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Autore: Jude_McCartney    20/02/2013    3 recensioni
Liverpool, 1958. Il fumo delle ciminiere delle fabbriche offuscava la luce del sole, rendendo il paesaggio triste e macabro. Emma, seduta sul prato del giardinetto pubblico vicino casa, poggiava la schiena su di una quercia antica, l'unica che riusciva a sostenere il grande peso che gravava sulle sue spalle da anni ormai, l'unico posto in cui si sentiva davvero al sicuro da sguardi indiscreti e dalle sue paure.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Pete Best
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sera lettori! Come avrete notato, non resisto a pubblicare i capitoli, è più forte di me! Ringrazio comunque tutti coloro che hanno recensito, sono stati tutti molto dolci, sono davvero contenta J
Un piccolo anticipo. Questo sarà uno dei capitoli più romantici della storia, quindi da qui in poi ce ne saranno di meno,non vorrei che vi venisse il diabete con tutte queste smancerie! (per i sentimentalisti, non disperate. Di scene sdolcinate ce ne saranno a bizzeffe).
 Lasceremo un po’ spazio a “nuovi incontri”, già dalla seconda parte del capitolo, e non vi dico altro.  Buona lettura!


-George, sei più puntuale di un orologio svizzero.- sospirò Paul, strangolandolo con lo sguardo.
-Sisi, ok, adesso fammi entrare!- disse lui spingendo l'amico che gli bloccava il passaggio. Oltrepassò l'ingresso di casa. Aveva tutto il viso bagnato, le gocce d'acqua scivolavano per terra dalla punta del suo naso, le sue lunghe ciglia castane erano imperlate di pioggia.
-Ci voleva tanto ad aprire la porta?!- sbuffò George -oltre che sono diventato una pozzanghera ambulante, si è bagnata tutta la chitarra! E' di legno, se assorbe umidità si spacca!
Paul continuava a guardarlo come se avesse commesso un crimine imperdonabile. Strizzava gli occhi e arricciava il naso, sua tipica espressione di disprezzo.
-Ehi, ma mi stai a sentire?- alzò il tono della voce, evidentemente infastidito da quell’atteggiamento- Perché mi guardi così, che ti ho fatto? Sei stato tu a mollarmi mezz'ora fuori dalla porta a prendere acqua!
-Un ombrello no, eh? Oppure, semplicemente stare a casa tua qualche volta?-incalzò Paul.
-Senti, da un anno vengo ogni sabato alle cinque per provare, non è mica una novità! Mi dici invece che ti prende?
-Guarda lì..!- indicò con un movimento della testa il pianoforte nel mezzo del salotto, dove sedeva Emma.
George vide la testa rossa che spuntava dal piano nero. Immaginò quello che stava succedendo poco prima del suo arrivo, e soprattutto ciò che aveva interrotto. Si sentì in colpa. Paul gli aveva detto dell'appuntamento con la ragazza, ma se n'era completamente dimenticato. Dispiacendosi per l'amico, la buttò sul ridere.
-Ringrazia che sia arrivato, quella poveretta si sarà scocciata di sentirti blaterare per ore. –le fece l’occhiolino-Sono la sua salvezza.
Emma, dietro lo Steinway, rise, colpita dalla simpatia di quel ragazzo. George e Paul la sentirono, allora la tensione sparì. Paul tirò uno scappellotto all'amico, ridendo.
-Vai a prendere una felpa asciutta dal mio armadio, sei fradicio davvero.
George guardò Emma, con aria di complicità -Ah si, se n'è accorto adesso. Ma con chi abbiamo a che fare?- risero ancora.
Mentre saliva al piano di sopra, Paul tornò da Emma. Le si sedette accanto.
-Lui è George, te lo ricordi? Era con me la settimana scorsa, al parco.
-Certo che lo ricordo! E' carino..!- rispose Emma.
Paul la trafisse con lo sguardo.
-Volevo dire che è simpatico, stupido!-gli sorrise, e gli carezzò il volto. La sua pelle era morbida e vellutata come la buccia di una pesca.
Paul chiuse gli occhi,crogiolandosi nel piacere di quel tatto leggero, del calore di quelle dita pallide e sottili.
George era già di ritorno, e ancora interruppe un momento di tenerezza.
-Beh, ragazzi, che facciamo?- disse, allegramente.
Come la prima volta, Emma e Paul si guardarono dritti negli occhi e risero.
 
