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Autore: _vally_    08/09/2007    3 recensioni
Questa fanfiction è il seguito di "Fumi", il seguito della folle notte in cui l'alcool ha fatto accadere cose, ha permesso momenti... Storia Huddy, ma spazio a tutto e a tutti: un caso medico, del lavoro da svolgere, delle conseguenze da affrontare.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11 – LA MIA PORTA CHIUSA

 

21 ottobre 2006, h 5.10 pm

Princenton Plaisboro Teaching Hospital – Ufficio di Cuddy

 

[…]

“Ho bisogno di te.”

Questo, le disse.

 

Era la prima volta che si metteva così a nudo, in un terreno così pericoloso come poteva essere quello del suo rapporto con Lisa.

Non aveva mai ammesso di aver bisogno di qualcuno, nemmeno con se stesso.

Tanto meno con la diretta interessata.

Ma i loro corpi si urlavano addosso questo bisogno da tempo, e ora che anche la sua mente era così intrisa di lei, le sue labbra non erano più riuscite a trattenere la verità.

Quella verità che si era impossessato di lui, togliendoli ogni controllo.

Non smise di guardarla nel debole riflesso sul vetro, come se staccare gli occhi da lei avrebbe significato perderla.

Con le braccia la stringeva forte contro di sé, con gli occhi la incatenava in una comunicazione silenziosa, con un significato troppo spaventoso per esprimerlo ad alta voce.

Erano due persone indipendenti, dedite al lavoro, sole da tempo; da troppo tempo.

Non potevano stare insieme.

Lui non era capace a stare con nessuno.

Le avrebbe fatto del male, e lei non era tipo da farsi annientare da un uomo.

Per questo l’amava, e per questo quell’angoscia snervante gli attanagliava l’anima.

Un terribile paradosso: voler vicino qualcuno che però standoti accanto soffrirebbe e basta…distruggendo così anche una parte di te.

Ora però lasciarla andare era impossibile.

Le sue braccia si opposero al suo raziocinio, stringendo Cuddy ancora più forte.

La sentì trasalire, come se non si aspettasse che un contatto fisico potesse diventare più intimo di quello che già era.

House chiuse gli occhi, appoggiando il viso ai suoi capelli, cercando di dimenticare che Cuddy era un’altra persona, cercando di dimenticare che poteva allontanarsi da lui.

Voleva fosse solo qualcosa di suo.

“House…” la voce di Lisa gli arrivò lontana, come se fosse caduto in uno stato di trance.

“House, mi fai male.”

Sciolse l’abbraccio.

Scostando il braccio dalle sue spalle, con la mano le sfiorò per sbaglio il seno, provocando una scossa elettrica ad entrambi.

“Scusa.” disse, un po’ in imbarazzo.

“Niente.” rispose lei, trattenendo il sorriso che le salì spontaneo alle labbra, pensando a tutte le volte che l’aveva toccata di proposito, sostenendo con insolenza di averlo fatto per sbaglio.

Allora era un gioco e adesso si faceva sul serio.

La fragilità di House, ben nascosta sotto la sua sfrontatezza, le apparve d’un tratto come qualcosa di palpabile.

Fu solo per un istante, poi si voltò e il contatto con i suoi occhi di ghiaccio le impedì un’altra volta di pensare coerentemente.

Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma non trovava le parole.

Allora lo baciò, e sembrò il gesto più naturale del mondo.

Come il giorno veniva con il sole, e spariva con lui, così le loro labbra dovevano essere unite in quel momento.

Era l’ordine delle cose.

Gli passò le braccia intorno al collo, mentre le mani di House tornarono a posarsi sui suoi fianchi.

Si persero in quel bacio; occhi chiusi e orecchie solo per la musica che avevano dentro.

 

Wilson e Chase si diressero con passo spedito verso l’ufficio della Cuddy, sperando di poter riferire almeno a lei le importanti novità sul caso, e magari di avere notizie di House, sparito per l’ennesima volta.

Non fecero caso alle persiane chiuse; in qualunque altra situazione Wilson avrebbe bussato, ma in quel momento aveva notizie troppo importanti da comunicare, più importanti della sua buona educazione.

Non ci fu niente, quindi, ad impedirgli di trovare House e Cuddy in piedi accanto alla finestra, impegnati in un bacio da oscar, tanto da non sentirli neanche arrivare.

Wilson si bloccò di colpo sulla soglia, con la maniglia della porta ancora in mano.

Chase, che aveva fatto fatica a stare dietro al suo passo e quasi correva dietro di lui, gli finì pesantemente addosso.

“Oddio…” l’oncologo si portò una mano agli occhi, dando le spalle ai due colleghi.

Voltatosi, si trovò Chase a pochi centimetri, che guardava lo spettacolo con occhi e bocca spalancata, neanche fosse un ragazzino davanti al suo primo film porno.

“Via, via!” lo incalzò a bassa voce.

L’intensivista sembrò destarsi e fece quei due passi indietro che permisero a Wilson di chiudersi la porta alle spalle.

Si trovarono uno di fronte all’altro, decisamente confusi sul da farsi.

“Ma hai visto?!” chiese Chase sconcertato.

“Si ma…lasciamo stare, sono fatti loro.” Wilson si ricordò che, da bravo amico, era il caso tentasse di difendere la privacy di House e Cuddy.

“Si certo, immaginavo ci fosse qualcosa tra loro dopo quella notte in bagno…tutti ubriachi.” Le parole confuse di Chase furono accolte dall’espressione perplessa di Wilson. “Ma…vedere House con una donna! Insomma, non pensavo potesse baciare una donna senza…senza divorarla!”

