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Autore: 3lo_2ofi    25/02/2013    1 recensioni
Immaginatevi i personaggi che abbiamo amato, dopo anni, circa dieci.
Giappone, due Clan diversi ma una passione in comune. Le auto.
Come i buoni e i cattivi. In questo periodo della storia delle corse in Giappone sono i cattivi a regnare. Ma Rui, una bionda tutto pepe e ambizione vuole cambiare le cose, arrivando a chiedere aiuto persino a Ciel, arrogante e orgogliosa. Entrambe faranno di tutto per sopportarsi e per vincere coloro che vogliono controllare il Giappone su quattro ruote.
Una sfida dietro l'altra a tutta velocità. Ma non ci vuole solo quello, ma firbizia e macchinazione di tutto quello che gli sta attorno.
Riuscite a immaginarvi la Inazuma competitiva come sempre ma su quattro ruote?
Se ci riuscite aprite questa storia e godetevela, e se non ci riuscte provate a leggere e cambiate idea.
Spero di avervi incuriosito almeno un poco. Buona lettura e commentate!
Genere: Azione, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci scusiamo degli errori in anticipo!!







Sentii la porta chiudere aprii gli occhi di scatto.
Uscii dalle coperte raccattando i miei vestiti sparsi in camera da letto.
-Ma che fai?- domandò lui stiracchiandosi, scoprendo il petto dalla leggera coperta di seta verde.
-Edgar è tornato a casa.- dissi lanciandogli sul letto i suoi vestiti.
-Chi è questo Edgar?- mi fissò dopo essersi infilato i boxer e il pantaloni.
Lo fissai un attimo, ero esterrefatta.
I pantaloni erano bassi, e facevano intravedere appena l’elastico dei boxer, il petto nudo, sotto la luce tenue della lampadina, sembrava richiamarmi verso di esso. Un petto scolpito, ma non esagerato, che si abbinava bene ai lineamenti fini del suo viso.

-Mettiti la maglietta.- dissi lanciandogliela.
Mi infialai le calze e le scarpe, e poi scesi di sotto, affacciandomi l’ultima volta dalla porta.
-Appena puoi vieni di sotto.- sorrisi impercettibilmente e mi fiondai al piano inferiore, legandomi svelta i capelli in una piccola coda.
Edgar mi guardò appena sentii la mia presenza nella sala. Non disse nulla, continuò a fissarmi.
-Edgar, dobbiamo parlare.- dissi io cercando di essere il meno fredda possibile, ma ovviamente uscii male.
-Sentiamo. Ti ascolto.- Edgar si accomodò sul divano, lasciando le braccia appoggiate allo schienale.
Non so bene come feci, ma riuscii a cavare dalle mie labbra quelle parole che sapevo lui voleva sentire.
-Sono spiacente per quello che è successo, non so che mi è preso.. Forse è il fatto di essermi sentita come tradita.- parlai in fretta, imbarazzata e stranita.
-Come sarebbe a dire tradita?- mi fissava stranito, cercando di capirci una minima cosa in tutta la mia frase.
-Bhè.. Quando tu ti sei messo assieme ad Angeline la prima volta, io ero felice per te.. Poi lei ti ha spezzato il cuore, e io mi sono sentita malissimo.. Come mai prima.. Per un’altra persona che non fossi io.. Ed ora, ho creduto che tu ci fossi ricascato.. Ho avuto paura per te.-
Edgar mi fissò, poi abbozzò un sorriso, si alzò e mi si avvicinò lentamente.
A pochi passi da me allargò le braccia, accogliendomi tra esse.
-Perdonata.- ricambiai l’abbraccio, e poi sentii una presenza, un’altra, nella stanza.
Mi staccai da lui e mi avvicinai al biondo e indicandolo lo presentai.
-Lui è Hanaki, mentre lui, -dissi indicando il blu. -è Edgar.-
La reazione che ebbero furono completamente diverse.
Hanaki si avvicinò a passo sicuro verso Edgar, ed allungò la mano.
