Crossover
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Autore: whitemushroom    23/02/2013    2 recensioni
Il Legame Cremisi è la prova che ogni Cavaliere dei Pesci deve affrontare per dimostrarsi degno di vestire la Gold Cloth, l'armatura d'oro che contraddistingue i migliori guerrieri della dea Athena. Ma il Legame Cremisi ha un prezzo. Un prezzo che Crona, giovane apprendista del Gold Saint Lugonis, non è disposto a pagare ...
Una fanfiction crossover tra l'universo di Saint Seiya (The Lost Canvas) e Soul Eater.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anime/Manga
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4: Medusa, la determinazione. Il futuro è davvero nelle mie mani?


La notte non gli fu di grande aiuto. Il giorno dopo, davanti alla colazione più abbondante della sua vita, Crona non riuscì a fare altro che fissare le volute di fumo che si levavano dalla sua tazza di latte; mangiò qualche fetta di pane imburrato, ma senza alcun appetito. Aveva sognato il suo maestro che si ammalava mentre in cielo la dodicesima costellazione svaniva nel buio, assorbita da due stelle di cui il ragazzo non aveva memoria. Nel sogno lui correva ad avvisare il Gran Sacerdote ma la scalinata gli svaniva sotto i suoi piedi in una pozza di tenebra; mentre sprofondava riusciva ad intravedere Sua Eccellenza correre nella sua direzione mentre con le mani protendeva una scatolina d’oro verso le nuove stelle, cercando di rinchiuderle. Si era svegliato ancora più impaurito del solito. “Mangia, Crona, mangia!” la voce lo riportò con violenza al salotto ed alla colazione “Ti voglio in forma!”
Aveva il sospetto che il dottore non avesse dormito nemmeno un’ora: davanti a lui il tavolo era pieno di tazze di caffè rovesciate ed ovunque c’erano appunti, fogli, lettere e persino un timbro di ceralacca come quelli del Grande Sacerdote. “Ho mobilitato tutti i piccioni viaggiatori della città! Ed il sistema postale!”
La luce della finestra si riflesse sui suoi occhiali, dandogli un aspetto sinistro. Si accese una pipa, e mentre piegava alcuni fogli gli disse che aveva mandato Medusa a spedire degli inviti che si era dimenticato di aggiungere. Il ragazzo si sforzò di finire la sua tazza di latte mentre l’uomo raccontava addirittura i dettagli della festa che avrebbe seguito la presentazione del suo lavoro, ma nemmeno quell’idea riuscì a dare gioia o coraggio a Crona. Anzi, si sentiva ancora più a disagio della sera precedente. Quello Stein era esuberante, movimentato, contava su di lui e su quel sangue maledetto quasi come se l’idea di entrarvi a contatto non lo spaventasse.
Gli faceva persino paura, specie senza la rassicurante signora Medusa vicino.
“Forza, su, andiamo!”
Non aveva mai visto un laboratorio nella sua vita. Sapeva che era un posto dove la gente studiava, e per tutta la mattina se lo era immaginato come le stanze del maestro Krjest, dove vi erano enormi scaffali che traboccavano di libri polverosi che i Cavalieri dell’Acquario custodivano con gelosia. C’era un meraviglioso profumo di erbe da ogni parte del mondo, e nelle rare volte che il suo maestro scendeva all’Undicesima Casa curava con un semplice tocco qualsiasi vegetale avvizzito.
Ma non era nulla di paragonabile al piccolo mondo che si estese davanti ai suoi occhi scendendo nelle cantine; c’erano decine di oggetti di vetro dalle forme impossibili, libri e fogli di carta ovunque si girasse e strumenti di cui ignorava persino la funzione. L’odore era a dir poco disgustoso, e sarebbe tornato al piano di sopra se il dottor Stein non lo avesse trascinato per la manica. Un Cosmo negativo allignava in quel luogo e lui cercò di divincolarsi, spaventato all’idea che qualcosa di terribilmente sbagliato fosse nascosto lì, da qualche parte, dove nessuno dei suoi normali cinque sensi sarebbe arrivato. Ma c’era.
Provò a divincolarsi, ma la terza volta l’uomo lo strinse con una forza che poteva essere di un Saint “Qualcosa ti preoccupa?”
Crona era certo di vedere uno scintillio nei suoi occhi “Non volevi scoprire qualcosa in più sul tuo sangue?”.
Perché in quel momento non ne era poi così sicuro?
C’era un letto in un angolo, piccolo e rivestito di teli bianchi su cui si ritrovò a sedere. Non c’era il cuscino. Il dottore si mise ad armeggiare tra decine di cassetti, ma il ragazzo non riuscì nemmeno ad alzarsi per tentare la fuga; parte di lui voleva correre via, parte invece voleva sapere cosa diamine ci fosse nel suo corpo. Un’altra si sarebbe rannicchiata sotto il lettino in attesa di un aiuto.
