Crossover
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Autore: whitemushroom    25/02/2013    2 recensioni
Il Legame Cremisi è la prova che ogni Cavaliere dei Pesci deve affrontare per dimostrarsi degno di vestire la Gold Cloth, l'armatura d'oro che contraddistingue i migliori guerrieri della dea Athena. Ma il Legame Cremisi ha un prezzo. Un prezzo che Crona, giovane apprendista del Gold Saint Lugonis, non è disposto a pagare ...
Una fanfiction crossover tra l'universo di Saint Seiya (The Lost Canvas) e Soul Eater.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anime/Manga
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6: Thanatos, la distruzione. Sopravvivere oltre l’ultima luce del giorno?


Il sangue scorreva, scuro.
Il tempo si congelò mentre le gocce di sangue raggiungevano il pavimento della cripta. Prima fu solo un suono, poi un altro, poi un crudele ticchettare nell’ultima luce del giorno. Le ginocchia del Gold Saint si sciolsero e Lugonis crollò sul marmo, e negli occhi blu non ci fu più luce.
La risata della strega si concluse col frastuono nelle sue orecchie. Era un rumore sordo, orribile, percepiva il sangue nero nel suo corpo che pulsava e si mescolava al sorriso di lei.
Il corpo di Crona non raggiunse il pavimento. Rimase infilzato sull’enorme freccia e per due, dieci, mille battiti del suo cuore rimase sospeso su di lui; quando il vettore si mosse un secondo fiotto di sangue investì Lugonis bagnando le labbra incapaci di aprirsi. Dolce.
“Mpfh”.
La freccia nera si scosse come un serpente ferito. Destra e sinistra, in alto in basso, si liberò del corpo agonizzante e quello atterrò contro una colonna. Ma il cuore di Lugonis sembrava aver smesso di battere molto prima.
“Crona di Ragnarok. Che delusione”.
Delusione. Delusione. Le parole della donna rimbombavano nella sua mente dal sangue nero che adesso scorreva in lui, lo stesso sangue che aveva estirpato dal suo allievo per salvargli la vita. Inutilmente. Privo di quasi tutto il fluido oscuro, il corpo del ragazzo aveva perso l’incredibile resistenza che quello gli conferiva ed aveva lasciato che l’attacco della Specter lo trafiggesse, prendendo su di sé il colpo diretto verso di lui.
Il maestro sopravvissuto all’apprendista.
Eppure, nel cuore di Lugonis, in quel momento non c’era traccia della tradizione della Dodicesima Casa, della sacralità del Legame Cremisi o del sangue dal potente veleno. Non vi era lo scintillio di Alpherg, che aveva guidato i suoi passi attraverso l’oscurità e la paura brillando nel cielo notturno. Non c’era nemmeno il Cosmo di Atena a scaldare il suo cuore come avveniva nei momenti di sconforto più tetro di ogni Saint. C’era solo un piccolo corpo ai piedi di una colonna.
E il suo mondo finiva lì.
La forma della Specter vacillò insieme alla Surplice in un grande lampo viola. “Stupida cavia”. Intorno a lei nacquero altre tenebre, e le ombre scivolarono tra gli arabeschi neri e viola dell’armatura. Le braccia e le gambe di Lugonis erano ancora immobili e livide per il sangue nero, prigioniere del volere della donna, lo spingevano con il loro peso a terra costringendolo in ginocchio; il gelo si spinse fino al petto ed il liquido oscuro nelle sue vene premeva come un’onda lenta ma implacabile diretta al cuore. La sua avversaria era circondata da una nuova rete di frecce nere “Come se non avessi altri vettori dentro di me! Vai agli Inferi con il tuo apprendista, visto che ci tieni tanto! Troverete che il regno di sua eccellenza Ade è molto superiore a quello della vostra patetica dea”.
Gli Inferi? Come se me ne importasse qualcosa …
Davanti e dentro di lui c’era solo vuoto; era quel vuoto, quel senso angosciante di nulla che gli scorreva in corpo. Era quello, non il sangue nero, a distruggerlo dall’interno mentre avanzava verso il suo cuore, strisciando fino a stringere la morsa persino nel proprio Cosmo.
Doveva sentirsi così una stella mentre moriva. Perché le stelle morivano da sole e da sole si eclissavano nello spazio; delle loro vite non rimaneva nulla tranne il ricordo nelle fragili menti degli uomini.
