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Autore: Antilla    20/02/2013    5 recensioni
Perchè sì, ci sono anche le storie in cui l'amore non salta fuori all'improvviso, le storie in cui si nasconde e bisogna cercarlo, le storie che non pensi mai potessero nascere e poi ti ci ritrovi dentro, senza sapere come. Ci sono persone che credevi mezze estranee, ma che poi scopri essere l'altra metà di te.
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Dal primo capitolo:
So che ve lo state chiedendo.
E la risposta è sì.
Lo abbiamo ignorato.
Abbiamo ignorato la nostra alchimia, la nostra naturale complicità, la nostra inspiegabile, ma estremamente intonata, armonia.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Just look at me
Capitolo 12


Sono le due e posso vedere chiaramente, già ad occhi chiusi, Morfeo che si sporge verso di me nel tentativo di acciuffarmi e stringermi tra le sue braccia: il binomio formato da una giornata stancante a scuola e il respirare dolce di Blaine sul mio petto è qualcosa di assolutamente letale.
 
Non posso assolutamente lasciarvi però prima di avervi raccontato la fine di questa storia.
 

***

 
Erano i primi di novembre, eppure il sole sembrava quello dei primi di aprile: pareva che il mondo volesse complimentarsi con me  per aver avuto il coraggio di averlo affrontato e di aver percorso la mia strada.
L a sera precedente, dopo il messaggio su Elliot, Blaine me ne aveva mandato un altro.
Mi aveva scritto che avrebbe passato la mattina con il suo ragazzo – che sarebbe stato tale ancora per poco – e sarebbe passato a prendermi nel pomeriggio.
 
Il sole era alto nel cielo quasi quanto il livello del mio nervosismo: avevo desiderato quel momento disperatamente e viverlo sul serio era sempre stata un’utopia. Non riuscivo a credere che avrei potuto, di li a poco, parlare a Blaine nel modo che volevo, che avrei potuto accarezzargli la linea candida della mascella e indugiare più a lungo sul suo collo.
 
Lo stare insieme era inspiegabilmente l’ultimo dei miei pensieri; la sola cosa che volevo era potermi rivolgere a lui come si fa con un ragazzo single, poter flirtare senza sentirmi in colpa, potergli stringere la mano senza il pensiero di rubarla a qualcun altro.
 
Lo feci infatti già in macchina, quando mentre lui inseriva la marcia e io mi allungavo per cambiare la stazione radio, le nostre dita si sfiorarono piano; non le lasciai andare mai, se non per dargli la possibilità di scendere.
 
Mi accorsi di essere in un parco non tanto distante da casa un attimo prima di essere incastrato tra la portiera del passeggero e il corpo di Blaine; non mi stava addosso, purtroppo, ma la distanza tra noi era davvero minima.
 
“Com’è andata con Elliot?” chiesi, perché effettivamente non avevo altro a ronzarmi in testa da quella mattina.
“È andata.” rispose lui. “Nessun pianto isterico, nessun urlo di disperazione. Qualche insulto qua e là.” minimizzò.
Mi rabbuiai all’istante: ero entusiasta della sua scelta, ma non potevo evitare di sentirmi in colpa per quello che aveva dovuto passare, in un certo senso, a causa mia.
“Mi dispiace.” mi feci scappare.
Lui scosse il capo, senza esitazione alcuna. “A me no.”
Sorrisi, come si fa ai bambini che ti sorridono per strada: dolcemente e del tutto istintivamente.
 
Non tentennò  mai, nemmeno mentre cercava di nuovo la mia mano, che gli feci trovare in fretta.
Volevo sentirlo al mio fianco più di ogni altra cosa.
Alzò il capo, che fino a quel momento era stato chino a fissarci le punte delle nostre scarpe, e inchiodò lo sguardo nel mio: i suoi occhi con la luce di quel giorno erano perfettamente dorati, come se durante la notte precedente due stelle cadenti si fossero sostituite alla sue iridi.
 
“In teoria potremmo stare insieme adesso, io e te.” mormorò a labbra strette.
Arrossii violentemente a quelle parole.
“In teoria, sì.” sussurrai, decisamente meno coraggioso, tornando a fissare la linea perfetta delle caviglie di Blaine, lasciate scoperte dai pantaloni scuri.
“E in pratica?” domandò; per la prima volta scorsi nella sua voce un lieve sospiro ansioso.
 
