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Autore: Rakyr il Solitario    08/09/2007    5 recensioni
Da quel momento si conoscono tutti i principi ed i segreti di questa arcana scienza al massimo, permettendo loro di potere eseguire una trasmutazione senza bisogno di disegnare un cerchio alchemico.
Alcuni di questi sono i fratelli Edward ed Alphonse Elric, oltre alla loro insegnante Izumi, che infransero quell'odiato tabù per riportare in vita le persone a loro più care.
Esistono però anche persone che hanno queste conoscenze in mente fin dalla loro nascita, questi geni dell'alchimia di cui è difficile conoscere il numero esatto sono sparpagliati par tutto il mondo ed è attorno ad alcuni di loro che la storia di cui vado a narrare parla.
Siate pronti a tutto, perché il loro viaggio si perde per le mistiche nebbie dell'incredibile.
Genere: Malinconico, Dark, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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6: Uno sguardo indietro nel tempo
 
“Abbiamo tutti capito che non hai nessun
ONORE! ASSASSINO! STUPRATORE!”
System of a Down – Holy Mountains
 
Era così strano…Feren si scuoteva nel letto, come impazzita. Quel ragazzo dell’oasi…lei lo aveva già visto? Oppure la sua agitazione era dovuta solo alla curiosità di volerlo incontrare di nuovo?
Incontrarlo…di nuovo? Forse lei…era rimasta colpita da quel volto, da quelle iridi verdi così abbaglianti?
Il suo cuore era fermo in un sospiro.
-No…io non…- il suo occhio nero vacillò, un solo istante. Sembrava…confusa –Non ho niente da spartire con persone come lui. Lui non è…come me…-
In realtà quella frase le suonò come una bugia. Lo sguardo di quel ragazzo era strano, davvero strano. Uno sguardo triste, in verità…una verità che bruciava. Come il suo occhio sinistro.
-Come mai non riesco a dormire?- si raggomitolò su un lato, lasciando che lo spallino della canotta che indossava le cadesse lungo la pelle morbida –Non ce la faccio più…il mio occhio reclama sangue, dannazione…-
Il suo occhio sinistro iniziò a fremere, il dolore era così lancinante che chiunque si sarebbe messo a urlare dal dolore. Ma lei no, anzi…vedendo le lenzuola che si macchiavano di sangue, improvvisamente si sentì meglio.
L’occhio stava sanguinando…come ferito. Ma lei non sentiva più dolore.
Anzi, questo si era attenuato e lei poté finalmente chiudere gli occhi, per tentare di dormire.
Il suo passato non la spaventava.
Non quella notte.
 
-Feren! Feren!- una voce gentile, una voce dolce –Dove sei, Feren!-
-Fratello, sono qui…sono quassù!-
Il ragazzo sentì una voce, ma non capì da dove provenisse. I suoi occhi azzurrini brillarono alla luce del sole, la sua maglietta sventolava al soffio debole del vento. L’ombra di quell’albero, che si stagliava in mezzo al prato, era così piacevole…
Albero…? Lassù…? Il ragazzo ebbe un orrendo presentimento e, spaventato, alzò gli occhi al cielo.
-Ciao fratello!- la ragazzina scosse la mano, come a volerlo salutare –Feren! Scendi immediatamente di lì!-
Feren, allora, aveva 14 anni e suo fratello, invece, ne aveva quasi 18.
-E dai, fratello…ormai sono grande…- Feren sorrise, divertita –Non fare come papà…-
-Sciocca! Se cadi, ti farai male!-
-Ma che dici, fratello scemo!- disse la ragazzina dondolando le gambe dalla cima di quell’albero –Se dovessi cadere userei l’alchimia per non farmi del male!-
-E credi che sarebbe un bene? Mamma e papà non ti hanno forse detto che non si deve utilizzare l’alchimia per scopi futili come questo?-
-Uffa…-
Feren, guardando il fratello, si convinse di scendere. Eppure lei si divertiva così tanto! Seppure a malincuore, decise di dargliela vinta…ma non del tutto. Così, alzatasi in piedi sul ramo dell’albero, guardando sorridendo il fratello, si lasciò cadere a terra.
-Sei una palla, sai fratello?- il ragazzo guardò la ragazzina, sorridendo. Le sue braccia la strinsero, in un dolce abbraccio, la ragazzina si dimenò non poco.
-E smettila! Che schifo, fratello, che schifo!- rideva, perché in fondo le faceva piacere. Era raro che suo fratello la trattasse con tanta dolcezza…
-Oh Feren…quanto ti…-
-Feren! Arden!- Una voce di donna, che aveva capelli castani lunghi fino ai fianchi e dai magnifici occhi neri, li chiamava amorevolmente –Il pranzo è pronto!-
-Arriviamo mamma!- urlò Feren –Arden lasciami!-
Arden lasciò che l’abbraccio si sciogliesse, lentamente. Lui doveva dirle qualcosa, però…ogni volta, ogni santa volta quella donna li interrompeva.
Guardò Feren correre verso la madre, abbracciarla e sorridere dolcemente.
-Feren…tu non sei affatto la mia sorellina. Sei una donna, ormai…-
Arden osservò le curve appena accennate della ragazzina davanti ai suoi occhi, arrossendo imbarazzato –Oh, quanto ti vorrei avere, fra le mie braccia…sotto il tocco leggero delle mie dita…-
L’amore di Arden era un amore sincero. Dopo tanti anni ad osservarla come una bambina, davanti ai suoi occhi era diventata una donna. Lei non sapeva la verità che lui, fin da piccolo, sospettava: non erano fratelli.
Per Arden non lo erano mai stati. Adesso meno che mai.
 
