Test Page Then return to the page you came from by clicking the icon on the toolbar.
|
[le sempre frequenti
recensioni mi commuovono sempre *__* anche se magari un po’ ripetitive non posso
esprimere il piacere che mi danno ^^ piccolo scheletro nell’armadio: questa è la
mia prima fiction a capitoli…indi ogni volta che aggiungo un pezzo sto a
pensarci duemila anni sopra se sia appropriato al seguito della storia o meno XD
son quasi ridicola in quei momenti ^^ il sapere che l’evoluzione piace mi fa
davvero piacere :D (Beh Kenji in fondo è sempre figlio di Kenshin ^^ un po’
testardo e orgoglioso… ma nn poteva essere malvagio tutto sommato no? -^.^-)
bene…finita questa lunga premessa ecco il seguente capitolo buona lettura ^^ e
mi raccomando :D continuate a commentare così mi date benzina per i prossimi
capitoli ^^]
Kenji si lasciò cadere in
ginocchio accanto alla figura del padre che giaceva a terra privo di
conoscenza…respirava appena, non si muoveva…
Yahiko corse a sua volta
verso i due ed osservò Kenshin dall’alto verso il basso con uno sguardo vago e
rabbioso.
“Brutto scemo!!” Mormorò a
mezza voce.
Quasi aveva voglia di
mollargli un bel calcio! Ma come gli era saltato in mente? Era troppo, troppo
pericoloso per lui…
Kenji alzò lo sguardo verso
Yahiko: “Sensei…che succede? Cosa è successo? Non ho visto niente! Non ho capito
niente! Non ho potuto fermarlo…non…”
Yahiko scosse le spalle,
scostò i capelli sporchi di sangue da dinnanzi al viso e poi mise le mani sui
fianchi ma evitò di guardare il ragazzo: “No, chiaramente non avresti potuto
fermarlo…nemmeno io ci sarei riuscito…nessuno ci sarebbe
riuscito…”
Kenji sgranò gli occhi e
strinse i pugni: “Sensei…”
“Quella scuola è troppo
potente, perfino per chi la pratica a volte.”
Il ragazzo ebbe un sussulto
di emozione reverenziale: “La scuola Hiten?? Allora avevo sentito bene! Era la
scuola Hiten!”
Yahiko non rispose ma si
chinò su Kenshin e lo afferrò per un braccio per poi sollevarlo facendolo
appoggiare sulla sua spalla.
Kenji stava per fare lo
stesso dall’altro lato…ma Yahiko lo fermò con un
gesto.
“Sono stanco e ferito e
quindi non potrei correre molto velocemente.”
“Cosa intendi dire?”
domandò il ragazzo non capendo.
“Tu conosci Megumi Takani
no?”
“Uhm…” Kenji aveva un vago
ricordo di lei…l’ultima volta che l’aveva vista erano stati almeno 5 anni
prima…allora lui ne aveva dieci e non aveva prestato molta attenzione alla
donna. Era venuta a visitare suo padre. Si era intrattenuta qualche giorno ma
lui in quell’occasione si trovava fuori casa per questioni di allenamento. A
fatica ne rammentava il nome e ancor meno il volto.
Yahiko interruppe i suoi
pensieri.
“Beh non ha importanza! Lei
è una dottoressa, è la migliore per tuo padre in questo momento. Lo conosce bene
è forse l’unica che può curarlo come si deve! Devi andare a chiamarla! Vai da
lei e dille che ti mando io, non tarderà a
riceverti!”
Kenji annuì con forza:
“Dimmi dove si trova!”
“Ad
Aizu!”
“Aizu?? Ma è lontanissimo!
Ci metterei giorni! Mio padre ha bisogno di cure immediate!”protestò il
ragazzo.
Yahiko sospiro di
stanchezza: “Certo e le avrà! Ma fidati di me quando ti dico che questo che ti
chiedo non è un capriccio o una testardaggine! Le ferite che ha riportato tuo
padre non sono quelle di questa sera…sono molto più vecchie e profonde…” il
samurai portò le iridi scure sul ragazzo che aveva davanti…lo vedeva, era
confuso, spaventato, e aveva paura…non avrebbe voluto chiedergli questo ma ci
voleva tempo per mandare una lettera o chiamare qualcuno che andasse fino ad
Aizu. E di tempo non ce ne era. Certo ci sarebbe andato lui di persona ma in
quelle condizioni ci avrebbe messo troppo tempo. Addolcì il suo sguardo e posò
una mano sulla spalla del ragazzo: “Mi fido di te Kenji! La vita di tuo padre è
nelle tue mani…sappi questo e corri più veloce che
puoi!”