Edgar lo guardò spalancando gli occhi. Poi si ricompose, allungò una mano e strinse calorosamente quella del biondo, che lo guardava sorridente, un sorriso che avevo già visto, probabilmente lo stesso pomeriggio.
-Come vi siete conosciuti?- domandò Edgar guardando male il giovane al mio fianco, che intanto mi aveva cinto i fianchi con un braccio.
-In un bar Ed, ma che diamine ti prede?- cercavo di non essere cattiva, non dopo quello che gli avevo fatto precedentemente, ma la frase non uscii affatto gentile.
-Niente, scusatemi.- cercò di svignarsela, segno che qualcosa non andava.
-Ed, dove sei stato?- la domanda giunse spontanea, senza nemmeno il tempo di elaborare la frase.
Vidi i suoi occhi indugiare, mi guardava preoccupato.
-Sono stato con Rui.- non guardava me, ma il ragazzo al mio fianco, cercando di notare ogni sua reazione.
-Rui?- dicemmo Hanaki ed io contemporaneamente.
Ci fu qualcosa che fece irrigidire entrambi, e staccarci l’uno dall’altra. Guardai Hanaki e con voce tremante gli feci la domanda che mi ronzava in testa in quel secondo.
-La conosci?- il mio tono non ammetteva repliche.
Mi fissò, guardandomi negli occhi.
-Tu la conosci?- disse ridendo nervosamente.. Ma non c’era niente da ridere, soprattutto ora, che temevo di aver capito.
Quei movimenti con le mani che mi ricordavano qualcuno..
-Si la conosco. Ma ora rispondi alla mia domanda.- non ero soddisfatta di aver capito, forse mi stavo sbagliando, volevo la conferma.
Quel sorriso strafottente che si dipingeva sul suo viso..
-Tutti, o quasi, conoscono Rui.- lo vedevo cercare di attaccarsi agli specchi.
I capelli folti e gli occhi pieni di emozioni..
-Rispondi alla mia domanda!- strillai quasi del tutto esausta.
Cercai di ricompormi, ma gli occhi lanciavano saette, e le mani erano stretta pungo contro le cosce.
Lo fissai ancora un po’.. vedendo la sua espressione dipinta in volto capii.
-Oh My God..- sussurrai impercettibilmente.
Lui mi fissò per l’ultima volta.
E lo riconobbi.. Era lui.. E lei era lei.. Erano..
-Rui è mia sorella.-
Mi sentii strana, pugnalata.. Alle spalle.
Non riuscivo più a pensare a quello che era successo solo poche ore prima.. Con lui..
Mi misi le mani nei capelli, sciogliendo cosi anche la coda.
-Oh my God, oh my God..- camminavo avanti e indietro, le mani sempre tra i capelli mori, gli occhi scioccati, sia i miei che quelli delle persone che stavano nella stessa stanza.
-Ciel calmati.- disse tranquillo Edgar, era forse solo la seconda volta che mi vedeva perdere il controllo non volutamente.
-Come posso calmarmi? Questo.. -Dissi indicando il biondo scioccato. -è il fratello di Rui!- non ce la potevo fare, odiavo lei, e avrei dovuto odiare anche lui,da ora.
-Dovevi dirmelo!- strillai verso Hanaki che mi fissava confuso.
-Cosa avrei dovuto dirti?- aveva teso un braccio verso di me in uno scatto rapido e scattante.
-Che eri suo fratello?!- commentai ovvia.
-E secondo te come facevo io a sapere che tu conoscevi mia sorella? Tu sei Inglese, sei qui per chissà quale motivo, come avrei mai potuto credere che tu la conoscessi? E che la odiassi?- c’era arrivato senza che nemmeno glielo dicessi, eppure non mi stava accusando di detestarla, stava solo mettendo le carte in tavola.
-Oh ma insomma!- strillai accucciandomi a terra, tenendomi in equilibrio sui piedi, e mi dondolai avanti e indietro, tipico di quando ero nervosa o arrabbiata.
