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Autore: Sakyo_    25/02/2013    4 recensioni
[Spezzone del 6° capitolo]
Ci ritrovammo così, in quella posizione non voluta ma perfetta, i nostri visi a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro. I capelli lunghi di Castiel mi solleticavano la fronte e il suo profumo pungente arrivò fino alle mie narici.
Per qualche secondo restammo a guardarci negli occhi: era la prima volta che li osservavo bene, e ne rimasi ipnotizzata. Profondi, intensi, neri come la pece.
«Adatti» mi ritrovai a pronunciare senza accorgermene.
Castiel mi guardò interrogativo.
«I tuoi occhi... Sono proprio adatti a te» affermai convinta.
[Spezzone del 13° capitolo]
«Non dirlo Nath, io sto bene con te…»
«E allora permettimi di renderti felice»
Una frase che arrivò come una cannonata in pieno petto. Mi sentii così confusa e inibita, come se mi fossi svegliata improvvisamente da un’anestesia totale.
Col dorso della mano mi carezzò la guancia nel modo più dolce possibile, mentre mi confessava il suo amore sincero.
«Sono innamorato di te, Emma»
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Iris, Nathaniel, Nuovo personaggio, Rosalya
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Night and Day
Capitolo 5


 

«Così questo anello appartiene a Rosalya...»
Stavo raccontando ad Iris del mio incontro di quella mattina mentre lei scrutava attentamente l'anello che avevo trovato sulle scale.
«Mi ha detto che cercava una cosa molto importante, quindi presumo che sia suo» spiegai.
Iris poggiò una mano sotto il mento mentre con l'altra rigirava il piccolo oggetto fissandolo con aria sognante. «Forse gliel'ha regalato il suo ragazzo...»
«Rosalya è fidanzata?» chiesi, ma la cosa non mi stupì. Ovvio che lo fosse, bella com'era.
«Certo! Ormai sono parecchi mesi che lei e Leigh stanno insieme»
«Leigh?»
«E' fratello di Lysander, il tipo di quinta con l'eterocromia»
«Etero che...?» chiesi confusa.
Iris scosse la testa sorridendo «Significa che hai gli occhi di colore diverso» mi spiegò. Non a caso era la secchiona della classe...dopo Ken, ovviamente.
Pensai che se avessi incontrato una persona dalle iridi policromatiche, probabilmente mi avrebbe fatto un po' impressione.
«Comunque, Rosalya è all'ultimo anno quindi temo sia impossibile che tu oggi riesca a riconsegnarle questo anello» sentenziò Iris con tono deciso.
«E perché?» domandai.
«Le quinte oggi hanno il corso di arte alla sede secondaria. Forse ti conviene lasciarlo in segreteria, sicuramente Rosalya andrà a cercarlo anche lì» mi consigliò, sorridendo sotto i baffi.
Certo che Iris era informata davvero su tutto. Feci proprio come mi disse, e andai da Nathaniel non appena terminò l'ultima ora di lezione.
«Un anello?» mi chiese, con l'espressione un po' confusa. Era piegato davanti a un cassetto pieno zeppo di cartelline, tutte impilate secondo un ordine preciso. Era molto indaffarato, e lo capii dal fatto che aveva una manica della camicia tirata in alto e l'altra abbassata. Quella svista no, non era proprio da Nathaniel.
«Si, l'ho trovato stamattina sulle scale» spiegai. Lui si alzò da quella posizione e si parò di fronte a me. In quel momento potei notare la differenza di altezza tra noi due. Nathaniel era davvero alto rispetto a me. Beh, non che io fossi un gigante, anzi. La mia testa arrivava a malapena alle sue spalle.
«Ecco, credo che qualcuno l'abbia perso» dissi con un po' di difficoltà. Averlo troppo vicino mi creava sempre qualche scompenso ormonale.
«Capisco... Posso vederlo?»
