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Autore: UnLuckyStar    25/02/2013    4 recensioni
REVISIONE IN CORSO
Questa è la storia di Fortunata, una ragazza come tante altre, che nasconde il suo nome dietro a 'Lucky'. Lei si odia, odia il suo corpo, odia ciò che la circonda. Non sopporta le persone, fosse per lei potrebbero morire in tutti i modi che vogliono. E' sarcastica, acida nei confronti di tutti, intollerante alle persone stupide. Le uniche persone che sopporta sono Alice e qualche compagna di classe. Suo fratello è lontano, sua madre è in un centro di recupero per tossicodipendenti, suo padre è inesistente, il mondo non la capisce, non capisce la sua rabbia. Poi una mattina qualunque arrivano loro... Loro, che cambieranno tutto.
⁂⁂⁂
Dal primo capitolo:
Cammino svelta, con il mio passo vagamente saltellante, percorrendo la strada per andare a scuola.
Quel triste edificio rosso mattone, con il cancello arrugginito e dalla vernice verde scrostata.
Non poteva esistere scuola più brutta qui a Torino, soprattutto dal punto di vista di una che è all'ultimo anno.
La verità è che fa schifo. Tutto fa schifo in questo posto.
⁂⁂⁂
Da prestavolto per questa storia ho deciso di usare i bellissimi visi di Giuseppe Giofrè, Jonathan Gerlo e Nunzio Perricone.
#PeaceAndLove
Genere: Commedia, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Tanti auguri a me


Avete presente la piacevole e ansiosa sensazione che si prova quando sentiamo che sta per accadere qualcosa di meraviglioso?
Quella morsa allo stomaco e la continua sensazione di avere l’adrenalina nelle vene; lo spaventarsi facilmente e il desiderio che il tempo corra veloce.
Non so perché, ma oggi è una di quelle giornate.
Mi sento fuori dal mondo, non esco dalla mia camera da un’eternità, attanagliata dalla mia asocialità che non mi lascia mai scampo.
In attesa che qualcosa di bello accada, mi accendo una sigaretta, quello schifo di Chesterfield che sono stata costretta a comprare perché avevano finito le Marlboro. Faccio un paio di tiri, ma mi sembra di fumare l’aria per quanto è leggera. Stacco di netto il filtro e dopo aver fatto un tiro mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo.
La mia stanza sembra un campo di profughi, in penombra e con il pavimento ricoperto di oggetti e vestiti che quasi non riconosco come miei.
Dai Lucky, è arrivato il momento di uscire da qui.
Mi alzo con lentezza dal letto ed esco, continuando a fumare.
Posso subito sentire una canzone in sottofondo, di cui non riesco ad afferrare bene la melodia, provenire dalla stanza di Alessandro. Mi avvicino alla porta appannata, e attraverso lo spiraglio posso vederlo muoversi e scandire il tempo con il suo stesso corpo.
Non voglio interromperlo, ma lui sembra già avermi visto, attirato forse dal colore dei miei capelli in controluce che mi fanno sembrare un semaforo o una luce al neon.
Stoppa la musica e resta un attimo a prendere fiato. Lancia uno sguardo verso la porta, quindi mi faccio avanti, e senza esitare mi prende in braccio, girando su se stesso, dandomi uno, due, tre baci sulle labbra.
«Uh, a cosa devo questo entusiasmo?» chiedo ridendo e agitando i piedi in aria.

«Sai che giorno è oggi?»
«Il sedici, se non mi sbaglio.»
«Oh, ti sbagli di grosso. Oggi è il ventiquattro agosto.»
«Il mio compleanno?» chiedo stupita, aggrottando la fronte.
Eppure ero sicura che fosse il sedici. Dio, perdo colpi.

«Sì, è il tuo compleanno, e ti ho già preparato una sorpresa.»
«Dov’è?» chiedo entusiasta mentre poggio i piedi a terra.
«Deve ancora arrivare, la vedrai stasera.»
«Deve arrivare? Che è?»
«Se te lo dico non è una sorpresa, quindi smettila di fare domande, tanto non ti dico niente.»
«Sei un pezzo di stronzo.»
«Grazie. Dai, togliti di mezzo, vai in giro con Irene e Anzu, che io devo organizzare ancora un paio di cose. Su, sciò» dice scacciandomi con le mani.
Gli lascio tra le dita l’ultima metà della mia sigaretta e corro in camera; mi metto un paio di jeans e una maglia azzurra. Strofino le dita sotto gli occhi per togliere gli aloni neri lasciati dalla matita ed esco fuori.
Busso alla porta di fronte. Sento una risata sommessa, uno scalpiccio di piedi e la porta che finalmente si apre.
Irene afferra con prepotenza la canotta di Sebastiano e a momenti lo butta per le scale.