-Mi dispiace che tu la odi, ma io non voglio che arrivi ad odiare anche me.- disse lui inginocchiandosi davanti a me.
Notai Edgar sgusciare fuori dalla stanza lasciandoci soli, unica cosa che non volevo facesse.
-Non ci posso credere.. God.. Ci sono un milione di ragazzi in questo paese.. Perché te?- domandai prendendomi la faccia con le mani.
Non mi rispose, almeno non subito, ma sorrise amabilmente e mi baciò la fronte.
-Mi dispiace che ti disgusti cosi tanto..- e si, mi disgustava, lo allontanai da me spintonandolo.
-Vattene.- gelida mi alzai in piedi avvicinandomi alla porta. -Sicuramente non ti serve la scorta per arrivare al cancello. Sparisci, non ti fare più vedere.- lo guardavo gelida mentre si avvicinava alla porta.
-Perché?- sussurrò debolmente.
-Perché è cosi che doveva andare, ora vattene, non farmi pentire di aver avuto un rapporto con te, almeno più di quanto io non mi penta già. Vattene.- quando lui uscii io non persi tempo a chiudere la porta alle sue spalle.
Mi allontanai da li e mi lasciai cadere sul divano, chiusi gli occhi e le immagini corsero velocemente nella mia testa.
 
Arrivammo in camera mia con le labbra ancora unite dal bacio che ci eravamo dati in sala.
Le sue mani ero strette sulla mia schiena, mi stringeva a lui mentre il suo bacio casto si faceva sempre più seducente.
Alzai le braccia e mi feci sfilare la maglia di cotone.
Le mani di Hanaki erano fredde, a contatto con la mia pelle nuda mi fecero rabbrividire e stringere di più a lui.
Sorrise sulle mie labbra per quella reazione e spostò la sua attenzione suo mio collo, alla quale dedico baci dolci e passionali.
Si allontanò da me alzando le braccia al cielo, e io sfilai abilmente la sua maglietta spessa e morbida.
Accarezzai il suo petto scolpito.
In un attimo lui slacciò il bottone dei miei pantaloni, facendoli cadere alle mie caviglie, li scavalcammo. Feci lo stesso con i suoi, e poi ci ritrovammo sdraiati sul letto in biancheria.
Quando i nostri corpi furono completamente nudi, coperti solo da un leggero strato di seta, iniziai a sentirmi bene, a mio agio in quella situazione strana.
Non facemmo sesso, ma l’amore, come da tempo non avevo più fatto.
Ci addormentammo poi ancora abbracciati, in un contatto intimo, che mai con nessuno avevo fatto.. A nessuno avevo mai dedicato tutta me stessa.. E a nessuno avevo permesso di abbracciarmi dopo un rapporto..
 
Spalancai gli occhi, i secondi che erano passati sembravano essere ore, e io speravo non fosse cosi. Mi alzai iniziando a correre da subito, mi precipitai alla porta, e la spalancai, cercai sulla strada da percorrere in macchina, il suo corpo alto, e i suoi capelli chiari, ma non li vidi.
E troppo tardi. Pensai prima di notare un corpo in movimento tra i prati, stava accorciando la strada che lo allontanava da me, per raggiungere il prima possibile il cancello alto e possente.
Senza pensarci, cosa che non mi accadeva mai, presi a correre. Sentivo le gambe muoversi più velocemente di quanto mi credessi capace di fare, il fiato corto, le braccia muoversi ritmicamente con le gambe, i capelli al vento e l’aria sulla faccia.
-Hanaki!- gridai, o almeno ci provai, perché il risultato fu un sussurro che nemmeno io riuscii ad udire.
Maledizione!
Mi fermai, e con quanto fiato avevo in gola gridai il suo nome, piegandomi in due per lo sforzo.
-Hanaki!!- quando riaprii gli occhi lo vidi. Si era voltato verso di me, ma non si muoveva, non mi veniva incontro, sarei dovuta andare io.