Wilson era sempre più perplesso.

Scosse la testa, preoccupato da quella situazione.

“Adesso facciamo finta di non aver visto niente, bussiamo, e quando Cuddy ci apre esponiamo le novità sul caso e poi ce ne andiamo senza il minimo accenno a ciò che abbiamo visto. Credi di potercela fare?” rimase in ansiosa attesa di una risposta da parte del giovane collega, che sembrava perso nei suoi pensieri. “Chase!”

“Ah, si si. Nessun problema.”

Wilson non era affatto convinto, ma non aveva scelta.

Si voltò di nuovo verso l’ufficio di Cuddy, e quasi si spaventò nel vederla sulla porta, mentre li fissava, forse un po’ turbata.

“Tutto bene?” chiese ai due uomini, cercando di sembrare il più rilassata possibile.

In realtà, aveva aperto gli occhi appena in tempo per vedere Wilson che si chiudeva la porta alle spalle, ed era terribilmente in imbarazzo.

“Si, abbiamo delle novità sul caso.” disse Wilson avvicinandosi.

“Per caso House è con te? Lo stavamo cercando…” Chase pensò che era un ottimo modo per togliere a Cuddy ogni dubbio di esser stata vista.

Mise però troppa enfasi nella sua domanda, col risultato che suonò quasi ridicola.

Lisa sospirò, fissando Wilson negli occhi, in un misto di rimprovero e ricerca d’aiuto. “Entrate.” disse rassegnata.

Wilson buttò un’occhiata infastidita a Chese.

“Ma che ho fatto?” sussurrò questi all’oncologo mentre lo seguiva, ma l’unica risposta che ricevette fu un gesto stizzito.

 

Trovarono House stravaccato sul divano di Cuddy, con la sua solita aria arrogante.

“Allora? Che porti a papà?” si alzò e raggiunse Chase, strappandogli di mano i fogli che portava con sé.

“I due fratelli si conoscevano.”

“Lo immaginavo. Qualcosa di più interessante?”

“Si sono conosciuti quindici anni fa, durante una colonia estiva. L’estate in cui Simon ha smesso di parlare.”

House sembrò soprappensiero.

Si voltò un istante verso Cuddy “Hai visto che faccio bene a guardare tanta tv? E’ come nei film.”

Poi rivolse ancora l’attenzione al suo assistente. “Altro?”

“Si. Il migliore amico di Mark mi ha riferito che i due fratelli si vedevano regolarmente, almeno un paio di volte l’anno nell’ultimo periodo. Mark gli aveva chiesto di non farne parola con nessuno, e così non ne sapeva nulla neanche la sua ragazza.” Chase prese fiato. “E il ragazzo parlava con lui, House! Intendo Simon…l’amico di Mark sostiene che i due fratelli si parlavano spesso al telefono. Questo significa che Simon non è realmente muto.”

“Intendi che finge di essere muto da quindici anni?!” chiese incredula Cuddy.

“No, non esattamente.” passò un foglio a Lisa, scritto con calligrafia quasi illeggibile. “Questo risale a circa un anno fa.”

“Caro fratello, devo confessarti una cosa.” incominciò a leggere la donna, mentre gli altri tre ascoltavano in completo silenzio “Se non parlo con nessuno oltre che con te, non è per i motivi che tu pensi. E’ che non ne sono capace. L’ho capito ora. Io non posso parlare, perché la mia voce è quello che Dio si è preso in cambio della mia vita, della mia guarigione dal cancro. Ho capito ora la verità: tu sei me. Noi non siamo fratelli separati alla nascita, ma un anima brutalmente divisa in due corpi. Tu non esisti senza di me, ed io esisto solo con te. Per questo mi senti. Ed è per questo che tu soffrirai, come ho sofferto io. Per questo impazzirai, come sono impazzito io. Non puoi scappare fratello. Quando il tuo destino ti avrà preso ci sarò solo io accanto a te. Solo la mia voce sentirai, e solo io potrò sentire la tua.”

Ci fu qualche istante di silenzio.

“E’ completamente pazzo.” dichiarò poi House, sprezzante.

“Già…” confermò Chase, a mezza voce. “Grazie a questa corrispondenza ho però tutta la lista di posti in cui si sono incontrati. Ho fatto una ricerca e uno dei nomi che ho trovato è un paesino sperduto nell’africa centrale. Potremmo partire da lì…Foreman sta cercando possibili virus e parassiti che si possono incontrare in quella zona, e sono riuscito a rintracciare un paio di persone che li hanno accompagnati in una parte del viaggio, così ci diranno cos’hanno visitato.”

“Bravo.” disse House.

Chase guardò scettico il suo capo, aspettandosi da un momento all’altro l’accompagnamento sarcastico a quel complimento.

Ma non arrivò nulla.

“C’è ancora una cosa.” disse Wilson, interrompendo quel momento idilliaco per il giovane assistente.

Tutti gli occhi furono su di lui.

“Il tumore si è riformato. In entrambi.”

Nessuno osò dire niente, mentre la speranza di aver finalmente incastrato due pezzi del puzzle, veniva immediatamente distrutta.

 

 

 

Scusate la brevità del capitolo, ed eventuali errori.

Sono in partenza per Kiev, e ci tenevo a pubblicare un capitolo prima di iniziare questa settimana, che sarà emotivamente impegnativa.

Se trovate errori, per favore segnalatemeli, e provvederò a correggere al mio ritorno.

Vi ringrazio tantissimo per le recensioni, che sono preziosissime.

Spero di trovare presto il tempo di rispondervi personalmente.

A presto!

Vally

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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