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Autore: Alkimia    22/02/2013    6 recensioni
[CONCLUSA]
***SEGUITO di "A series of unfurtunate events"***
Ognuna delle opzioni possibili è rischiosa e potrebbe danneggiare Nadia. Per non parlare dell'altra faccenda in ballo: qualcuno vuole distruggere la Terra... tanto per mantenersi nel solco della tradizione.
Nadia è in America per cercare, insieme allo S.H.I.E.L.D, un rimedio ai danni provocati dall'energia della pietra. Loki è prigioniero sul pianeta dei Chitauri ma ha ancora dei piani. Eppure, ancora una volta, troppe cose non vanno come lui sperava. Vecchi nemici tornano da un passato lontano che lui continua a rinnegare, costringendo gli Avengers a tornare in campo; episodi e sentimenti inaspettati lo porteranno a dover decidere da che parte stare. E non è detto che la decisione finale sarà quella giusta...
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo ventiduesimo
Deus ex machina – part one


Nick Fury osserva le casse che alcuni agenti stanno caricando sull'elicottero.
C'è un bel po' di confusione sul tetto della base dello S.H.I.E.L.D. e Bruce non riesce  a fare altro che torcersi le mani e pensare che sia una pessima idea quella di tornare su quell'enorme coso volante.
Fury ha deciso che si sposteranno in volo. Se dovessero riuscire a recuperare Nadia senza effettivamente essere in grado di fermare chi c'è dietro a tutta quella schifosa faccenda, è meglio che la tengano in un posto dove il nemico non può raggiungerla tanto facilmente.
Fury non è contento per niente. Tutti hanno fatto finta di non sentire quel suo «... e se le avessi ficcato una pallottola in testa a tempo debito...» mormorato uscendo dalla sala riunioni.
Se lui avesse sparato alla ragazza. Se loro avessero potuto fermare Loki, fermarlo davvero, molto tempo prima...
Bruce guarda l'orologio e realizza che sono passate ventiquattro ore da quando si sono accorti della sparizione della dottoressa Foster e della signorina Potts, e quindi ventiquattro ore da quando anche Nadia è sparita. Stanno supponendo che se trovano le une troveranno anche l'altra e viceversa. Hanno immaginato che le abbiano prese per convincere Nadia a collaborare, perché loro due erano le più facili da prendere.
È meglio che non ci stia troppo a rimuginare, perché è un'idea che gli fa rabbia. Molta rabbia, e quello è il momento peggiore per arrabbiarsi.
La prospettiva di dover tornare sull'Elivelivolo stuzzica già abbastanza l'Altro. Se si sofferma a pensarci per più di una manciata di secondi, si rende conto che dovrebbe rimanere con i piedi ben piantati a terra, al chiuso nella sua casa nel bosco. Se succedesse un incidente come quello dell'altra volta, se l'Altro decidesse di fare una visita di cortesia mentre sono in volo su quell'enorme fortezza fluttuante senza vie di uscita, se mandasse tutto a monte non se lo perdonerebbe mai.
L'ultima volta le circostanze hanno dimostrato che persino lui può rendersi utile, che l'Altro non deve essere per forza solo una maledizione. Ma adesso Bruce non si sente poi tanto sicuro, adesso non è previsto che piovano alieni da un buco in mezzo al cielo, non è nemmeno detto che ci sia da menare le mani e lui davvero non sa che fare di se stesso in quella circostanza.
«Io... io non credo che sia una buona idea che salga su quel coso» squittisce senza parlare con nessuno in particolare, e comunque chi lo sentirebbe con il frastuono delle pale dell'elicottero?
«Stai scherzando vero?» gli fa Barton, alle sue spalle. Ok, qualcuno ha sentito.
Bruce sospira. Ecco, adesso gli diranno che non deve preoccuparsi, che i suoi problemi di gestione della rabbia, come li chiama Stark, non sono davvero un problema.
