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Autore: ChandersonLover    26/02/2013    2 recensioni
Ship: Grant Gustin - Nuovo Personaggio
TRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
"Se non fosse che io sia distesa per terra, nel bel mezzo di un’autostrada, ricoperta di sangue e con la vista annebbiata, nel punto più vicino alla morte di quanto io non abbia mai raggiunto, potrei persino essere felice.
Lui.
La persona per la quale io per ben 4 anni sono stata ossessionata.
Colui per il quale non ho quasi avuto vita sociale, se non tramite manufatti elettronici. Colui che ha reso la mia adolescenza un vero delirio…
E’ qui, mi tiene la testa, cercando di fermare il fiume di sangue che parte dalla mia tempia e… Sta piangendo.
Lui sta piangendo per me.
Grant Gustin.
Grant sta piangendo per me. "
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Grant Gustin
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                        Capitolo 6
 
 
 
 

E quelli, furono i cinque giorni più assurdi e strani che io avessi mai vissuto.
 
Chiunque si aspetterebbe che io ricordassi dei giorni da favola, magari col mio principe azzurro che mi teneva la mano, camminando, sorridendo, per le strade di Milano, indicandomi le persone più strane, o regalandomi fiori al nostro primo appuntamento.
 
 
 
Bhè, non è andata così.
 
 
 
Quella sera stessa, nella quale mi chiese di fargli da guida, Grant, mi riaccompagnò al tavolo e, con nostra sorpresa, Mark era andato via, lasciando soli, Ludovica e Liam, che sembravano essere diventati due ventose appiccicose. Non smettevano di divorarsi l’uno con l’altro, dando spettacolo in quel locale, noncuranti degli occhi curiosi che li stavano guardando.
 
Grant si sedette al posto di Mark, tossendo per attirare l’attenzione dei due piccioncini che erano diventati, improvvisamente, un tutt’uno, facendoli staccare finalmente l’uno dalle labbra dell’altro.
 
Rise alle loro facce stranite, quando si trovarono Grant Gustin che ghignava ai loro visi arrossati e al loro fiatone. “Ragazzi, bentornati” sogghignò, facendomi ridere di gusto.
 
“Piacere Grant, non ci siamo ancora presentati” disse a Ludovica, porgendogli la mano.
 
Ludo mi guardò in panico e vedendomi annuire, sorridente, si allungò per stringerla.
 
“Ludovica” rispose, ancora imbarazzata, con Liam che le teneva la mano.
 
Grant si voltò verso il suo amico ridendo, facendolo arrossire. “Amore a prima vista, eh?” chiese a Liam, che lo pregò con gli occhi di non fargli fare ulteriori figuracce, con la mia migliore amica.
 
Ludo, arrossì, mentre io mi sedevo al suo fianco, lasciando Grant solo dall’altro lato del tavolo.
 
Avevo bisogno di un attimo di distanza. Stava diventando tutto troppo strano e tropponaturale.
 
“Domattina io e Betta andiamo in giro per Milano…” introdusse, dal nulla, mentre Ludovica quasi non si spezzava il collo, per guardarmi con occhi sbarrati.
 
“Volete venire con noi?”
 
 
 
 
 
 
E da quella domanda, quello che credevo avrebbe dovuto essere il mio sogno, che si realizzava, diventò invece un completo girare in tondo, per una città che sì, mi piaceva, ma non riuscivo ad apprezzare, presa dal malumore e da tutti i miei sogni infranti.
 
Liam e Grant ogni mattina venivano a prenderci alle 10, per girare tra musei e negozi, mentre file di ragazzine sbavanti ci rincorrevano e si moltiplicavano alla loro vista.
 
Io e Ludo restavamo indietro, con i piedi in fiamme, mentre loro si facevano lodare e Liam si sentiva sempre più importante, essendo catalogato come il migliore amico di Grant Gustin.
 
Avevamo effettivamente capito che erano davvero molto amici, forse non come Liam con Mark che, per fortuna, era sparito dalla circolazione, ma si conoscevano da anni e non era la prima volta che giravano il mondo insieme.
 
 
Ludovica sembrava al settimo cielo, seppur distrutta per il continuo girare e girare, per la città.
 
Ogni sera il suo principe azzurro la portava in un ristorante di lusso, prima di riaccompagnarla a casa, per poi parlare al telefono per ore.
 
Forse Grant aveva ragione: per loro era scattato quel famoso amore a prima vista, quello che tutti sogniamo, ma sembra non arrivare mai.
Quello che mi rese felice, perché era capitato alla persona più importante, per me, in questo mondo: la mia migliore amica.
 
Ogni primo pomeriggio accompagnavamo i due ‘modelli’, in fiera, sedendoci vicino al palco, aspettando che finissero, per poi darci appuntamento per il giorno dopo.
 
