«Quel che tu affermi è grave.» Thranduil prese una pausa per riflettere sulle parole di Anacarnil, lo sguardo che ricadeva spesso oltre lo scranno, verso le luci delle abitazioni tra gli alberi.
«Mio figlio Legolas è già in viaggio per Gran Burrone, ha risposto alla chiamata di Elrond Mezzelfo per un consiglio delle razze.» mormorò ancora, il volto adombrato da riflessioni profonde e cupe. Si prese il mento delicato tra le dita affusolate di una mano.
«Potrei inviare degli esploratori sul cammino ed un messaggero fino a Duillond. Tu sei un Signore degli Elfi, Anacarnil. Non sei costretto a portare tu stesso questo fardello.»
«Il mio cuore è pesante, maestà. Soffrirei la permanenza in queste terre. E dopotutto mi conosci, non è nella mia indole ricevere informazioni da altri che io non possa raccogliere da solo.» Thranduil sospirò, seguitando a rimuginare avvolto nel suo silenzio cogitabondo.
«Mi
chiedi di lasciarti andare via. Mi chiedi di sottrarre agli elfi di
Bosco Atro un'altra valida guida. E se me lo chiedi tu, anche
Glorfindel farà lo stesso. Ciò non posso
permetterlo.» Anacarnil, interdetto, rimase a fissare il suo
re con la mascella serrata. Il Re di quelle foreste oscure
sollevò lo sguardo, piantandolo in quello del suo
sottoposto, mantenendolo saldo in un silenzio carico di aspettative.
«... non farmi rimpiangere di aver preso questa decisione in tempi bui.» L'altro elfo si produsse in un breve inchino.
«Hai la mia parola, maestà.»
«Avrai bisogno di una scorta, immagino.»
«Certo, gradirei ardentemente la compagnia di Dwaeldor, Minuial ed Anduial nel mio viaggio, e di nessun altro, mio signore.» un sorriso lieve si dipinse sul volto delicato dell'elfo guerriero, un sorriso contagioso, che affiorò anche sulle labbra del Re del Bosco Atro.
Cavalcava ormai da più di due giorni, i capelli raccolti all'interno dell'ampio cappuccio del mantello verde selva che avviluppava le sue membra, attento a tenere il profilo frastagliato dei Monti Azzurri sulla sua destra, con l'intenzione di costeggiarli e tornare a voltare per il passo più vicino. Attorno alla sua figura si innalzavano dolci pendii e cime poco aspre, che formavano i territori subito ad Ovest del Bosco Atro, e che si estendevano per miglia in lungo ed in largo fino ad incontrare le prime asperità dei monti ad Ovest, lì dove il paesaggio si induriva ed abbandonava il verde delle ricche vallate per abbracciare i castano, il grigio ed il bianco tipici degli ambienti montani. Era una giornata ventosa, e ampie nuvole si addensavano a coprire i raggi solari, tinteggiando di un pallido grigiore le terre aldiqua dei monti. Dwaeldor nitrì il suo ardore al vento, seguitando a galoppare ostinato tra i bassi crinali dell'ampia vallata che stavano percorrendo. Alla loro sinistra, un fiume scorreva sinuoso tra gli anfratti rocciosi, gorgogliando e raspando sull'ampio fondale, mentre interi stormi di uccelli si libravano in un volo orchestrato in alto sulla testa del destriero nero e del suo cavaliere. Chino sul garrese dell'animale, l'elfo pareva non avere occhi se non per il sentiero che stava percorrendo, la mente che viaggiava parimenti cercando dimora tra le schegge di un pensiero incompiuto e l'altro. Negli ultimi istanti di vita, la donna, tra gli attacchi di tosse sanguinolenta aveva infatti pronunciato una parola, una sola, mozzata dalla fatica ed incomprensibile a primo acchito. "Skar" era tutto ciò su cui l'elfo guerriero doveva basarsi nel suo viaggio verso Duillond, per cercare risposte a domande che in quel momento non gli erano del tutto chiare. Che ruolo avrebbe giocato la donna se fosse rimasta in vita e prigioniera degli orchi? Perché tutta questa preoccupazione nell'uccidere lei e lei soltanto? Perché gli orchi dovevano ora radunarsi in luoghi tanto lontani e pericolosi per la loro scura specie? Le trame che andavano prendendo forma nella sua testa si infransero improvvisamente. Un ululato grottesco scosse la placida tranquillità di quei luoghi ed il Sinda si costrinse a sollevare lo sguardo, spaziando sulla vallata con occhio vigile. Il suo udito captò segnali lì dove gli occhi non avrebbero potuto. Passi affrettati, pesanti, privi di una cadenza di fondo. Il ringhio sommesso di belve feroci. E poi un altro ululato, a cui si unirono altri due, tre, venti altri ululati, in un monito di morte agghiacciante. Anacarnil lanciò il suo cavallo al galoppo proprio mentre dai crinali vicini emergevano i profili ferini dei warg di Dunland, cavalcati a pelo da orchetti fanatici armati di lunghi falcioni. Il destriero nitrì, le narici che si espandevano nel terrore di quella vista improvvisa. Il branco di cacciatori ruggì nel vento, accostando il cavaliere elfo da entrambi i lati mentre questo lasciava le redini, apriva il mantello e sfoderava Minuial ed Anduial, le terribili lame elfiche.
«Crepa, orecchie a punta!» esclamò il più vicino, agitando la mannaia e scoprendo i denti sotto l'elmo di metallo.
Non fece in tempo a ricordare di aver già udito la voce di quell'orco tre notti addietro che questi era già balzato dalla sua cavalcatura per cercare di disarcionare l'elfo e prendere il controllo del suo cavallo. Anacarnil affondò rapido come il vento che spirava da Nord, ed Anduial fu coperta di nero icore mentre il cadavere dell'orco rotolava dietro le sue spalle e finiva tra le fauci di un altro warg famelico. Mulinò ancora le lame e queste scintillarono nella luce opaca del giorno, abbattendosi terribili sui corpi di bestie e fantini senza distinzione. Due di loro balzarono in avanti, virando sull'interno del percorso per tagliargli la strada, ed egli spinse con una delle due gambe per comunicare alla sua cavalcatura il cambio di percorso repentino. Solo grazie a quell'intuito poté evitare le fauci fameliche delle bestie e le spade affilate dei nemici.
«Lim Dwaeldor, noro lim!» spronò Anacarnil, ormai lanciato in un galoppo sfrenato, il cappuccio che si era ormai sollevato aveva rivelato la chioma di biondi capelli scossi dal vento e dalla frenesia di quella corsa. Lo scatto dell'animale permise all'elfo di guadagnare per breve tempo un minuscolo vantaggio. Si preparò quindi a radunare le forze per un nuovo duello, le lame alte. Un'occhiata alle sue spalle rivelò un numero intrattabile di orchi e warg pronti a fargli la pelle. Un altro pensiero corse sinistro ai confini della sua mente. Non ce l'avrebbe mai fatta.