Alla sua richiesta tirai fuori l'anello dalla tasca dei jeans e gli porsi la mano. Lui me la prese delicatamente con la sinistra, mentre con la destra afferrò l'anello, e io trovai improvvisamente interessanti le mattonelle del pavimento, tanto da fissarle con insistenza. Aveva le mani calde e asciutte, e quel pensiero mi occupò piacevolmente la testa per circa cinque secondi, prima che qualcos'altro catturasse la mia attenzione. Nathaniel aveva assunto un'espressione molto dura.
«Di chi è?» chiese, ma dal tono della sua voce sembrava che già lo sapesse.
«Beh, in realtà non ne sono sicura ma... Credo sia di Rosalya, una ragazza di quinta»
Nathaniel allora serrò ancor di più le mascelle e distolse gli occhi dall'anello, lanciando un'occhiata fuori dalla finestra «Il regolamento scolastico vieta di indossare gioielli o oggetti preziosi» ora dalla sua voce non trapelava alcun sentimento, sembrava quasi un robot incaricato di ripetere le stesse cose ogni volta.
«Questo non lo sapevo» dissi «Però... Ho come l'impressione che questa regola non sia molto rispettata» azzardai. Lui tornò a guardare l'anello, poi me, e alla fine i suoi muscoli si distesero. «Hai ragione» disse accennando un sorriso. La tensione sul suo viso era sparita. Ormai sapevo che Nathaniel poneva il suo lavoro praticamente sopra ogni cosa, ma non pensavo che trasgredire una regola non così essenziale del regolamento lo portasse ad assumere atteggiamenti di quel tipo. Sinceramente, lo considerai un po' esagerato.
«Insomma, ero venuta per lasciartelo in custodia, nel caso Rosalya lo venisse a cercare qui»
«Non credo lo farà» sussurrò. Non compresi il significato di quella frase. Mi balenò alla mente che forse lui non sopportasse molto quella ragazza. Magari lei aveva avuto dei precedenti, ma... Non riuscivo a immaginarmi Rosalya come una studentessa trasgressiva. Comunque, decisi di lasciar perdere la cosa.
All'uscita incontrai nuovamente Iris che mi propose di andare a fare un giro al centro della città.
«Vorrei passare in libreria» disse. «Ti va di accompagnarmi?»
«Perché no?»
Andammo a mangiare in un fast food dopodiché iniziammo a girare per i negozi. Alla cassa Iris pagò ben quattro libri sotto il mio sguardo allibito.
«Dove lo trovi il tempo di leggere tutta questa roba? Io ho la nausea solo a dover sfogliare i testi scolastici»
«Sono cose diverse, Emma» disse un po' imbronciata. «Una cosa è leggere per studiare, un'altra è farlo perché ti piace»
«Mmh, sarà» non ero mai stata una gran lettrice, a parte qualche fumetto e le riviste di basket la mia libreria aveva un aspetto abbastanza triste.
«Dovresti iniziare ad ampliare i tuoi orizzonti letterari» disse Iris quando uscimmo dal negozio «Sai, per fare colpo»
«Fare colpo?! E su chi?» le chiesi interrogativa.
«Ma come, su Nathaniel!»
Mi bloccai di colpo. Come aveva fatto Iris a giungere a quella conclusione?
«Guarda che a me non piace Nathaniel...»
«Si certo, e io ho preso l'insufficienza all'ultimo compito di matematica» disse roteando gli occhi.
Iris non mi aveva nemmeno mai visto in compagnia del biondino, quindi come faceva a supporre una cosa del genere?
Come se fosse riuscita a leggermi nel pensiero, mi rispose «Sei la studentessa del Dolce Amoris che passa più tempo in segreteria di chiunque altro»
Beh, forse era vero. Di solito cercavo qualsiasi scusa per poter varcare la soglia di quell'ufficio. Ma...probabilmente il mio era un riflesso condizionato dal fatto che Nathaniel era il primo ragazzo con cui avevo stretto amicizia nel nuovo liceo. Già, era sicuramente così.
«Ti sbagli, Nathaniel è solo un amico» affermai decisa.
Iris scosse la testa ridendo «Capisco, e la segreteria ha degli scaffali così affascinanti che non riesci proprio a stargli lontana!»
Risi a quella sua uscita dandole una pacca sulla testa.
«Sei proprio una scema»