La domenica, però, mi resi conto che avevamo oramai visitato Milano in cielo e in terra e che era inutile continuare a girare a vuoto, visto che mi ero persino stancata di vedere Grant ogni giorno e non scambiarci nemmeno una singola parola.
 
Era troppo preso dal suo ‘amico d’infanzia’ per rendersi conto che ero nei paraggi.
 
Ludovica continuava a spronarmi dicendo che comunque ogni giorno mi dava un appuntamento mattutino e che, se non gli fosse interessata la mia presenza, forse nemmeno mi avrebbe più invitato, ma a quel punto ero stanca.
 
Cinque giorni di completo nulla erano bastati a farmi capire.
 
Grant Gustin non mi piaceva.
 
 
Era troppo innamorato di se stesso e della sua fama e, anche se si era comportato come un gentiluomo e mi aveva invitato in quella folle settimana turistica, non riuscivo più a sentirmi lusingata come la prima sera.
 
Mi sentii invece presa in giro e forse un po’ delusa dal suo comportamento e … avevo capito. Si stava sdebitando con me e cinque giorni erano bastati.
 
Il giorno dopo sarebbe iniziata una nuova settimana ed io l’avrei passata da sola, tornando a fare ciò che mi ero prefissata sin dall’inizio: andare a quella dannata fiera e fare in modo che la settimana passasse in fretta per tornarmene a casa, in completa tranquillità.
 
 
 
Quella domenica pomeriggio decisi di restare in casa, poiché c’era un giorno di pausa agli stand e ne approfittai per riposare ed allontanarmi da quello che credevo fosse un sogno,  ma si stava tramutando invece in un vero e proprio incubo.
 
 
Grant era carino, ci offriva il pranzo e sorrideva alle battute di Liam e Ludovica. Ogni tanto aveva persino finto di guardarmi, chiedendosi magari perché tenessi quel muso lungo e non mi trovassi a mio agio con la situazione, ma stava di fatto che era troppo innamorato di se stesso per piacere ad una come me.
 
Non era il ragazzo che m’immaginavo.
 
Dolce ed educato sì, forse leggermente timido e riservato, ma la fama sicuramente era nelle sue priorità ed io non ero abituata a correre dietro a qualcuno, come un cagnolino, soprattutto se questo qualcuno amava fermarsi per ore a firmare stupidi autografi e scattare ridicole fotografie.
 
Okay, forse ad un occhio umano, distaccato dalla mia realtà, potrebbe sembrare semplicemente che Grant fosse un ragazzo gentile, che ci teneva a trattare bene i suoi ammiratori, ma, al mio occhio, stava semplicemente ignorando me, per accontentare il resto del mondo.
 
No, di certo, non era il sogno che mi aspettavo di vivere. Era forse iniziato come tale, ma era subito sfociato in un completo baratro di totali ripensamenti.
 
 
 
 
Me ne stavo distesa sul letto vuoto di Ludovica, quando il mio cellulare vibrò. Era lei.
 
“Hey che succede?” chiesi al cellulare, domandandomi perché mi stesse telefonando, invece di stare con la bocca appiccicata a quella del suo nuovo fidanzatino.
 
Hey, come stai?”
 
Saltai sul letto, sentendo una voce inconfondibile. Roca, maschile, accento americano. No, non apparteneva a Ludovica.
 
“Gr-Grant?” balbettai, facendo cadere ogni odio, iniziando a sentire il cuore battere come non mai.
 
“Sì, dove sei sparita oggi? Ti stavamo aspettando…” disse, mentre il mio cuore usciva dal petto.
 
“Io?” mormorai, cercando una scusa plausibile, che non mi facesse sembrare una totale idiota. “Sono stanca di Milano, sinceramente l’abbiamo già vista tutta, volevo riposare” dissi, quindi, sincera, oramai abituata a fingere di parlare, come se lui fosse una persona qualsiasi.
 
“Mmm quindi sei stanca?” chiese, con una voce leggermente strana.
 
Arcuai le sopracciglia, mordendomi le labbra, per quella domanda. Cosa stava cercando di dirmi?
 
“Un po’..” risposi, pensando che stavamo ritornando alla stranezza iniziale e che quella telefonata aveva sicuramente uno scopo che stavo ignorando.
 
“Sarai stanca anche tra due ore?” disse, formulandola come se quella domanda avesse senso.
 
“Co-come?” chiesi, sbattendo le palpebre.
 
“Ti porto a cena, vuoi?” disse tutto d’un fiato, facendomi perdere tutti i battiti del mio cuore, che era sull’orlo di fermarsi da un momento all’altro.
 
