Ariel
sentiva la testa avvolta nei ricordi, le erano piombati tutti nella mente così
velocemente che rischiò quasi di svenire. Restò ferma sulle gambe con gli occhi
verdi persi nel vuoto e se stessa persa nella solitudine. Si concesse del tempo
per ritornare alla sua vita, tutto era chiaro: la sua rabbia, il suo dolore
riaffioravano e si impadronivano della sua anima. Non riuscì a capire se stesse
impazzendo a causa di tutto quel fiume di ricordi che la invadeva o se stesse
semplicemente riacquistando il senno. Scosse velocemente la testa come a voler
far cadere a terra tutti quei pensieri poi, prendendo un respiro, si preparò ad
affrontare quello che la maledizione spezzata avrebbe comportato.
Camminò velocemente
sulla asfalto della strada in cerca di qualche volto amico e solo quando udì un
ritmico ticchettio sotto i suoi piedi guardò in basso e vide che stava
indossando dei tacchi. La vista della sue gambe e dei suoi piedi riportarono
alla mente ancora un’altra metà della sua storia che preferì nascondere tra gli
altri pensieri, ma la vista delle calzature la fece sorridere: alla fine in
quell’altra vita che il fato, o meglio Regina le aveva offerto, aveva imparato
ad indossarle. Fiera della sua nuova abilità continuò a vagare per la città
osservando tutte le persone che intorno a lei correvano ad abbracciare coloro
che amavano. Ariel aveva ricordato il suo nome e ricordava le persone che
amava, ma loro non erano lì con lei.
“Susan!” udì
una voce cristallina pronunciare il suo vecchio nome alle sue spalle e
riconoscendola prontamente si girò per correre ad abbracciarla.
“Mary
Margaret!” urlò mentre vedeva la sua amica venirle incontro sorridente, sentì le lacrime di felicità sul
suo volto e se ne meravigliò, in quel mondo poteva farlo, poteva essere ciò che
aveva sempre sognato di essere.
“Tu
ricordi?” le chiese, anche lei con il viso bagnato dalle lacrime nascosto tra i
lunghi capelli rossi dell’altra che non aveva nessuna intenzione di sciogliere
l’abbraccio.
“Si,la
maledizione è stata spezzata finalmente!” rispose senza capire se esserne
felice o meno.
“Si. Lei ci
è riuscita!” esclamò la donna dagli occhi azzurri che invece aveva il cuore che
esplodeva dalla felicità.
“Emma! Tua
figlia ci ha liberate!” alla mente le balenò tutto quello che era successo nei
giorni precedenti l’arrivo della maledizione, quando Biancaneve e suo marito
l’avevano ospitata nel loro regno dopo che aveva abbandonato la sua terra.
“Si Ariel!”
questa volta la donna usò il suo vero nome “Ora possiamo riprenderci le nostre
vite!” aggiunse intrecciando il suo braccio a quello di suo marito che non si
era allontanato un passo da lei, poi dopo essersi abbracciate di nuovo i due si
allontanarono lasciando Ariel da sola tra la gente. Nella sua solitudine la
ragazza dai lunghi capelli rossi si sedette sul marciapiede ad osservare i
passanti, infondo nella sua vita non aveva fatto altro che osservare le vite
degli altri senza mai esserne partecipe.
Neverland, 30 anni prima
Il tramonto
accarezzava con i suoi assonnati raggi arancioni la sua pelle diafana mentre la
leggera brezza estiva soffiava sul suo viso asciugando le piccole goccioline di
acqua che ancora bagnavano il volto e i lunghi capelli di Ariel che se ne stava
in solitudine ad abbracciare uno scoglio che da tempo ormai era diventato il
suo unico migliore amico, con i suoi occhi verdi puntati verso l’orizzonte
senza sapere bene cosa si aspettasse di vedere. Respirava a pieni polmoni
l’aria che la circondava mentre la sue pinne da pesce erano ben nascoste sotto
l’acqua. Due nature vivano in lei: il pesce e la donna che fuse insieme
risultavano essere quello che tutti chiamavano sirena. Più volte nella vita si
era chiesta perché proprio a lei fosse toccato quel destino, più volte nella
sua vita aveva rinnegato la sua natura. Continuava ad invidiare quei marinai
che vedeva danzare, camminare sui ponti delle loro navi felici sulle loro
gambe. Avrebbe voluto essere come loro, era certa che sulla terra, con le
gambe, nulla avrebbe potuto renderla triste. Ma era disposta ad aspettare che
quel temporale in cui la sua vita si era imbattuta passasse perche aveva la
certezza che il sole sarebbe tornato, se lo sentiva nelle ossa che qualcosa
nella sua vita stava per cambiare.
