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Autore: Blackmoody    26/02/2013    1 recensioni
Nel frattempo l’agente Hill si era spostata in un angolo, la fronte corrugata e due dita premute sul proprio auricolare come se stesse ascoltando qualcosa con estrema attenzione:
«Signori, devo interrompervi. Ho appena appreso novità importanti da Boston.» annunciò infatti, e i suoi occhi grigi saettarono nervosamente da Fury a Thor.
[...] «Diversi invasori sono stati uccisi prima che la nostra squadra di ricognizione giungesse in città, e non a opera dell’esercito o dei civili. Molti testimoni hanno confermato di aver visto un’auto decappottabile di marca italiana color verde oliva sfrecciare per le strade con a bordo due persone armate che hanno attaccato i nemici in almeno due differenti occasioni per poi scomparire verso le campagne. Una di esse portava in testa un elmo cornuto.»

Erin Anwar è una midgardiana giovane, brillante e arrogante. Non ha poteri o strani segreti, solo una mente particolare – e non brama l'asservimento. Non per se stessa, sicuramente. Il giorno in cui la sua strada incrocia quella di un certo dio asgardiano sarà un giorno che almeno due mondi ricorderanno a lungo.
Post-Avengers, diciassette capitoli, EPIC BADASSERY.
microcorrezioni 2O14
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Majestic Tale of the Mischief Maker and the Flute Maiden'
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7.

I put a spell on you

 

 

 

 

 

 

«La cosa più strana,» disse Erin rivolta al soffitto, «è che da tre giorni faccio regolarmente sesso con un ingannatore divino piombato dritto dal Valhalla.»

Pronunciare quelle parole a voce alta la fece ridere, e con compiaciuto imbarazzo si rotolò tra le lenzuola sfatte e ancora tiepide del proprio letto. Affondando la faccia nel cuscino rifletté sulla piega folle che quella situazione folle di per sé aveva preso dalla sera del concerto alla Symphony Hall: il coinvolgimento fisico non era previsto e lei non ci aveva pensato fino a che non aveva guardato Loki con gli occhi di una donna che rimira un uomo, e non come un’irlandese dai gloriosi propositi che osserva un potenziale, potente alleato. Non aveva idea di come la vedesse l’asgardiano, sebbene fosse evidente che anche lui apprezzava quella nuova intimità. Aveva il dubbio che avesse orchestrato tutto per conquistare la sua fiducia e per confonderle la mente, ma essendo lei furba abbastanza da aspettarselo il problema non si poneva. Erin poteva godersi la situazione finché non fosse mutata ancora.

E chissà come sarebbe mutata, si domandò: il dio caduto e reso mortale sarebbe rimasto tale? Oppure finalmente i suoi poteri sarebbero ricomparsi – e lei, a quel punto, che ruolo avrebbe avuto? Come sarebbe stato l’uomo che aveva imparato a conoscere, una volta tornato nei suoi reali e regali panni? Che cosa sarebbe successo? Quella che era iniziata come un’eccitante avventura si stava trasformando in un’incognita, e un lievissimo presentimento pungente la fece balzare a sedere sul letto. Non capiva di cosa si trattasse, ma le suscitò un sussulto che rassomigliava alla preoccupazione.

Con la fronte aggrottata scese dal materasso, s’infilò distrattamente una maglia larga e un paio di slip e rimuginando andò nel soggiorno: Loki era in piedi davanti alla finestra, come suo solito e con indosso una delle camicie che lei gli aveva comprato, e scrutava il cielo con un’espressione distante e concentrata che Erin non ricordava di aver mai visto in quel lungo mese di convivenza. Allora seguì il suo sguardo, incuriosita, e notò che grosse nuvole opache avevano coperto il sole che sino a poco prima aveva brillato e che un leggero vento si era levato dando un’aria autunnale a quella giornata di giugno.

Il presentimento senza nome si fece più acuto e la flautista di Galway sfiorò con le dita il polso sinistro dell’asgardiano, affiancandoglisi.

«Ti vedo pensieroso.» gli disse.

Lui annuì: «Sta accadendo qualcosa sopra i cieli di Midgard.»

«Qualcosa di poco piacevole?» chiese Erin, e d’istinto gli si strinse contro.

