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Autore: hipsta please    23/02/2013    3 recensioni
Dal POV Madison:
«Aspetta...», disse un po' affannato. Cosa diavolo voleva ancora? Alzai gli occhi al cielo. Me l'ero cercato proprio bene.
«Per favore. − Mi fissò negli occhi, scostò i ciuffi che mi erano caduti sulla fronte. Cosa stava cercando di fare? − Non innamorarti di me». Risi, risi come mai avevo fatto.
«Non succederà mai».
Chiusi gli occhi, e mi abbandonai completamente a lui. Senza pensieri, senza regole. Al diavolo tutto.

Dal POV Harry:
Non riuscivo a immaginare la mia vita senza di lei, era fuori discussione, avrei preferito di tutto meno che quella situazione in cui mi trovavo adesso, e che mi stava distruggendo lentamente. Alzai lo sguardo verso il mare, e mi diressi verso la ringhiera che mi separava dallo strapiombo. L'acqua giù non era altro che un vortice tumultuoso, che si ritraeva e si infrangeva contro gli scogli, creando un casino pazzesco. E per un momento, solo per un momento, pensai a come sarebbe stato lasciarmi andare e non soffrire più.
Ma poi mi ritrovai a singhiozzare come un bambino, sulla strada ghiacciata, e a pensare a quanto mi stessi rovinando la vita con le mie stesse mani.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5. I'd forget you, but I can't.
 
POV Madison
La pioggia non aveva intenzione di smettere. Pensavo di uscire un po' questo fine settimana... Infondo i miei parenti mi avevano detto che questa città era graziosa per i suoi tanti parchi verdi e zone all'aperto; sarebbe stato carino gironzolare un po' per i negozi o sedermi ai piedi di un grosso albero con un frullato in mano. Ma avevo dovuto cambiare idea a giudicare dal tempo.
Ero sdraiata sul letto ad ascoltare musica dallo stereo; ogni tanto lanciavo un'occhiata fuori dalla finestra, verso quella casa con le finestre sbarrate dall'altro lato del marciapiede. Manco avessi gli infrarossi e potessi vedere attraverso i muri, oh.
Mi girai dall'altro lato, sospirando stancamente. Avevo una tonnellata di compiti da fare, ma non mi andava proprio di aprire i libri e mettermi a studiare. Avrei voluto... Avrei voluto parlare. Si, era strano, ma mi andava. Avrei voluto poter chiacchierare con qualcuno; chiedergli come è andata la sua giornata e raccontargli la mia. Lamentarmi dei professori, di Harry, della pioggia, di Harry, di questi stupidi compiti, di Harry... Insomma, le solite cose. Avrei voluto trovare un amico, davvero. Però ero anche stanca di fare sempre i soliti pensieri angosciosi: deprimermi perché non avevo amici, perché nessuno mi si filava di striscio. E, anche se cercavo in tutti i modi di cambiare idea, sapevo che c'era un unico modo per rilassarmi e dimenticare la mia vita almeno per un po'. Almeno per una notte.
Mi sedetti di scatto sul letto, spensi lo stereo: con tutta questa pioggia la gente, che non avrà avuto voglia di stare ammassata in casa, sarà di sicuro rinchiusa in qualche stupido locale ad ubriacarsi o in discoteche a scatenarsi. Quale serata migliore?
Aprii tutte le ante degli armadi, cercai qualcosa di decente da mettermi; in mezz'ora ero pronta, scesi le scale e lasciai un biglietto a mia mamma dicendo che ero uscita e di non preoccuparsi se non tornavo per la notte. Dovrebbe essersi abituata, quindi non avrebbe dovuto fare tante storie domani.
Il cellulare segnava le nove e mezza; era un po' presto per andare in discoteca, ma mi accontentai. Non vedevo l'ora di ballare, bere e incontrare qualche ragazzo che ci stava e mi avrebbe fatto dimenticare tutto per un po', mi ritrovai a pensare come una povera sfigata.
Quello che sono, insomma.
Non avevo voglia di prendere la macchina di mia madre con questa pioggia; sarò stata una ragazza non tanto normale, ma certe cose le capivo anche io. E poi non volevo correre lo stesso rischio di mio... Uhm. Presi un ombrello, che serviva a ben poco a causa del forte vento, e mi incamminai per le strade di quella città che in una settimana già avevo imparato ad odiare. In circa venti minuti giunsi all'entrata di un locale: non troppo grande, ma da dentro veniva musica carina.