La bocca mi si seccò all’istante e le mani cominciarono a tremarmi: il momento era giunto e stavolta non potevo rimettere la decisione nelle mani di Blaine.
Mi scansai e lo superai con passi veloci; quando le nostre spalle di sfiorarono avvertii chiaramente la rigidità del suo corpo e notai, con la coda dell’occhio, la postura carica di tensione.
Sorrisi soddisfatto: vendetta completata.
 
Mi voltai e feci fare lo stesso a lui, con una presa sicura e decisa sui suoi fianchi.
Sembrò tornare a respirare di nuovo l’attimo dopo, ovvero quello precedente il riavvicinamento dei nostri corpi.
L’esitazione sparì quando il mio cuore e la mia testa mi suggerirono, in coro, di stringermi a lui e di baciarlo.
Ovviamente seguii il loro consiglio.
 
Molti baci dopo avemmo finalmente il coraggio di separarci senza la paura che l’altro potesse scomparire e ci incamminammo nel parco alla ricerca di una panchina al sole; considerando la presa forte del suo braccio attorno alle mie spalle, mi sarebbe stato bene anche passeggiare fino a sera.
 
Quando ci accomodammo sul ferro battuto reso tiepido dai raggi del sole, eravamo di una goffaggine disarmante: cosa dovevamo fare? Parlare un po’? Tenerci la mano? Baciarci?
Nell’incertezza scoppiammo a ridere, tanto da lacrimare, tanto da riuscire davvero a capire per la prima volta a cosa negli anni precedenti avevamo rinunciato.
Meno di mezz’ora dopo, mentre la mia schiena aderiva al suo petto – la sua era pressata contro lo schienale della panchina – e le sue dita accarezzavano piano le braccia coperte dal mio maglioncino chiaro, realizzai cosa intendevano tutti quando dicevano di sentirsi in paradiso con la persona che amano.
 
“Sono il tuo ragazzo adesso?” chiesi, trovando coraggio nel fatto che non avevo i suoi occhi dorati a scrutarmi.
“Assolutamente sì. Mi dispiace per lei, mr Hummel, ma non si libererà più di me.” disse;  voleva sembrare a tutti i costi scherzoso, ma fallì: la serietà e le determinazione nella sua voce erano piuttosto lampanti.
“Non vado da nessuna parte.” mormorai voltando il capo e trovandomi a pochi centimetri dalla sua bocca.
Le nostre labbra si incontrarono senza indugi, in un bacio storto, come quello del sonno che avevo fatto mesi prima.
Il nostro primo bacio storto in un mondo finalmente giusto.
 
“Quando ho visto quel foulard blu, ho dato di matto per ore.” confessai più tardi, mentre, a causa di una mia improvvisa voglia di biscotti al cioccolato, ci dirigevamo al Lima Bean.
Le mie parole rimbombarono nel caldo abitacolo nonostante io le avessi solamente sussurrate.
Rise, senza cattiveria e con estrema dolcezza.
“Non ridere di me!” lo ammonii ugualmente, facendolo ghignare ancora di più.
“Non sto ridendo di te, ma di noi. Quante volte ci siamo fissati mentre lo portavo? Quanti duetti? Dio, ho persino perso il conto.”
A quel punto risi anch’io, prima di zittirmi quando lui riprese a parlare.
“Voglio bene a Elliot, sai,  ma io e te siamo tutta un’altra cosa.” mormorò, diventando serio, ma non triste.
“Hai dubbi?” chiesi, non so fino a che punto lecitamente.
“Nessuno.” rispose, fermandosi al semaforo rosso e voltandosi verso di me. “Nessuno,” ripeté “o non gli avrei ridato quel foulard.”
Quella volta, così come tante altre precedenti, fu io a perdere: riuscii a sostenere il suo sguardo solo per pochi secondi prima di voltarmi dall’altro lato e donare il mio rossore alla città che aveva ripreso a correre sotto di noi.
 