-Oh…è crollata…-
La giovane donna poggiò una coperta sul corpo di quella ragazzina vivace, ormai stremata.
-Arden…va a letto anche tu, suvvia…-
Arden guardò la donna, vacuo, e riprese a leggere i suoi tomi. Non aveva intenzione di muoversi da quella posizione così comoda e poi, ancora, la candela che aveva accanto riusciva a fargli un minimo di luce. Finché non si fosse spenta non si sarebbe mosso da lì. No, non l’avrebbe fatto…
-Sei proprio come tuo padre…- il sorriso della donna era gentile –Non ti staccherai da lì finché non avrai finito, vero?- la donna si avvicinò ad Arden, come a volerlo carezzare –NON MI TOCCARE!-
Arden smosse bruscamente il braccio, facendo cadere la candela. La cera finì sopra la fiamma che si incurvò e, alla fine, si spense come dopo una lunga agonia.
-Non…non lo fare mai più, donna…- la donna guardò il volto rigido del ragazzo con un sorriso triste –Sei cambiato, Arden…da qualche tempo non sei più il solito…-
La donna si inginocchiò a terra, prese la candela. Poi, dopo averla rimessa sul tavolo, si avvicinò ad un cassetto, ne prese un’altra, l’accese –Tieni…e scusami…-
-Smettila, donna…- Arden era irritato. Quella donna teneva lo sguardo basso, come volesse farlo arrabbiare…
-Potresti chiamarmi…-
-Non lo dire!- il ragazzo si alzò, guardando la donna con occhi di fuoco –Non lo dire…tu non potrai mai essere mia madre, capito?!- si alzò, prese i suoi tomi, si avviò verso la sua camera. La voce della donna lo fermò.
-Anche Feren…non potrà più essere tua sorella…?-
Arden si voltò: quindi lo aveva capito?
-Lei…da quanto non è più la tua sorellina?- la voce della donna era rotta dal pianto –Se tuo padre sapesse…-
-Mio padre lo sa. L’ha sempre saputo. Mi ha chiesto di non…ma non ci riesco. Io Feren…-
-Mmh…mamma? Arden…?- la voce di Feren era bassa e roca –Che succede? State litigando?-
-No, amore, no…-
-Scusami Feren…- il ragazzo lasciò cadere i tomi a terra, in un tonfo scombinato. Poi uscì dalla stanza, correndo. Non voleva che lo vedesse in quello stato…non così…
-Mamma…che ha mio fratello…?-
-Niente amore…forse l’ho fatto arrabbiare. Se ci fosse ancora lui…-
-Papà…lo avrebbe calmato…?-
-Forse…forse si…-
La donna abbracciò Feren, forte forte a se. Feren si lasciò abbracciare, preoccupata delle lacrime della madre che, silenziose, stavano scendendole lungo le guance. Lei credeva che non avesse sentito.
Ma Feren le aveva sentite distintamente.
 
