo.
Guardai Damon, stava
trafficando con il telefono, ma lo bloccai, richiamando la sua attenzione.
«Dimmi Rox, hai bisogno
di qualcosa?»
«Siediti, c’è una cosa
che devo dirti».
Vidi il suo volto
allarmarsi, era teso, pensava che fosse una brutta notizia.
«Prima è passato il
medico, mi ha detto che durante l’intervento hanno… diciamo che hanno trovato
qualcosa che non si aspettavano».
«Rox, ti prego, dimmi
che stai bene… »
Adesso era visibilmente
agitato.
«Sto più che bene.
Damon… forse è ancora troppo presto, ma quello che il dottore mi ha detto… è
che sono incinta».
Lui rimase immobile per
un momento, impietrito.
«Di un bambino?!».
Lo guardai per un
attimo. Aveva un’espressione che mai gli avevo visto in vita prima di allora e
mi chiesi se mi stesse prendendo in giro o se avesse preso una botta in testa.
Sembrava davvero… allucinato.
«No, di una rapa!». Ci
fu un attimo di silenzio in cui ci fissammo tutti e due, poi dissi: «Damon,
avremo un figlio!»
A quel punto si alzò
con impeto dalla sedia e mi abbracciò forte. Poi mi mise una mano sulla pancia
e disse: «Lui sta bene? Nonostante tutto?»
«Nonostante tutto», gli
feci eco con un largo sorriso. Il moro era palesemente sconcertato, ma felice
di quella notizia e quindi lo ero anch’io.
Lui mi sarebbe rimasto
accanto sempre e comunque.
«L’unica
raccomandazione del dottore è di restare a letto fino alla fine del primo
trimestre della gravidanza e poi di stare comunque a riposo, per questo non
penso di poter fare da damigella al matrimonio di Elena».
«Rox, non hai idea di
quanto tu abbia veramente cambiato la mia vita. Non lo sai. Ed ora mi stai
donando un figlio. Non voglio altro dalla vita, se non di passarla con te. Tu,
io e questa piccola creatura», disse accarezzando di nuovo il mio addome con
fare protettivo come solo lui poteva.
Parlammo ancora per un
bel pezzo, fantasticando sul nostro futuro e sul nostro bambino, poi Damon si
ricordò che ancora doveva chiamare suo fratello.
Così Stefan lo disse a
Elena, la quale chiamò Caroline, che chiamò Matt, che chiamò Bonnie ed in breve
la mia stanza divenne troppo stretta per farci stare tutte quelle persone.
Mi scusai sinceramente
con Elena per il matrimonio saltato e lei mi disse di stare tranquilla e di non
preoccuparmi, che le cose si sarebbero risolte e loro si sarebbero sposati più
avanti. Dopo che avevano aspettato così a lungo, qualche altro mese non avrebbe
certo cambiato loro la vita.
Quello che non sapeva
era che avrebbero dovuto aspettare ben più di qualche mese date le mie
condizioni.
Io e Damon infatti
avevamo deciso di non dire ancora nulla ai nostri amici riguardo alla mia
gravidanza. Volevo aspettare fino alla fine del primo trimestre perché se
qualcosa fosse andato storto, parlarne poi sarebbe stata troppo dura.
Ad ogni modo, cercai di
godermi il più possibile la loro compagnia, nonostante fossi molto stanca. Alla
fine mi salutarono a malincuore e soltanto Damon restò seduto al mio fianco.
«Hai bisogno di
qualcosa, Rox?»
«Ho bisogno che tu vada
a casa e che ti faccia una doccia e che dorma nel nostro letto. Sei qui da due
giorni. Ti prego, prenditi cura anche di te, adesso. Io sono fuori pericolo,
non ti devi più preoccupare».
«Non voglio lasciarti
da sola».
«Ma lei non è sola».
Una voce familiare mi fece
voltare improvvisamente.
«Papà!» esclamai
felice.
«Tesoro, sono arrivato
non appena ho saputo. Mi dispiace, ero in missione a Baghdad. Damon è riuscito
a contattarmi quando sono rientrato in America e sono corso subito qui».
Io sorrisi ai miei due uomini,
poi, mi chiesi a come avrebbe reagito mio padre non appena avesse saputo di
stare per diventare nonno.
«Damon, va pure a casa.
Penso io a mia figlia, adesso».
Il mio fidanzato si
alzò, mi diede un bacio sulla fronte, strinse la mano di mio padre e poi uscì
dalla stanza.
«Lui ti ama, tesoro. Ti
ama veramente», disse venendo a sedersi sulla sedia lasciata vuota da Damon.
«Lo so».
Per qualche istante
aleggiò il silenzio, poi decisi di dirlo, almeno a lui, perché non gli avevo
mai tenuto nascosto nulla.
«Papà?»
«Cosa c’è, piccola?»
«Io e Damon avremo un
bambino… »
Non sapevo come altro
comunicarglielo.
«Che cosa?!» era
stupito come mai l’avevo visto prima.
«Sono incinta!»
«Roxy… oh, tesoro!» mi
abbracciò.
«Beh, direi che il tuo
bambino deve aver ereditato la forza della mamma, se sta bene. Tu sei la
persona più forte che io abbia mai conosciuto e sono orgoglioso di poter dire di
essere tuo padre».
Per un momento mi
vennero le lacrime agli occhi, ma poi le ricacciai indietro. Mio padre era un
uomo di poche parole e per questo, sentirsi dire quel genere di cose era
meraviglioso e io gli volevo un gran bene.