La caffetteria era quasi vuota e decisamente più affascinante: si potevano notare senza difficoltà i particolari delle sedie e gli intarsi in legno sul balcone e sulle colonne. Blaine mi indicò un tavolino nell’angolo accanto alla vetrata principale: sarebbe stato un peccato, mi spiegò, stare lontani da quella giornata assolata. Lo lasciai seduto e mi diressi a prendere il suo caffè e i miei biscotti: i suoi occhi non lasciarono la mia figura nemmeno un secondo, sentivo distintamente la sua attenzione proiettata sul mio corpo.
 
Quando mi accomodai al mio posto - dovetti ammettere ci fosse davvero una bella visuale - Blaine aveva una mano poggiata a palmo aperto sul tavolo, come a nascondere qualcosa; la fece scivolare per tutto il diametro in legno e la fermò accanto al mio piattino di calorie istantanee.
Aspettò il mio sguardo confuso per spostarla e sorprendermi.
“Ci siamo messi insieme solo oggi. Non credi sia troppo presto per il matrimonio?” domandai, facendo corso alla mia unica arma di difesa in quella situazione: l’ironia.
Rise ancora spontaneamente, facendo diventare quello della sua risata il mio suono preferito.
“Elliot mi ha dato qualcosa di suo e tu hai dato di matto; ho pensato ti sarebbe piaciuto avere qualcosa di mio. ” spiegò, con l’innocenza di un bambino che chiede a sua madre come il suo fratellino sia entrato nella sua pancia.
Non esitai a indossare quel piccolo regalo: all’anulare era grande, ma all’indice era perfetto. Allungai la mano per scrutare meglio il mio nuovo anello e mi vanti un po’.
“Non ti offendere,” dissi, snobbandolo, “ma a me sta decisamente meglio.”
Sorrise ancora, illuminando l’ambiente più di quanto non facessero le luci al neon.
“Ne sono convinto anch’io.” mormorò, “dovresti tenerlo sempre.”
Feci per ritrarre la mano e afferrare il primo biscotto di pasta frolla, quando le dita di Blaine mi bloccarono il polso e tirarono verso di sé: non ebbi il tempo di protestare che le labbra di Blaine erano sul mio pezzettino d’argento nuovo di zecca.
“Non lo toglierò mai. Promesso.”
 

***

 
“Perché non dormi, amore?” mi chiede Blaine, non più in un semplice mormorio.
Nonostante la voce impastata, è decisamente sveglio: si è alzato facendo leva sul braccio destro e mi sta scrutando attentamente come a voler carpire qualche problema che in realtà non c’è.
“Qualcosa non va?” domanda ancora, visibilmente preoccupato.
“È tutto okay,” rispondo subito. “stavo solo pensando.”
“A cosa?”.
La curiosità di Blaine non conosce limiti, né riposo.
“Alla nostra storia.” sussurro imbarazzato. “Sai che lo faccio ogni sera.”.
Blaine non ha mai riso di me per questa mia abitudine e non lo fa nemmeno stasera, anzi stanotte.
Al contrario allunga il braccio e mi accarezza la guancia con il palmo morbido.
“So anche che è la cosa più adorabile al mondo.” sibila prima di avvicinarsi e lasciarmi un bacio innocente sulle labbra. Il tentativo di non arrossire è andato in fumo, fortunatamente Blaine non può notarlo, vista la semi-oscurità della nostra camera.
Non aggiunge nulla, torna supino e mi tira su di sé, facendo sì che imiti la sua posizione.
 
Solo, guardami.” gli gridavo sotto voce, quando eravamo poco più che compagni di un club al liceo.
“Chiudi  gli occhi.” gli dico adesso che proprio non vuole saperne di togliermeli di dosso.
 
Nel corso degli anni il suo sguardo è rimasto lo stesso.
Quello che ha messo a posto, poco a poco, i pezzi del mio cuore.
Quello che mi ha fatto capire che potevo ancora amare qualcuno.
Quello che mi ha detto che, prima di tutto, dovevo essere innamorato di me stesso .
Quello che mi ha  insegnato a farlo.
Quello che mi ha fatto sentire amato e protetto.
 
Blaine mi ha salvato.
Semplicemente guardandomi.
  
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