Ma non potevo, non era giusto! Già il fatto di averlo rincorso per il mio giardino, gridando il suo nome ai quattro venti, mi aveva fatto sentire una grandissima idiota. Ed ora che mi aveva visto era ancora più difficile andargli incontro. Una parte di me, la più debole, voleva correre, saltare tra le braccia che mi avevano stretta fino poche ore prima e abbandonarmi alle sue labbra.
Ma un’altra parte, la più forte, mi diceva di stare ferma li, di non sbagliare, di non affezionarmi ad una persona.. Sapevo cosa succedeva quando ci si affezionava ad una persona, si impazziva per loro, si diventava isterici.. Ti mancavano quando non c’erano. E loro in cambio ti sfruttavano, poi ti buttavano via.
Sentivo che il mio corpo già stava correndo verso di lui, lo stava abbracciando e baciando.
La mia mente invece era ancora ferma.
-Ti prego.. Aspetta.- dissi svelta.
Lo vidi mettersi le mani in tasca, poco a proprio agio, mi guardava, ma non riusciva a leggere i miei occhi, eravamo troppo distanti. E mi sarebbe piaciuto ridurre quella distanza, ma non potevo..
Si che potevo invece.
Qualcosa che si chiama orgoglio aveva provato a fermarmi, ma una spinta, come due mani che ti spingono sulla schiena, mi aveva schiodata da dove mi trovavo, facendomi prendere il passo sempre più veloce, fino a correre e raggiungerlo. Senza fermarmi lo abbracciai di slancio, incrociando le braccia dietro al suo collo. Lo sentii barcollare sul posto per lo scontro tra i due corpi, per quanto il mio fosse esile, la forza che avevo messo in quell’abbraccio lo aveva fatto barcollare.
-Non mi respingere.- sussurrai, ma una risatina sussurrata al mio orecchio mi fece intendere che non lo voleva fare, e che quindi non lo avrebbe fatto.
Dio solo sapeva che cosa mi aveva costretta alle sue braccia, Dio solo sapeva cosa mi aveva spinto a fare ciò..  Ma nemmeno Dio sapeva che il cuore mi stava scoppiando nel petto, senza che nemmeno ne sapessi il motivo.
Mi strinse in un abbraccio caloroso, prima di posare dolcemente le labbra sulle mie, in un bacio. Con mio caratteraccio non avrei mai creduto di poter rispondere a un bacio come questo, eppure ci riuscivo, senza nessun problema.
Quando le nostre labbra si staccarono lui mi fissò.
-E cosi, con un bacio, io muoio.- gli sorrisi a quella frase, ricordando di averla vista in Romeo e Giulietta, in una delle tante copie dell’opera.
Sorrisi accucciandomi sul suo petto.
-Mi dispiace.- sussurrò tra i miei capelli.
Aggrottai le sopracciglia confusa, e dato che non avevo risposto, lui continuò.
-Se avessi saputo che conoscevi mia sorella.. Come prima cosa te l’avrei detto.. Ma lei ed io non ci vediamo da un sacco di tempo, quattro anni. Lei è partita ed io non l’ho cercata più. Ho cinque anni più di lei, sarei dovuto essere responsabile, invece l’ho lasciata partire.. Quando ci siamo incontrati al bar non ero li per rimorchiare.- rise nervoso. -Cercavo mia sorella, facendo vedere la sua foto in giro. Ma poi ti ho vista la, e ho pensato di conoscerti, fidati, non era mia intenzione portarti a letto.- disse serio, prese fiato e continuò, mentre io, per qualche strano motivo, ero ancora stretta nel suo abbraccio.
-è stato tutto cosi veloce che non mi è più venuto in mente di parlarti di mia sorella, di chiederti se tu l’avessi vista.. Mi dispiace.- mi baciò la fronte.
-E successo quel che è successo.-
Mi staccai, ricordandomi per non rinunciare alla routine di quel giorno, che ero una grandissima idiota, e senza aspettare mi incamminai verso casa.