«Ci vediamo… Quando capita» dice per poi voltarsi verso di me, come se non fosse successo nulla «Lucky, che ci fai qui?»
«No, aspetta, cosa ci fa lui qui!» gli sussurro mentre lui scende le scale.
«Beh, puoi immaginartelo» risponde facendomi entrare in casa.
«State insieme?»
«Ma no, figurati!»
«Ah, ho capito, scopate e basta» dico prendendo in braccio un gattino che mi si struscia contro la gamba.
«Non dirlo così, mi fai sentire una troia» ribatte fermandosi al centro del salotto minuscolo.
«Non sto dicendo che lo sei»
«Lo so, altrimenti non ti avrei fatta entrare in casa. Comunque, perché sei venuta a deliziarmi con la tua dolcissima compagnia?» chiede con una vena ironica.
«Alessandro mi ha cacciata fuori di casa perché oggi è il mio compleanno.»
«Che carino. Quindi, visto che non hai una casa a tua disposizione, vieni a invadere la mia?» domanda scartando un cioccolatino alla nocciola e cacciandoselo in bocca.
«La tua e di Anzu» preciso io.
«Ma lei adesso non c’è, quindi la considero solo mia.»
«A parte questi dettagli, il problema rimane.»
«Quale sarebbe il problema?» chiede aggrottando la fronte.
«Che non ho nulla da fare» rispondo buttandomi sul divano.
«Io ho un’idea.»
«Spara.»
«Del sano shopping. Lui sta organizzando qualcosa, giusto? Quindi ti serve per forza qualche abito nuovo da mettere stasera.»
Sbuffo e sorrido per la sua semplicità nell’impegnare il tempo.
«Okay, vado a prende i soldi e usciamo.»

 <> <> <>

Non so come ho fatto a farmi trascinare qui dentro. Fisso gli sgargianti colori dei completi intimi appesi agli espositori, mentre Irene lecca con insistenza un chupa-chups all’arancia e tastando le imbottiture dei reggiseno.
«Ti prego, usciamo di qui» dico tirandola per un braccio.
«Perché? Stiamo facendo shopping.»
«Sì, ma tu avevi parlato di comprare dei vestiti.»
«Ma la biancheria è una cosa fondamentale per stasera!» esclama per poi darmi le spalle e continuare la sua esplorazione.
«Fondamentale?» domando seguendola.
Stizzita, si toglie di bocca il lecca-lecca.

«Alessandro vuole farti una sorpresa, no? Dopo che ti avrà fatto questa sorpresa si presume che tu sarai felice, e questo gli spianerà la strada per fare del sano sesso di buon compleanno.»
«Tu sei fuori, lui non ha in mente niente di tutto ciò» rispondo risoluta.
«Ma a chi vuoi darla a bere? Si vede da un chilometro che vorrebbe sbatterti su ogni superficie piana che potrebbe trovare. Sei fortunata» ribatte maliziosa.
Non avevo mai pensato che effettivamente Alessandro potesse avere in mente questo tipo di piano, ma può darsi che Irene abbia ragione, mio malgrado.

«Bene, mi hai convinta. Da dove cominciamo?» chiedo lasciando sciolte le braccia.
«Beh… Dalla taglia? Quanto porti di reggiseno?»
«Una prima» rispondo abbassando il tono di voce. Il mio seno si è spaventosamente rimpicciolito nell’ultimo periodo.
«Allora, secondo me dovresti metterti un reggiseno con la coppa non imbottita… Sai, fa un brutto effetto quando sembrano enormi e alla fine sono minuscole, almeno non ingannerai le aspettative di Alessandro.»
«Wow, sei attenta ai dettagli» mormoro cercando qualche reggiseno che mi piaccia.
«Certo, sono importanti in queste occasioni. Prendi qualcosa con il pizzo: è classico e sexy, magari nero.»
«No, niente pizzo.»
«Beh, gioca con l’effetto semitrasparente di qualche altro tessuto.»
«Non ci tengo. Non è meglio un normale completo coprente?»
«Mh, si potrebbe anche fare…» dice storcendo la bocca.
«Ecco, guarda questo: è nero, sexy e il reggiseno non è imbottito» dico mostrandole un completo nero i cui slip ricordano dei boxer, con la scritta ‘DONNA’ sull’orlo grigio superiore e dei bottoncini sul davanti.
«Vallo a provare, va'» dice con tono di approvazione.
Mi chiudo nel camerino e mi fisso allo specchio.
No, non ce la posso fare.