«Noi siamo una squadra» conclude Occhio di Falco con uno sguardo eloquente. «E tu ci servi. In tutte e due le versioni».
«La mia versione small non serve a un bel niente in questo frangente, lo sapete» replica lui. «E la mia versione extra large potrebbe creare più problemi che altro. Non voglio essere quello che fa andare storto qualcosa, considerando la posta in gioco. Mi sento già abbastanza inutile e in colpa»
«Siamo stati tutti inutili e ci sentiamo tutti in colpa per aver capito le cose troppo tardi. Non farti venire le crisi adolescenziali proprio ora che stiamo partendo per un'altra gita scolastica!».
Bruce sospira. «Voi avete mille altri modi di rendervi utili. Avete tutti fatto qualcosa per Nadia, io ho solo preparato tazze di tè».
«Ma cos'è, una gara? Sono sicuro che se mancasse anche solo uno di noi non sarebbe la stessa cosa. E adesso smettila, mi stai facendo parlare come se fossimo a una riunione di boy-scout».
Bruce continua a torcersi le mani. Guarda Stark dirigere la piccola squadra che sta trasportando sull'elicottero la cassa con la sua armatura, Rogers e la Romanoff controllano un contenitore con le armi, Thor fa saltare sul palmo il manico del suo martello.
Pensa che sono passate ventiquattro ore, che non sanno dove sbattere la testa. Nadia potrebbe essere ovunque, e chissà cosa possono averle fatto nel frattempo. Un'ondata di calore gli sale come un brivido lungo la schiena, conosce quella sensazione e sa che deve tenerla a bada.
«Di cosa stiamo parlando, qui?» si intromette Stark, dando una pacca sulla spalla a lui e a Barton.
«Il dottore sta avendo cinque minuti di crisi esistenziale»
«Io... stavo pensando che non vi servo».
Stark corruga la fronte in un'espressione crucciata e abbassa gli occhiali da sole, facendoli scivolare sul naso.
«Non lo avevamo già fatto questo discorsetto, dottore?» dice con un mezzo sorriso. Va detto che riesce sempre a mantenere alto il morale quell'uomo. «Stammi a sentire, lì fuori ci sono dei figli di puttana che hanno la mia donna, la ragazza di Thor e la nostra bambina. Se io dovessi mettere insieme un team per andarle a recuperare, ti vorrei a bordo»
«Stark...»
«Aspetta! Ma noi siamo il team per andarle a recuperare! Quindi sei a bordo, Shrek, non hai scelta!»
«Stark... la nostra bambina? Nadia? Sul serio?» borbotta Barton.
«Guarda che non è tanto più giovane di me» interloquisce Natasha Romanoff.
«Ma tu sei cresciuta in una serra di piante velenose...»
«Possibile che non abbiate altro da fare che ciarlare!» gracchia Fury. «Muoviamoci, o partirò senza di voi!».
«Che vi dicevo? È come una gita scolastica o come il campeggio dei boy-scout» conclude l'agente Barton alzando gli occhi al cielo.
Fanno per incamminarsi verso il portellone del jet che li attende in un angolo della pista, ma Rogers si blocca e si guarda attorno.
«Aspettate!» esclama. «Dove si è cacciato Loki?».

*

Nadia non sa da quanto è lì.
L'hanno chiusa in una stanza senza finestre, dentro c'è una branda e una sedia, e un piccolo bagno interno. Per una che ha passato la vita in un albergo, deve riconoscere che i suoi rapitori non sono male come ospiti... che il diavolo se li porti!
Hope le ha consigliato di riposare, ma lei non è riuscita a chiudere occhio. Ha passato quelle che devono essere state ore a guardare le ombre dei tizi messi a farle da guardia muoversi oltre l'uscio della porta. Ha chiesto di vedere Jane e Pepper e le è stato risposto che le avrebbe viste a tempo debito e che non doveva preoccuparsi, che stavano bene e che nessuno si sarebbe fatto male se lei fosse stata ragionevole.