Fu la dolce luce di Alpherg a svegliarlo. Prima uno scintillio, poi un altro. Il potere della stella più splendente della dodicesima costellazione attraversò d’un lampo tutta la stanza, filtrando dalla finestra ed attraverso i muri come un’onda; sentì il suo potere benefico scivolare in quel piccolo campo di battaglia in risposta alla preghiera di un Saint dei Pesci. Anche se la sua testa ed il collo non rispondevano al suo volere riuscì a seguire con lo sguardo la corrente di Cosmo che giungeva dal cielo fino a colui che l’aveva richiamata. Dalla morte, la vita.
“BLOODY …”
No!
Era ancora vivo, non poteva sprecare la sua possibilità. Crona, non farlo! Alpherg, non dargli ascolto, non prestargli il tuo potere!
“… NEEDLE …”
La prima cosa a venire distrutta fu il vettore più grande che sorgeva alle spalle della Specter: la freccia nera, trafitta da una decina di aghi scarlatti, si contorse come una creatura viva e cadde, esplodendo in una nube d’ombra all’impatto col suolo. La seconda fu l’altare, che esplose in centinaia di frammenti. Lugonis cercò di gridare qualcosa, ma dalla sua gola livida ed immobile non uscì nemmeno la più semplice delle parole.
“… CRIMSON THORN!”
Poi si satenarono gli Inferi.
Sentì gli aghi di sangue sibilargli ad un palmo dalla testa, ma nessuno lo colpì. Il sangue di Crona dilagò in una feroce esplosione, strappando le carni del ragazzo ed i suoi vestiti. Gli aculei rossi fiorirono in pochi attimi sul suo corpo come le spine di una giovane rosa, poi invasero la cripta scagliati alla massima velocità dal Cosmo del giovane bruciato al suo limite. Quelli che mancarono il bersaglio nella prima ondata colpirono i muri, tornarono per qualche istante ad essere gocce di sangue e poi ripresero forma di spine pronte all’attacco. La pioggia di aghi scarlatti attraversò una rete di frecce eretta dalla Specter in quei pochi attimi e mirò alla sua armatura.
Le Surplici erano figlie delle Stelle Malefiche, non avevano in loro la luce delle Dodici Case. Gli aculei puntarono alle giunture guidati dalla forza di Alpherg, ed il sangue dei Pesci che originava da Crona cercò quello della Specter e liberò il suo veleno.
Non c’erano sopravvissuti al Bloody Needle Crimson Thorn. Da entrambe le parti.
Rilasciare in un solo colpo tutte le tossine nelle vene aveva un prezzo, quella era stata una delle prime lezioni che aveva impartito al ragazzo. Fissò nell’orrore il suo apprendista, ma ai piedi della colonna vi era poco più di un piccolo corpo scuro che si dibatteva e svaniva ad ogni contorsione mentre rilasciava le ultime gocce del suo sangue attraverso la sala, dilaniato dall’interno.
“Crona, NO!”
La Specter della Gorgone cadde a terra, con la gola squarciata da una delle spine di sangue; dove i colpi del Bloody Needle avevano raggiunto la Surplice quella iniziava a svanire in volute di fumo nero e viola che sprigionavano sibili. Si alzarono da lei come centinaia di serpenti per poi eclissarsi verso l’alto. Quando della donna non rimase altro che un cadavere dai capelli ambra sul marmo della cripta, Lugonis riuscì a muoversi. Prima con difficoltà, poi sempre più fluido, il sangue nero in lui smise di agitarsi privo della volontà della sua creatrice, ed il Gold Saint lasciò che il proprio Cosmo dorato lo liberasse di quella catena interna e scura che lo aveva avviluppato fino a qualche istante prima; corse in avanti, e gli ultimi aculei non avevano ancora finito di sbocciare dal corpo di Crona che il maestro gli fu accanto.
“Crona! Crona! CRONA!” Alpherg, dovevi impedirlo, non doveva farlo, non doveva, non doveva, non doveva, forse si sarebbe salvato “Crona!”