Buttai l'ombrello in un angolo, non me ne curai più di tanto; già l'ingresso era pieno zeppo di ubriaconi che si muovevano a tempo di una musica che probabilmente sentivano solo loro. Non osavo immaginare il centro del locale. 
C'era un casino pazzesco, la mia supposizione era giusta: sembrava che metà città si fosse riunita qua dentro. Scorsi alcuni ragazzi che di sfuggita avevo visto nei corridoi della scuola, altri più grandi, forse studenti universitari. Bibite che giravano di qua e di là, altoparlanti che sparavano musica a tutto volume; sorrisi. Proprio quello che mi ci vuole.
Mi misi giusto al centro della pista; non ero la tipa da imbarazzarsi e passare la sera seduta sui divanetti pur di non ballare. Mi muovevo con ritmo, dopo dieci minuti presi al volo un bicchiere con non so cosa dentro, da un cameriere che passava lì vicino a me. Buttai giù d'un sorso: la bibita mi bruciò la gola, mi fece tossire, però era buona. Come mi aspettavo, dopo meno di mezz'ora già un capannello di ragazzi si era formato intorno a me; iniziai a strusciarmi sul primo che mi sembrava più carino, mentre quello rideva con gli amici e si faceva sempre più vicino. Che ragazzi patetici.
«Come mai qui tutta sola?», mi urlò a un certo punto quello all'orecchio.
«Per divertirmi non ho bisogno di amiche, mi basta solo un ragazzo che ci stia», gli urlai io semplicemente. Quello mi fece l'occhiolino.
«Io ci sto». Non me lo feci ripetere due volte; lo trascinai non so nemmeno io dove, prendendo un drink dal vassoio dell'ennesimo cameriere che passava. Di nuovo giù tutto d'un sorso, mentre il biondino dietro di me se la rideva. Mpf.
«Non hai la minima idea di dove stiamo andando, vero?», mi disse dopo un po'. Caspita, se conosceva il locale che aspettava a portarmi lui in un posto decente? Sembrava divertirsi a vedermi vagare come un'ubriacona in un locale grande quanto una noce.
Lo guardai confusa, lui sorrise ancora prima di portarmi in una stanza e chiudere la porta dietro di lui.
«Uno sgabuzzino». Originale. Mi tappai subito la bocca, per evitare di vomitargli sulle scarpe.
«È il meglio che possiamo permetterci, qui. Almeno siamo sicuri che nessuno ci venga a disturbare», fece il biondino avvicinandosi e accarezzandomi il viso.
«Come ti chiami?» mi chiese. Deja vù.
«Mmh. Sono Trisha». Infondo non ci saremmo mai più rivisti, no?
«Io sono...», lo bloccai.
«Non mi interessa chi sei, né come ti chiami, né da dove vieni. Ok?», feci accomodandomi su uno scatolone e avvicinandolo, prima di slacciargli la cintura dei pantaloni.
«Come vuoi», sorrise lui.
Si fiondò a baciarmi il collo, mentre con le mani si faceva spazio tra le mie gambe; le allacciai intorno alla sua vita, prima di lasciarmi andare.
Ma, nonostante pensavo di esserci riuscita, la faccia di Harry tornò ad affollare i miei pensieri.
*
«Dove diavolo sei stata?», la voce di mia mamma mi rimbombò nelle orecchie fortissimo, nonostante avesse appena sussurrato. Non è che alle cinque di mattina mia mamma si metta a urlare, eh. Mossi a stento il braccio, in un gesto vago.
«Un po' qui, un po' lì», risposi, prima di sgranare gli occhi di colpo. Mia mamma mi guardò sopresa; meno tre, due, uno...
Corsi immediatamente su per le scale, per fortuna la porta del bagno era aperta; vomitai anche l'anima, non mi ero mai sentita peggio. Ci doveva essere qualcosa in quei drink, pensai stizzita. L'alcool lo reggevo abbastanza bene di solito.
«Ti ho chiesto dove sei stata», disse lei col suo tono autoritario; tono che da un anno a questa parte avevo imparato a non considerare minimamente.
«E io ti ho risposto, mi pare», feci asciugandomi gli angoli della bocca col braccio, prima di prendere un codino e legarmi i capelli.
«"Un po' qui e un po' lì" non è una risposta soddisfacente», mi rispose col tono un po' più addolcito. Le facevo pena, ma povera.
«È l'unica che ti posso dare in questo momento. Tornatene a letto, domani hai lavoro. Solo io posso permettermi di svegliarmi a mezzogiorno», le dissi chiudendole con noncuranza la porta in faccia. Da dietro sentii un sospiro stanco, poi dei passi allontanarsi.