Lo vidi indeciso sul da farsi, poi mi segui.
C’era qualcosa che non andava, non ostante avessi appena scoperto che l’uomo con la quale avevo trascorso la più bella notte di tutte le mie esperienze, fosse il fratello della peggior nemica che avessi mai avuto, sentivo che ancora qualcosa mi sfuggiva. Era una sensazione orribile, un peso all’altezza della bocca dello stomaco, che premeva facendomi venire un senso di nausea costante.
Entrai in casa seguita dal biondo, e quando vidi Edgar venirmi in contro, capii che era lui la fonte della mia ansia.
-Cosa devi dirmi?- domandai schietta.
Edgar mi guardò, aveva in mano uno straccio da cucina, e stava asciugando una qualche tazza. Lo contorse un po’ prima di abbassare lo sguardo, prendere fiato e parlare tutto d’un fiato.
-Se hai perdonato lui non puoi non perdonare me. Ho invitato Rui al ballo a casa tua.- la frase era stata buttata fuori, come quando si lascia andare un palloncino e questo vola in giro per la stanza veloce, che nemmeno riesci a seguirlo con lo sguardo.
-What?!- in seguito volarono un sacco di insulti nella mia madre lingua, tutte dirette alla bionda, e al blu. Qualcuna diretta a nessuno.
Quando mi calmai non potei non notare la risatina di Hanaki.
-Cosa trovi cosi divertente?- domandai tra l’arrabbiata e la sfinita. Troppe situazioni spiacevoli mi avevano colto impreparata dopo la notte più bella di tutti i miei anni.
-Non mi vedo Rui in un vestito da sera. Avrei seriamente paura di vederla.. Non oso immaginare.- sghignazzò lui.
-Divertente..- mentre lui pronunciava quelle parole la mia mente volava in un giro di pensieri che non capivo, o alla quale non avevo dato subito caso.
Ma ripensandoci, notai un pensiero che la mia mente malata era riuscita a trovare, un motivo per suscitare sorpresa e irritazione nella bionda.
-Tu come stai vestito come si deve?- domandai alzandomi e facendolo alzare.
-Io sono sempre uno spettacolo.-
Arroganza.
-Si, in ogni caso. Che ne dici di venire con me al ballo?- domandai schietta.
Lui mi fissò. Un cipiglio pensieroso giunse sul suo viso.
-Certamente, cosi potrò vedere mia sorella. Ma di che ballo si tratta?- domandò lui mentre io gli giravo intorno.
-E un ballo borghese, dove i miei genitori, borghesi, invitano tutte le famiglie borghesi.- dissi io assorta in tutt’altri pensieri, per nulla casti.
-Ed!- dissi alzando appena il tono della voce.
-Ciel?- domandò per invitarmi a continuare.
-Abito grigio o nero?- domandai a quel punto io.
-Grigio.. Perla.- Edgar lasciò cadere il suo straccio al suolo e sparii dietro la porta della sua stanza al piano superiore.
-Grigio perla? Ma che diamine di colore è?- disse confuso lui. -E a cosa mi serve?- io continuavo a girargli intorno, prendendo le misure ad occhio. Un completo di Edgar sarebbe dovuto andare abbastanza bene, in caso contrario avrei chiamato la sarta personale dei Prideson.
-Ahh, sta zitto.- dissi tornando dietro da lui, per motivi tutt’altro che “lavorativi”
-Perché mi fissi?- disse lui.
-Prendo le misure.- feci ovvia.
-Per la bara? Pensavo di essere stato perdonato.- sul suo viso un sorrisino compiaciuto per la sua stessa battuta si dipinse a stampino sul volto, sul mio viso, un sopracciglio si alzò fino a toccare l’attaccatura dei capelli.
-Ecco.- fece Edgar spuntando dal nulla con in mano il vestito color grigio perla più bello che io avessi mai visto. Lo accompagnava con una cravatta dello stesso colore e una camicia di seta bianca.
-Mi aspetto che poi tu me li ridia.- disse Edgar sorridente.