Ma i pochi resti informi non risposero. L’ultima spina si formò e tornò ad essere una goccia di sangue a contatto con l’aria. Lo chiamò altre volte, sperando nel miracolo, che Atena stendesse la mano e lo facesse alzare di nuovo. Il ragazzo aveva sofferto abbastanza, meritava un’altra possibilità!
Il suo sangue, ormai, era rosso: ma nemmeno quello aveva più importanza.
Quando Stein gli giunse alle spalle non se ne accorse nemmeno “Lo so che non è il momento più indicato, ma …” il punto che indicava con il dito era inequivocabile “… abbiamo un problema. E anche bello grosso!”

Dalla finestra l’ultimo raggio di luce morì.
Scivolò lungo la libreria distrutta, l’altare in frantumi ed il pavimento della stanza. Si poggiò sulla sua armatura d’oro e sul camice a brandelli del compagno. Sfiorò il corpo del dio addormentato e lasciò il posto alla notte; il Cosmo del signore della morte, liberato da qualche parte del mondo dalla bambina prescelta, li attraversò dopo anni di prigionia ed esplose nel suo tetro ma supremo splendore. Lugonis sentì il sangue nero ancora dentro di lui muoversi e sibilare, e con un gesto automatico quanto inutile si mise davanti ai resti di Crona mentre un vento nuovo penetrò dalla finestra, spense tutte le candele, mosse il suo mantello bianco e gonfiò le vesti del dio come una vela. Le sue dita si mossero per prime, scivolando sul bracciolo del trono.
Fu allora che sentì un nuovo calore tra il suo petto e la Cloth; si era quasi dimenticato della sua esistenza, preso com’era dalla fine del suo apprendista, ma era sempre stato lì. Il dono di Sage rispose a quel Cosmo immenso bruciando tutto il suo potere e avvolse lui e Stein in un tiepido abbraccio, illuminando l’aria con un bagliore dorato più potente di qualsiasi Gold Cloth.
Lo scienziato lo fissò dietro la luce sinistra degli occhiali “Interessante gingillo!”
Estrasse il talismano da sotto la Cloth, ammaliato dalla sua natura splendente, e lo fece scivolare sul palmo della mano; quel pezzo di carta sembrava cosa da poco, ma il sangue con cui era vergato sopra il nome sacro apparteneva ad Athena. L’uomo anziano glielo aveva affidato tra mille raccomandazioni, ma non appena aveva intuito la possibilità del risveglio degli dèi gemelli non aveva esitato a consegnargliene uno.
Le nobili lettere si illuminarono di nuovo, con più forza. Vita. Il Gran Sacerdote non glielo avrebbe affidato altrimenti.
Perché quello era Thanatos, signore della morte, uno degli dèi gemelli che guidavano l’armata di Ade ed erano l’avanguardia di una nuova Guerra Santa. Ma, per Lugonis, l’uomo vestito di nero era solo la causa della morte di Crona; aveva una ragione di vita ed un successore, e la brama di quel dio e dei suoi sgherri si era presa gioco di lui. Un esperimento. Un’arma.
Il mio erede.
“Il Vecchio ci ha lasciato un piano B?”
Un esperimento. Un’arma.
Mio figlio.

L’immagine di Crona appariva e svaniva davanti ai suoi occhi. Prima bambino, poi ragazzo, l’ultima rosa del suo giardino.
Con un solo salto attraversò la sala, distruggendo quel poco che rimaneva della barriera della Gorgone e riducendola in piccole scintille oscure. Quando gli atterrò davanti, il dio aprì gli occhi. Chiari, pieni di un potere che nessun umano avrebbe potuto eguagliare, ma vuoti.
“Questo te lo manda il Vecchio Granchio! Con l’augurio che ti resti di traverso!”. Premette il talismano con tutta la forza che aveva contro il petto del mostro, incurante del Cosmo superiore che lo assalì, scosse le sue vene e lo gelò fino alle ossa. L’energia del sacro foglio si riversò contro Thanatos in una cascata di scintille per poi fluire lungo tutto il suo corpo. Luce.
Il dio provò ad alzarsi, ferito, ma Lugonis glielo impedì. Si scagliò con tutto il proprio peso su di lui, premendolo contro il trono, lasciandogli assaporare tutto l’odio che provava nei suoi confronti. Sotto di lui Thanatos fece un secondo scatto, trovò la forza di liberare una mano dalla sua presa e gliela serrò intorno al collo, inondandolo del suo Cosmo supremo e usando tutta la sua energia per scagliarlo lontano da lì senza proferire nemmeno una parola. Ma il dolore perse ogni importanza. “E questo te lo manda Crona” Dalla morte, la vita “BLOODY ROSE!”