Mi trascinai stancamente verso il letto, avendo a stento la forza di levarmi quelle scarpe che mi stavano uccidendo; mi fiondai sotto le coperte, tra il rumore della pioggia che aveva ripreso a cadere fortemente. Nonostante fossi stanca morta, non riuscivo a prendere sonno; mi domandavo dove si trovava in quel momento Harry, come avesse passato la serata, poi mi risposi da sola. Il bagno, Ashley, il messaggio.
Certo, se l'era sicuramente spassata.
A quel pensiero il mio stomaco si strinse, non ci feci caso più di tanto; a tentoni cercai il mio iPod, infilai le cuffie e feci partire la musica a bassissimo volume. Nemmeno quella sembrava alleviare il mio dolore, anzi, sembrava moltiplicarlo. Pensieri che avevo cercato di scacciare da una settimana intera piombarono su di me, portandomi a piangere. Ancora.
E stavolta non si trattava di mio padre, o della mia vita da schifo che mi portava ad odiare tutti. Si trattava di Harry. Del fatto che lo pensavo sempre, senza sapere il perché; del fatto che mi preoccupavo sempre di come stesse e cosa stesse facendo, mentre lui se la spassava con una diversa ogni sera senza minimamente tener conto di me. Si trattava del fatto che quelle parole era da tempo che mi rimbombavano nella testa, e non sapevo più cosa pensare.
Per favore, non innamorarti di me. 
 
POV Harry
Ancora mezzo incosciente, allungai la mano accanto al letto. C'era qualcosa che faceva un rumore fastidioso, ma ancora non riuscivo a comprendere bene cosa fosse, finché non toccai qualcosa di piatto e metallico.
Mpf, stupido telefono. «Pronto?», feci assonnato.
«Sveglia!», mi urlò una voce sfondandomi il timpano.
«Ma dico, sei scemo o cosa?».
«Cosa! Allora, te la sei spassata ieri sera?», mi chiese il mio migliore amico.
«Come no, spassata è la parola giusta. Giuro, non la sopporto più», feci io con uno sbadiglio, e decisi di alzarmi. Già sapevo cosa volesse dirmi.
«E allora perché non la lasci perdere?».
«...Lasci perdere?», gli feci il verso. Lui rise. 
«Andiamo Harry, sono serio».
«Anche io». A ridere, di nuovo.
«Ti aspettiamo al bar per fare colazione, a dopo amore!». Che amico gay che mi ritrovo.
Aprii le imposte, guardai fuori: non si poteva certo dire che c'era un sole splendente, ma perlomeno non pioveva. Presi a caso dal cassetto una t-shirt e un jeans, prima di dirigermi in bagno; quella notte avevo fatto uno strano sogno, anche se non lo ricordavo perfettamente. C'entrava di sicuro Niall, e il pollo di Nando's... Però anche qualche altra cosa. Mmh, era Nando's, o forse un altro locale dove si mangiava... Un bar. O un pub.
Certo, una discoteca!
E c'era Madison, quello lo ricordo perfettamente. Mentre mi insaponavo per bene i ricci, strizzai gli occhi per cercare di ricordarmi qualcosa di più. Indossava lo stesso vestito della prima sera che l'avevo vista, e aveva un sorriso fantastico; solo che, mentre mi avvicinavo per ballare con lei, Madison si allontanava per ballare con un biondino palestrato, grande quanto un armadio. Le chiedevo il perché non volesse ballare con me e diceva... Mmh.
Adesso ricordo.
Non voleva, perché sapeva come sarebbe finita: io mi sarei innamorato, e lei si sarebbe facilmente stancata di me. 
... Tutte cazzate.
*
«Partita oggi?», chiese a un certo punto Zayn. Io stavo addentando un muffin e, onestamente, non me ne poteva fregare di meno.
«Mmh, come volete», dissi distratto. I ragazzi si scambiarono un'occhiata.
«Com'è andata ieri alla fine?», mi chiese Niall.
«...È andata. − dissi alzando gli occhi al cielo. − Ma da quand'è che siete così interessati di quello che faccio con Ashley, scusate?», chiesi scocciato.
«Da quando abbiamo capito che è un ripiego per non pensare ad un'altra», si lasciò scappare Liam. Per poco non mi strozzavo col chicco di cioccolato del muffin, ci mancava davvero poco.
«Cosa hai detto?», feci con gli occhi fuori dalle orbite. Louis intanto si agitava sulla sedia, come se fosse stato punto da un riccio di mare.
