III
Una ferita
bendata in una stanza umile
Ecco
pressappoco quello che era accaduto all’Ispettore Javert:
prima di bussare si era riconfermato nel proposito di considerare Valjean un criminale, respingendo in fondo all’animo quel
nuovo sentimento di ammirazione che cominciava a sentire, e questo sforzo gli
richiedeva un enorme dispendio di energie come se stesse cercando di trattenere
a viva forza il ribollire di un vulcano.
Erano energie
che l’Ispettore, viste le fatiche della giornata, l’ora tarda ed in certa
misura anche l’età non più giovane, forse non aveva a disposizione, così,
quando Valjean si era arreso con quell’ “arrestatemi”
e la sue certezze erano state di nuovo smentite, tutto era diventato
semplicemente troppo da sopportare e Javert aveva
perso i sensi.
Lo
svenimento lo aveva risparmiato dall’affrontare una realtà che non riusciva più
a capire né a gestire, ma non poteva
durare a lungo, così alla fine dovette pur tornare cosciente.
Javert non sapeva
dire dopo quanto tempo era rinvenuto, noi invece lo sappiamo e possiamo dire
che rinvenne dopo circa mezz’ora.
Era sdraiato
in un letto ed era in maniche di camicia, accanto a lui la luce di una candela
delineava una sagoma scura attraverso le sue palpebre socchiuse, che si muoveva
nella stanza.
Indovinò
immediatamente di chi si trattava.
:-Voi?-:
Chiese in un
sussurro.
:-Sì, Javert. Siete in casa mia-:
:-In casa
vostra!-:
:-Sì. Siete
svenuto sulla soglia e vi ho portato dentro. Ho appena finito di bendarvi la
mano-:
Javert sollevò
appena la testa e vide che la ferita sulla mano destra era effettivamente
coperta da una fasciatura e a giudicare dall’odore di alcol doveva anche essere
stata disinfettata con l’acquavite.
Dunque Valjean si era preso cura di lui una seconda volta, non
solo, aveva anche sanato la ferita che lo aveva sconvolto, e, sempre per quel
fenomeno di cui dicevamo prima, il fatto che lo avesse curato assumeva il
significato che il galeotto aveva ripristinato la giustizia.
Valjean insomma,
non era nemico della legge, e la cosa non rallegrava per niente l’Ispettore che
vedeva di nuovo vacillare la sicurezza che aveva riconquistato con tanta
fatica.
:-Vi
ringrazio-:
Disse secco.
Lo aveva
ringraziato per mera convenzione sociale, non certo per vera gratitudine,
perché dopo quello portare a termine il suo compito gli diventava ancora più
spinoso.
:-Ho fatto
solo il mio dovere. Adesso vi prego, Ispettore, riposate. Non lo dico per me,
davvero, lo dico per voi: dovevate essere davvero molto provato per crollare a
quel modo-:
Javert provò un
moto di stizza.
:-Ve l’ho
già detto tanti anni or sono che non voglio la vostra bontà!-:
Valjean parve
cercare nella memoria, e parve anche trovare, visto il lampo che gli passò
negli occhi.
:-Ah, sì,
ora ricordo! Diceste che la mia bontà vi faceva fare cattivo sangue già quando
era rivolta ad altri-:
Lo disse con
quel sorriso che aleggia sul volto degli anziani quando ricordano un
avvenimento lontano e a distanza di tempo lo considerano con una sorta di
tenerezza.
Javert interpretò
male quel sorriso, per la precisione lo interpretò come una smorfia di
dileggio.
:-Non
prendetevi gioco di me! Dicevo sul serio allora come lo dico oggi-:
Replicò
torvo, con l’espressione della dignità offesa.
L’Ispettore
aveva avuto una reazione esagerata, ma il suo comportamento era in qualche modo
giustificato dal fatto che egli si trovava nella più penosa delle condizioni:
quella di chi, abituato ad esercitare l’autorità nella sua forma più assoluta,
si trova improvvisamente a non poter disporre neanche dei propri movimenti,
condizione in cui al sentimento già bruciante dell’umiliazione si aggiungono
l’impazienza ed una buona dose di invidia per gli altri che invece sono in
pieno possesso delle loro facoltà.
Valjean non ritenne
quello il momento opportuno per avviare una discussione e prese un’aria di
scuse come se avesse davvero offeso l’Ispettore.
:-Perdonatemi,
non intendevo offendervi. Però sarete d’accordo con me almeno sul fatto che siete… stanco, e che avete bisogno di riposare fino a
domattina-:
Valjean aveva avuto
un attimo di esitazione perché, quando aveva detto “stanco” in realtà stava per
sfuggirgli di bocca la parola “debole”, e solo in ultimo l’aveva sostituita
perché non osava immaginare come avrebbe reagito l’orgoglio di Javert a sentirsi dare del debole proprio da lui.