<> <> <>

Dopo due ore e mezza, pausa pranzo esclusa, finalmente torno a casa con il bottino di due paia di scarpe, tre maglie, due jeans, un coordinato intimo e un rifornimento completo di ombretti alla Kiko.
Apro la porta di casa e la prima cosa che vedo è Alessandro, in piedi in mezzo al soggiorno e parla al telefono con un ghigno in stile Grinch.

«Ora devo chiudere. Ci vediamo» dice appena di vede.
«Stai ancora organizzando?»
«Non proprio… A te dispiacerebbe se festeggiassimo il tuo compleanno in ritardo?»
«Perché? I ragazzi non possono venire?»
«Beh, siamo nel mezzo della settimana e devono andare a lavoro. L’unico che può venire è Sebastiano, ma a questo punto è meglio rimandare tutto.»
«Sì, sì, sono d’accordo, ma quindi… Niente più sorpresa per me?»
«Tranquilla, quella ci sarà ugualmente» dice mettendosi a sedere sul divano e invitandomi a fare lo stesso.
Chissà, forse per puro caso, la sua mano finisce sulla mia. Nessuno dei due ha il coraggio di scostarsi. Alzo lo sguardo sul suo viso, così vicino al mio, così bello, così suo. E i suoi occhi, poi, ne vogliamo parlare? Quegli specchi scuri in cui mi posso riflettere, e mi viene da pensare come sono io ai suoi occhi… Mi vede con la stessa perfezione con cui io vedo lui?
Il silenzio aleggia intorno a noi, insieme alle parole che non abbiamo bisogno di dire.
E in un attimo capisco. Capisco il bene che gli voglio. Capisco che lui è il desiderio che ho sempre espresso alle undici e undici e alle ventidue e ventidue, e che non ho mai dubitato che potesse avverarsi. Capisco, capisco tutto, e questo mi sconvolge.
Perché quando ti rendi conto di amare qualcuno, non è dolce come fanno vedere nei film. Non si manifesta con le farfalle nello stomaco, no. Realizzare di aver amato per tutto il tempo una persona che credevi di sopportare a malapena, beh, è una mazza ferrata che ti arriva dritta in faccia senza preavviso.
Ed è così, con un uragano di confusione nello stomaco, che lo bacio, e lo faccio davvero come se fosse la prima volta. Senza attendere ancora, la mia lingua già si preme contro la sua e non riesco a pensare al prossimo passo da fare. Boh, nella mia testa c’è il vuoto cosmico, non riesco a concretizzare un pensiero, una frase, un qualcosa; nulla.
Sento la mano di Alessandro che dal collo scende a carezzarmi il braccio, il fianco, per poi afferrarmi il ginocchio e trascinarmi a cavalcioni su di lui.
Una mano tra i capelli e una che indugia sotto la maglia. E gli occhi. Gli occhi che mi guardano e bruciano ogni molecola di ossigeno che provo a respirare.
Dio sa quanto vorrei dirgli “Basta, smettila di guardarmi, ché mi fai sentire speciale e non ci sono abituata”.
Eppure sto zitta, perché so che non sta fissando il mio viso, non sta valutando il mio corpo scarno, non sta neppure giudicando i miei comuni occhi marroni. Il suo sguardo sta scavando molto più a fondo e lo posso sentire mentre, in silenzio, seziona i miei pensieri e mi dice “Non mi interessa del tuo corpo, voglio te”.
Con uno strattone mi toglie di dosso la maglia e si ritrova a lottare con i ferretti del reggiseno che non si decidono a sganciarsi. E io quasi rido pensando a tutte le aspettative che mi sono fatta per questo momento. A come stamattina, in quel camerino, mi sono sentita inadatta, brutta, disgustosa; e ora? Ora sto bene. Ora mi desidera. Ora mi vuole. E io voglio amarlo, senza ‘se’, senza ‘ma’ e senza ‘forse’. Voglio amarlo davvero, e stavolta nessuno mi potrà fermare, nemmeno me stessa.

