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Autore: Anacarnil    25/02/2013    1 recensioni
"Vi era qualcosa di estremamente ostinato, che si abbarbicava silenzioso tra i meandri della sua mente. Qualcosa che, ne era certo, avrebbe cambiato il destino di quella guerra."
Fanfic che prende corpo dalle avventure della gilda italiana Medui Estel nel videogioco MMORPG "The Lord Of The Rings Online".
Vi siete mai chiesto cosa sia potuto accadere nel resto della Terra di Mezzo ai tempi della famigerata Guerra dell'Anello? Scopritelo seguendo le avventure di elfi, uomini, hobbit e nani riuniti sotto un unico vessillo per combattere la minaccia che si espande da est.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'Oscurità era il più naturale tra gli ambienti in cui un orco avrebbe vissuto con piacere. Eppure, nell'ombra che avanzava a divorare rapidamente i pochi timidi raggi che si affacciavano tra i pertugi delle chiome degli alberi, orchi e goblin non erano nelle loro tane. Non conoscevano il posto, erano stranieri. La prima freccia ed il primo coltello partirono silenziosi, e silenziosi puntarono le gole scoperte di due vicini soldati orchetti, rimasti indietro a sorvegliare il resto del piccolo accampamento. Quando una manciata di altri compagni strabuzzò gli occhi, osservando un attimo perplessi la morte silenziosa dei due compagni, altre frecce ed altri coltelli erano già volati rapidi e precisi a mozzare nella gola di ognuno di loro il grido d'allarme. I due elfi si avvicinarono circospetti, spostandosi attorno alla radura, ancora in mezzo alla folta vegetazione, indirizzando gli occhi sull'oggetto dell'interesse di quegli orchi. La donna sembrava essere umana, a giudicare dalle fattezze. Indossava nient'altro che  uno straccio consunto e sporco di sangue rappreso. Il volto era terreo oltre la massa disordinata di lunghi capelli castani, raccolti in una coda di fortuna, e negli occhi vitrei si poteva leggere tutto il suo terrore per quelle creature mostruose che la avvicinavano, la annusavano, grugnivano e si leccavano i denti affilati. Era imbavagliata e legata mani e piedi, adagiata su uno scranno di legno troppo corto per la sua altezza, e pareva non fare altro se non deglutire.

«Dov'è che dovremmo portare la cagna?» esordì uno degli orchetti in mezzo alla cacofonia di versi grotteschi che echeggiavano nella radura.

«Oltre le montagne, idiota. Ci aspettano là gli altri.»

«Uh. » Ognuno di loro pareva avere impresso a fuoco sulla spalla destra, scoperta, il simbolo di una saetta. Ne morirono altri, prima che il gruppo più sostanzioso si accorgesse di aver subito delle perdite lungo l'intero accampamento. La massa allora si disperse, e le urla frustrate e terrorizzate giunsero all'intrico di rami sulle loro teste.

«Prendete le armi, ver...» L'orchetto che stava pronunciando quelle parole portò le mani alla gola, lì dove era apparsa una lunga frecci dall'impennatura candida. Cadde riverso in un bagno di nero icore, gemendo e cercando di respirare invano. Colti così, alla sprovvista, completamente terrorizzati e incapaci di comprendere il numero dei nemici che avevano avanzato l'attacco, molti fuggirono, cercando riparo tra gli alberi, inciampando, impreando, muggendo per la disperazione di mettersi in salvo. Il destino che li attendeva nei meandri del Bosco Atro non sarebbe stato benevolo. Ma ce n'erano altri, più potenti ed ostinati, che non persero tempo a latrare ed infilarono gli elmi e le placche protettive, impugnando le enormi spade di ferro grezzo e posizionandosi a schermare la donna.

«Venite fuori, cani!» ruggirono.

«Venite fuori!» Il cozzare delle armi sulle fredde armature metalliche accompagnò la comparsa dei due elfi, entrambi avevano in pugno le loro lame elfiche, entrambi rivolgevano agli incursori uno sguardo freddo, glaciale, mentre si portavano avanti lentamente. Quello che sembrava essere il più temerario tra gli orchetti, distese le labbra a mostrare un ghigno perverso. Sul volto sfigurato oltre l'elmo, scintillò la luce dei tizzoni ardenti. La battaglia che ingaggiarono fu rapida ed inesorabile. L'abilità degli elfi si rivelò superiore e non ebbero difficoltà ad avere la meglio di ognuna di quelle bestie. Quando l'ultimo fu caduto trafitto, i due elfi pulirono le lame e si avvicinarono alla donna. Con sgomento, notarono che nel furore della battaglia qualcuno dei goblin o degli orchi rimasti si era appartato con l'unico intento di sgozzarla, prima di essere a sua volta passato a fil di spada dal furore dei Sindar. Gli occhi spenti erano ancora rivolti al tetto di rami in alto, lì dove probabilmente qualche secondo addietro c'era stato il volto del carnefice che aveva sottratto la vita alla donna. Mesti, esaminarono il corpo, chiusero gli occhi del cadavere, mormorano qualche parola di commiato.

«Andrò da Thranduil.» fece Anacarnil.

«Il viaggio per gli Ered Luin sarà lungo.»

«Ti raggiungerò lì, amico mio. Dovrò informare i silvani di questa nuova. Nubi scure si addensano su quei luoghi.»

«Ahi, Glorfindel. L'inverno sta arrivando.» E così come era giunto alla radura, Anacarnil figlio di Anarindil di Bosco Atro fece ritorno alle dimore del Re della Foresta Oscura.

   
 
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