Kenji trasse un profondo
respiro e si fece coraggio.
Il Cielo sopra di lui tuonò
e in poco tempo una pioggerellina fine fine iniziò a contornare l’aria per farsi
sempre più pesante.
Il ragazzo annuì
seriamente, si volse ed iniziò a correre. Ma poco prima di sparire si bloccò di
scatto e si volse verso il maestro.
“Sensei! Per quanto
riguarda ciò che è successo ieri…io…”
Yahiko lo guardò
spazientito: “Sei ancora qui?! Fila ad Aizu o ti farò fare tanti di quei colpi a
vuoto che ti si staccheranno le braccia!”
Quelle parole parvero
togliergli un peso dal cuore, il ragazzo sorrise ed indugiò ancora qualche
istante…solo pochi secondi…
Avrebbe voluto fare tante
di quelle domande, dire tante di quelle cose...
Ma lo sguardo perso, duro e
pensieroso di Yahiko lo indusse a tacere.
Indi si voltò e corse come
mai aveva fatto in vita sua.
Yahiko sorrise appena, poi
a sua volta si accinse a mettersi in cammino trascinando ciò che rimaneva della
leggenda di Battosai…
Andare ad Aizu! Andare ad Aizu! Andare ad
Aizu!
Un unico martellante
pensiero rimbombava nella testa del ragazzo e tentava di coprire con la sua
ossessione l’eco delle mille domande e dei mille quesiti che gli martellavano in
testa.
I suoi piedi sfioravano
veloci le silenziose e buie vie di Tokio e presto si ritrovò a correre per campi
e foreste. La Pioggia era sempre più forte…
Megumi Takani…un altro relitto del loro passato? Mi
stanno cadendo addosso uno dietro all’altro…troppo in fretta! Che ferite si
portava dietro mio padre? Perché la scuola Hiten è così pericolosa per lui? La
scuola Hiten??Ora che ci penso…
“Ryu Shoshen Modoki!!”
La voce tonante del maestro
gli rimbombò in testa all’urlo del tuono che si abbatté a poca distanza da
lui.
Yahiko-Sensei…ha usato i Lampi del drago! I Famosi Lampi
del Drago! Come può conoscere questa tecnica?? Forse…forse mi hanno mentito!
Forse a dispetto di quanto vogliono farmi credere non fu solo allievo di mia
madre…ma anche di mio padre! A me si rifiuta di insegnarmi la scuola Hiten!!
Perché a lui…No!! Basta! Ora concentrati! Potrai chiarire i tuoi dubbi quando
Kenshin starà meglio! Padre…
Il sentiero di campagna era
fangoso e pesante, il suo respiro sempre più corto, le sue gambe avanzavano più
per inerzia di gravità che per altro, il sudore si mescolava con l’acqua piovana
che gli infradiciava i capelli e il volto.
Padre resisti…
La vista era sempre più
offuscata per la fatica e per la pioggia…il suo piede trascinato incappò in un
ostacolo e il ragazzo cadde pesantemente a terra affondando il viso nel
fango.
Rimase fermo immobile…quasi
non respirò per diversi minuti…le sue dita stringevano l’erba e la terra bagnata
che si infilò fin sotto le unghie, un lieve tremito scosse le sue spalle fino a
che non si trasformò in forti singhiozzi angoscianti mentre le sue lacrime
andarono a mescolarsi al fango.
Pianse…pianse…solo per
qualche minuto…ma pianse come mai aveva fatto in vita
sua.
“P-perché Yahiko-sensei mi
ha mandato ad Aizu? Non ce la farò mai…” mormorò stancamente completamente privo
di forze. La terra sotto le sue dita iniziò a tremare e il rombo cupo degli
zoccoli sul fango presto riempì l’aria.
Un carretto trainato da un
cavallo spedito al galoppo lungo la strada fangosa gli passò accanto non
investendolo per pochi centimetri ma coprendolo di schizzi di fango dovuti alla
velocità di rotazione delle ruote.
Kenji sospirò ma non si
mosse nemmeno di un millimetro.
Il Carretto arrestò
bruscamente la sua corsa pochi metri più avanti e ne scese un omino minuto con
abiti umili e il capo coperto con un copricapo per ripararsi dalla
pioggia.
“Ehy ragazzo! Tutto bene?”
esclamò una voce vellutata mentre si avvicinava a
lui.
Kenji si alzò barcollante
da terra grondando si fango, acqua e lacrime. Fissò lo sconosciuto con gli occhi
rossi per il pianto e mormorò sconnessamente: “Devo…devo andare ad Aizu.” Con un
tono automatico e quasi supplichevole.
