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Autore: Michaela    08/09/2007    3 recensioni
Buona giornata a tutti!! Questa è la mia prima ff su City Hunter…e ho dovuto fare appello a tutto il mio coraggio per pubblicarla!! Si tratta di una AU, in cui Ryo e Kaori si conosceranno in un contesto un po’ diverso dal solito…ma non voglio anticiparvi troppo!! Leggete e fatemi sapere cosa ne pensate, sono impaziente di leggere i vostri commenti, se ce ne saranno! Un bacio, Michaela
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La lettera giaceva sul tavolino di cristallo, dove l’aveva poggiata dopo averla letta almeno una decina di volte.

Kaori, una tazza di caffè fumante in mano, la osservava attentamente, come se quel foglio rettangolare ripiegato in due contenesse tutte le risposte alle sue domande.

La donna sospirò, guardando l’orologio dal cinturino sottile dal quale non si separava mai.

Era quasi ora di cena, e quella sera aveva ospiti: la sua vicina di casa, che poi era anche sua sorella, voleva farle conoscere il suo ragazzo.

Kaori l’aveva intravisto una volta sola, una notte che lui aveva riaccompagnato a casa Sayuri, e immediatamente le aveva fatto una buona impressione.

Sua sorella diceva che lei aveva un dono speciale, quello di comprendere una persona non appena le posava gli occhi addosso.

Kaori non aveva ancora compreso se quella particolare dote fosse una causa o una conseguenza del suo lavoro di psicologa.

Era sempre stata un’attenta osservatrice, qualità indispensabile per esercitare un lavoro come il suo, che la portava ad essere in continuo contatto con la gente; in più, un certo innato istinto “femminile” le permetteva di leggere nei gesti e negli atteggiamenti dei suoi pazienti tutto ciò che non dicevano a parole, per vergogna o per riservatezza.

Kaori non sbagliava quasi mai una diagnosi, e quel Dave, l’attuale ragazzo di sua sorella, aveva un sorriso aperto e cordiale e degli occhi sinceri. Inoltre Kaori aveva notato che la gestualità del suo corpo era spontanea, non c’era niente di calcolato o di artificioso in quel ragazzo.

Era, insomma, tutto il contrario di Nick, l’ex-marito di Sayuri, che nel giro dei pochi mesi di vita coniugale – otto, per la precisione – l’aveva riempita di debiti per poi fuggire a Cuba con una brasiliana conosciuta a Londra durante uno dei suoi “viaggi di lavoro”.

Cominciò ad apparecchiare la tavola minuziosamente, lisciando ogni inesistente piega della elegante tovaglia rosa pallido: tenere le mani occupate l’aiutava a non pensare all’insoddisfazione che la trascinava, come una zavorra, in un vortice di apatia e di inerzia.

Non aveva più voglia di uscire, di divertirsi il sabato sera, di andare a pattinare nel parco la domenica pomeriggio. Nemmeno il suo lavoro la stimolava più come un tempo.

Insomma, Kaori si era resa conto che, a 28 anni suonati, era completamente insoddisfatta della sua vita.

Sua sorella la rimproverava, perché era convinta che la sua apatia fosse il risultato della rottura con Shiro, il ragazzo con cui aveva addirittura convissuto per un breve periodo.

La loro storia era finita circa sei mesi prima, e Shiro aveva avuto il cattivo gusto di mollarla proprio la vigilia di Capodanno, rovinando quel giorno di festa non soltanto a lei, ma anche a sua sorella, che si era agitata talmente tanto da farsi ricoverare in ospedale quando mancavano soltanto cinque minuti alla mezzanotte.

Beh, se il buongiorno si vede dal mattino…

In realtà, non si trattava soltanto della fine di una storia che, in un modo o nell’altro, era comunque destinata a concludersi.

Era piuttosto la solitudine, che la tormentava.

Una solitudine che la spaventava, ma di cui nello stesso tempo non poteva fare a meno.

Certo, c’era Sayuri con lei, ma sua sorella aveva una propria vita privata, aveva un lavoro che la soddisfaceva, un uomo che l’amava, quindi probabilmente non avrebbe compreso la sua frustrazione.

E poi, c’era sempre il fatto che la conosceva da appena due anni, cioè da quando Hideyuki era morto, rivelandole che non era il suo vero fratello, che era stata adottata da piccola e che aveva una sorella negli Stati Uniti.

Mentre si imbarcava su un aereo per New York, due anni prima, Kaori aveva giurato a sé stessa che non sarebbe mai più tornata in Giappone. Quel paese rappresentava il passato, quel passato doloroso dal quale desiderava riscattarsi, mentre l’America era il futuro, l’ignoto, la terra promessa che le avrebbe regalato una nuova vita.

Guardando la sua immagina distorta riflessa sul dorso di un cucchiaio, Kaori sorrise amaramente.