«Ah? Io, che ho detto? Non ho detto niente», cercò di rimediare Liam. Peccato che adesso lo tenevo sotto tiro con un cucchiaino da caffé.
«Parla», sputai tra i denti. Fissava me, il cucchiaio, me, poi di nuovo il cucchiaio. Sospirò.
«Louis, prenditela con lui». E con chi sennò?
«Lou! Ma se almeno devi spifferare una cosa a tutti i nostri amici, assicurati almeno che sia vera!», iniziai a urlare come un matto.
«Harry non urlare, siamo in un bar», tentò di calmarmi Niall.
«Me ne fotto!», risposi con la mia solita finezza, tipica di questi momenti.
«Perché, vorresti forse dire che non è vero? − fece lui fissandomi dritto negli occhi. Stavo per ribattere, ma mi precedette. − Te l'ho detto Harry, non mi mentire, è completamente inutile. Sono il tuo... Siamo, i tuoi migliori amici. Se non le capiamo noi queste cose, chi dovrebbe farlo allora?», concluse.
Mi arresi. «Mpf, bei migliori amici, ti pugnalano alle spalle quando meno te lo aspetti», sussurrai bevendo un po' del mio caffé. Ok, mi era passata.
«...E allora?», mi chiese curioso Zayn. Certo che questi sono proprio scemi.
«Allora che?», risposi giocando con le briciole di muffin nel piattino.
«Ti rifaccio la domanda: com'è andata ieri sera?». Crede che adesso la risposta sia cambiata?
Lo guardai negli occhi, con un sorriso ironico. «È andata». Uno scappellotto mi arrivò dritto dritto dietro la nuca.
«Ehi, ma...».
«Andiamo! È servito a qualcosa? L'hai scordata? Ti piace ancora?», mi assalirono tutti e quattro insieme.
Sinceramente? 
Sospirai. «Ho immaginato di farlo con lei», mi uscì, prima di nascondere la mia faccia tra le mani.
Per un po' restarono in silenzio; fu Niall che parlò per primo. «Credo dovresti chiarire. Si insomma, dirle chiaramente cosa provi per lei».
Povero, dolce Niall. A volte mi verrebbe da prenderlo a schiaffi.
«Mmh che dite, mi presento da lei e le dico: "Ciao Madison, lo sai l'altra notte mentre facevo sesso con Ashley ho immaginato te al suo posto? Sai, non faccio altro che pensarti dall'ultima volta che l'abbiamo fatto in discoteca." Già mi odia abbastanza, non vorrei essere costretto a nascondermi per il resto della mia vita». Certe volte sembra che proprio non ci arrivino.
«Così forse è un po' esagerato. − ma dai? − Però potresti iniziare evitando di insultarla tra un'ora e l'altra. Sai, comportarsi gentilmente aiuta», fece Louis.
Lo guardai storto. «Non credo che questo semplificherebbe le cose. E poi, sapete cosa? Non le voglio parlare, non voglio chiarire un bel niente, sto bene così. Non mi piace davvero, mi passerà in fretta questa cosa», dissi cercando di mostrare una convinzione che non avevo affatto. Loro mi guardarono scettici.
Accidenti, ma perché sono come un libro aperto?
«Davvero ragazzi, sto bene. Mi fate solo un favore?», chiesi supplichevole. Loro si guardarono, non ci pensarono su un attimo.
«Dicci tutto». È per questo che li adoro.
«Aiutatemi a dimenticarla».




my space.
Eccomi con il chapter five! gfdshj
Sono ancora piuttosto sorpresa dalla mia regolarità, mi sono imposta di aggiornare ogni sabato e ci sto riuscendo senza sballare niente! uau. lol
Qui vediamo una Madison parecchio confusa, e un Harry 
 apparentemente  sicuro di sè. Quando Mad sta iniziando a provare qualcosa per lui, Harry invece si impone di ignorarla. Insomma, coordinati proprio. çç
Oggi sono molto breve, sapete sono molto emozionata per il TMH Tour che è iniziato oggi. Sono così orgogliosa dei miei ragazzi :')
Vi chiedo soltanto di farmi sapere cosa ne pensate, perché nello scorso capitolo non ho avuto neanche una recensione, e continuando di questo passo sarò costretta ad abbandonare la storia. Mi dispiace davvero tanto, ma se non so che qualcuno che legge quello che scrivo c'è, non vedo motivo di continuare.
Un bacio, al prossimo 
− spero! − capitolo. c: #swag

  
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