La ragazza se ne sta seduta sulla branda, con le ginocchia al petto e osserva la forma circolare di una macchia di umidità sulla parete spoglia.
Non sa che fare. Vogliono l'energia della pietra, ma quell'energia passa attraverso di lei... probabilmente, se così non fosse, le avrebbero già staccato il braccio per prendersi il bracciale.
China la testa in avanti e si tormenta i capelli con le mani. Le viene da piangere, e quando la prima lacrima le ruzzola oltre le ciglia, l'asciuga rapidamente e cerca di farsi aria al viso, ma non serve a niente, ne cadono altre e lei non è in grado di fermarle. Si preme la manica della maglietta contro le labbra per soffocare i singhiozzi.
Un comportamento davvero pessimo per la pupilla degli eroi più forti del pianeta, piangere come ragazzina! Spera davvero che nessuno entri in quel momento, non può permettersi di mostrarsi fragile e vulnerabile, quei dannati bastardi hanno già troppo in mano. Hanno Pepper e Jane e lei non sa che fare. Se si rifiuta di aiutare Hope, verrà fatto loro del male, ma se lo accetta metterà a rischio l'intero pianeta e segnerà la fine di Thor – perché su questo punto, quel dannato vecchio pazzo ci ha preso in pieno: il dio del tuono si sacrificherebbe per salvare la Terra, si sacrificherebbe per salvare anche un singolo essere umano. E di certo Thor non è più il ragazzo bellicoso e prepotente che Hope ha conosciuto quando era giovane, su quel suo pianeta dal nome assurdo!
Il pianto la stordisce fino a farle prendere sonno e Nadia crolla stesa di fianco.
Quando vengono a svegliarla si accorge di essere infreddolita e che le si è addormentata una gamba a causa della posizione scomoda nella quale era stesa. Zoppica fuori dalla stanza, sotto lo sguardo vigile di due guardiani.
La conducono di nuovo nel grande capannone vuoto.
Al centro il pavimento è aperto come una grande botola e, di sotto, lei riesce a vedere una serie di oggetti metallici dalla forma strana: l'arsenale che gli esiliati di Nornehim hanno costruito.
Nota che al livello del pavimento c'è un tavolo coperto da un telo di tessuto grezzo. Dall'altra parte del tavolo, Hope l'aspetta tenendo lo sguardo fisso su di lei.
«Se ti senti riposata e in forze, mia giovane amica, direi che è il momento di cominciare» dice lui.
Nadia vorrebbe gridargli di non chiamarla amica, vorrebbe ribellarsi a quel trattamento e cancellargli dalla faccia quel sorriso falso e accondiscendente. Gli lancia uno sguardo furioso che lui finge di non notare.
Hope solleva il telo, scoprendo quello che si trova sul tavolo.
È una specie di lancia dalla punta preceduta da una lama a forma di rombo. È di metallo scuro e opaco come argento ossidato. Nadia è certa che l'originale debba essere molto più bella, ma quell'arma ha un qualcosa di veramente minaccioso.
«Gungnir, la lancia di Odino» spiega Hope. «Un degno scettro per un re, molto potente, ma non di certo l'arma più micidiale dell'arsenale di Asgard».
La ragazza allunga una mano verso l'oggetto, come calamitata dai bagliori cupi che il metallo sprigiona sotto la luce elettrica.
«I nostri artigiani hanno lavorato anni per riprodurre i manufatti della Patria Eterna. Quando lasciammo Nornheim, portammo con noi i loro libri di appunti... sfortunatamente non avevamo mai trovato nessun materiale adatto prima di incontrare Thanos. Il metallo estratto dalle rocce del suo pianeta è permeato di una forte energia, ma non abbastanza da reggere l'utilizzo prolungato. Tu capisci, mia cara ragazza, che non è pratico avere armi così poco affidabili, ma con la giusta dose di energia unita a quella intrinseca del metallo funzioneranno. Lo stesso Thanos aveva costruito uno scettro molto potente, e aveva aggiunto al metallo la forza del Tesseract».