La vista di una coppia di lame appoggiate sul tavolo non gli piaceva troppo.
“Adesso prendi questo!” fece l’uomo. Aveva indossato una lunga veste bianca con le maniche, tutta rattoppata, e gli porse trionfante un telo imbevuto di una strana sostanza “Così potrò dissezionarti senza troppi problemi”.
Crona non era sicuro di cosa volesse dire la parola dissezionare, tantomeno se fosse qualcosa di piacevole. Senza sapere come si ritrovò quello strano telo che emetteva un odore disgustoso tra le mani e la costante sensazione di un Cosmo tenebroso in agguato tutto intorno a lui. Lo scienziato gli avvicinò il tessuto al viso “Tranquillo, fai un bel respiro”.
Non era affatto tranquillo, perché il secondo successivo l’odore gli diede alla testa e per un attimo gli tornò alla mente il profumo delle rose della Casa dei Pesci. A dire la verità non era poi così spiacevole, ma … era dolce … e allo stesso tempo bruciava … Stava per lasciarsi andare a quell’odore intenso e familiare quando un tonfo lo riportò alla realtà.
Il dottor Stein era accasciato ai suoi piedi con quel panno ancora tra le mani.
“Non ti ha fatto del male, vero, Crona?”
Adesso davanti a lui c’era solo la signora Medusa che stringeva il libro più enorme che il ragazzo avesse mai visto “Un buon uso per questo trattato di anatomia. Perdonami …” lo mise in piedi ed il laboratorio vorticò intorno ai suoi piedi “… andiamo via di qui. Ora. Non pensavo che Franken potesse farti una cosa simile, non era mai arrivato a tal punto con i suoi esperimenti, ma …”
Gli mancava l’aria.
L’uomo sdraiato sul pavimento continuava a spaventarlo. Sulla bocca c’era ancora il suo sorriso pericoloso.
“Io posso aiutarti. Non sono al livello di mio marito ma non posso lasciarti qui dentro” lo scosse di nuovo con quelle mani magicamente immuni alla sua maledizione “Insieme possiamo trovare un senso a tutto questo, ma devo chiederti di fidarti di me!”
Posso fidarmi di lei? Di quei suoi occhi d’ambra, del suo fare gentile, delle mani che lo aiutavano a rialzarsi? Era premurosa come il maestro Lugonis.
Non sapeva cosa fare, ma al suo tocco sentì il sangue muoversi, svegliarsi, prendere vita. Lo faceva unicamente con lei“Io … non lo so …” le strinse con forza la mano “La prego … mi aiuti lei … perché io altrimenti …”
“Allora vieni”.
L’attimo dopo si ritrovarono in strada, correndo tra la gente. Alla luce del giorno Ingolstadt si era animata di centinaia di persone in abiti colorati; la testa di Crona ancora vorticava per la strana sostanza del dottor Stein, ma la mano della signora lo guidava tra la folla. Scivolarono tra un gruppo di dame al braccio dei loro uomini, con delle lunghe gonne su cui incespicò nel percorso; la signora Medusa si girava con pazienza, lo sollevava e correvano di nuovo insieme per poi scivolare e rialzarsi. Le ripeté di nuovo di non toccarlo perché il suo sangue era pericoloso, ma più lui lo farfugliava più lo afferrava saldamente. Per non perderlo.
Si tuffarono nel mercato, poi tra i calesse, poi alle porte della città dove le guardie li lasciarono passare con un solo suo cenno del capo, forse abituate a lei ed alle stranezze del marito. Una volta fuori dalla città iniziò a correre. Prima furono solo dei salti, poi una vera falcata che non era intralciata nemmeno dalla grande gonna “Ce la fai a starmi dietro?” gli sorrise, e senza lasciare la sua mano si spinse fuori dalla strada maestra.
Era molto veloce e forte per una donna, Crona era sicuro che fosse veloce quanto una delle Silver Saint.
Si adattò al ritmo delle gambe di lei e corse. Il luogo era stupendo, nulla a che vedere con i campi della Grecia: intorno al Grande Tempio i fiumi scorrevano in abbondanza ed Atena aveva benedetto la terra, ma la loro era un’isola felice. La Tessaglia era brulla, secca, e quando si era recato in visita all’isola natale del suo maestro l’aveva trovata grigia e triste. Lì invece era tutto stupendo: non c’era montagna che non fosse morbida, rassicuranti profili nel sottofondo, e tutto era verde come una cascata di smeraldi. Perse il conto dei ruscelli che attraversarono con semplici salti.