Quando il ragazzo gli volse
il volto l’uomo sussultò e si avvicinò ulteriormente a
lui.
“Accidenti ragazzo! Mi hai
fatto prendere un infarto! Ti avevo scambiato per un
altro!”
Esclamò l’uomo dai tratti
gentili e un sorriso dolce sempre segnato sul
volto.
“Beh…non puoi certo andarci
a piedi! E’ ancora parecchio distante da qui! Vieni da
Tokio?”
Kenji annuì stancamente:
“Devo arrivarci il prima possibile!”
“Uhm…beh…non era proprio la
mia meta ma…già che sei qui. Salta Su! Ti ci porto io ad Aizu! Sembra una cosa
urgente!” esclamò l’uomo sempre sorridente.
Il ragazzo quasi non
credette alle sue orecchie! Sgranò gli occhi per quel gesto di generosità
inaspettato.
“M-ma…signore
io…”
“Forza muoviti! Non hai
detto che hai fretta?” Domandò l’uomo che già saliva in cassetta pronto a
partire.
“Perché fa questo per
me?”
“Te l’ho detto…mi ricordi
una persona.” Rispose semplicemente e con voce dolce il
viandante.
Kenji si guardò indietro,
poi fissò la strada…lunga e interminabile…Aizu nemmeno ancora si vedeva…e poi
c’era suo padre…sanguinante, debole…
Salì in cassetta a sua
volta e il carretto partì a tutta velocità.
“Non so davvero come
ringraziarla!” Esclamò ancora Kenji rivolto all’uomo seduto accanto a lui che
dirigeva il carro con le redini in mano.
“Non ti preoccupare!”
Esclamò sorridente l’uomo.
Seguì un periodo di
completo silenzio occupato solamente dai rombi dei tuoni e dallo scalpitio degli
zoccoli del cavallo che correva al galoppo.
Kenji era esausto e si godé
il tepore scarso del legno bagnato e gli scossoni della corsa come un caldo
letto di piume…ma non si lasciò mandare al sonno.
Il viandante misterioso dal
canto suo non fece domande di alcun genere.
Solo quando la pece della
notte stava per essere rimpiazzata con il grigiore del mattino Kenji accennò a
parlare.
“Chi è?” domandò con un
filo di voce.
“Uh?” l’uomo sembrava
stupito “Chi?”
“L’uomo che ti ricordo…di
chi si tratta?”
“Oh! Lui!” esclamò
sorridente lo sconosciuto “Beh per la verità non lo vedo da…ouf…tanti di quegli
anni che quasi non saprei dire…non so nemmeno se sia ancora vivo. Forse alla
fine è morto…ucciso da uno dei tanti nemici che aveva o schiantato dalle sue
colpe.”
“Non ricordi il suo nome?”
domandò Kenji incuriosito da quella bizzarra
premessa.
“Uhm…veramente…beh lui
aveva molti nomi. Io l’ho conosciuto con il nome con il quale lo chiamava la
gente. Era il sempai del mio signore. Come si chiamasse sul serio io non l’ho
mai saputo…ma lui negli ultimi tempi amava presentarsi come...uhm…com’è che si
faceva chiamare già? Ah sì! Kenshin! Himura di cognome se non
sbaglio!”
Kenji dovette trattenersi
per evitare di cadere dal carro tanto fu grande lo scatto che fece quando sentì
quel nome.
“Piano ragazzo! Stiamo
andando troppo veloci per muoverti così!” lo rimproverò dolcemente
l’uomo.
Kenji respirò a fondo prima
di riuscire a calmarsi.
“Il mio nome…” iniziò
titubante, il viandante volse lo sguardo verso di lui
incuriosito
“…è Himura Kenji…Kenshin è
il nome di mio padre!”
Per un istante il viandante
non disse nulla…poi scoppiò a ridere come se trovasse la cosa incredibilmente
spassosa.
“Davvero? Sei il figlio di
Battosai? Non ci posso credere! Ecco perché gli assomigli così tanto! Mi
sembrava troppo strana come coincidenza! Hai gli stessi capelli rossi di tuo
padre…anche se mi sembri più robusto di quanto non fosse
lui!”
Kenji annuì ancora confuso:
“In questo ho preso più da mia madre.”
“Ah capisco! Quindi quel
demonio è ancora vivo! Eh eh eh…non lo si ammazza nemmeno la peste!” esclamò con
leggerezza e continuando a sorridere mentre alternava lo sguardo tra Kenji e la
strada.
