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Autore: kessachan    26/02/2013    3 recensioni
Salve!
Questa è un AU ed è ambientata ai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
Elena è un'infermiera e i nostri Salvatore sono soldati di stallo in Inghilterra. Spero di non sembrarvi banale e che la storia vi piaccia!
Buona lettura!
Kessachan
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.
 
-Vi prego dovete aiutarmi! Mio fratello è ferito!- esclamò il giovane dai capelli scuri.
In braccio teneva un ragazzo, forse più giovane di lui. Aveva la casacca imbrattata di sangue e la cosa che più mi preoccupò è che era privo di sensi e sembrava morto.
-Presto, portalo qui!- mi rivolsi al ragazzo dai capelli scuri, facendogli segno di lasciare suo fratello sul letto vicino a me.
Lui non se lo fece ripetere due volte e mi raggiunse facendo come avevo detto.
-Cosa è successo?- gli chiesi, iniziando a spogliare il giovane.
-Siamo stati coinvolti in un’imboscata e lui si è preso una pallottola, forse due.- si vedeva che era in ansia per il fratello ma in qualche modo cercava di sembrare il più calmo possibile, mantenendo un comportamento freddo e distaccato.
-Mi puoi dire come si chiama?
-Mm? Stefan, si chiama Stefan.- rispose lui, probabilmente chiedendosi il perché di quella domanda.
-Ok Stefan se mi senti, adesso sappi che ti farò un po’ male. Devi resistere okay?- presi delle garze pulite sistemate con cura sul comodino accanto al letto e le poggiai con forza sulla ferita che non accennava a smettere di perdere sangue.
Quando aumentai la forza Stefan urlò, svegliandosi dal dolore.
Sentivo lo sguardo del fratello su di me. Non si perdeva il minimo movimento che facevo.
-Tu stai bene?- gli chiesi, riferendomi alla ferita che aveva alla testa.
-Sì, sì non è niente.- rispose subito. Non gli credetti molto però per il momento dovevo accontentarmi della sua risposta.
-Ho bisogno che tu tenga queste garze ben premute sulla ferita. Bisogna fermare l’emorragia. Io vado a prendere altre cose e a cercare un medico. Te la senti?- lui mi guardò senza dire niente. Poi annuì, poco convinto. Per spronarlo gli presi la mano e la posai sulla mia dove stavo tenendo le garze sporche di sangue.
-Devi continuare a premere, okay?- spostai la mano e premetti la sua sulla ferita in modo da creare la pressione adeguata.
-Torno subito!- aggiunsi, allontanandomi.
Raggiunsi la credenza dove tenevamo disinfettanti e arnesi chirurgici. Presi più cose possibili poi vidi il medico impegnato su un altro soldato e corsi da lui.
-Dottore ho un ragazzo con una pallottola nel petto, sta perdendo molto sangue. Devo rimuoverla?- gli chiesi.
-Sì sì. Poi cerca di suturare la ferita e comprimi bene con le garze. È di vitale importanza che smetta di sanguinare. Poi verrò da te.- rispose senza distogliere lo sguardo dall’uomo su cui stava medicando una ferita al braccio. Probabilmente avrebbe dovuto amputare.
Tornai subito dai due e trovai il ragazzo dai capelli scuri come lo avevo lasciato, con la mano premuta sull’addome del fratello.
-Okay, dobbiamo togliergli la pallottola. Mi puoi aiutare?- sistemai tutto il necessario sul letto, cercando di mantenere un minimo di asepsi. Per quanto era possibile.
-Cosa devo fare?- chiese.
-Prendi quella lampada lì e vieni a farmi luce. Qui lascia pure.- gli levai la mano dalla ferita perché avrei dovuto incidere e non serviva più la compressione.
Non so se era per autoconvincermi di poter riuscire a salvarlo ma notai che perdeva meno sangue di poco prima. Poteva anche essere un brutto segno però lo interpretai come un incentivo a darmi una mossa e infatti iniziai ad introdurre le pinze nella ferita per cercare il proiettile.
-Sai quello che stai facendo?- chiese il ragazzo. Con una mano teneva la lampada e l’altra invece era poggiata sulla spalla del fratello.
Lo guardai un attimo negli occhi. Erano di un azzurro chiarissimo, in netto contrasto con la capigliatura nera come la notte.
Cercai di mostrarmi il più sicura possibile.
-In questo momento sono la migliore chance di tuo fratello.- risposi semplicemente.
A lui sembrò bastare e infatti tornò a guardare la ferita.
Per nostra fortuna trovai senza difficoltà il proiettile, lasciandolo cadere nella bacinella che avevo riposto sul letto.
Subito iniziai a ricucire la pelle lacerata, cercando di essere il più minuziosa e delicata che potevo. Anche se era impossibile evitare i continui lamenti e spasmi di dolore di Stefan.
-Bene. Ora lascia pure la lampada che dobbiamo bendarlo il più stretto possibile. E poi mi occuperò della tua ferita...Anche se ora che la guardo meglio mi sembra meno peggio di quello che credevo.- in effetti non perdeva più sangue ed era più chiusa di quel che pensassi.
-Guarisco in fretta.- borbottò lui.
Insieme bendammo Stefan e mentre lo stavo sistemando meglio a letto per un attimo aprii gli occhi.
Erano scuri, tendenti al marrone con qualche striatura più chiara.
-Stefan, io sono Elena. Sei stato ferito. Tuo fratello ti ha portato qui. Ora cerca di riposare.- gli accarezzai la guancia sorridendo, nemmeno sicura che avesse compreso tutto quello che gli avevo detto.
-Elena…-mormorò lui, per poi ricadere in un sonno profondo.
-Credo che il peggio sia passato. Tornerò da voi tra poco.- mi rivolsi al fratello, ignorando ancora il suo nome.
-Io sono Damon.- disse lui, come se mi avesse letto nel pensiero.
-Bene, Damon. Aspettami qui che vado a prendere qualcosa per la tua ferita, almeno per pulirti il viso.- lui si sedette sul letto accanto al fratello. Lo vidi stringergli la spalla. Dovevano essere molto legati.
 