La treccia al vento della signora Medusa indicava la via, e Crona si lasciò cullare dal quel movimento frenetico, sicuro che i loro cuori stessero battendo allo stesso ritmo, proprio come accadeva durante gli allenamenti con il maestro. La perfetta sintonia, una costante unione, mai la rottura. L’unico equilibrio che conosceva.
Era ormai tardo pomeriggio quando interruppero la corsa, lontani dalla follia del dottor Stein. Si erano lasciati da un bel pezzo Ingolstadt alle spalle ed erano entrati in un bosco; la signora doveva conoscerlo bene, perché si mosse nel fogliame con passo sicuro, e proprio quando il ragazzo temette di essersi perso scivolò lungo un sentiero acciottolato che il sottobosco aveva nascosto.
L’ultima cosa che Crona si sarebbe aspettato in quel paradiso lontano dagli uomini era una piccola chiesa; sorgeva in mezzo alla radura, con semplici vetrate colorate che impedivano di vedere cosa ci fosse all’interno “Siamo venuti per pregare, signora Medusa?”
“Più o meno”
Sapeva che nel mondo nessuno venerava più Atena o era a conoscenza delle Guerre Sacre; gli uomini avevano abbracciato strane credenze monoteiste che li avevano resi diffidenti nei confronti dei vecchi dèi che avevano adorato per centinaia di anni. Il maestro Lugonis diceva sempre che i monoteisti erano stupidi, perché si uccidevano tra loro per dimostrare che il loro dio era l’unico ed il solo degno di venerazione. I Saint combattevano e pregavano solo Atena, ma sapevano che l’equilibrio del mondo era troppo delicato per le fragili mani di un’unica dea, che altri esseri come lei esistevano ed avevano pari dignità e potere. Alcuni amici, altri avversari sin dall’origine del Cosmo e delle stelle. Ma se la signora Medusa era una monoteista avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa.
Lei spinse la porta in quercia “Entra”.
L’interno era avvolto nelle ombre, tranne per qualche candela lungo le pareti. Le flebili luci gli mostrarono delle panche di legno e delle statue lungo le pareti, ma nulla di più; nessuno in preghiera. I loro passi riecheggiarono sul marmo.
D’improvviso lo colse una terribile sensazione di disagio: il freddo gli attraversò le ossa ed il sangue si mosse nelle vene, irrequieto “Vieni con me” continuò lei, impugnando un candelabro. Nascosta dietro una colonna c’era una scala in marmo che conduceva ad un livello inferiore “Ti prometto che non dovrai più preoccuparti del tuo sangue”
Puntò i piedi. Doveva avvisarla. Lei non poteva sentirlo, era una normale umana “C’è … un Cosmo enorme … e pericoloso! Signora, non dobbiamo andare là sotto!”
Lei gli rivolse solo un sorriso “Se sei con me non correrai alcun pericolo. Hai detto che ti fidavi di me. E io non ti deluderò, vedrai”. Dove mi sta portando?
C’è qualcosa di oscuro là sotto!

Delle candele color sangue si accesero da sole al loro passaggio; la cripta era molto più ampia di quanto il ragazzo si aspettasse e ricordava molto il laboratorio del dottor Stein, con migliaia di oggetti di vetro e volumi spalancati. La sola vista del luogo lo fece rabbrividire.
Sentiva la mancanza del suo giardino. Voleva tornare a casa come mai prima di allora.
Eppure la signora Medusa aveva dipinto sul volto uno splendido sorriso che la rendeva ancora più bella “Benvenuto nel mio laboratorio. Un po’ fuori mano, lo ammetto, ma lontano dalla vista della gente comune” con un braccio gli cinse le spalle “Non temere. Tutto quello che vedi è qui per te. Oggi è un giorno davvero speciale”.
Il ragazzo si voltò verso il fondo della cripta, ed il gelo gli avvolse le interiora quando vide l’origine di quel Cosmo spaventoso ed oscuro che aveva percepito all’entrata della chiesa; su un seggio nero e lucente era seduto un uomo dai capelli color delle tenebre e rivestito di una tunica dello stesso colore priva di ricami. Sembrava giovane, ma a guardarlo bene avrebbe potuto avere qualsiasi età. Se il Cosmo del Gran Sacerdote era dolce e compassionevole, pieno di luce, quello dell’uomo seduto davanti a lui sembrava l’abisso della notte. In grado di spengere una stella. Il semplice trovarsi al suo cospetto faceva vibrare il suo cuore come mille ruggiti di bestie feroci pronti a balzare da quel corpo nobile e dilaniarlo.
Qualcosa non va, devo andare via! Devo dirlo al maestro!
“Quando il sole sarà tramontato Pandora, la Bambina Eletta, romperà i sigilli ed il nostro signore e dio aprirà gli occhi nel suo nuovo corpo su cui ho tanto pregato e vegliato” fece la donna, che si inginocchiò davanti al trono spingendolo a fare altrettanto. Si trovò suo malgrado a terra, fissando dal basso la divinità addormentata.