«Non lo so.» ammise Loki in tono asciutto; «Non mi piace ciò che vedo, ma da qui e con occhi mortali ben poco posso capire. Andrò sul tetto per cercare una prospettiva migliore.»

Poi abbassò lo sguardo su di lei e trovandola corrucciata si chinò a baciarla, e assaporò il momento in cui la sentì ammorbidirsi tra le sue braccia come una piuma. Sapeva che certe sensazioni prima o poi avrebbero rischiato di renderlo debole, similmente allo stolto amore della sua famiglia, eppure lui stesso le cercava e non intendeva ancora privarsene: era pur sempre Loki di Asgard, pensò, e faceva quel che desiderava fare.

Si sciolsero dall’abbraccio e l’irlandese gli sorrise, il volto di nuovo disteso e convinto:

«Io ne approfitto per studiare un po’. Se hai bisogno di me sai dove trovarmi.» ammiccò.

Il Dio degli Inganni andò quindi a mettersi un paio di calzoni e gli stivali e uscì dall’appartamento per imboccare le scale che conducevano alla sommità del palazzo; Erin si sistemò al leggìo con il suo flauto d’argento.

Trascorsero un paio d’ore, durante le quali l’unico cambiamento sostanziale fu un progressivo e ulteriore oscuramento del cielo a opera di nuvole più dense e basse. Anche il vento s’intensificò, e sembrò che tutto si stesse preparando per una tempesta o un temporale.

All’improvviso squillò il telefono ed Erin prese la comunicazione sbuffando, scocciata per l’interruzione: «Casa Anwar. Chi parla?» borbottò con voce strascicata.

«Dannata irlandese che non sei altro! Sono io!» proruppe Sylvia all’altro capo del filo.

«Neu, accidenti a te, com’è che mi telefoni sul fisso?» rispose lei scherzosamente.

«Hai il cellulare staccato e sono tre giorni che non ti fai viva. Avevo paura che il maniaco di Stoccarda ti avesse rapita dopo il concerto.»

Erin scoppiò in una grassa risata: «Diciamo che il rapimento è stato reciproco.» le sfuggì, e subito si pentì di quelle parole. Non era sicura di voler rivelare la verità all’amica.

«Prova a negare l’evidenza adesso, Anwar! Sapevo che era lui, lo avevo riconosciuto.» la rimbrottò infatti questa, grave: «Mi spieghi chi diavolo è e dove lo hai ripescato? E se gli hai dato l’invito per la Symphony Hall cosa significa, che ci stai uscendo?»

«Non credo di volertene parlare attraverso una cornetta.» nicchiò Erin prendendo tempo, e contemporaneamente guardò fuori dalla finestra: le era parso di vedere un lampo.

«Allora andiamo a bere qualcosa stasera, ti prego. Voglio sapere ogni cosa, e anche io devo raccontarti... Ehi, Francis, lo hai visto pure tu?» s’interruppe di botto Sylvia.

«Francis è lì con te?» domandò l’irlandese a metà tra l’incredulo e il piccato.

«Ti ho appena detto che anche io devo raccontarti alcune novità, Erin, e...»

Ma la rossa non terminò nemmeno quella frase ed Erin udì in lontananza il trombettista gridare qualcosa d’incomprensibile all’indirizzo di Sylvia, la quale a sua volta urlò con voce strozzata: «Che cos’è quello? Erin! Erin, ci sei? Francis, vieni qui!»

La flautista scostò l’orecchio dal telefono, turbata, e fece per parlare, ma in quel preciso istante una deflagrazione esterna coprì ogni altro suono e un bagliore rossastro la accecò.

 

 

«Signore, emergenza generale! Signore!» annunciò Maria Hill nel proprio auricolare.

La sala comandi della base era come impazzita, tra agenti e specialisti che vociavano all’unisono, suoni d’allarme e luci lampeggianti; Jane Foster fissava agghiacciata e immobile il grande schermo olografico del computer principale ed Erik Selvig armeggiava con una tastiera come se una giusta sequenza di comandi avesse potuto risolvere la situazione.

Nick Fury arrivò di corsa: «Mi aggiorni, agente Hill.» ordinò con fermezza.

La donna non si curò neppure di mettersi sull’attenti: «Emergenza generale, direttore. Oggetti non identificati sono comparsi nell’atmosfera terrestre e stiamo registrando attacchi mirati alle principali città degli Stati Uniti. Una di queste è Boston, signore.» riferì in fretta.