Nadia sfiora la superficie metallica. È gelida al tatto, gelida e scura come deve essere il pianeta da cui proviene. Le torna in mente l'immagine di Loki, quando ricomparve nel bosco appena scappato dalla prigionia di quel Thanos, le torna in mente il suo corpo martoriato e il rivolo di sangue che disegnava una macchia sempre più larga sul terreno.
Vorrebbe proprio dire a Hope che niente di buono può venire da quel mondo remoto e che uno come Thanos non fornisce il suo aiuto se non può avere qualcosa in cambio, che il prezzo che impone deve essere certamente molto molto alto.
«Cosa si suppone io debba fare?» chiede.
«Suvvia, Nadia, lo avrai capito da te. Quella pietra che hai al braccio è una fonte inesauribile di energia, voglio che tu ne trasferisca un po' in questo metallo».
Deve prendere tempo.
«Non ho idea di come fare» dice. Ed è la verità. «Loki ha tentato di insegnarmi a usare la magia della pietra, ma non sono un'asgardiana, per me non è facile controllarla e tutto quello che riesco a fare è evitare che mi faccia male».
Hope si massaggia il mento con aria assorta. Dopo qualche secondo di silenzio dondola il capo in quello che sembra un cenno di assenso.
«Capisco» mormora. «Immagino che tu debba solo pensarci un po' su»
«Io... io non so come...» ripete Nadia. Quella scintilla che si è accesa negli occhi dell'uomo proprio non le piace.
«Facciamo così: ti darò un incentivo» conclude. Fa un cenno e due uomini entrano nel grande spazio aperto del capannone, spingendo davanti a loro Pepper e Jane con i polsi ammanettati.
Nadia sente le dita gelide della paura tastarle la schiena e conficcarsi nel petto.
No, mio Dio, ti prego, no...
Gli uomini spingono in avanti le prigioniere, facendole cadere in ginocchio. Lei intercetta lo sguardo delle due donne come a chiedere loro cosa deve fare, come possono uscirne intere da quella situazione.  
La voce di Hope si confonde al martellare del cuore che Nadia sente rombarle nelle orecchie.
«Ti fai venire un'idea, ragazza mia? O devo farmene venire una io?».
L'uomo si fa passare un pugnale e si ferma alle spalle di Jane, le afferra i capelli e la costringe a tirare indietro la testa.
«La lasci!» strilla Pepper, d'istinto.
«Oh, deve dirmelo Nadia, se posso lasciarla» sussurra lui mellifluo.
Tutto il suo corpo pulsa da far male, persino la stanza sembra vibrare attorno a lei. Nadia non riesce a staccare gli occhi da Jane, dalla lama che Hope le ha appoggiato su una guancia con la punta a sfiorarle la palpebra dell'occhio sinistro.
Va-tutto-bene. Mima lei con le labbra smunte e gli occhi velati di lacrime. Va-tutto-bene, Nadia.
La ragazza si volta verso il tavolo e afferra la lancia. Il freddo del metallo sembra una scarica elettrica sottopelle e l'arma è molto più pesante di quello che credeva.
Dopo qualche secondo, piccole strisce di luce bianca si spandono dal punto in cui Nadia tiene appoggiate le mani fino alla punta della lama. Il metallo sta reagendo all'energia della pietra, come in quel magazzino di Boston aveva reagito alla vicinanza con il martello di Thor.
«Io... proverò, come meglio posso... lasciatele stare. Lasciatele stare» dice a fatica.
Hope allenta la presa su Jane e lei scuote la testa in direzione di Nadia, come a chiederle di non fare niente. La ragazza chiude gli occhi, è già tutto abbastanza difficile senza che ci si mettano anche le suppliche silenziose di Jane e lo sguardo attonito di Pepper.