La rosa bianca raggiunse il corpo della divinità; prima nel talismano, poi nella tunica e nella carne, le spine cercarono la preda ed il suo sangue, quello di una creatura superiore carico di potere. I petali del fiore si tinsero all’istante di venature cremisi, e mescolarono il loro potere a quello divino del talismano di Atena conficcato nelle sue spine. Lo spirito di Thanatos si agitò nel proprio corpo, scuotendolo ed aumentando la stretta sul suo collo con le ultime forze della mano, circondato da oscurità ed odio. Ma anche in lui c’era la furia.
Un maestro senza apprendista. La mia Casa è finita. Crona. “Sembra che non sia abbastanza … BLOODY ROSE!”
Chiamò la seconda rosa bianca mentre tutto intorno a lui lo spazio si distorceva intorno allo spirito della divinità che tentava di fuggire da lì. Si trafisse il palmo con il suo stesso fiore e poi lo piantò più giù, nel collo del mostro, assaporando il piacere del dolore e del proprio sangue velenoso nel nemico, lo stesso sangue che aveva offerto a Crona durante il loro primo, incompleto Legame. Unito a Thanatos grazie alla rosa, gli riversò in quel colpo tutto il dolore che aveva. La presa del nemico intorno al suo collo si allentò, ma stavolta era Lugonis a non volersene andare.
Avrebbe concluso quel duello a modo suo.
Tra le deflagrazioni di Cosmo ed il potere senza pari che vorticava intorno a lui ed al suo nemico, lasciò libera la sua Gold Cloth con un solo gesto. L’armatura si sciolse dal suo corpo e si ricompose nell’aria al suo fianco, assumendo la tipica forma dei Pesci che doveva rappresentare; con la mano ancora libera la cacciò lontano “Torna a casa”.
Quella Cloth non era sua: aveva atteso dieci anni per offrirla al suo erede come ultimo dono. L’aveva lucidata per tutto quel tempo immaginando di vedergliela indossare, disegnandoselo nella sua mente sapendo di non poterlo mai vedere con i propri occhi. Non aveva alcun senso indossarla un secondo di più e non si voltò indietro a guardarla, immergendo i propri occhi in quelli di Thanatos ed unendo il loro sangue a quello di Atena in un ultimo raggio di luce. Il corpo del dio si disgregò nel fuoco sacro mentre la sua anima mandò un grido immenso; Lugonis si lasciò andare alla porta dell’Elisio, schiudendo il suo Cosmo.
Poi la luce svanì, troppo rapida; il balenare bianco gli ferì gli occhi e poi scomparve, inghiottendo il nemico. Lugonis ebbe l’impressione di essere catturato da un vortice, e la sua mano venne strappata con brutalità dalla Bloody Rose in un ultimo fiotto di sangue. Era già lontano quando ciò che rimaneva del dio della morte svanì nella deflagrazione d’oro del talismano e fece per andare di nuovo in quella direzione per portare a termine il suo intento; eppure continuò ad allentarsi, e quando guardò in basso si accorse delle centinaia di fili bianchi che erano nati contro il suo petto e lo avviluppavano a un’unica, grande mano che non ammetteva repliche. “MA SEI SCEMO?”
Il resto fu un sogno scorto tra le lacrime. La cripta che crollava, uno sguardo ai resti del suo apprendista e poi le scale, la chiesa, l’altare, tutto scivolò davanti ai suoi occhi. Le sue gambe non si muovevano, le braccia erano inerti, eppure in un attimo gli occhi divorarono la chiesa ed il bosco, la roccia ed il cielo nel grande salto del suo compagno.
Il cielo era limpido e l’aria fredda quando ci fu l’esplosione ed il Cosmo di Thanatos fuggì in ritirata nel luogo che solo gli dèi potevano visitare. Ma era un pensiero, un sogno o un incubo intervallato solo da parole “E meno male che sono io quello che passa per pazzo, eh? Ma cosa credevi di fare?”
Dalla morte, la vita.
Ma quale vita?
  
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