Il tempo
sembrava passare più velocemente quando se ne stava in superficie ad osservare
gli umani, sapeva che suo padre probabilmente la stava già cercando ma,
sperando che nessuno la trovasse, decise di strappare al tempo ancora qualche
minuto da regalare ai suoi sogni. Proprio mentre la sua mente rincorreva il suo
veloce susseguirsi di pensieri all’orizzonte comparve un veliero imponente
dalle vele bianche alla cui sommità danzava al ritmo del vento una bandiera di
un qualche regno lontano. La ragazza aveva imparato a distinguere le navi reali
da quelle dei semplici marinai, e quella che aveva davanti agli occhi era certa
fosse di un qualche principe lontano che tornava a casa dopo chissà quali
mirabolanti avventure, e l’uomo che stava in piedi a prua a scrutare
l’orizzonte con il suo cannocchiale traspirava regalità ad ogni respiro. Ma i
sogni di Ariel furono interrotti dall’arrivo di un’altra nave, una nave che era
solita comparire davanti agli occhi della ragazza. Anche questa era maestosa
come l’altra che adesso la stava fiancheggiando, ma le sue vele erano sporche e
rattoppate in diversi punti e la bandiera che batteva era chiaramente il
vessillo usato dai pirati. Conosceva quella nave, l’aveva vista più volte
navigare quelle rotte e controllare che il suo territorio non fosse invaso da
altre imbarcazioni nemiche, ma non aveva mai assistito allo scontro tra di
esse. Successe tutto in pochi secondi, i cannoni della nave pirata spararono
contro quella reale che quando si accorse di essere stata attaccata era già
stata per metà distrutta. Al suono di quei terrificanti spari la ragazza cercò
di nascondersi ancora di più dietro al suo scoglio senza però riuscire ad
impedire ai suoi occhi di guardare: quando i cannoni tacquero i pirati appesi
alle cime si prepararono all’arrembaggio e sotto i comandi del loro capitano,
Ariel riusciva sentire l’eco dei suoi ordini persino a quella distanza, presero
possesso della nave reale, ed in quel momento agli ordini si unì anche l’eco
delle urla dei marinai feriti a morte dai pirati, del legno della nave che si
spezzava e da sotto il mare la sentiva affondare lentamente. Osservò impotente
l’acqua tingersi di rosso e i corpi di uomini innocenti galleggiare sul acqua,
se la sua natura glielo avesse consentito avrebbe sicuramente liberato dai suoi
occhi un fiume di lacrime.
Non poteva
fare altro che osservare immobile nascosta dietro il suo scoglio i pirati
tornare sulla loro nave ed il loro capitano urlare adirato, probabilmente,
pensò Ariel, il bottino della nave che aveva appena distrutto non lo
soddisfaceva. Lasciandosi dietro una scia di morte la nave si allontanò e
scomparve dalla vista della ragazza che da tempo aveva imparato ad arrendersi
al destino e che quindi stava per immergersi di nuovo certa che non avrebbe potuto
aiutare in nessun modo quei marinai la cui vita era stata condannata a quella
tragica fine. Nell’ultimo sguardo che si concesse verso il sole notò però che
un uomo era ancora vivo e ferito stava
nuotando lentamente verso un pezzo di legno della nave che galleggiava, una
volta raggiunto vi si abbandonò sfinito. La sirena riconobbe subito che
quell’uomo era lo stesso che aveva osservato ai comandi della nave osservare
l’orizzonte davanti a sé, e mossa da una strana forza interiore raccolse il
coraggio e nuotò e in pochi secondi lo raggiunse conducendolo poi sulla
spiaggia più vicina alla Baia delle Sirene. Appena fuori dall’acqua l’uomo
tossì e riprese a respirare ma appena aprì gli occhi la ragazza ebbe solo il
tempo di guardare quanto azzurri erano che dovette abbandonarlo lì per non
rischiare si essere vista. Se suo padre avesse scoperto che si era mostrata
liberamente ad un umano non le avrebbe permesso più di allontanarsi da lui, e
non avrebbe mai più potuto salire in superficie; tutti credeva che le sirene fossero estinte
in quella Baia e secondo Re Tritone dovevano continuare a farlo. Così con
ancora quell’azzurro impresso nella mente si avviò per tornare casa sotto il
mare felice di aver salvato quell’uomo e certa che non avrebbe mai potuto
dimenticarlo.
Salve, ecco a voi il secondo capitolo, spero che non sia troppo
intrecciato e che si capisca. È un po’ corto ma se lo avessi allungato sarebbe
stato ancora più intrecciato ^_^
Abbiamo conosciuto un pezzettino della storia di Ariel, che non è proprio
come la sua favola originale ma ho dovuto per fora cambiare qualche
particolare. So che la storia ancora non decolla ma vi chiedo di darmi fiducia
e di aspettare i prossimi capitoli per giudicarla perché la vera storia deve
ancora arrivare. =)
Bè vi ringrazio per aver letto fin qui, e soprattutto ringrazio chi ha
messo la storia nelle seguite e chi ha recensito lo scorso capitolo, spero di
non avervi delusa con questo! =)
Bacii al prossimo capitolo!