Prima di tornare da Damon dovetti fermarmi ad aiutare Jess, un’altra infermiera che era alle prese con un ragazzo che purtroppo non era stato così fortunato come Stefan e che alla fine non ce l’aveva fatta.
Era stato sbalzato via da una mina e salvarlo sarebbe stata un’impresa praticamente impossibile.
Mi allontanai da una Jess sconvolta. Poveretta era appena un mese che era arrivata al campo. Doveva ancora abituarsi alla morte.
Non che io ci abbia fatto l’abitudine o che mi lasci indifferente, però comunque almeno riuscivo a dormirci la notte e non scoppiavo più a piangere sognandomi tutti quelli che erano morti tra le mie mani.
Quando raggiunsi Damon trovai il medico che stava visitando Stefan. Vedendomi arrivare mi sorrise.
-Ben fatto Signorina Gilbert. Il giovanotto qui si riprenderà presto. Deve riposare. Mi raccomando non fategli mancare da bere. Deve reintegrare quello che ha perso.- detto questo il Dottore si allontanò, diretto ad un altro letto.
-Avevi ragione.- disse Damon lanciandomi uno sguardo ambiguo.
-Riguardo a cosa?- chiesi, non capendo a cosa si stesse riferendo.
-Eri la chance migliore per mio fratello!- rispose lui.
Senza dire niente gli sorrisi e lo spinsi delicatamente a sedere ai piedi del letto di Stefan.
-Ora lasciami guardare la tua ferita.- gli dissi spostandogli i capelli incrostati di sangue.
Presi un garza bagnata che avevo portato con me insieme ad una bacinella.
-E’ poco più che un graffio, forse dovrei metterti qualche punto di sutura.- mormorai più a me stessa che a lui.
-Oh no, lascia stare. Non mi servono punti.- disse lui.
-Come preferisci tu, soldato.- cominciai a pulirgli la fronte, cercando di levare il sangue rappreso.
-Hai un tocco molto delicato…Elena, giusto?
-Sì, mi chiamo Elena. E ti ringrazio.- dissi senza smettere di bagnare la garza per poi ricominciare la mia opera.
-Mio fratello ed io siamo stati molto fortunati ad averti avuta come infermiera. Sei molto brava.- oramai avevo anche fatto l’abitudine ai soldati che si lasciavano andare ad apprezzamenti. Ma non so perché Damon mi faceva uno strano effetto, costringendomi ad abbassare lo sguardo imbarazzata.
-Beh direi che stai bene. Torno più tardi per vedere come sta Stefan.- dissi buttando le garze nella bacinella e allontanandomi il più possibile dalla fonte del mio imbarazzo.
-Non mi muoverò di qui, Elena.- esclamò lui. Gli davo le spalle e alle sue parole mi fermai un attimo, pensando a cosa potevo rispondere. Poi però cambiai idea e continuai a dirigermi verso gli armadi delle scorte.
 
Arrivata agli armadi delle scorte appoggiai, o meglio, scagliai la bacinella su un ripiano in metallo, facendo schizzare dappertutto l’acqua sporca di sangue.
-Elena, stai bene?- mi chiese Rebekah.
-Sì, sto bene. Va tutto bene.- risposi senza troppa convinzione.
Perché mi sentivo così?
Non ero nemmeno in grado di descrivere quello che sentivo.
Era come se avessi una stretta morsa allo stomaco e tutto accadeva quando mi immaginavo quegli occhi chiarissimi che mi fissavano indagatori. Come se avessero il potere di scavarmi nel profondo e carpire i miei pensieri più intimi.
Strano tipo quel Damon. E chissà com’era il fratello!

 
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Eccomi con il primo vero capitolo della storia!
Spero che vi piaccia!
Ci tengo a ringraziare ancora missimissisipi per aver recensito il prologo e chocolat_16 e delena91 per aver inserito la storia nelle seguite ! :D
Bien detto questo vi saluto e ci si vede alla prossima!
A presto!
Kchan :D
  
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