Cosa ne era stato della “nuova vita”? Dove era finita tutta la sua risolutezza, il suo entusiasmo, la sua voglia di fare?

Era come se le mancasse qualcosa, come se ci fosse un tassello mancante che le impediva di essere felice, costringendola ad una continua ed estenuante ricerca.

E poi, due giorni prima, era arrivata quella lettera intestata a lei, come un segno del destino.

Beh, si corresse mentalmente Kaori, quando speriamo ardentemente che accada qualcosa nella nostra vita, succede che qualsiasi cosa si trasforma in un segno del destino.

In ogni caso, quella lettera era lì, e lo sguardo della donna tornava incessantemente ad accarezzare quella calligrafia ordinata, quegli ideogrammi sottili che le sembravano un richiamo alla vita.

E se avesse ricominciato proprio da lì, da quel paese da cui era fuggita due anni prima con la promessa di non tornarci mai più?

La lettera era di Akane, una ragazza che aveva conosciuto in Giappone anni prima, durante la sua prima esperienza di lavoro come insegnante di scuola materna.

Aveva bisogno di soldi per potersi permettere gli studi universitari in Psicologia, e lo stipendio da poliziotto di suo fratello, nonostante i numerosi straordinari, non bastava mai.

Così aveva deciso di proporsi per una supplenza di cinque mesi in una scuola materna a Shinjuku, il quartiere nel quale condivideva un appartamento con suo fratello.

L’esperienza le mancava, ma aveva un modo di fare che aveva conquistato prima i bambini, anche i più riluttanti a separarsi dalle proprie mamme, e poi anche i genitori e le sue colleghe.

Akane era stata la prima collega con cui avesse immediatamente fatto amicizia, forse perché aveva un carattere deciso e cordiale, o forse perché aveva soltanto qualche anno più di lei.

Le due ragazze avevano inizialmente cominciato a pranzare assieme alla mensa della scuola, poi si erano incontrate sempre più spesso, per fare colazione insieme, per bere qualcosa il sabato sera, o semplicemente per passeggiare la domenica lungo le strade affollate di Shinjuku, guardando le vetrine dei negozi.

I cinque mesi erano volati, ma Kaori e Akane avevano continuato ad uscire insieme, almeno fino a quando Kaori non aveva abbandonato il Giappone.

La loro amicizia, però, non si era dissolta nonostante la lontananza. Tramite telefonate, e-mail o tradizionali lettere, le due ragazze continuavano a mantenersi in contatto regolarmente, e l’anno prima si erano anche incontrate, in occasione del matrimonio di Akane.

Kaori le aveva parlato della sua insoddisfazione, e del suo bisogno di cambiare ambiente per un po’ di tempo. Così, non appena se ne era presentata l’occasione, Akane le aveva inviato quella lettera.

Una sua amica, che insegnava lingua e letteratura inglese al college nel centro di Shinjuku, era rimasta incinta, così aveva richiesto un anno di aspettativa.

Di conseguenza, il suo posto era rimasto libero, ed era stato indetto un concorso per assegnare una supplente al più presto, visto che l’anno scolastico stava per cominciare.

Akane era convinta che Kaori avrebbe ottenuto quel posto ad occhi chiusi, perché pochissime persone si erano iscritte al concorso, ma anche perché Kaori, pur non essendo laureata in Inglese, aveva vissuto per più di due anni a New York, e di conseguenza l’inglese era ormai diventato la sua seconda lingua.

Se si fosse trattato di bambini al di sotto dei sei anni, Kaori avrebbe fatto le valigie immediatamente.

I bambini le piacevano, e di riflesso lei piaceva ai bambini.

Ma come se la sarebbe cavata, alle prese con una ventina di ragazzi sedicenni, nel pieno della propria adolescenza?

Sapeva per esperienza che quella era un’età critica, e che il passaggio dall’infanzia all’età adulta provoca inquietudine e incertezza, rendendo i ragazzi ribelli e spesso aggressivi.

E se non si fosse dimostrata all’altezza del suo compito, e delle aspettative che Akane sembrava nutrire nei suoi confronti?

Kaori si conosceva bene, perché molto spesso l’oggetto delle sue analisi psicologiche era lo specchio che rifletteva la sua stessa immagine.

Sapeva benissimo che non erano dei ragazzini di 16 anni a spaventarla, quanto piuttosto la prospettiva di fallire, di non riuscire a comprenderli, prima ancora di provare ad insegnar loro qualcosa.

La tavola era apparecchiata; mancavano soltanto i bicchieri.

Kaori aprì la credenza, afferrando tre calici di vetro, sempre immersa nei suoi pensieri, rimuginando senza sosta sui suoi dilemmi.

Il suono del citofono la fece sobbalzare, rischiando di farle cadere i bicchieri dalle mani.