«Attacchi di che genere, agente Hill? L’ultima anomalia rilevata stamane non era più intensa delle precedenti! Com’è possibile che nessuno si sia accorto di niente sino a ora?» incalzò Fury, e il suo sguardo furibondo si posò sui due scienziati del New Mexico.

«Direttore, è avvenuto tutto in pochissimi minuti, compreso un innalzamento abnorme dei valori elettromagnetici.» spiegò Selvig: «Non potevamo prevederlo.»

«Attacchi di che genere, agente Hill?» ripetè l’uomo duramente.

«Aerei, signore, compiuti da velivoli simili a quelli dell’assedio di New York. L’esercito e la guardia nazionale sono già stati avvisati.»

Fury fece una smorfia di sdegno: «Me ne fotto di quegli incapaci. Stark?»

«È già in viaggio col suo jet privato. Anzi, per la precisione sta scortando il suo jet privato.» rispose Maria; «Immagino che lungo il tragitto Iron Man avrà del lavoro da fare.»

«Bene. Qualcuno sa dirmi se abbiamo registrato tracce del Tesseract?» chiese il direttore.

Selvig scosse il capo: «Nessuna traccia del Tesseract né di Loki, se è questo che vuole sapere. A quanto ci risulta sono entrambi al sicuro su Asgard.»

«E allora come possono essere giunti qui dei nuovi invasori alieni, professore?»

L’altro esitò e scambiò un’occhiata allarmata con la sua giovane collega: «Non ne ho idea, signore. Ma chiunque vi sia dietro questi attacchi è potente abbastanza da non aver bisogno di portali artificiali per arrivare fino a noi.»

Le due donne impallidirono e Nick Fury incrociò le braccia al petto:

«Agente Hill, chiami a raccolta gli altri Vendicatori. È il momento.» disse.

 

 

Erin riaprì le palpebre serrate giusto in tempo per udire la porta dell’appartamento spalancarsi e i passi di Loki che rientrava correndo:

«Sei ferita?» la apostrofò aiutandola a rialzarsi da terra, ed era affannato.

L’irlandese lo fissò con sospetto: «Cosa cazzo hai combinato sul tetto? Ti sono tornati i poteri e hai deciso di far saltare in aria cose a caso per rimetterti in forma?» lo aggredì.

«Folle mortale, credi che tutto questo sia opera mia?» ribatté l’asgardiano punto sul vivo, ma senza lasciarle le mani: «Se lo fosse, come spiegheresti il fatto che le esplosioni di cui parli non accennano a fermarsi?», e a confermare ciò una nuova deflagrazione si schiantò contro i vetri delle finestre del soggiorno, mandandole in pezzi e costringendo i due a ripararsi dietro la poltrona preferita del dio caduto. Dalla strada salivano grida e rumori stridenti.

Erin bestemmiò e chiese: «E quindi? È colpa di quelle nuvole?»

«Le nuvole erano soltanto un preavviso, Erin, e l’ho capito troppo tardi. Lui mi ha trovato e ha messo in atto il suo piano e, che sia maledetto, non si limiterà a questo.»

«Lui chi, Loki?» urlò rabbiosa la ragazza di Galway.

Ma il Dio degli Inganni non riuscì a rispondere. Dalle finestre rovinate giunsero in volo due bizzarri veicoli simili a quelli che i telegiornali avevano mostrato durante la battaglia di Manhattan e una mezza dozzina di esseri dalle fattezze umanoidi piombarono nella stanza: brandivano lunghe lance e strane armi da fuoco che puntarono contro Erin e Loki, e quello che aveva l’aria del capo si abbassò su quest’ultimo sogghignando.

«Ecco dunque dove ti nascondevi, asgardiano.» lo apostrofò con voce innaturale, fredda e terribile: «Thanos mi ha mandato a cercarti con l’espresso ordine di rammentarti una sua antica promessa. E tu sai bene di quale promessa parlo, non è vero?»

