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Autore: Pontomedusa    24/02/2013    3 recensioni
Seguito di Birds of a feather.
Conquistare il mondo non θ una passeggiata, anche se Souther adesso non θ solo.
Ma lui e Azusa continuano ad avere visioni divergenti su alcune questioni, che diventano fondamentali quando si tratta di scendere in guerra.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Juda, Nuovo personaggio, Raul, Shin, Souther
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Birds of a feather'
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“E cosμ, la piccola Imperatrice θ di nuovo in giro,” dice Juda, e ridacchia.

“L'Imperatrice θ anche un ufficiale, e sta lavorando per me,” rispondo.

“Davvero? Se non mi sbaglio, il piano θ suo. Non ha neanche aspettato la tua approvazione, per cominciare.”

Decisamente, devo ricordarmi di parlare il meno possibile quando lui θ presente.

“Adesso θ partita col mio permesso. Piuttosto, ti sei divertito a ispezionare quel villaggio a un giorno di macchina da qua? Mi dicono che lμ l'acqua la prendono dai pozzi.”

Sogghigno. Juda fa un'espressione schifata.

“Mai piω, Seitei! L'unica cosa positiva era la presenza di alcune leggiadre fanciulle, ma mi hai vietato di prendere qualunque iniziativa...”

Fa un'espressione delusa.

“Mi dispiace Juda, a me personalmente θ indifferente, ma Azusa su queste cose θ irremovibile. Ma cosa...”

C'θ un gran trambusto nei corridoi. Esco per vedere cosa diavolo sta succedendo.

Di corsa sta arrivando il bovino maledetto, con un fagotto tra le braccia.

Solo che non θ un fagotto, dannazione.

Θ la mia Azusa.

In un balzo sono da lui, e gliela strappo dalle braccia.

Mi accorgo subito che non θ morta, e ricomincio a respirare. Non mi ero neanche accorto di avere smesso.

Ma θ ferita, seriamente, all'addome. Qualcuno l'ha fasciata alla bell'e meglio con degli stracci, ma le bende improvvisate sono intrise di sangue.

“Maledetto idiota, ti avevo avvisato!”

Non lo ammazzo subito solo perchι ho il mio pulcino tra le braccia.

Lui mi guarda fisso. Sembra agitato, ma per niente impaurito. Non da me, perlomeno.

“Ho fatto chiamare un medico. Sarΰ qui a momenti. Intanto, portiamola a letto. Voglio darle un'occhiata.”

“Non ti azzardare a toccarla! Non hai capito che sei fortunato ad essere ancora vivo?”

“Non mi interessa! Non me ne vado di qui finchι non sarς sicuro che θ fuori pericolo. E adesso andiamo!”

Solo adesso mi rendo conto che θ a torso nudo. Immagino che abbia ricavato le bende per Azusa dalla propria casacca.

Questo pensiero fa diminuire un po' il desiderio di farlo a pezzi sul posto, e decido di soprassedere sulla sua mancanza di rispetto.

“Seguimi,” sibilo.

Nella stanza di Azusa, la deposito sul letto. I suoi respiri sono brevi e affannati.

Il manzo maledetto toglie la fasciatura e strappa il vestito di Azusa all'altezza del taglio. La tentazione di amputargli le mani sul posto θ forte, ma d'altra parte sembra che sappia cosa sta facendo.

“Portate delle bende, dannazione!” grido ai soldati che ci hanno seguiti e sono rimasti, incerti, sulla porta.

Le bende arrivano. Elliott fa una compressa di garza e la preme sulla ferita con tutta la sua forza, ma l'emorragia non si arresta.

“Merda,” sibila.

Entra, di corsa, il medico. Lo ha fatto arrivare Azusa qualche mese fa da uno dei villaggi alleati, sostenendo che quelli che avevamo a palazzo lasciavano parecchio a desiderare.

“Fammi vedere,” dice a Elliott, avvicinandosi al letto. “Ha perso molto sangue.”

“Questo lo vedo anch'io,” ringhia lui.

Il medico esamina la ferita.

“Forse siamo fortunati. Dovrei riuscire a suturare. Speriamo solo che non subentri un'infezione.”

Il medico si mette al lavoro, e ricuce il mio povero pulcino.

 

Azusa non si θ ancora svegliata. Ho fatto cambiare le lenzuola, che si erano inzuppate del suo sangue, e le ho messo della biancheria pulita. Poi l'ho messa sotto le coperte e mi sono seduto accanto al letto. Ad aspettare.

Il medico ha detto che possiamo solo aspettare.

Azusa θ pallidissima, ma il suo respiro mi sembra un po' piω regolare. Per ora non ha la febbre, ed θ buon segno. Significa che la ferita non θ infetta.

Le prendo, delicatamente, una mano.

Finalmente, apre gli occhi.

Sbatte le palpebre e si guarda intorno. Ha bisogno di qualche secondo per capire dov'θ.

“Souther...?”

“Sμ, pulcino. Sono qui.”

Porto la sua mano alle labbra. Lei, debolmente, sorride.

“Come sto?”

“Cosμ cosμ. Adesso devi riposare.”