:-Non sono
affatto stanco e non posso riposare-:
Lo stroncò
di nuovo Javert con tono sdegnato.
Fece uno
sforzo titanico per tirarsi a sedere e mettere almeno le gambe fuori dal letto,
così da non apparire un malato, poi fissò in volto a Valjean
il suo sguardo più duro e ringhiò.
:-Sono qui
per interrogarvi, Valjean, e porterò a termine
l’interrogatorio anche a costo di sputare l’anima stasera stessa!-:
Conoscendo
per esperienza personale la testardaggine di Javert
ed essendo sicuro che non sarebbe riuscito a ridurlo alla ragione, Valjean pensò che infine la cosa migliore era lasciargli
fare come voleva.
:-Come
volete, Ispettore, non c’è bisogno di alterarvi-:
Prese una
sedia e l’accostò al letto (gli sembrava una cosa scortese sistemarsi sulla
sponda troppo vicino a Javert) dopodiché vi si
sedette.
:-Vedete
bene, io sono qui, cominciate con le domande-:
Javert quasi
sospirò di sollievo: ecco, fare domande, indagare, analizzare i fatti, quelle
erano cose a lui familiari, e poterle mettere in pratica gli dava un certo
senso di sicurezza.
Doveva
cominciare con la prima e più pressante delle domande, quella che lo aveva
mandato in confusione.
:-Valjean, nel vicolo Mondétour mi
tenevate e per la vostra sicurezza sarebbe stato meglio che mi aveste ucciso.
Per Dio, perché non lo avete fatto?!-:
Subito dopo
trattenne il respiro. Forse gli sembrava di aver fatto male ad aver messo di
mezzo Dio in un attimo di esasperazione.
Fissò
attentamente Valjean, che ricambiava lo sguardo con
l’espressione di un vecchio saggio che è in possesso di una verità superiore.
:-Perché non
vi ho ucciso? Non riuscite a capire, Javert? Proprio
voi che siete della polizia?-:
:-All’inferno la polizia! Eravamo soli voi ed io, in una
situazione di anarchia totale ed io ero una spia ed un vostro nemico personale!
Dannazione, avevate il diritto di ammazzarmi!-:
:-No, non
l’avevo. Nessuno ha il diritto di privare un altro uomo della sua vita. Molto
bene, Javert, credo che per farvi capire sia
necessario che vi racconti un po’ della mia storia. Spero di non annoiarvi, ma
d’altra parte è per questo che siete qui, giusto? Per avere informazioni su di
me, dunque ascoltate-:
E Valjean cominciò a raccontare la storia del suo incontro
con Monsignor Benvenuto, di come nella notte lui gli avesse rubato l’argenteria
e di come, il mattino dopo, il vescovo invece di denunciarlo lo aveva lasciato
andare regalandogli l’argento per dargli la possibilità di cominciare una nuova
vita.
:-Sono quei
candelabri lì, vedete? Sono l’unica cosa che ho conservato perché mi rammentino
sempre il valore del perdono e della fiducia-:
Concluse Valjean con lo sguardo fisso sui candelabri e gli occhi
della memoria fissi sul buon vescovo che lo aveva riscattato.
Javert intanto era
rimasto ad ascoltare senza dire una parola.
Per la
seconda volta quella notte era immerso in una profonda meditazione.
Non appena
aveva sentito dire dallo stesso Valjean che sì, aveva
rubato l’argenteria, il poliziotto che era in lui aveva provato un guizzo di
soddisfazione, come a dire “Ah, eccoti! T’ho colto, briccone!” poi, però,
sentendo il resto della storia, si trovò a vergognarsi di quello scatto.
Più che su Valjean il suo pensiero si soffermava sul vescovo perché
l’esempio di quel buon uomo gli faceva sentire che esistevano cose di cui lui
non aveva mai neanche sospettato l’esistenza, e quella consapevolezza gli
spalancava davanti una nuova, abbagliante verità che lo lasciava sgomento:
avere il potere di punire era cosa grande, ma cosa ancora più grande era avere
il potere di punire e non esercitarlo.
Per la prima
volta comprendeva davvero il significato della frase evangelica “Và e non
peccare più”.
:-Madeleine!-: esclamò all’improvviso :-A Montreuil-sur-mer vi facevate chiamare Madeleine.
Era per questo, vero? Il vostro nome significava che avevate lasciato la via
del peccato-:
Valjean annuì con
gravità.