“Come mai conosci mio
padre?”
“Sarebbe più giusto dire
che lo conoscevo…ormai sarà un’altra persona il vecchio
Battosai…”
“Parlami di lui…” domandò
il ragazzo con lo sguardo basso.
“Mi stupisci con questa
richiesta! Di sicuro lo conoscerai molto meglio di
me!”
“Io conosco solo Kenshin…di
Battosai non so quasi niente.” Il suo tono fu molto più velenoso e aspro di
quello che avrebbe voluto.
“Oh! Capisco! Beh in fondo
non c’è da stupirsene! Comunque nemmeno io lo conobbi di persona come
Battosai…quando lo incontrai aveva già rinunciato a quel nome per diventare un
Rurouni.”
Kenji sgranò gli occhi a
quell’affermazione: “Mio padre è stato un Samurai
Vagabondo?”
“Oh sì! Per diverso tempo!
Rinunciò ad essere un Samurai ambizioso appena finita la rivolta e non ne
riscattò mai nulla…né un titolo, né denaro né nulla…si limitò a fare promessa
che non avrebbe ucciso mai più nessuno e sparì nella nuova era. Anche se quando
le nostre strade si incrociarono lui ancora brandiva la spada e faceva parlare
di sé.”
“Perché lo
incontrasti?”
“Come ti ho detto era il
sempai del mio signore di allora, Makoto Shishio. Non so se ne hai mai sentito
parlare…”
Kenji scosse il capo in
segno di dinego.
“Beh immaginavo…raccolse
l’eredità come Battosai e fu una spina nel fianco molto profonda per il governo
per diversi anni! Già…stava per diventare il padrone incontrastato di tutto il
Jappone…fino a che non incappò in tuo padre…da allora non fu più
nessuno.”
“Cosa successe allora? Cosa
gli fece mio padre?” domandò il ragazzo sempre più
interessato.
Lo sconosciuto gli volse un
sorriso dolce e disse semplicemente: “Lo uccise.”
Kenji inghiotti il groppo
che aveva in gola e riportò lo sguardo verso il basso, quando l’uomo riprese a
parlare.
“Lui, il suo amico Sagara e
il vice brigadiere Saito sgominarono tutta la nostra
organizzazione…”
“Per caso conosci anche un
certo Yahiko Myojin?” domandò Kenji sempre più in
apprensione.
“Uhm…” l’uomo si portò una
mano al mento in un espressione meditabonda “ Yahiko Myojin hai detto? Uhm…no.
Mai sentito mi spiace.”
“Oh…capisco.”
“Sai all’epoca feci molte
ricerche su Battosai…è stato seguendo le sue tracce che ho imparato la tecnica
Batto.” Proseguì a parlare l’uomo.
Kenji scattò al sentire
quel nome.
“Tu…davvero conosci la
tecnica Batto?”
“Beh…diciamo di
sì…”
Il ragazzo lo fissò con
serietà: “Insegnamela!”
“Questo mi confonde…tu sei
il figlio di Battosai e chiedi a me di insegnarti la tecnica Batto?” osservò il
viandante stupito.
“Non conosco la scuola
Hiten…io…sono cresciuto con la scuola..Kasshin.”
L’uomo annuì: “Sì…ne ho
sentito parlare. La scuola che fa vivere la gente giusto? Ha avuto un discreto
successo negli ultimi tempi.”
“Tsk…sono solo
stupidaggini. Non ho avuto scelta! Io ambivo alla scuola Hiten! Ma mio
padre…”
“Se da allora non è
cambiato immagino che Battosai non voglia prendere
allievi.”
“Già…ti prego! Insegnami la
tecnica Batto!”
Di nuovo l’uomo scoppiò a
ridere.
“Questo potevi chiedermelo
10 anni fa…ma ora come ora. Non impugno la spada da un
secolo.”
Kenji parve molto deluso da
quell’affermazione.
“Allora eri forte non è
vero?”
“Quante domande che fai! Oh
sì puoi dirlo…potevo tenere testa a tuo padre.”
“Sul serio? E allora perché
hai abbandonato la spada?”
L’uomo prese un profondo
respiro prima di proseguire: “Vedi, il signor Shishio era la mia ragione di
vita, il mio unico signore e padrone…a lui dovevo tutto…quando morì per mano di
Battosai persi tutto ciò per il quale avevo vissuto. Non avevo nulla se non le
parole di tuo padre nella mia testa…e una nuova concezione di vita. Divenni un
vagabondo anche io…ed è ciò che sono tutt’ora.”