Guardò l’orologio, in un gesto che era per lei abituale, come mangiucchiarsi le unghie fino a farsi sanguinare le dita quando era particolarmente nervosa.

Sua sorella era in ritardo, come al solito.

Si affrettò a sistemare i bicchieri sul tavolo, poi corse ad aprire la porta.

Come aveva immaginato, vi trovò sua sorella, con il dito appoggiato al campanello, pronta a suonare una seconda volta.

Sayuri indossava un tubino nero, con borsetta ed accessori abbinati. La abbracciò, baciandola sulle guance, poi le presentò il suo ragazzo, che indossava una elegante camicia bianca, sotto una giacca nera come i suoi pantaloni.

“Kaori, questo è Dave.”

“Dave, mia sorella Kaori.”

Il ragazzo le strinse la mano, una stretta decisa ed amichevole allo stesso tempo. Kaori ricambiò la stretta, sorridendogli di rimando.

Poi la padrona di casa li fece accomodare, cominciando a servire la cena.

Aveva preparato del risotto ai frutti di mare, ricordando che una volta sua sorella le aveva detto che Dave adorava il pesce.

L’interessato si disse “estasiato” dalla sua cucina, a differenza di Sayuri che non sapeva nemmeno cucinare un uovo alla coque.

Kaori sorrise, mentre sua sorella si vendicava dell’offesa pizzicando il braccio del suo ragazzo.

Tuttavia, un pizzico di invidia le ricordò che anche lei avrebbe tanto desiderato un uomo accanto, con il quale scherzare, litigare, e avere quelle piccole schermaglie amorose che, nonostante tutto, le mancavano…

Chiacchierarono per tutta la sera, e Kaori rafforzò la sua opinione positiva su Dave: sembrava che finalmente sua sorella avesse trovato l’uomo giusto per lei.

Poi, mentre tagliava la torta al cioccolato che aveva preparato quel pomeriggio e disponeva le fette in tre piattini, gettò un’occhiata alla lettera e seppe quello che doveva fare.

Dopo aver terminato il dolce, Dave uscì sulla veranda a fumare una sigaretta, mentre Kaori e Sayuri terminavano di sparecchiare.

Poi le due donne raggiunsero il ragazzo, e i tre parlarono del più e del meno, godendosi lo spettacolo mozzafiato delle luci notturne di New York.

Guardando l’orologio distrattamente, Sayuri esclamò: “Cavolo, è già mezzanotte!! Non mi ero accorta che fosse così tardi! Noi togliamo il disturbo, sorellina.”

Kaori li accompagnò alla porta, e prima di salutarla Dave si profuse in mille ringraziamenti e in mille complimenti per la cena.

Sayuri la salutò con la mano, cominciando a scendere le scale.

Kaori trasse un profondo respiro. Ora o mai più!

“Sayuri!”

La maggiore delle due sorelle si fermò, voltandosi a fissare Kaori con aria interrogativa.

“Dimmi, sorellina.”

“Potresti salire un momento? Ho dimenticato di dirti una cosa.”

Sayuri disse a Dave di aspettarla in macchina, poi risalì gli scalini a due a due, fermandosi incuriosita davanti a sua sorella.

La fissò per qualche secondo con aria indagatrice, poi scoppiò a ridere.

Kaori era sconcertata. Cosa le prendeva?

“Ho capito!!!”, esclamò trionfante Sayuri. “Hai un nuovo ragazzo!!!”

Le prese le mani, scuotendole con gioia.

“Congratulazioni, sorellina!!”

Kaori sorrise nonostante tutto. Sayuri e il suo inarrestabile ottimismo!

“Ehm…veramente no.”

La faccia di Sayuri si intristì in maniera talmente repentina che il risultato fu quasi comico.

“Oh…peccato.”

“Ecco…però ci sarà un cambiamento, nella mia vita…”

Sayuri sgranò gli occhi, fissandoli sul ventre di sua sorella.

“Sei incinta???”

Kaori agitò le mani davanti al volto, arrossendo violentemente.

“Ma come ti viene in mente una cosa del genere, Sayuri? Tu vedi troppe telenovele, sai…”

Sayuri emise un sospiro di sollievo.

“Meno male, per un attimo ho temuto il peggio…ma allora cosa c’è? Sembra quasi che tu stia per dirmi addio.”

Kaori prese coraggio, poi fissò sua sorella negli occhi.

“Non è un addio, Sayuri, è solo un arrivederci. Ma effettivamente ho deciso di partire.”

Sua sorella la fissò, sbigottita. Kaori non aveva mai intrapreso un viaggio, da quando si era trasferita negli States.

“Parti? E dove vai?”

Un sospiro. Ma nella sua voce non c’era traccia di esitazione, quando rispose.

“In Giappone.”

  
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