La lancia è davvero molto più pesante di quanto si penserebbe e il metallo non sembra scaldarsi nella stretta delle sue mani.
Nadia prende dei profondi respiri e cerca di concentrarsi, di ricordare, tra le tante cose che ha tentato di spiegarle Loki, quale può essere la mossa giusta per trasferire energia al pezzo di ferraglia che ha davanti. Forse è come quando lui le ha detto come convogliare l'energia in un punto; di solito quando ci provava l'energia diventava una massa informe e si andava a scagliare contro una superficie piuttosto estesa, facendo esplodere qualcosa come la prima volta con quell'albero. Non è capace di convogliare l'energia verso un punto preciso, rispettando dei confini fisici, davvero non sa come farlo e ha paura che se facesse un tentativo finirebbe far esplodere qualcosa, o per farsi del male.
Sposta lo sguardo dalla lancia alle due donne. Non importa, deve fare un tentativo, deve dare a Hope qualcosa che gli lasci capire che sta collaborando, che sta facendo del suo meglio.
Si concentra, raccoglie l'energia. Sente un sapore ferruginoso in gola e un velo di sudore coprirle la fronte, ma continua.
Può vederla, la massa di energia fluttuare davanti a sé. È come una macchia d'olio sospesa nel vuoto, una grande macchia dai bordi irregolari che lei non sa come modellare a suo piacimento. Tenta di farla abbattere sulla lancia. La macchia diventa come un enorme scroscio di acqua e cade contro il pavimento.
Nadia si sente sbalzare via dall'esplosione, vede la nuvola di polvere sollevarsi dal cemento perforato e una pioggia di schegge di pietra le cade sul viso. Impatta contro il pavimento spoglio con ancora la lancia tra le mani.
Forse ce l'ha fatta comunque, pensa. Forse ora l'arma funzionerà a dovere.
Ma quando si solleva e si guarda le mani, si accorge di star reggendo solo due tronconi dell'asta di metallo, che le altre parti della lancia sono sparse a terra, tra il piccolo mucchio di macerie.

*

La vanità e la supponenza dei Vendicatori è ancora uno dei loro migliori punti deboli.
Loki ci pensa mentre guarda dalla piccola altura la sagoma di quel capannone industriale stagliarsi alla fine di quel vicolo spoglio fatto di fabbricati squadrati.
Hanno di nuovo smesso di fidarsi di lui, gli idioti. Non che si siano mai fidati davvero, comunque. E per sua fortuna, seguitano ostinatamente a sottovalutarlo e a escluderlo. È un po' la storia della sua vita: lasciato in un angolo, messo da parte. Nessuno pensa mai che si possa diventare grandi e potenti pur stando nell'ombra, ai margini.
Quel branco di idioti sono rimasti ore a discutere su come fare per trovare Nadia e le altre due – chissà se la cara Jane e la donna di Stark sono ancora vive e tutte intere, spera proprio di no. Loki ha sentito crescere il panico nelle loro voci, minuto dopo minuto, mentre realizzavano che in tutte quelle settimane non erano stati in grado di trovare nessuna traccia degna di nota del nemico e che quasi certamente non ci sarebbero riusciti ora, adesso che il tempo stringe e che il nemico ha in mano tre persone che stanno tanto a cuore agli eroi più forti del pianeta. Ore a discutere e scervellarsi e a nessuno di loro è venuto in mente che lui sa esattamente dov'è Nadia, l'ha sempre saputo.
Buon per lui. Gli Avengers non si sono mai interessati del vero funzionamento della pietra, presi a preoccuparsi di curare la ragazza, non hanno mai pensato al fatto che lui è sempre stato in grado di rintracciarla, anche mentre era nell'angolo più remoto dell'universo, lontano un'eternità.
Buon per lui. Ora può andare a riprendersela e giocare le sue carte.
Percorre il sentiero asfaltato che porta alla piccola spianata dove si trova il capannone, pensando al modo migliore per entrare.