Lo afferrò per il collo con lunghe dita artigliate e lo forzò ad alzarsi in piedi, godendo nel vederlo annaspare e impallidire appena sotto la propria stretta; l’irlandese sentì il sudore ghiacciarlesi fastidiosamente addosso e allungò una mano tremante verso il flauto che ora giaceva a terra poco lontano da loro, cercando di non farsi notare dagli intrusi. Con mente annebbiata collegò il nome di Thanos a quel “lui” cui Loki si era riferito poco prima, ma non aveva idea di quale fosse la promessa tirata in ballo dal comandante alieno né del motivo per cui il dio caduto fosse la loro preda.

«Lo so benissimo, infido skrull.» rispose Loki in un sibilo: «Tuttavia solo Thanos ha il potere e il diritto di metterla in pratica, non certo un suo orrido sottoposto.»

L’altro emise un suono orribile che sembrava una risata e con violenza mandò il Dio degli Inganni a sbattere contro una parete.

«Ma guardati, asgardiano! Nelle ridicole condizioni in cui versi chiunque potrebbe procurarti quel dolore, persino l’umana che è con te!» esclamò trionfante. «Credimi, vorrei assistere allo spettacolo, eppure Thanos mi ha detto di condurti finalmente al suo cospetto e non ho intenzione di deluderlo.»

«Oh, temo che dovrai.» azzardò Loki, tossendo nel tentativo di sollevarsi.

Non sopportava più quell’impotenza e tra sé implorò il Padre degli Dei affinché lo aiutasse: quanto ancora voleva attendere, Odino? Avrebbe lasciato che quegli esseri inferiori lo trascinassero via come uno schiavo, come un mortale qualsiasi? Lo avrebbe lasciato morire, assistendo alla scena e piangendo senza muovere un dito? Di quale dimostrazione ancora aveva bisogno da parte sua per decidersi a intervenire? Il dio caduto strinse i denti e guardò con odio il nemico avanzare verso di lui a lancia spianata, un ghigno soddisfatto dipinto sul muso squamato.

«Non un passo di più, stronzo.» intimò però una voce chiara e decisa.

Erin Anwar stava fronteggiando lo skrull a gambe divaricate, il flauto d’argento impugnato a mo’ di spada e l’espressione feroce nonostante la maglia larga, gli slip gialli e i piedi nudi.

«Togliti di lì, donna d’Irlanda! Sei forse impazzita?» le urlò Loki.

«Non lo sono forse sempre stata?» fu l’arrogante replica.

Ma il capo alieno non aveva tempo di giocare alla guerra con una midgardiana armata di uno strumento musicale, e con un colpo ben assestato la scaraventò all’altro capo della stanza. Erin si afflosciò a terra con un breve grido, il Dio degli Inganni scattò in avanti per raggiungerla e il comandante lo bloccò puntandogli la lancia al petto:

«Tu hai fallito, asgardiano, e questo è il prezzo da pagare. Thanos ti aveva avvertito.»

 

 

Thor misurava a grandi e nervosi passi la sala del trono, Mjölnir in pugno.

«Padre, come puoi restare immobile a guardare?» disse a Odino che lo mirava dall’alto, combattuto. «Loki è in pericolo e tu hai permesso che questo avvenisse! Lascia ch’io torni su Midgard per aiutare gli eroi umani e per soccorrere mio fratello! Oppure...»

Il Dio del Tuono s’interruppe e s’inginocchiò davanti al sovrano, fremente:

«Oppure restituiscigli i suoi poteri, padre. Merita di riaverli, ormai! Se non gli concederai quest’occasione Loki morirà, e con lui la donna che sta proteggendo.»

Odino sospirò pesantemente: «Temo ciò che tuo fratello potrebbe fare una volta tornato se stesso. Non intendevo renderlo nuovamente divino così presto, Thor.»

«E non temi ciò che potrebbe accadergli se non mi dai ascolto?» gridò il figlio.

Allora il Padre degli Dei si levò dal seggio d’oro, brandì lo scettro con entrambe le mani come aveva fatto nel giorno dell’esilio di Loki e guardò gravemente il suo rampollo maggiore:

«Farò come suggerisci. Ma per tuo fratello sarà un’ulteriore prova, e se si dimostrerà ancora indegno lo priverò per sempre dei suoi poteri e della sua natura immortale.» decretò. «Ora va’, figlio, e fa’ in modo che entrambi mi rendiate fiero di voi.»

Il biondo guerriero balzò in piedi sorridendo:

«Ti ringrazio, padre mio.» si congedò con gratitudine, e attese.