Cerca di mettersi seduta.

“Azusa, ho detto riposare, non agitarti.”

“Voglio vedere, Seitei.”

“Che cosa?”

“La ferita.”

“Θ una ferita all'addome. Hai ancora tutti i pezzi attaccati. Stai tranquilla.”

“Mi rimarrΰ un'altra cicatrice orribile, scommetto. Finirς per sembrare una bambola rattoppata.”

“La colpa θ tua. Tu e il tuo hobby delle scorrerie.”

“A chi le scorrerie, a chi le piramidi...”

Ridacchia, ma si interrompe subito. Immagino che ridere aumenti il dolore.

“Mi vorrai lo stesso, Seitei?” chiede.

Infilo una mano sotto il lenzuolo, sfioro la sua coscia, e cerco il leggero rilievo della vecchia cicatrice che si fece al confine settentrionale. La accarezzo piano.

“Ti voglio sempre, confettino. Vorrei solo che ti impegnassi un po' di piω a rimanere viva.”

“Be', stavolta non sono morta, no?”

“Ti abbiamo acchiappata per i capelli. La prossima volta, cerca di metterci piω impegno.”

“Dov'θ Elliott?” chiede all'improvviso.

“Oh. L'ho ammazzato.”

“Cosa?!”

Cerca di alzarsi, ma ricade miseramente sui cuscini.

“Stai giω, Azusa. Lo avevo promesso, che se non ti avessero riportata sana e salva...”

“Souther!”

Mi guarda con gli occhi sgranati.

“No, sto scherzando, confettino. La tentazione θ stata forte, ma ho resistito. Θ qui fuori.”

Le scocco un sorrisetto.

Socchiude gli occhi con espressione omicida, come a dire che il mio scherzo non l'ha fatta ridere per niente.

“Fallo entrare,” dice. “Sarΰ preoccupato, poverino. E Rei?”

“Qui a palazzo, non si θ visto.”

Azusa sospira.

“Forse Elliott lo sa. Vorrei vederlo, per favore.”

Le lancio un'occhiataccia.

“Ti prego, Seitei. Dopotutto, mi ha riportata indietro salva, anche se non proprio sana. E non essere severo con lui, per favore. In fondo, mi sono divertita.”

E mi scocca un sorriso malizioso.

“D'accordo, come vuoi. Giusto perchι sei malata

Quando il manzo maledetto entra, corre subito al capezzale di Azusa.

“Come stai?”

“Una meraviglia, non vedi?” Sogghigna. “Dov'θ Rei?”

“Non lo so. Mentre combattevamo, θ sparito con sua sorella.”

“Ha fatto bene. Ma come mi hai portata via? Di corsa?” Fa una risatina.

“No, c'erano le moto di quei balordi, fuori. Con una mano guidavo e con l'altra ti tenevo.” Ridacchia.

“Cosa?! Da quella volta a Grey Pond, ti ho detto che non sarei salita mai piω su uno di quei trabiccoli! Piuttosto morta!”

“Be', all'altra opzione sei andata vicino.”

“Va bene, va bene. Per questa volta ti perdono. Tornatene a casa, adesso.”

“Sicura?”

“Sicura. Salutami Hikaru e Sakura.”

Sorride debolmente, e il dannato bovino la bacia sulla fronte.

Mi pento di non averlo ammazzato quando Azusa era svenuta e non poteva protestare, e ringrazio gli dei quando esce.

“Adesso sei persuasa che devi finirla con queste incursioni?”

“No, Seitei.” Mette il broncio. “Il mio piano era perfetto. Solo che Rei si θ fatto un po' prendere dal...sentimento.”

“L'ho sempre detto che l'amore rende deboli.” Sogghigno.

“Nah, non θ vero. Guarda me. Io innamorandomi sono diventata Imperatrice, e ci ho guadagnato.” E mi lancia un sorriso malizioso.

Bussano alla porta.

“Che diavolo c'θ ancora?” ringhio.

Azusa ridacchia.

“Avanti,” dice.

Θ Rei.

“Azusa,” dice, “mi dispiace...sono venuto appena ho saputo...”

“Non ti preoccupare...Airi?”

“Θ al sicuro, a Blue Water.”

Azusa sembra sollevata.

“Bene. Torna da lei. A me, ci pensa il Seitei.” E mi scocca un'occhiata maliziosa.

“Sμ, ma prima...ti volevo ringraziare. Volevo ringraziare tutti e due. Vi sarς grato per tutta la vita, per avere salvato mia sorella.”

Fa un inchino, e se ne va.

“Visto, Seitei? Il mio piano procede. Ne manca solo uno, adesso.” E mi fa l'occhiolino.

Non voglio proprio pensare a Shu.

“Adesso pensa a guarire,” dico.

“Sμ, Seitei. Pensi che piω tardi...”

E mi lancia uno sguardo di fuoco liquido.

“Neanche per idea, Azusa! Ho detto: riposo.”

“Puoi venire almeno qui a letto con me?”

“Certo, pulcino.”

Mi spoglio e mi corico al suo fianco, e ci addormentiamo abbracciati.

   
 
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