-Devo metterli io?- domandò Hanaki indicandosi.
-No, io.- sbuffai spazientita, prendendo gli indumenti e spingendo Hanaki sulla schiena verso la mia camera.
Quando ci entrammo chiusi la porta e accesi la luce, che andò a illuminare il vestito di lui, appoggiato sul mio letto.
-Spogliati.- dissi io, e notando la sua faccia pervertita aggiunsi un grand:-sei un pervertito, devi provare il vestito.-
Mi sorrise sapiente e fece cadere la maglietta sul pavimento freddo, mi si avvicinò con il petto nudo e mi baciò le labbra dolce.
Appoggiai le mani sul suo petto, e approfondì il bacio, alzandomi contemporaneamente sulle punte dei piedi.
Le sue mani andarono sotto la mia maglietta, con la poca lucidità che mi era rimasta mi allontanai di colo. Spalancai gli occhi e indicai il vestito sul letto.
-Vestiti.-
-E la seconda volta che me lo dici in un giorno.. Non ce due senza tre.- sorrise in mia direzione lasciando cadere i pantaloni per terra, per infilare il completo grigio.
Si infilò la camicia e dopo averla abbottonata completamente si mise la cravatta e poi la giacca.
Aprii le braccia come a farsi ammirare, e io lo stavo già facendo. Ripresi a girargli attorno osservando come cadevano i pantaloni. perfettamente.
Come la giacca fasciava la schiena e il busto. perfettamente.
Come stavano le spalle nella giacca. perfettamente.
E come ultimo lo guardai interamente, non c’era parola più perfetta di perfettamente per descrivere quello che mi si dipingeva davanti agli occhi.
-Se continui a fissarmi mi consumo.- disse lui ghignando.
Strafottente oltre che perfettamente.
-Che sbruffone!- dissi dandogli un piccolo colpo sul braccio,e pentendomene subito dopo, quando intrappolò il mio polso nella sua mano.
Fece segno di no con la testa e mi tirò a se.
-Come te la cavi con il ballo da sala?- domandai svelta.
-Me le cavo.-
-Ci conto.- sussurrai baciandogli il collo.
-Ok.- sussurrò accarezzandomi un fianco.
-Ora svestiti.- sorrisi io -E rivestiti.- conclusi.
-Lo avevo detto che non c’era il due senza il tre.- sorrise lasciandomi andare.
Uscii dalla camera chiudendola alle mie spalle e scesi di sotto.
-Non ostante tu abbia appena avuto una notte focosa, hai sempre il muso Ciel.- disse Edgar.
-Oh Ed, lasciamo perdere, potrei aver avuto anche 24 anni di notti di fuoco, ma sapere che due persone hanno avuto a che fare con Rui, lo stesso giorno.. Mi farebbe venire il muso in ogni caso.-  ridemmo entrambi, poi sentimmo una porta cigolare, e c’era solo una porta in tutta la casa che cigolava.
-Buon giorno!- disse lei arrivando in sala, indosso il reggiseno e un paio di pantaloncini di stoffa rosa.
-Ma che ci fai in giro conciata cosi? Va a metterti qualcosa addosso, abbiamo ospiti!- ringhiai in sua direzione.
-Sembri mia madre Cielandine.- Ang si grattò un occhio, sbavano il quintale di matita che aveva applicato su esso.
-Non mi interessa se sembro tua madre, anche se lei è tutto ciò che io non vorrò mai essere, ma ripeto, che abbiamo ospiti, quindi gradirei che tu andassi a metterti qualcosa addosso.- la mia voce era sputata fuori velenosamente.
-Perché ti scaldi tanto? Mi sembra di avere qualcosa add…- non fini la frase che guardò oltre le mie spalle, un sorriso ebete gli si dipinse sul viso.
Mi guardò e mi superò, strinsi gli occhi, i pugni ed ogni fottuto muscolo che avevo in corpo per non saltargli addosso e strapparle a morsi quel poco di dignità che le era rimasta.