Per un po’
rimasero in silenzio, Valjean a rivivere ricordi
lontani e Javert a meditare con la testa tra le mani.
Per chi lo
avesse visto in quel momento sarebbe stato impossibile riconoscere a primo
occhio l’austero Ispettore di Polizia che incuteva timore con la sua sola
presenza.
C’era solo
un uomo schiacciato da una verità più grande di lui.
Aveva altre
domande e decise di farne una per avere altro a cui pensare.
:-La
bambina, la figlia di… di quella donna che mi avete
impedito di arrestare anni fa. L’avete presa con voi, non è vero? So che l’uomo
che tutti dicevano essere il nonno e che l’aveva portata via da Montfermeil eravate voi. Che ne è stato di lei?-:
Il volto di Valjean si illuminò di una tenera gioia a sentir nominare
la sua figlioletta.
:-Ah,
Cosette, dite! Sì, è la figlia di Fantine. Povera donna, si vendeva per strada
per non far mancare da mangiare alla sua bambina! Adesso Cosette è una ragazza
di diciotto anni e vive ancora con me, in questa casa. Domattina se vorrete vi
presenterò a lei Ispettore.
Quanto al
perché l’ho presa con me ve lo spiegherò subito: dovete sapere che la madre mi
aveva pregato di aver cura della piccola se lei fosse morta. Bene, dopo che
quella povera anima tornò in cielo io andai a cercare la bambina e… oh, non riesco a descrivere l’indignazione! Quei Thénardier a cui la madre l’aveva affidata l’avevano fatta
diventare la loro serva! La povera madre si era consumata fino a morire per
mandar loro i soldi necessari a far vivere la sua figliola con creanza e loro
l’avevano messa a dormire sotto la scala tra i cocci dei vasi rotti! Io avevo
in tasca la lettera di Fantine che chiedeva di affidare Cosette al possessore
di quel documento ed avevo anche parecchi franchi perché sapevo già che Thénardier era avido.
Ve lo giuro,
Ispettore, se io avessi visto che Cosette era trattata con riguardo avrei
tenuto la lettera in tasca e l’avrei lasciata dove poteva vivere bene, ma così
non era, e così, già che avevo promesso, la portai via con me-:
Javert lo fissò a
lungo.
Cercava
qualcosa a cui aggrapparsi per poter dire a Valjean
“avete fatto male” e infine una cosa la trovò.
:-Avete
detto che avevate del denaro. Avete corrotto dunque …-:
:-Sì, ho
corrotto. Ho corrotto per dare a quella creatura innocente una vita dignitosa e
non me ne pento. Cosette è cresciuta in convento tra le educande e adesso,
grazie al denaro con cui ho corrotto Thénardier, non
ha nulla da invidiare ad ogni altra signorina per bene di Parigi-:
Javert si arrese.
:-Avete
corso dei rischi per proteggere ed allevare una creatura non vostra… perché?-:
Chiese
tentando di capire.
Valjean fece un
sorriso enigmatico mentre rispondeva.
:-Per lo
stesso motivo per cui Cristo si è lasciato inchiodare innocente alla croce. Per
amore, Ispettore Javert, solo per amore-:
Javert si ritrasse
e cambiò in fretta argomento.
:-Quel
ragazzo che avete portato via dalla barricata. Perché avete salvato anche lui?
E a rischio della vostra vita!-:
:-Marius Pontmercy. Sì, anche
quello è stato per amore perché la mia Cosette lo ama ed io amo lei. Non avrei
sopportato di vederla infelice se lui fosse morto-:
Valjean aveva
risposto con semplicità, cosa che ebbe su Javert
l’effetto di renderlo sempre più confuso.
Abbiamo
detto che prima di entrare in quella casa l’Ispettore aveva davanti a se due
immagini di Valjean, una infernale ed una celestiale,
ora, a quel punto dell’interrogatorio, l’immagine infernale era del tutto
scomparsa e quella celestiale emanava una luce abbagliante persino superiore a
ciò che lui si era figurato.
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Cantuccio dell’Autore
Alla fine di
questo capitolo non so bene cosa dire, tranne che ho riletto il libro e riguardato
il film in maniera quasi ossessivo-compulsiva.
Ho riletto
il libro per appropriarmi del linguaggio e dello stile dei romanzi
ottocenteschi, ed ho rivisto il film perché Geoffrey Rush rende benissimo
l’Ispettore Javert ed è perfetto per aiutarmi ad
immaginare i suoi atteggiamenti senza finire OOC.
Ah, a
proposito, metto qui il link del video di You Tube “Javert’s suicide” interpretata da Russel
Crowe e con il testo a fianco http://www.youtube.com/watch?v=jmbd6r80xmI
Makoto