“Soul Release”.
Fu come percepire una sfera di cristallo in frantumi.
Dal suo petto si sprigionò un Cosmo potente ed aggressivo che raggiunse Crona e lo attrasse a sé; il suo sangue ribollì, si mosse con forza come mai nel corso degli allenamenti. Le braccia e le gambe si mossero da sole per quel potere incontrollabile, mentre la signora Medusa fu avvolta dalle tenebre. Il sangue nero gli salì nella gola ed invase i suoi occhi.
Quando riuscì di nuovo a metterli a fuoco il corpo di lei era avvolto da un’armatura. Nera o viola, non avrebbe saputo dirlo con precisione. Alla luce delle candele rivelò le sue forme, elaborata come quella di un Cavaliere d’Oro e con delle propaggini che fluivano dietro la sua schiena, muovendosi come se fossero vive.
Una delle 108 stelle malefiche. Una Surplice!
“Lei … lei è …”
“Medusa della Gorgone, del Cielo Scarlatto. La prescelta di Sua Eccellenza Thanatos”. Crona la fissò di nuovo, e delle mille parole che aveva nella mente nessuna si formò sulle labbra, annegate nel suo stesso sangue. Non aveva mai visto uno Specter, ma se le 108 stelle malefiche al servizio di Ade stavano rinascendo il suo compito era correre al Santuario ed avvertire il Gran Sacerdote ed il maestro Lugonis. Non era degno di essere un vero Saint, ma avrebbe comunque fatto il suo il suo dovere. E se quell’uomo era davvero Thanatos, uno dei generali di Ade …
La porta da cui erano entrati era ancora aperta; non era sicuro di star facendo la cosa giusta, non aveva idea della reazione della donna, ma fece appello al suo Cosmo, alla costellazione dei Pesci ed al suo maestro e si lanciò verso l’uscita. Ma con orrore i suoi piedi rimasero uniti al pavimento e nessuna delle sue gambe si sollevò. Ma cosa …
La donna si chinò su di lui. Poteva sentire il naso premere contro la guancia di lei, e gli occhi che gli erano sembrati quasi divini adesso si erano assottigliati come quelli di un rettile mortale “Ti avevo promesso che ti avrei mostrato la natura del tuo sangue …e ti accontenterò …”
Anche il tono della voce era diverso, sottile come un sibilo; Crona cercò di allontanarla, ma persino le sue braccia erano inerti come due colonne di marmo.
“Abbandona i vecchi preconcetti del Tempio. Compi la missione per cui sei nato. Fai del tuo sangue nero l’arma perfetta che permetterà agli dèi gemelli di fare a pezzi le Cloth dei servi di Atena! Versa ogni goccia del tuo sangue e tingi con esso il percorso che ci condurrà al trionfo nella nuova Guerra Sacra!”
Le dita di lei gli sfiorarono la fronte, ma non trovò le forze per scansare la testa; era costretto a fissare quegli occhi, mortali e impassibili come quelli di un serpente.
“Risvegliati, Crona di Ragnarok”
La seconda ondata di dolore arrivò senza preavviso, scuotendogli le braccia, le gambe e la schiena, che si piegò in modo innaturale. Il suo sangue ribolliva, si contorceva e non rispondeva più a suoi comandi nonostante gli anni di addestramento; lo sentì premere contro le vene e le arterie, quasi a perforargli il petto.
Si alzò, ma non era lui a comandare il movimento. Era un burattino straziato dal dolore mentre veniva sospinto suo malgrado verso la figura del dio dalla volontà della donna “Tra un’ora il sigillo verrà spezzato ed offrirai ogni goccia del tuo sangue al nostro signore come è tuo dovere. E non temere, stavolta non rimarginerà”
“NO!”
“Temo che tu non abbia molta scelta. A essere sincera dubito che tu ne abbia mai avuta”. Qualsiasi tentativo di ribellione sembrava vano. Poteva solo osservare da vicino il sonno del signore della morte, percepirne l’enorme cosmo e far scivolare lo sguardo sulla Surplice oscura della donna che stava giocando con la sua vita “Sei nato per il Suo volere e per Lui morirai”.
“IO NON CREDO PROPRIO!”
L’attimo dopo Crona si ritrovò scagliato con forza dall’altra parte della cripta, lontano dal trono nero. Si portò la mano alla testa per il dolore e si accorse di potersi muovere di nuovo. La signora Medusa, poco lontano da lui, stava cercando di rialzarsi, scaraventata anche lei contro una colonna.
Davanti al ragazzo si parò la familiare sagoma di un mantello bianco ed il luccichio di un’armatura d’oro.
“IO TI MASSACRO QUI, SPECTER. SPARISCI DALLA MIA VISTA!”
  
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