Odino sollevò il bastone reale e con esso percosse il lucido pavimento una volta soltanto, e l’intero salone fu avvolto da una luce accecante nella quale Thor si dissolse. E mentre questi viaggiava a tutta velocità verso Midgard, verso i Vendicatori, nell’appartamento di Erin una bolla luminosa s’innalzò attorno al corpo del Dio degli Inganni e come un’esplosione scagliò lontano da lui gli assalitori. L’irlandese fissò quel bagliore, meravigliata e dolorante, e con un tuffo al cuore ricordò gli stralci lucenti che avevano avvolto l’asgardiano a Stoccarda, quando i suoi abiti umani si erano trasformati sotto gli occhi di tutti.

E anche adesso Loki parve crescere in possanza e statura, e nell’aria colma di luce presero forma le grandi corna ricurve del suo elmo, l’ampio manto verde, l’armatura leggera e la lunga tunica di cuoio nero che lo avvolgeva sino ai polpacci. Erin seppe allora che i suoi poteri e la sua vera natura erano rientrati in lui, e ne fu felice e spaventata insieme.

Egli sentì nuova vita e forza circolargli infine nelle vene e arroventargli il sangue, il cuore che gli martellava in gola dal trionfo e dalla gioia: lanciò un’esclamazione vittoriosa verso il cielo, grato al Padre degli Dei per quel dono e a se medesimo per averlo ottenuto indietro.

I nemici lo fissarono tremebondi e confusi, stupiti da quell’imprevisto, e prima che potessero studiare una contromossa Loki agitò rapido le mani nel fulgore che scemava e uno a uno li colpì con armi invisibili e incantesimi silenziosi. Nel giro di pochi minuti due skrull almeno giacquero morti a terra e gli altri vennero scaraventati giù in strada con i loro velivoli.

Il Dio degli Inganni proruppe in una risata d’esultanza e allargando le braccia si voltò verso l’irlandese ancora riversa sul pavimento. Erin d’impulso si ritrasse e sollevò il flauto, stupidamente, colta da un irrazionale timore per colui che le torreggiava sopra. Si detestò per questo, e tuttavia non potè fare a meno di pensare che Loki era ormai libero di sbarazzarsi di lei: non gli serviva più, se mai gli era servita a qualcosa, e non c’era che un po’ di buon sesso e di un mese di convivenza surreale a legarli l'uno all'altra.

Ma Loki le tese una mano e la guardò serio. Aveva creduto che tornando in possesso di ciò che gli spettava per nascita avrebbe cessato di trovare attraente l’assurda mortale, di desiderarla, e in un lampo di comprensione si rese invece conto che così non era: era ancora bella, ai suoi occhi, e ancora gli s’incendiavano le viscere al pensiero di averla tra le braccia.

Si era aspettato di disinteressarsi al suo destino, una volta passata quella triste fase umana, eppure ora che il momento era giunto un’idea completamente diversa gli balenò in mente. Voleva che Erin Anwar rimanesse al suo fianco, nella guerra che gli si prospettava dinnanzi, la voleva come complice e alleata, perché gli piacevano la sua intelligenza e il suo corpo e il suo modo così poco umano di vedere il mondo.

Tenne la mano tesa fin quando lei non si rilassò e gli porse la propria, accettando l’aiuto per rimettersi in piedi e convincendosi che poteva fidarsi. Loki la tirò su senza sforzo e afferrandola per la vita la strinse a sé: e al centro della stanza in subbuglio, col mantello che avvolgeva entrambi tra fruscii di stoffa, il Dio degli Inganni tornò a baciare ardentemente la donna d’Irlanda, e mentre la baciava pose la mano libera sul flauto che lei ancora brandiva.

Erin lo abbracciò, e oltre al piacere dirompente che quel nuovo bacio le procurò avvertì qualcos’altro, un’energia densa e tangibile che la colmò da capo a piedi: era il potere di Loki, era la sua innata magia, e fluiva tra loro come energia elettrica.

«Adesso va meglio.» asserì l’asgardiano coi uno dei suoi ghigni eleganti a bacio terminato.

«Oh, immagino.» commentò lei: «Di’, mi hai appena fatto qualcosa di strano?»