L'aria della sera è tiepida e intorno c'è un gran silenzio, come se la città e le sue luci moleste fossero chissà quanto lontane. Eppure il vento ha ancora quell'odore di fumo e polvere.
Per un attimo pensa a Nadia. È certo che stia bene, che non le abbiano fatto del male. Il pensiero di essere stato lui a metterla in quella situazione è irritante e preferisce accantonarlo.
Codardo...
Ha un fremito e agita la mano come se quella voce che ora ha parlato nella sua testa sia un insetto molesto che ha preso a ronzargli attorno. È sempre stato bravo a lottare con i suoi demoni, se li è fatti amici, li ha trasformati in stelle che gli indicassero la strada; è impermeabile a ogni rimorso e quella voce nella sua testa è poco più che il soffio del vento in lontananza.
Codardo. Si difende ciò che si ama...
Tira un calcio a un ciottolo che urta rumorosamente contro la base di un lampione spento. Alza la testa di scatto.
«Ciò che si ama?» mormora. Vorrebbe conoscerlo, l'amore, capire cosa ha di tanto straordinario, ma a dirla tutta, gli è sempre sembrato una favola da raccontare ai bambini per allevarli nell'illusione che un giorno potranno essere felici.
Ma non è questo il punto. Non gli piace ciò che ha fatto a Nadia, non gli piace il rischio che le ha fatto correre, eppure sa che è stato necessario e tanto basta. Deve farselo bastare...
E comunque sia, ormai è finita. La ragazza è lì, dietro a una di quelle pareti di lamiere. Sarà spaventata, sarà furiosa come una belva in gabbia, ma ci penserà lui a rimettere le cose a posto, a portarla in salvo e convincerla che può dimenticare quella brutta avventura, che anzi, grazie a lei hanno rintracciato i nemici. Del resto, non è sempre stato così? Fin da quando ha rimesso piede su Midgard, dopo la battaglia di New York, non ha sempre dovuto pensare a tutto lui, a salvarla, a sistemare le cose?
Si ferma in mezzo al buio, il dio dell'inganno. La costruzione proietta un'ombra lunga e fitta e lui è perfettamente a suo agio dentro quell'oscurità muta.
Deve solo pensare a come fare ad entrare.
Guarda la porta blindata chiusa e certamente sorvegliata, come ogni altro accesso all'edificio.
Magari basta bussare. Entrerà nell'edificio e chiederà di vedere quelli che comandano e ascolterà le ragioni di quel nemico che è stato così scaltro da giungere sulla Terra, restare nascosto, evitare gli Avengers e riuscire persino a rapire le tre donne che loro amano.
Sì, potrebbe davvero passare dalla loro parte. Anzi, quasi certamente è la scelta migliore, la più sensata. Non importa se sanno che è – è stato – il fratello di Thor, è certo che se hanno viaggiato tanto e conoscono gli Avengers, gli invasori sapranno anche che lui e Thor sono nemici, che il figlio di Odino è un nemico che lui non vede l'ora di sconfiggere, forse più di quanto lo vogliono loro.
Non capisce perché ha avuto tante remore la prima volta che ci ha pensato.  
Può certamente dare una possibilità a quegli individui. Può senz'altro darsi questa possibilità, dopo essere rimasto senza altre risorse e senza possibilità di pianificare una sua rivincita.
Codardo!
«Silenzio!».
Loki chiude gli occhi, stringendo forte le palpebre, poi li riapre e si dirige verso l'ingresso principale della struttura. Lo lasceranno entrare, li convincerà...
Si difende ciò che si ama.
Il dio si ferma, un passo prima di uscire dal cono d'ombra. Scuote la testa.
D'accordo. Gli necessita un nuovo piano.

*

Bruce guarda il foglio che Stark gli ha messo tra le mani.
La prima domanda che gli viene in mente è la meno rilevante, ma non può fare a meno di chiederselo: quando accidenti ha avuto il tempo e la lucidità mentale di partorire quell'idea?