-Ciao, io sono Angeline, ma tu puoi chiamarmi Ang.- mi girai per vederla gonfiare il petto e porgere la mano in avanti, per stringere quella del biondo che stava cercando di scendere le scale, ma che era stato bloccato agli ultimi due gradini.
-Hanaki, e comunque il piacere è tutto tuo.- la sorpassò senza nemmeno stringerle la mano e mi raggiunse.
Angeline rimase fissa davanti alle scale immobile, per momenti che sembravano interminabili. Ed, Hanaki ed io la guardavamo, vendetta negli occhi del primo, divertimento in quelli del secondo, soddisfazione nei miei.
-In ogni caso..- disse Angeline girandosi e cercando di fare la carina ed educata, prima di sparare veleno da tutti i pori della sua pelle. -Sei anche in casa mia, dovresti portare rispetto.- salii i primi tre gradini della scala ed inciampò, rischiando quasi di cadere al suolo.
Hanaki non si sforzò nemmeno di nascondere la risatina che era cresciuta in tutti e tre, e la lasciò sfuggire dalle sue labbra come fosse la cosa più cortese da fare in quel momento, Edgar ed io invece ci eravamo trattenuti, come sempre.
-Smettila di ridere.- sussurrai in direzione di Hanaki, che mi fissò sconcertato, le labbra aperte in un sorriso e gli occhi luminosi.
-E perché mai?- ghignò.
-Non è educato.- la mia faccia non mostrava altro che serietà.
-Quante cose hai mai fatto che non sono educate o per bene?- domanda allora lui.
-Io..-
-Praticamente nessuna, a parte quando riguardando i suoi genitori.- rispose Edgar al mio posto.
-Va bene, la prossima volta ti farò imparare ad essere tutt’altro che educata.-
Mi fissò per un attimo e poi sorrise.
-Credo sia un caso perso, è stata cresciuta cosi.- fece Edgar sorridendo al biondo.
-Si può sempre cambiare. Anche una come lei.-
Mi irritai.
-Perché ogni volta la gente parla come se io non fossi presente? Sono qui!- gridai esasperata, allontanandomi da entrambi, e da entrambi seguita.
Vidi con la coda dell’occhio Edgar allontanarsi, e Hanaki avvicinarsi sempre di più davanti alla finestra dove mi ero fermata a guardare la città di Tokyo.
Ero felice del ballo imminente, non per il ballo in se, ma mi mancava casa, non la mia dimora, ma la mia città, quei muri umidi, il cielo che minacciava pioggia.
-A cosa pensi?- domandò abbracciandomi da dietro e appoggiando la testa sulla mia spalla sinistra.
-A casa mia.- sussurrai impercettibilmente.
-Ti manca casa?- le sue parole erano brividi continui, soprattutto a quella poca distanza tra noi.
-Mi manca l’Inghilterra e mi manca Londra. Casa mia potrebbe bruciare, tutta meno una stanza.- dissi appoggiandomi al suo petto con le testa.
-La tua?- domandò ovvio.
-No. La mia può bruciare con il resto della casa. Ma quella di mia sorella.- sentii il fiato mancare quando pronunciai quella parola.
-Hai una sorella?- domandò sorridendo, lo vedevo nel riflesso del vetro.
-Avevo.- il suo sorriso si spense con i miei occhi, ma essi non si erano spenti ora, avevano smesso di illuminare il mio viso dalla pallida carnagione quel giorno di tanto tempo fa.
-Cosa.. Cosa le è successo?- domandò il più gentilmente possibile, stringendo la presa del nostro abbraccio, facendomi sentire più sicura che mai.
-è morta un po’ di tempo fa.. In un incidente.- la voce era strozzata in gola, le parole uscivano sussurrate, e il male che provavo al petto ogni parola detta mi faceva arricciare le labbra e aggrottare le sopracciglia.