I ragazzi suonarono insieme tutto il pomeriggio. Paul e George fecero ascoltare ad Emma il loro repertorio, iniziando con Johnny be good di Chuck Berry a finire con Kind of Blue di Miles Davis. Erano davvero bravissimi. Avevano delle voci fantastiche, si mescolavano perfettamente in un soud pazzesco. E poi la loro abilità nel suonare la chitarra era strabiliante. Così passarono due ore, e si fece sera. Sarebbe stato bellissimo ascoltarli ancora, ma era ora di rincasare. Emma e George si salutarono, promettendosi di rivedersi presto. Paul congedò l'amico e decise di accompagnare Emma a casa.
 
Camminavano ancora mano nella mano, in una Liverpool triste, che pareva assopita dal freddo autunnale. Le nuvole sembravano galleggiare nel mare stellato e in un intervallo di pochi secondi lasciavano spazio ad un cielo mozzafiato. La luna piena irradiava la sua luce lieve e candida sui volti dei due ragazzi.
-Come ti è sembrato George?-chiese Paul.
-E' molto simpatico.-sorrise Emma- Sembra un tipo sicuro di se, carismatico, molto alla mano..
-Non ti allargare troppo con le lodi-scherzò Paul- di me non diresti un quarto dei complimenti che hai fatto a lui.
-Assolutamente no-borbottò Emma- di te direi che sei.. dolce, intelligente, divertente, bello- si soffermò molto sull'ultima caratteristica elencata- affascinante, emotivo, ed hai un sorriso bellissimo.
Paul, per la prima volta, arrossì.
-Di te direi, invece, che sei delicata, sensibile, davvero bellissima, misteriosa, fragile, e che amo i tuoi occhi. Mi catturano ogni volta che ti guardo- Paul si fermò e prese tra le mani il viso della ragazza- come adesso. Ti guardo e non riesco a non pensare a quanto siano stupendi i tuoi occhi. A quante volte li ho immaginati, quando sentivo la tua mancanza. A quanto mi sia innamorato di te.
Emma rise, semplicemente. Era pronta. Accarezzò i capelli del ragazzo, e gli si avvicinò, guardandolo dritto negli occhi. Lui fece lo stesso. Le loro labbra si sfiorarono. Emma provò una sensazione bellissima. Era sollevata, quel momento era finalmente arrivato. Desiderava di più. Paul la strinse a se, la baciò con passione. I movimenti delle sue labbra erano consapevoli, decisi. Emma invece era insicura. Seguì i movimenti di lui, abbandonandosi alla magia del momento. Lui era accogliente. Emma percepiva il calore di Paul, e sentiva il suo trasferirsi in lui. Era come uno scambio di energia, come se le loro due anime si stessero fondendo in una sola. Paul percepì il sapore dolce di lei. Più dolce del miele, più dolce del cioccolato.
Sapeva di amore.
Emma era vorace, ne voleva sempre di più. Nulla era comparabile a quella sensazione, era indescrivibile. Era bellissimo. Fu qualcosa di freddo e umido a fermarli. Qualcosa che con leggerezza si posò sul naso di Paul, scongelandosi e trasformandosi in una piccola goccia d'acqua. Lo stesso sul naso di Emma. I due aprirono gli occhi, si guardarono con tenerezza. Poi si voltarono. Tutto attorno a loro era bianco. Bianco più della luna, delle stelle. Bianco, come la purezza dei loro sentimenti, del loro affetto sincero. Bianco, come neve.

-

Domenica 15 ottobre 1958.
Paul si era appena svegliato. Era al caldo sotto le coperte, con i capelli spettinati, come ogni mattina. Si stiracchiò, stendendo le braccia e inarcando la schiena. "Risveglia ogni muscolo, ti alzerai volentieri." gli diceva la madre, quando andava in camera sua per sollecitarlo a prepararsi per la scuola. Faceva "stretching" ogni mattina nel suo letto, anche se in realtà ciò che davvero lo faceva svegliare volentieri era il bacio del buongiorno della sua mamma. Guardò l'orologio sul comodino, accanto a lui. Segnava le sette e mezza. Consapevole che non sarebbe più riuscito a riaddormentarsi, si alzò. Prese la vestaglia dall'armadio, la indossò e vi si strinse. Poi si diresse verso la finestra. Tutto attorno a lui dormiva. Liverpool era ricoperta da un velo bianco. La neve fioccava da ieri sera, sempre più candida, sempre più spessa. Ah, quella sera. Paul sorrise. Un bacio così, non l'aveva mai dato. Non fu come quei baci che sanno di fumo, di alcol. Sentiva ancora il suo sapore dolce sulle labbra. Quella ragazza era speciale. Alitò sul vetro della finestra. Vi scrisse "Emma" con le dita sottili. Si voltò verso l'orologio. 7.45. Era ora di prepararsi.
 