Loki indicò il flauto: «Farai bene a portatelo sempre appresso, d’ora in poi.»

«Riformulo la domanda: cos’hai fatto al mio flauto?» si corresse Erin osservando l’oggetto.

«Lo hai impugnato come un’arma, prima, nel nobile tentativo di difendermi dagli skrull. Ho ritenuto opportuno renderlo davvero tale.» spiegò lui seguitando a sogghignare.

L’irlandese azzardò un paio di fendenti a vuoto: «Posso usarlo a mo’ di spada? Che razza di incantesimo ci hai messo sopra?»

«L’ho reso indistruttibile. Ma penso che potrai ancora suonarlo, se vorrai.»

Erin lo squadrò con espressione accesa: «Qual è la prossima mossa?» indagò.

In strada vi furono altre deflagrazioni e urla, e il cielo che s’incupiva fu squarciato da bagliori rossastri. L’asgardiano guardò le finestre dai vetri spaccati, l’elmo cornuto stagliato nettamente contro di esse, e parlò con voce profonda:

«Dobbiamo lasciare questa dimora. Thanos sa dove trovarmi, e se resto qui i suoi sciocchi soldati ci faranno visita ogni giorno. Midgard è nuovamente sotto attacco e non per merito mio, e non permetterò che colui che mi ha incastrato la conquisti impunemente.»

«O tu o lui, quindi.» puntualizzò la ragazza di Galway. «Devi raccontarmi questa faccenda di Thanos come si deve.»

«Ti accontenterò strada facendo. Prendi le tue cose e andiamo, Erin Anwar.»

L’irlandese volò a vestirsi e riempì due grosse borse con indumenti, libri, generi di prima necessità femminile, alcune provviste e coi suoi averi più preziosi – il flauto migliore che aveva, carte di credito, risparmi, computer portatile e macchina fotografica. Dubitava che avrebbe utilizzato anche solo metà di quelle cose, nei giorni a venire, ma non poteva separarsene. Indossò un paio di jeans, una maglia di cotone, un cardigan e i suoi stivali di cuoio preferiti e si passò a tracolla la custodia contenente il flauto magico.

Mentre il Dio degli Inganni stava di guardia Erin abbassò le veneziane e chiuse i vetri e le porte, controllò il rubinetto del gas e quelli del bagno e con una lievissima stretta al cuore spense tutte le luci: non volle chiedersi in quali condizioni avrebbe ritrovato la sua piccola casa, se mai vi avesse fatto ritorno, e sapeva che andarsene era la scelta giusta.

Caricò le borse in spalla e fece tintinnare le chiavi del Duetto tra le dita:

«Sono pronta.» annunciò decisa.

Loki la precedette verso la porta dell’appartamento e insieme ne uscirono, camminando affiancati e sicuri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

> Note a piè di pagina

Da qui in poi i capitoli saranno sempre (più) lunghi, sapevatelo. Spero non vi dispiaccia :)

Gli skrull, che hanno appena fatto la loro comparsa, sono una razza di alieni che nei fumetti Marvel spesso si scontrano con gli Avengers stessi; il loro aspetto fisico è un misto tra umanoide e rettile, e per quanto non mi risulti che si siano mai alleati con messer Thanos ce li vedevo troppo bene. E non loro soltanto – ma questo lo appurerete poi.

Thor aveva bisogno di un suo primo, piccolo momento di gloria: sarà pure una biga vichinga più avvezza a tirar martellate che a riflettere, però ci sono troppo affezionata e ritengo che non sia quello soltanto. Mentre per la faccenda del flauto… beh, mi auguro che non risulti un’idea troppo imbecille :D

I put a spell on you è una celeberrima canzone di Nina Simone che ai due si addice, anche se ancor di più si addice loro la già citata Invincible degli Ok Go: sulla scena dello scontro e della “trasformazione” di Loki sta da dieci. E a tal proposito – a proposito di Loki che è tornato “Loki”, della decisione che ha preso, di Erin e della nuova minaccia – state pronte, signore, perché d’ora innanzi tutto sarà badassery allo stato puro.

Ringrazio tantissimo le donzelle che hanno recensito lo scorso capitolo! Adoro conoscere le vostre impressioni e ipotesi, perciò non tiratevi indietro ;)

Ossequi asgardiani e a presto!

  
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