Passarono dei giorni…dei giorni che sembravano tranquilli…
 
-Fratello…?-
Il corpo della madre era a terra, coperto di sangue. Feren aveva sul volto un’espressione spaventosa –Che è…? Cosa ha fatto la mamma? PERCHÉ È MORTA?!-
-Feren…oh Feren, perdonami…-
Arden sorrideva, come impazzito –Lei non voleva che noi ci amassimo…-
-Arden, ma che cazzo dici?!- la ragazzina si buttò sul fratello, sconvolta. Picchiò sul suo petto, molte e molte volte –Cosa hai fatto alla mamma?!-
-Feren…oh, mia dolce Feren…io ho solo fatto in modo che lei stesse zitta…-
Arden avvicinò il mento della sorella al suo viso, dolcemente. La sua espressione era quella di un pazzo.
-Adesso noi due…possiamo stare insieme…-
-Fottiti, Arden!-
La ragazza cercò di allontanarlo con un calcio, ma il fratello non sembrò accettare quel gesto. Così, dopo averle reso un’occhiata di fuoco, la gettò a terra, tenendole ferme le braccia con la mano e le gambe con le sue.
-Non scappare da me, Feren…o altrimenti dovrò farti del male…-
Feren non fece complimenti: e sputò nell’occhio sinistro del fratello. Questo, accortosi del gesto, si asciugò della saliva. E dette inizio alla sua pazzia.
-Non dovevi farlo Feren…adesso ti devo punire!-
Solamente lasciando le mani della sorella, per un istante, Arden batté le mani e, come per magia, delle manette alle mani e ai piedi imprigionarono Feren al pavimento. Da quella posizione, la ragazza poté vedere la madre, il suo volto. Il suo volto contorto in un espressione di dolore.
-Ar…Arden! Ma che ti è preso?! Perché hai…?-
Arden tornò sopra di lei, le coprì la bocca. E le fece vedere un coltello, dalla lama appuntita.
-Dì pure addio alla luce, sorellina…-
Feren si sentì morire. Il coltello le finì conficcato nell’occhio sinistro, ma ne riuscì subito. Non ebbe modo di urlare ed il mondo iniziò a diventarle buio, per metà. Il fratello rideva, soddisfatto.
-Scusami, sorellina…ti ho fatto male…?-
La risata del fratello le fece capire che non c’era via di scampo.
Non era ancora finita.
 
Se n’era andato…se n’era andato davvero? Le braccia e le gambe adesso erano libere, ma lei si sentiva come imprigionata. Che schifo…sentiva una nausea incredibile…
Si alzò a fatica, dal suo corpo penzolavano lembi di stoffa. Lungo l’interno coscia, scivolava un rigagnolo di sangue.
-Fratello…perché?-
Le lacrime le scesero lungo la guancia, insieme al sapore ferroso del sangue che, scendendo dal suo occhio, si era appena fermato. Si sentiva ferita e violata. Arrabbiata.
-Bastardo…bastardo!-
Urlò, violentemente. E quell’urlo fece vibrare i vetri delle finestre della casa.
Feren si lasciò cadere a terra, senza forze. Il suo corpo violato…la sua luce distrutta…
Le lacrime che avevano il sapore di sangue…
 
Si voltò indietro un ultima volta, guardò casa sua come fosse un semplice blocco di cemento. I suoi nuovi abiti profumavano di fresco…ma dentro di se si sentiva marcia, andata a male.
Non era più un essere umano. Adesso non era più niente.
L’occhio sinistro era nascosto sotto la frangia, perché nessuno lo potesse vedere. I capelli castani, invece, lasciati sciolti sulle spalle.
Ricordò un attimo sua madre, per l’ultima volta. A volte le faceva le trecce, diceva che era bella.
Se le sarebbe fatte, un giorno.
Pensando questo, sorrise dura verso la sua casa e, datele le spalle, non si voltò più.
Nemmeno quando un boato scosse la terra e macerie varie giunsero fino a lei.
Che piangeva silenziosamente, per l’ultima volta.
Lo giurò a se stessa. Non l’avrebbe fatto mai più.




Ringraziamenti:

Faccina Felice: Grazie per i complimenti, cercherò di seguire i tuoi consigli...spero che continuerai a seguire questa piccola (mica tanto) storiella^^
Romance: Amore, sei sempre dolcissima...Ti Amo!!!!
The_Dark_Side: Grazie per il sostegno e spero la storia possa continuare a piacerti quanto (o magari più di) ora
Havoc_Fan: mi scuso per la prolungata interruzione a causa vacanze...se tutto andrà bene inizierò a pubblicare settimanalmente^^

Prossimo capitolo: A lone wolf and a home
  
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