«Niente male!» afferma, sinceramente colpito. «È assolutamente geniale»
«Certo che lo è»
«Come ci sei riuscito?»
«Ho esaminato il campione di metallo che ci ha dato Fury e qualche altro pezzo di chincaglieria tirato fuori dalle macerie del magazzino di Boston» spiega Stark, «e ho misurato il campo magnetico generato da quel materiale. Lo so che lo avevano già fatto nei laboratori dello S.H.I.E.L.D, ma io ho inventato questa!».
Bruce annuisce, sembra quasi che il suo amico voglia che gli si lanci un biscottino per premio. Non ha mai pensato che Tony Stark passasse il suo tempo libero con una rivista di sudoku, ma adesso si chiede come faccia a dormire uno che ha una testa così piena di idee. Ok, non è affatto scontato che Tony Stark dorma.
Bruce sposta lo sguardo tra lo schema disegnato sul foglio e il volto del suo amico, poi si guarda attorno. Si sono chiusi in uno dei laboratori dell'elivelivolo, e il modo in cui Stark continua a tenere la voce bassa e guardare di tanto in tanto la porta sa molto di cospirazione.
Lo strumento che ha disegnato dovrebbe essere semisferico, grande più o meno come una palla da basket tagliata a metà. Lo scopo di quell'invenzione è generare un campo magnetico alternato di intensità decrescente che riesca ad annullare l'energia che quel metallo sembra possedere. Mettere definitivamente KO le armi degli invasori è comunque un buon passo verso la soluzione.
Resta solo da trovarli, loro e le loro armi. Anzi, prima resta da trovare Nadia, la signorina Potts e la dottoressa Foster. Ma avere l'asso nella manica di uno smagnetizzatore che renderà inservibile l'arsenale nemico è un punto a loro favore ed è certamente un ottimo deterrente per ritorsioni future.
Solo, perché Stark ha quell'aria da congiurato? Perché ha detto solo a lui di quell'invenzione? Certo, magari gli altri non capirebbero la questione tecnica del funzionamento di quel marchingegno, ma di certo comprenderebbero il fine del suo utilizzo...
Bruce appoggia il foglio sul piano di una scrivania, lo spiega con il palmo delle mani e rilegge gli appunti scritti con una calligrafia frettolosa al margine della pagina.     
«Ahem, Stark... ci sarebbe una cosina da correggere» dice, infine.
«Lo so, dottore. Ma non c'è tempo, dobbiamo costruire questo affare e averlo pronto per ogni evenienza».
Bruce scuote energicamente la testa. Ora capisce perché Stark gli ha mostrato il progetto lontano da altri occhi e altre orecchie, perché sapeva che lui avrebbe capito che quell'affare ha un difetto bello grosso, almeno per lui, e non vuole che si sappia.
«No, c'è tempo, possiamo rivedere il progetto e sistemare l'intensità del campo magnetico o il raggio d'azione, o...» tenta di protestare. «Tony, tu non puoi accendere questo coso, il campo magnetico che ne verrebbe fuori, se è abbastanza potente da smagnetizzare il metallo delle armi, può far fermare il reattore Arc che hai nel petto»
«Lo so»
«E hai un reattore Arc di riserva, naturalmente»
«No. Da quando ho costruito questo, pensavo di non averne bisogno. Inoltre questo è un tantinello difficile da ricostruire».
Bruce spinge via il foglio. «Non ci sto, è troppo rischioso e capisco che sei preoccupato per Pepper e incazzato come Hulk con quei bastardi, ma non voglio contribuire al tuo suicidio»
«Rilassati, Doc!» esclama l'altro alzando le mani. «Lo sai che se ti agiti poi si strappano tutti i vestiti e qui l'aria condizionata è troppo alta per andarsene in giro in mutande. Ascolta, non devo per forza dare io la corda al giocattolino, può farlo qualcun altro di voi, e io intanto me ne sarò volato via a distanza di sicurezza, così nessuno mi avrà sulla coscienza, ok? Non sono certo un tipo da azioni suicide».