Continuammo a camminare finché non arrivammo davanti la vetrina di un negozio di vestiti per ragazze.
Entrammo, e Iris mi indicò con un cenno della testa il ragazzo che stava dietro al bancone.
«Lui è Leigh, il fidanzato di Rosalya» sussurrò.
Spinta dalla curiosità sbirciai di sottecchi verso il bancone e osservai quel ragazzo che stava ripiegando alcune magliette dai colori scuri. Aveva i capelli neri tagliati in modo irregolare che paradossalmente gli conferivano un'aria molto elegante, insieme agli strani vestiti che indossava. Sembrava un personaggio uscito da un quadro ottocentesco.
Il ragazzo notò i nostri sguardi poco discreti e assunse un'espressione annoiata.
«Starà pensando che siamo entrate per attaccare bottone con lui» disse Iris a bassa voce.
Per cercare di uscire da quella situazione imbarazzante mi avvicinai a lui ed esordii senza troppi preamboli «Scusami, tu sei il ragazzo di Rosalya?»
In risposta mi beccai un'occhiataccia ostile.
«E tu saresti...?»
«Mi chiamo Emma, frequento il suo stesso liceo» spiegai. Iris intanto cercava di interessarsi con poca attenzione al vestiario del negozio, ma avrei giurato che le sue orecchie fossero totalmente concentrate ad ascoltare il nostro discorso.
«Come posso aiutarti?» chiese cercando di risultare educato, ma non mi sfuggì la leggera nota di fastidio nella sua voce.
«Volevo solamente farti sapere che oggi ho ritrovato il suo anello, o almeno credo che appartenga a lei. Se lo cerca puoi dirle che l'ho lasciato nella segreteria della nostra scuola» nemmeno il mio tono era dei più amichevoli. Chi si credeva di essere quel tipo?
Leigh mi guardò perplesso. «Un anello? Mh, capisco. Va bene» si limitò a rispondere.
Strano, pensai. Non mi aspettavo una reazione del genere, considerando che probabilmente era un regalo che le aveva fatto proprio lui.
Esposi i miei pareri a Iris quando uscimmo dal negozio.
«Anche io penso che Leigh sia un tipo abbastanza ambiguo» disse lei pensierosa «Quando ho saputo che si erano messi insieme, ci sono rimasta di sasso»
In effetti in quella storia c'era qualcosa che mi puzzava. Nonostante non conoscessi affatto né Rosalya né Leigh, da ciò che avevo potuto appurare in quella giornata alcune cose non quadravano. Ma scrollai le spalle, mentre ritornavo a casa, pensando che dopotutto a me non sarebbe dovuto importare nulla degli affari di una coppia quasi sconosciuta.

«Papà, sono tornata»
Non feci nemmeno in tempo a richiudere la porta, che fui assalita dalle urla furiose di mio padre. Dal telefono che teneva all'orecchio capii che non erano rivolte a me.
«E con questo?! Non credere che una chiamata alla settimana possa giustificare il tuo comportamento!»
Sospirai. Quell'atteggiamento da cane rabbioso mio padre lo riservava solo ed unicamente ad una persona: la mamma.
Presi dalla borsa il mio mp3 e andai in camera, socchiudendo piano la porta alle mie spalle. Mi buttai sul letto e alzai il volume della musica, cercando di scacciare via qualsiasi tipo di pensiero negativo. Ma la voce di papà superava di gran lunga il volume della canzone che stavo ascoltando in quel momento.
Nascosi la testa sotto il cuscino e rimasi così per un tempo che mi parve infinito.
«Non capisci Kathleen, non hai mai capito niente!»
Mi sforzai di pensare ai compiti che avevo per domani, ma non ne venni a capo. Ogni parte del mio sistema nervoso era imprigionato nell'ascolto di quella conversazione telefonica.
«Emma se la cava benissimo anche senza di te!»
Mi alzai dal letto e infilai le scarpe da ginnastica, poi ancora con le cuffie alle orecchie mi diressi a passo svelto fuori dalla stanza e uscii di casa, stavolta chiudendo la porta con uno scatto secco e rumoroso.