-Mi spiace.- Hanaki vedendo il mio sforzo mi disse che non voleva che continuassi. Al primo impatto ringraziai mentalmente lui, ma maledì me stessa per il mio poco coraggio. Poi invece mi maledì e basta, senza ringraziamenti, e chiedendo il permesso di continuare al mio orgoglio presi fiato.
-Non ha importanza, voglio che tu sappia.- chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dalle braccia cosi calme e rassicuranti, di Hanaki, che mi sussurrò un leggero: si, all’orecchio e mi ascoltò. Raccontai tutto quello che ricordavo, come si era svolto. Ma poi mi fece una domanda che non mi ponevo da tanto, forse troppo, tempo.
-Come stai?- spalancai gli occhi a quella domanda.
-Io non lo so..- cercai di non pensarci veramente a come stessi, perché ero stufa di stare male, avevo trovato un’altra delle poche persona in grado di farmi stare bene o farmi vivere, e se lui mi poneva questa domanda.. Io mi sentivo morire.
-Si che lo sai, lo leggo nei tuoi occhi. Dimmi come stai.- non era più una domanda cortese, era un modo per farmi ammettere la verità.
Verità che io non volevo dire ad alta voce.
-Hai tutto il tempo che vuoi.- sussurrò lui riprendendo a cullarmi dolcemente tra le braccia, come faceva mia madre quando ero piccola, mi abbracciava e mi cullava per farmi addormentare.
Ma aveva smesso di abbracciami dopo la morte di mia sorella, dopo che l’avevo uccisa.
Cullarmi nella culla che nonna e nonno avevano regalato a mio padre per il mio primo compleanno.
Spesso da piccola mi cullava, e quando ero cresciuta aveva comunque tenuto quella piccola culla in camera loro, in ricordo dei tempi passati.. Quando però mia sorella morì, quando io uccisi mia sorella, lui la bruciò, non la buttò come si fa con una qualsiasi culla, no, lui la ruppe in mille pezzi, e la buttò nel possente camino che si presentava in sala. Davanti ai miei occhi stupefatti, e quasi spaventati.
Che mia madre avesse smesso di abbracciarmi per non soffocarmi? Che mio padre avesse distrutto la culla per non distruggere me?
Credevo che se avessero potuto scegliere sulla figlia da uccidere non sarebbe stata lei, ma io.
La pecora nera. La più brutta e la meno apprezzata dai figli di borghesi.
Cercai di tornare al presente. Dove altre braccia avevano accattato la mia persona. Braccia come quelle di Edgar che mi stringevano amichevolmente tra le sue, dimostrandomi il suo sentimento: mi voleva bene.
Braccia come quelle di Hanaki, che mi diceva che mi desiderava accanto, come io desideravo lui. E che non voleva solo volermi bene, ma voleva di più. L’abbraccio che mi riservava era intimo e accogliente.
Cercai di tornare a galla quando sentii le labbra del giovane sul mio collo, e decidi di rispondere alla sua domanda.
-Male.- sentii una goccia, che non poteva essere di pioggia, rigarmi il viso pallido, e morire sulle mie labbra.
Non disse nulla, ma continuò a cullarmi dolcemente.
Ad un certo punto, dopo che troppe lacrime silenziose erano uscite dai miei freddi occhi, non sentii più il pavimento sotto i piedi. Poco dopo sentii solo il materasso sotto il mio corpo. Hanaki mi sfilò i vestiti e si coricò con me sotto il leggero lenzuolo.
Mi abbracciò e mi sussurrò all’orecchio parole che mi fecero rilassare tra le sue braccia.
-Sono qui.-
Mi addormentai lasciandomi avvolgere da quattro braccia che avevo capito essere sicure e confortevoli.
Quelle di Hanaki, calde ed accoglienti durante tutta la giornata e durante la notte, pronte a stringere il mio corpo. Sembravano essere state create proprio per contenerlo.
E quelle di Morfeo, sempre comode, ma solo la notte, quando potevo scordarmi di tutto quello che era successo il giorno prima, per poi dedicarmi al giorno seguente tranquillamente e con tutta me stessa.
  
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