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Autore: bullismo    26/02/2013    9 recensioni
Questa storia parla di quello che succede ogni giorno, ovvero, parla di una ragazza vittima di bullismo. Tutti sono interessati su questo argomento, per questo ho scritto questa storia. Ho creato questa storia parlando un pò di me, e un pò di tutte voi. Perciò questa fanfiction è dedicata a voi, ragazze. Spero che un giorno potiate essere felice come vedrete in questi capitoli..
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                   IT IS HAPPENING FOR REAL?
-Alzati Emily, devi andare a scuola- disse quella donna, che io chiamo solitamente “mamma
Ecco, la solita routine: scuola, compiti, insulti, letto e poi ricominciava tutto d’accapo. Succedeva così ogni singolo giorno, vorrei tanto che qualcosa nella mia vita cambiasse, che qualcuno mi aprezzasse per quello che sono veramente e non per quello che faccio finta di essere, ma dalla vita non si può ottenere tutto. Ormai mi sono arresa, la mia vita sarà sempre questa: una vita di finti sorrisi, di pianti sul cuscino, una vita da non condividere con nessuno, una vita da sola. E la cosa peggiore è non avere nessun amico, neanche una migliore amica a cui confidare tutti i tuoi segreti, con cui fare le peggiori cazzate, un’amica a cui nonimporta se tu sei bella o no, che non le importa se sei popolare o no, un’amica a cui interessa solo stare con te. Ecco, la mia amica ideale, quella che non avrò mai. Ecco, i pensieri di ogni mattina, che mi rimbombano  in testa ogni singolo secondo, eppure credo ancora che qualcosa, nel tempo, possa migliorare, che io possa essere finalmente felice dopo tutti gli insulti, dopo tutti i disprezzamenti nei miei confronti, ma in fondo, so che questo è assolutamente impossibile. La vità di una persona non si può migliorare da un giorno all’altro, ci vuole tempo, e a volte, peggiora.
-Mamma, vado a scuola. Ci vediamo più tardi- dico, prima di uscire da casa, sbattendo la porta molto forte. Mi incammino verso scuola. Da sola,ovviamente . Di solito, le persone aspettano che qualcuno vado a casa loro per prenderla e poi andare insieme a scuola, ma io non faccio parte di quelle persone. La mia autostima è sottoterra, non ho fiducia in me stessa e non ne ho mai avuta. Sono arrivata nel cortile della scuola, c’è tanta gente ma io mi sento completamente sola. Non ho una persona da rincorrere e poterla abbracciare perchè non ci vediamo da un giorno, non ce l’ho, quindi mi metto in un angolo, aspettando che la campanella suoni. Quando vedo lui, il ragazzo dei miei sogni. Alto, con i capelli ricci e gli occhi verdi, muscoloso..quanto vorrei essere lì con lui, ma so già che non potrà mai notarmi, uno così  bello non si metterebbe mai con una sfigata come me.  La campanella suona ed entro. Mi reco nella mia classe, e vedo tutte quelle ragazze che fanno le civette con i ragazzi, sbattendosi dalla testa ai piedi. Dio, quanto le odio. La cosa che mi da fastidio? Dicono di ascoltare il rap per fare cadere tutti ai loro piedi. Poi si chiamano “amore” “tesoro” senza essersi mai parlate, e questa è una cosa alquanto schifosa. Io aspetto la mia compagna di banco che mi saluta e durante tutta la lezione mi chiama solo se ha bisogno di aiuto..odio anche lei! Ma per fortuna, a salvarmi da tutto, c’è lei. Lei è la mia forza, il mio sorriso, la mia musica. Volete sapere chi è lei? Demi lovato. La mia idola, quella che riesco a farmi superare ogni singolo giorno, e mi basta vedere una sua foto per farmi continuare a passare queste giornate, in un modo o nell’altro.
Fui distratta dai miei pensieri dal professore di storia, che era appena entrato.
-Oggi interrogazione- disse quel vecchio.
Non io, non io, continuavo a ripetere tra me e me.
-Smith, interrogata-  ecco, lo sapevo, e non avevo studiato un cazzo.
-Professore, non ho studiato.- dissi, con imbarazzo.
-Motivo?-
-Ieri non mi sentivo bene-
-Senta, signorina questa storia era assegnata da una settimana, e mi delude molto il fatto che lei non abbia studiato, i primi mesi era una delle migliori. Cos’è cambiato, adesso?-
“Ma cosa vuole che cambi? La società è una merda, mi odio, non riesco manco a guardarmi allo specchio, si figuri se avrei mai potuto studiare” ecco, questo è quello che avrei voluto dire, avrei. Abbassai lo sguardo al suono di quello parole, e senza farmi notare, asciugai una lacrima. Odiavo essere rimproverata, mi faceva capire quanto io fossi inutile.
-Posso recuperare?-
-Do sempre due possibilità, e lei lo sa-
-La ringrazio professore. Ehm..posso uscire?-
-Vada, ma si sbrighi!-

Mi alzai dal mio posto, e uscii. Non ce la facevo proprio a stare in quella classe, dove tutti mi ridono in faccia, dove nessuno mi ascolta quando io parlo, perchè io non sono nessuno. Sono solo la “secchiona”. Anzi, non sono neanche più quello, adesso. Sono solo una ragazza invisibile. Girai per i corridoi per un paio di minuti, e poi ritornai in classe. La classe che tanto odiavo. Mi disgustava. Più la guardavo, più mi veniva la nausea. Mentre tornavo nel mio banco, sentivo la risata di quelle galline dietro di me che dicevano –ma come fa a vivere? È talmente brutta- -quella è uno scherzo della natura hihihi-  e roba simile. Non le digerivo proprio, vorrei tanto cancellarle da questo schifo di mondo.
 
E così, sono passate altre cinque ore, suona l’ultima campanella e io, svelta, mi reco fuori da quell’edificio che odio. Ma, mi scontrai con qualcuno.
-e sta più attenta.-
-scusa-  avevo la testa abbassata, quindi non capiva chi fosse. La alzai per scusarmi ancora ma lui si mise a ridere.
-AHAHAHAHAHAHAHAHAH, oddio, quanto sei brutta!-  i soliti insulti. Cercavo di mostrarmi forte, ma non ce la facevo proprio. Faceva troppo male. Non riuscivo a parlare, dato che stavo trattenendo le lacrime. Stavo per andarmene, quando sento un’altra voce maschile sconosciuta.
-Ti sembra il modo di trattare una ragazza? Non lo sai che le ragazze sono sensibili? Ma vattene va’- disse, quella voce maschile che a me sembrò la voce di un angelo. Abbassai la testa per l’imbarazzo e anche per la troppa gioia. Una persona mi aveva difesa,  prima volta in tutta la mia vita. Ma chi era quel ragazzo? Volevo alzare la testa la testa per ringraziarlo, e guardarlo negli occhi, ma avrebbe notato la mia timidezza dal rossore delle guance, e questa era una cosa che odiavo.
  
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