<> <> <>

Arrivata ormai alla sera, mi chiedo se la strana sensazione di aspettativa che ho provato stamattina fosse indirizzata a questo. A me e a lui insieme, su un divano, incapaci di dormire dopo aver fatto l’amore; forse perché non si può dormire mentre un piccolo sogno nascosto si realizza.
Guardo il soffitto con attenzione, come se ci fosse qualche particolare da cogliere, mentre stringo le braccia al corpo che ho rivestito di fretta. Nonostante sia coperta, mai mi sono sentita tanto nuda, ora che Alessandro mi fissa, appoggiato al bracciolo opposto del divano.

«La smetti di guardarmi?» chiedo non potendo trattenere un sorriso.
«Mi piace guardarti, quindi perché non dovrei farlo?»
«Perché rischi di farti male agli occhi» rispondo sarcastica, mentre anche lui si lascia sfuggire un sospiro di felicità. Ecco come siamo: dannatamente felici.
Ma così è troppo facile. Mi sembra davvero troppo facile che la felicità sia così a portata di mano. Che ce l’abbia sempre avuta davanti agli occhi ma che non abbia mai avuto il coraggio di afferrarla a piene mani; mi sono sempre limitata a sfiorarla appena con lo sguardo, sfiduciosa in essa e nel fatto che sarebbe durata a lungo.
Incredibile come le persone si accontentino di inseguire l’effimera speranza della felicità, piuttosto che la certezza della gioia stessa.

«Allora, andiamo a prendere il tuo regalo?» mi domanda guardando distrattamente l’orologio, per poi buttare un occhio fuori dalla finestra, per vedere il cielo imbrunirsi.
A momenti non fa in tempo a dirlo che già sono fuori dalla porta.
Voglio essere ancora più felice.

<> <> <>

«E’ questo il regalo?» domando dondolando pigramente sull’altalena dei giardini comunali, che cigola in maniera sinistra nel buio più totale «Un giro ai giardini è il tuo regalo?» continuo impaziente.
«Certo che no, devi solo aspettare, cazzo, sai cosa significa?» chiede spazientito.
«Uff…» sospiro aggrottando la fronte «E poi perché proprio qui, al buio? Non lo sai che quando fa notte qui ci vengono i drogati a bucarsi? Non ci tengo ad assistere alla scena, a meno che la sua fantastica sorpresa non consista in un quartino di eroina» dico chiacchierando a vanvera.
«Facciamo che ora tu rimani qui per due minuti, io torno subito. Dopodiché mi amerai» dice voltandosi.
«Per quello è troppo tardi» sussurro tra me e me.
Osservo il parco in penombra, illuminato appena da un lampione in lontananza. In questo modo ha un aspetto tetro, molto diverso da come è di giorno, ti dà l’idea che qualsiasi malvivente potrebbe nascondersi nell’ombra alle tue spalle.
Presa un po’ da una sensazione di panico comincio a canticchiare un motivetto per sdrammatizzare la tensione.
Sento dei passi felpati nell’erba tagliata da poco. Mi alzo in piedi, e se non fosse che sono già pallida di mio sono sicura che sono sbiancata.
Contro la luce del lampione distinguo due sagome venire nella mia direzione. Uno dei due è Alessandro, lo riconosco subito, e quasi mi calmo. La domanda è chi è l’altro ragazzo.
Non ne distinguo il viso, eppure è famigliare ad ogni passo che fa avanti.

«Ciao» dice nascondendo un sorriso nell’ombra.
La sua voce, Dio mio.
Sgrano gli occhi. Ho la bocca secca.
Trattengo il respiro.
 



Il tempo di una sigaretta:
Oh oh oh... Che succede?
Esatto, ho pubblicato!
Dopo due mesi (in parte colpa di mia madre che mi ha messa in punizione) sono tornata all'azione!
Inutile girarci intorno: RECENSITE!
Come potete vedere, la nostra Lucky ha concretizzato i suoi sentimenti per Alessandro.
La scena di sesso, mi dispiace, non è dettagliata per il semplice fatto che mi sentivo troppo a disagio a scriverla, ma ho cercato di compensare dal punto di vista sentimentale.
E quindi ringrazio Koteichan, missindipendent, hobrienxx, PeaceAndLove24, Niki_Love e l'ultima arrivata... Kikkus1994!
Grazie a tutte per le recensioni!
La storia è ormai agli sgoccioli, non so neppure se arriverò a 25 capitoli :')
E con questo vi saluto e spero di risentire anche le donzelle che non si fanno vive da un po' **
Baciii UnLuckyStar

   
 
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