Non conoscevo molti posti di quella cittadina, e non avevo nemmeno voglia di trovarmi in un luogo in particolare, quindi senza pensarci troppo mi ritrovai a percorrere la strada che facevo tutte le mattine per andare a scuola. Scavalcai facilmente il cancelletto che circondava il giardino posteriore dell'edificio e mi sentii un po' una ladra.
La palestra di basket a quell'ora era buia e silenziosa come una chiesa. I passi rimbombavano ancora più del solito in quello spazio tanto grande e ciò mi provocò un piccolo brivido lungo la schiena. Pensai ai film horror ambientati dentro le scuole di notte e mi venne un groppo alla gola.
Come se fossi improvvisamente la protagonista di un film del genere, trasalii nel sentire dei rumori provenire dall'interno degli spogliatoi.
Erano quasi le otto di sera, chi diavolo poteva esserci a scuola a quell'ora? ...Forse qualcuno che come me non aveva niente di meglio da fare che passeggiare alla cieca in una palestra.
La porta dello spogliatoio si aprì. Se qualcuno della dirigenza mi avesse trovata lì non l'avrei affatto passata liscia, quindi mi accucciai velocemente dietro un'alta cesta di palloni da basket.
Tutto ciò che accadde dopo fu una sequenza confusa di azioni nel buio che mi avrebbero infine causato un bernoccolo di dimensioni non indifferenti sulla fronte.
I passi di un'ombra scura che non riuscii a identificare si fecero strada fino al centro della palestra, e quel qualcuno senza volto e senza nome doveva indubbiamente avere un pallone tra le mani perché iniziò a palleggiare nel buio dell'enorme area contrassegnata dalle linee verticali ed orizzontali che delimitavano il campo di gioco.
Mi sporsi un po' dalla mia postazione per cercare di capire cosa stesse succedendo, ma non avevo notato che la cesta che mi copriva era in realtà un carrello con le ruote, il quale non resse il peso del mio appoggio e sfrecciò in avanti facendomi cadere a terra.
Il pallone che fino a pochi istanti prima sbatteva contro il pavimento si fermò di colpo, e i passi misteriosi si avvicinarono dove io ero caduta.
Feci per alzarmi, ma sentii tra il naso e la fronte una tremenda sensazione che associai subito al dolore. Di colpo persi le forze, e caddi nuovamente a terra, stavolta inerme.

Quando riaprii gli occhi pensai di star ancora sognando. Davanti a me, un cane dall'aspetto minaccioso mi guardava nello stesso modo in cui si guarda una succulenta bistecca al sangue. Spalancai gli occhi terrorizzata, cercando di bloccare ogni muscolo per non fare il minimo movimento, ma il bestione si accorse che mi ero svegliata e tirò fuori la lingua lasciandomi un litro di bava sul collo e sui capelli.
L'importante è che non mostri i denti, pensai impietrita.
Ma dove cavolo mi trovavo?
Mi misi a sedere su quello che scoprii essere un divano beige e mi guardai intorno. Decisamente, ero in un salotto. Quando mi alzai, il cane tirò fuori un abbaio così potente da far quasi tremare le mura di quella casa, azione che decise di farmi prontamente riprendere il posto che avevo appena lasciato.
«Demon!»
Una voce familiare raggiunse le mie orecchie. Sembrava proprio quella di Castiel.
Già.
Un momento... Cosa ci faceva lì Castiel?
Mi correggo, cosa diamine ci facevo io a casa sua?!


Note autrice: Hola! Accidenti, è passato tantissimo dalla pubblicazione dell'ultimo capitolo, ma sono stata impegnata con la sessione d'esami e non ho avuto molto tempo per scrivere.
In questo capitolo il mistero intorno all'anello di Rosalya si infittisce.. chissà cosa c'è dietro! :3
Scopriamo anche che la vita familiare di Emma non è delle migliori, e l'ultima telefonata del padre l'ha portata nel luogo 
sbagliat giusto al momento giusto! :P cosa darei per svenire e risvegliarmi a casa di Castiel *_*
Il prossimo capitolo non dovrebbe arrivare tardi comunque.. spero che vi sia piaciuto e mi farebbe tanto piacere ricevere qualche commentino! Un saluto a tutte e grazie per il supporto!
P.S: Qui sotto ho allegato un'immagine che rappresenta il modo in cui io immagino Emma... Spero che si veda!

 

  
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