Restai a fissare il vuoto ad occhi sbarrati, mentre nella mia mente passava il tutto e il niente.
 
Non mi aveva quasi parlato per una settimana ed ora… mi stava invitando a cena?
 
Grant Gustin, quel Grant Gustin?
 
 
“Betta?” mi chiamò, mentre io restai forse per minuti troppo lunghi, in silenzio.
 
“Io…” sussurrai confusa.  Avevo già asserito che Grant non era il mio tipo. Era un ottimo attore e un gran cantante, ma avevo deciso che non avrei mai potuto innamorarmi di uno come lui.
 
E allora, perché stavo titubando sul dirgli semplicemente ‘no, grazie’?
 
“Stai bene?” mi chiese, con una voce imbarazzata. “Se-se sei stanca, possiamo rimandare” balbettò, confuso, facendomi deglutire a vuoto.
 
Grant Gustin stava balbettando… parlando con me.
 
E in quell’istante avrei voluto urlami contro per essere stata una stupida e aver dubitato della sua persona e avrei voluto urlargli contro, il sì, più forte che avessi potuto pronunciare, ma le parole scivolarono dalla mia bocca, partendo da sole. “Perché?” chiesi semplicemente, arrossendo per la mia stupida domanda.
 
“Perché?” chiese titubante, imitandomi, non riuscendo a capire la reale domanda.
 
“Perché voglio uscire con te…?” domandò, non formulandola proprio come una domanda, facendomi morire.   
“…Da soli?” continuò, portandomi direttamente all’infarto.
 
 
E forse avevo smesso davvero di respirare, perché dal grande specchio, posizionato di fronte al letto, sul quale ero seduta, vidi il mio viso diventare rosso fuoco e i miei occhi diventare lucidi.
 
“Okay, scusa. Non volevo metterti in imbarazzo, lascia perdere, ti passo…”
 
“NO!” urlai, forse a voce troppo alta, contro il telefono, rinsavendo. “Tra-tra due ore?” chiesi, sperando che confermasse ciò che avesse detto, sperando di non averlo semplicemente immaginato.  
 
Sentii un piccolo respiro rumoroso, dall’altra parte del telefono e mi resi conto che stava sorridendo come suo solito, tirando su col naso. “Sì, passo a prenderti io. Ti mando un messaggio” disse, passando il telefono a Ludovica.
 
 
 
“Sei ancora viva?” chiese lei ridendo, parlando velocemente in italiano, in modo che non capissero.
 
“Tu che dici?” le domandai, provando a rilassarmi, scherzando con la mia amica.
 
“Bhè io dico che è un miracolo che tu respiri ancora. Aspettami, sto tornando a casa!” disse, urlando, mentre io sentii un leggero schiocco, segno che stesse salutando Liam.
 
“Perché stai già tornando?” domandai, al vuoto, visto che aveva già riattaccato.
 
 
 
 
 
E fu così che, dopo due ore, mi trovai in un vestito nero, stretto da mancare il fiato, che mi aveva comprato, tornando a casa, in tacchi a spillo e con un trucco e parrucco, che proprio non rispecchiavano la mia personalità.
 
 
 
 
 “Ma Ludo, sono ridicola!” urlai, guardandomi allo specchio, per nulla convinta del mio aspetto. Il vestito era meraviglioso, come le scarpe e la borsa, che mi aveva comprato, ma non erano proprio nel mio stile ed inoltre ero certa che avrei fatto una figuraccia, cadendo da quei trampoli da un momento all’altro.
 
“Sei perfetta, e muoviti è già qui” disse, spingendomi verso la porta d’ingresso.
 
“Co-come, cosa? E’ qui?” chiesi in panico.
 
Okay stava andando tutto troppo in fretta, non ero pronta e, forse, non lo sarei stata mai.
 
“Il tuo cellulare, sta vibrando da dieci minuti. Ah… Avrai tempo per ringraziarmi dopo!” urlò, chiudendomi la porta alle spalle.
 
“Per cosa?” urlai, di rimando, alla porta senza riceverne risposta.
 
 
 
 
Presi l’ascensore sentendo un’irrefrenabile voglia di tornarmene indietro. Quelle due ore erano volate ed io non avevo avuto il tempo di riflettere.
 
Cosa stavo facendo? Stavo davvero per uscire con… Grant Gustin?
 
E perché stavo uscendo con Grant Gustin, se non era affatto il tipo di persona che immaginavo al mio fianco?
 
 
Ero convinta di voler tornare, con una scusa qualsiasi, al mio appartamento, fingendo un malore, quando la vista di Grant, che mi aspettava davanti l’ascensore, in un completo di taglio classico, con camicia bianca aperta sul collo, in giacca e pantalone nero, mi pietrificarono sul posto.
 