8.30. Paul era diretto verso la St. Peter’s Church. La parrocchia aveva organizzato una festa per raccogliere fondi, ed erano stati invitati dei gruppi locali ad esibirsi. Tremava nel suo cappotto blu. Aveva il naso rosso per il freddo, il vapore che usciva dalla sua bocca ad ogni suo respiro pareva fumo di sigaretta. Girò l'angolo e raggiunse la chiesa. Poi vide un ragazzo correre verso di lui. Era Ivan Vaughan, un compagno di scuola. L'aveva invitato lui alla festa.
-Buongiorno Paul!- disse Ivan, dandogli una pacca sulla spalla- andiamo, devi vedere i ragazzi.
Paul si diresse verso il cortile della parrocchia assieme all'amico. Era curioso di ascoltare il gruppo di cui Ivan gli aveva parlato e parlato, elogiandoli come fossero diretti discendenti di Elvis Presley. Stando ai racconti entusiasti di Vaughan, erano dei gran musicisti, "spaccavano ". Paul non si impressionava con poco. Si aspettava però di rimanere colpito dai Quarrymen. Era il gruppo di John Lennon, il teddy boy della zona. Sapeva chi era, del resto, era conosciuto in tutta Liverpool. L'aveva osservato da lontano, a scuola. Era uno spaccone, un ribelle, un anticonformista. Non moriva dalla voglia di conoscerlo, non ispirava molta simpatia, anzi aveva un'aria strana, come se avesse voglia di spaccare la faccia a chiunque gli si fosse posto davanti. Raggiunsero i palchetti allestiti per la festa. I Quarrymen stavano provando i loro strumenti skiffle. Ivan gli si avvicinò e li salutò
-Ragazzi, siete pronti per lo show?- urlò carico Ivan, suscitando l'interesse di tutti, che lo accompagnarono con delle esclamazioni come 'See!' 'Siamo grandi!'
Sembrava che stessero per varcare la soglia di chissà quale palco scenico, pensò Paul. Che esagerazione.
-John, lui è Paul- si voltarono verso il ragazzo- quel tipo di cui ti ho parlato, il chitarrista. Fidati amico, è pazzesco.
John lo scrutò come fosse un pezzo di fango. Gli lanciò un'occhiataccia. Ecco lo sguardo alla "ti voglio pestare". Paul si pentì di aver dato retta all'amico, sapeva che sarebbe andata a finire così.
-Ah..- borbottò John- ..ti chiami?
-Paul.- rispose, incerto.
-E quanti anni hai? Dodici?- rise il teddy boy, e gli altri con lui. Paul si sentì come se fosse intrappolato nelle sabbie mobili. Avrebbe voluto tirare un pugno a quel galletto, ma era consapevole che se avesse fatto una mossa falsa, sarebbe sprofondato rovinosamente. Fece per voltarsi ed andarsene, ma Ivan lo prese per il braccio, impedendogli di muoversi. L'amico rispose al posto suo.- Sedici, John. Ne ha sedici.
 
L'esibizione iniziò poco dopo. I Quarrymen suonarono e cantarono Be Bop A Lula. Paul fu obbiettivo. Non li trovò niente male. Nonostante fossero pessimi nella tecnica degli strumenti, avevano un certo fascino. Sopratutto Lennon. Sbagliò metà del testo, ma si atteggiò comunque da divo, sembrava dire con quella faccia da schiaffi "Sono Lennon, non ho studiato il testo perchè non mi va, faccio quello che mi pare".
Concluso il pezzo, Ivan e Paul si riunirono al gruppo.
-Che te ne pare, zuccherino?- domandò John a Paul.
-Non male.- disse Paul, con aria di sufficienza- sta a sentire.
Il ragazzo prese in mano la chitarra di Eric, un componente del gruppo, e si mise a suonare twenty flight rock, canzone di per sé difficile, ancor più per un chitarrista mancino. John lo osservò durante l'esecuzione del pezzo, con molta attenzione. Rimase basito. Aveva quel talento limpido, brillava. Quella capacità che non si ottiene solo studiando, ma è qualcosa che viene da dentro, che fluisce dal cuore. Il suo volto da bambino, la voce dal tono acuto ma robusto, lo sguardo di sfida lo resero irresistibile. Quel ragazzo aveva qualcosa di particolare, di raro. Ivan aveva ragione, era davvero pazzesco.
-Non male, ragazzino.- sospirò John. Paul sorrise, sorpreso. Ce l'aveva fatta. Gli aveva dato una bella lezione, e si era guadagnato il suo rispetto.
Poi John sii rivolse a tutti gli altri. -Ragazzi, sta sera tutti al Cavern. Festeggiamo i Quarrymen, offre Lennon.
Si voltò verso Paul. -Anche tu, zuccherino.
Gli strizzò l'occhio, amichevole.
  
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