«Lui sta bene, sì, ma
io devo stare a riposo a letto per i primi tre mesi. Sarà dura non poter
muoversi per così tanto tempo, sarà dura non tornare a scuola dai miei
studenti. Mi mancheranno».
«Sono certo che Damon
si prenderà cura di voi due. Ogni volta che ti guarda vedo la devozione nei
suoi occhi. Non avrei mai lasciato avvicinare nessun altro a te se non lui.
Sarà una caratteristica dei Salvatore amare così tanto le proprie donne».
«Sì, è possibile»,
risposi sorridendo.
«Sono felice per voi,
bambina mia. Adesso riposa, oggi hai avuto molte visite ed ora a maggior
ragione non devi stressarti. Stai tranquilla, io sarò qui quando ti sveglierai,
non ti preoccupare».
[…]
Erano trascorse tre
settimane da quando il mio incubo era finito e una dal giorno della mia
dimissione dall’ospedale.
Ormai avevo quasi
finito il secondo mese di gravidanza, ancora non si vedeva e avrei avuto più di
un altro mese da trascorrere a riposo forzato a letto.
Le visite da parte dei
miei amici erano continue e le attenzioni di Damon quasi ossessive. Si era
preso un periodo di permesso dal dipartimento di polizia, aveva spiegato la
situazione alla madre di Caroline, ancora sceriffo in carica a Mystic Falls e
le aveva chiesto, almeno per un po’ di tempo, di tenere la cosa per sé, di non
dire niente neanche alla figlia.
Liz era stata molto
gentile e comprensiva con noi ed era anche passata a trovarmi. Dopotutto… mi
aveva vista crescere e fino ai diciotto anni, prima della prima aggressione, io
e Caroline eravamo inseparabili.
Dunque adesso avevo un
indaffaratissimo Damon sempre in giro per casa; quell’uomo non riusciva
veramente a stare fermo un minuto, cercava sempre un modo per farmi stare
meglio, tanto che un giorno lo presi per uno dei passanti dei pantaloni e lo
trascinai a forza nel letto insieme a me.
«Rox, non possiamo, lo
sai!»
Io ero sconcertata:
Damon Salvatore che diceva di no ad un’occasione per fare sesso?! Mai accaduto
prima di allora.
Presi un calendario sul
comodino e feci finta di fare dei calcoli su un pezzo di carta.
«Tesoro… che cosa stai
facendo?», mi chiese il moro alquanto perplesso.
«Calcolo quando sarà la
prossima apocalisse, mio caro»
Lui inizialmente alzò
un sopracciglio in una delle sue tipiche espressioni alla Damon Salvatore, poi
disse: «Sei divertente, biondina, davvero, sono contento che tu non abbia perso
il senso dell’umorismo».
«Mmm… perdere il senso
dell’umorismo e vivere con te sono due cose incompatibili, Damon».
Lui mi baciò.
«Tuttavia, sai com’è…
la mia amica sente nostalgia del tuo coinquilino del piano di sotto… ».
Vidi Damon sgranare gli
occhi.
«Rox… non mi tentare,
dannazione, sei così sexy che ti salterei addosso in ogni momento e ti strapperei
i vestiti, ma non posso».
«Ma io ho voglia!»
«Saranno gli ormoni
della gravidanza, ma sei diventata più pervertita di me e questo la dice lunga…
».
Misi un broncio
infantile.
«Che cosa c’è, adesso?»
«Mi trovi brutta?»
«Come, scusa?»
«Sono incinta, costretta
a letto e piena di cicatrici. Non sarebbe strano».
Lui mi guardò come se
fossi completamente impazzita.
«Tu aspetti mio figlio
e porti addosso i segni della tua forza, è questo che io vedo in te, Rox. E ti
trovo bellissima». Fece un attimo di pausa. «Comunque sì, gli ormoni della
gravidanza ti fanno davvero strani effetti».
Io gli tirai una
cuscinata.
«Damon?»
«Cosa c’è, Rox?»
«Grazie per essere
arrivato in tempo. È solo grazie a te che non mi sono persa tutto questo e non
avrei voluto perdermelo per nulla al mondo».
«Grazie a te per essere
così forte. Senza di te sarei io quello perso».
Mi addormentai così,
tra le braccia di Damon e felice, pensando al nostro bambino che sarebbe nato
di lì a sette mesi.
NOTE:
Ed eccomi qui con il
quattordicesimo capitolo. Spero taaaanto tanto tanto di non avervi deluso; io
onestamente, mi sono divertita a scriverlo, ad immaginare l’espressione di
Damon nell’apprendere la notizia di diventare padre ed il suo sbigottimento al
riguardo.
Ad ogni modo, mi sa che
non manca molto al termine di questa mia ff, ormai, a meno che non mi vengano
altre idee malsane, dovremmo essere alla stretta finale.
Comunque, non so se per
vostra fortuna o sfortuna, la mia mente malata sta elaborando una nuova storia
sempre sul fandom di TVD, ma ancora preferisco non pronunciarmi; è ancora tutto
da vedere.
Bene, signori miei,
direi che vi lascio ai vostri impegni perché se siete passati a leggere il mio
capitolo (se lo avete fatto vi ringrazio infinitamente), penso di avervi già
rubato abbastanza tempo.
Detto questo, auguro un
buon proseguimento a tutti!