 
Era perfetto.
 
 
Restai nell’ascensore, fissandolo, deglutendo, completamente priva di salivazione.
 
Non ero pronta e dovevo aspettarmelo. Non si trattava di andare per negozi o di visitare musei. Non eravamo con altre due persone, che creavano distacco e silenzio tra noi.
 
Quella sera eravamo soli ed io mi sentii completamente fuori luogo non appena… mi sorrise.
 
Forse restai qualche istante di troppo, bloccata in piedi, in quell’ascensore, perché iniziò a richiudersi, ma Grant, istintivamente, passò una gamba, tra le porte, facendole riaprire.
 
 
“Ciao…” sussurrò, porgendomi la mano, che io fissai, aspettando che magari prendesse fuoco o iniziasse a cambiare colore.
 Non accennai a porgere la mia, ancora pietrificata sul posto, così Grant, entrò di qualche passo e strinse il mio polso, trascinandomi fuori.
 
 
Seguii semplicemente i suoi passi, lasciando che l’ennesima figuraccia, s’impadronisse di me, facendomi trascinare, mentre tremavo visibilmente, al semplice contatto delle sue dita sul mio polso.
 
“Betta, stai bene? Se-se ci hai ripensato, va bene, non ti preoccupare” balbettò, in imbarazzo, mentre io, decisi, finalmente, di alzare gli occhi al cielo, per puntarli nei suoi cristalli verdi.
 
Scossi la testa ancora incapace di parlare, prendendo un grosso respiro. “Sto-sto bene” mormorai, riuscendo finalmente a dire due parole, che bastarono a farlo sorridere, mentre allungando la mano, indicava l’esterno del palazzo.
 
 
Iniziai a camminare, aspettandomi chissà quale enorme bianca limousine fuori, che ci attendeva ed invece trovai una piccola cinquecento, proprio in stile Italy.  
 
 
Sbattei le palpebre, domandandomi dove fosse finito il macchinone e l’autista e, come se mi avesse letto nel pensiero, si avvicinò alla portiera del passeggero, aprendola, da perfetto gentiluomo.
 
 
“Quest’auto è più discreta” spiegò, mentre io, camminai verso la macchina ed entrai, seguendo la sua mano che richiudeva la portiera al mio lato.
 
 
Chiusi gli occhi pensando che mai nessuno aveva fatto un gesto tanto galante nei miei confronti, prima d’allora, e forse avevo sbagliato a giudicarlo male.
 
 
 
Entrò in auto, sorridendomi per un istante e stranamente mi sentii meno agitata, così risposi a quel sorriso, arcuando le labbra, ricambiando la cortesia.
 
Restammo svariati minuti in silenzio, mentre Grant, al posto di guida, guardava la strada, concentrato su dove dovesse andare.
 
Iniziai a contorcermi sul mio posto perché non avevo idea di dove mi stesse portando e del perché non stesse parlando.
 
Avevo imparato, in quei giorni, che era una persona abbastanza logorroica e, seppur io non lo avessi degnato di un solo sguardo, lui parlava, tenendo banco tutto il giorno, con Liam, Ludovica e me, trattando gli argomenti più assurdi e a volte più ridicoli, che io avessi mai sentito.
 
Il più delle volte riguardavano il suo peloso cane e la sua squadra del cuore di basketball.
 
E, in quell’istante, in cui avrei davvero voluto che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, pur di mettere fine a quel silenzio imbarazzante, non accennava né a parlare di cani, né di nessun altro animale esistente sulla terra.
 
Continuai a mordermi le labbra e a giocare col mio anello, sentendo le labbra pizzicare, perché la situazione stava iniziando a diventare davvero pesante ed eravamo in quell’auto da soli dieci minuti, così lasciai che le mie labbra si dischiudessero e gli posi quella domanda.
 
 
“Dove andiamo?”
 
 
Si voltò di scatto, ghignando, notando la mia postura eretta, immaginando, forse,  la mia curiosità, così si strinse nelle spalle, prima di tornare a fissare la strada con occhi furbi.
 
 
“E’ una sorpresa…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
BRANT CORNER
 
 
To: Betta
 
Eh si non appena sei tornata su twitter e hai scritto mezza parola allo spilungone… lui ti ha risposto -.-‘’
 
Ammetto di essere gelosa ma è così. BRANT IS ON ed io subito mi sono messa a scrivere il resto.
 
Come sempre non faccio nulla di normale e ho detto che Grant non ti piace, vediamo cosa fa per farti ricredere e soprattutto… se lo fa!
 
Ps ricorda. Sei vicina alla morte!
 
 
To other people:
Grazie a chi ha lasciato il commentino e ha messo nelle seguite. Kisses
 
Vale ♥
   
 
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