«Disse l'uomo che si è caricato un missile nucleare sulle spalle...».
Tony fa uno strano sbuffo, con quell'aria che farebbe venire voglia a chiunque di prenderlo a schiaffi, a chiunque che non lo conosca almeno, che non sappia di cosa può essere capace quell'uomo.
«Bene» conclude Bruce. «Ci serviranno i materiali per costruirlo, comunque, non credo che ci sia tutto a bordo
«Oh, posso telefonare a un amico e farmeli portare» conclude Stark, strizzando l'occhio. «Ora possiamo condividere con gli altri la mia meravigliosa idea. In quanto ai tuoi dubbi, tu promettimi che li terrai per te e io ti prometto che non farò cazzate».
Non suona molto convincente detto da lui, ma a Bruce non resta altra scelta che stringere la mano che Stark gli sta porgendo.
«Affare fatto. Ma fa' in modo che l'Altro non debba mai più farti rinvenire a suon di urla nelle orecchie, ok?»
«Ah! Visto? E tu che volevi restare a terra perché pensavi di essere inutile!».
E comunque, resta ancora una sfilza di domande alle quali lo scienziato non trova risposte.
La prima è anche la più inquietante: dove sarà finito Loki? Fury lo sta facendo cercare con lo stesso sistema con cui furono in grado di rintracciarlo a Stoccarda, ma per adesso risulta disperso e il fatto che se ne vada in giro in un momento simile, senza che nessuno abbia ben capito cosa ha in mente, è abbastanza inquietante e di certo non aiuta ad allentare la tensione.
La seconda domanda non è particolarmente rilevante, ma Bruce è uno scienziato, porsi quesiti è una deformazione professionale. Stark ha amici, a parte loro? Amici ai quali può telefonare per farsi portare i giocattoli su una base segreta e svolazzante dello S.H.I.E.L.D? Chi diamine è questa gente?!






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Note:

Bruce e le crisi adolescenziali. Perché sì. Capitolo che si apre e si chiude con lui, perché povera stella, io gli voglio bene.
Loki è schizofrenico. Più del solito. Lui non ce la può fare. Io non ce la posso fare. La visione caleidoscopica che io ho di quell'individuo mi ucciderà.

Lo so che essere una nerd non fa di me una scienziata... anzi penso di essere l'unica nerd con una spiccata predilezione per le scienze umanistiche e una totale mancanza di talento nelle discipline scientifiche, tuttavia quella dei fumetti è fantascienza (super-armature in oro e titanio, tizi che si beccano le radiazioni gamma e sviluppano un alter-ego un po' irascibile, mingherlini a cui fai un'iniezione e diventano Chris Evans...), la faccenda dell'aggeggio che si è inventato Tony si colloca in questo scenario, per cui se c'è qualche scienziato tra il pubblico... sia clemente, non mi insulti.
Ho fatto un po' di ricerche per non scrivere una totale idiozia, dal sito della Treccani, alla voce “smagnetizzazione”: Più complicata è la situazione nel caso, assai più importante in pratica, di  sostanze ferromagnetiche e ferrimagnetiche, per le quali, a causa dell’isteresi magnetica, la totale smagnetizzazione si ottiene soltanto sottoponendo la sostanza a un campo magnetico alternato di intensità gradatamente decrescente da valori prossimi alla saturazione sino al valore nullo.
(ps. Bruce+sudoku. *Alki che si mette a fare gli inside joke va portata d'urgenza alla neuro*)

Sono di nuovo in ritardo, ma prometto che in questi giorni risponderò a tutti voi. Colgo l'occasione per ringraziarvi per la costanza con la quale mi seguite. **

Ci leggiamo venerdì con il prossimo capitolo ^^
   
 
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