Kenji incrociò le braccia
al petto e lo guardò quasi con pietà: “Devi odiarlo
molto.”
“Oh no! In realtà non ho
sofferto per la morte del signor Shishio, né per la solitudine, né ho mai odiato
nessuno…da quando trafissi con la spada la mia famiglia io non posso provare
altro che gioia” Esclamò con leggerezza come se fosse la cosa più naturale del
mondo.
Seguì nuovamente un lungo
silenzio pesante…o non sapevano cosa dire oppure non avevano semplicemente altro
di cui parlare. La pioggia piano piano cessò e le nubi si scostarono per
mostrare la timida aurora che salutava nuovamente la terra. I raggi del Sole
illuminarono il sentiero che serpeggiava fino alle abitazioni che si scorgevano
all’orizzonte.
Stavolta fu il viandante a
interrompere il silenzio.
“Laggiù c’è Aizu…siamo
quasi arrivati!”
Kenji annuì e fu come se
solo in quell’istante si fosse ricordato cosa stava succedendo e perché si
trovava lì a parlare con quell’uomo…la notte era scivolata via come se fosse
stata un sogno o un miraggio. E di nuovo sentiva il peso opprimente del suo
compito, di nuovo penò per la salute del suo
genitore.
“Kenji…”
Si volse verso il
viandante.
“Ci ho messo un po’ di
tempo ma…adesso credo di aver capito ciò che pensava tuo padre anni
fa..”
“Io invece non so se lo
capirò mai…” ammise Kenji sconsolato.
Il viandante sorrise di
nuovo: “Ti prego di portargli i miei saluti.”
“Non so nemmeno come ti
chiami…” gli fece notare il ragazzo.
“Hai ragione! Beh digli
solo che il signor Seta gli manda i suoi riguardi.”
Kenji annuì: “Sì, lo
farò.”
Era mattino presto. I raggi
del Sole spingevano per penetrare dalle fessure delle inferiate ancora chiuse.
La ragazzina si stava preparando ad aprire l’ambulatorio per i pazienti del
mattino…ancora un’oretta e sarebbero iniziate le
visite.
Akane temporeggiò davanti
allo specchio sistemandosi la frangetta e scrutando il suo viso…quando qualcuno
bussò alla porta con un’insistenza e una forza tale da
spaventarla.
Si diresse verso l’uscio e
lo aprì quel tanto che basta per sbirciare
all’esterno.
Un ragazzo poco più grande
di lei sudicio e dal viso stravolto le rivolse uno sguardo
allarmato.
“Megumi Takani abita qui?”
domandò con tono impaziente.
“S-sì…ma l’ambulatorio è
ancora chiuso…non…”
Il ragazzo tirò una
spallata contro alla porta e Akane venne spinta indietro con tale forza che
perse l’equilibrio e cadde a terra.
Kenji entrò di prepotenza
nell’edificio e fissò la ragazzina: “Dimmi dov’è Megumi Takani!” esclamò quasi
in tono di minaccia.
“Ehy!” una voce interruppe
il suo interrogatorio, il ragazzo alzò lo sguardo dinnanzi a lui e vide una
bellissima donna di circa 30 anni con i capelli neri e lunghi e gli occhi scuri
profondi. “Come ti permetti di fare irruzione nel mio ambulatorio prima
dell’apertura e maltrattare la mia allieva! Chi diavolo sei
tu?”
Kenji lasciò perdere la
ragazzina e si concentrò sulla donna: “Tu sei Megumi
Takani?”
“Sono io! Ora rispondi alle
mie domande teppistello o chiamo le guardie!”
“Mi manda Yahiko Myojin!”
esclamò subito il ragazzo ricordando le parole del
maestro.
Il volto della donna cambiò
espressione: “Cos’è successo?” domandò in tono
allarmato.
“Si tratta di mio padre…di
Kenshin!” esclamò sempre più agitato “Lui sta male! E’ ferito! Mi hanno detto di
chiamare te!”
La donna parve sulle spine:
“Se ti hanno mandato fin qui significa che ha usato di nuovo la
spada…giusto?”
Kenji annuì guardando verso
il basso.
“Ken!” esclamò prima di
voltarsi e correre a raccogliere i suoi attrezzi e medicinali “Diamine potevo
aspettarmelo da Sanosuke una cosa del genere…ma da
te…”
Kenji rimase nell’ingresso
come pietrificato quando Megumi gli passò accanto acchiappandolo per un braccio
e lo trascinò fuori urlando: “Akane cancella tutte le visite dei prossimi
giorni!” poi chiuse la porta e corse a chiamare una
corriera.