“ Come si fa a conoscersi e poi a vivere con se stessi? “
( E. Flaiano )
Uno stormo di uccelli orchestrava una danza fumeggiante: era una nube di coriandoli neri che s’esibiva per un funerale carnevalesco. Volteggiava con inquietante e caotica armonia. Su quel cielo di carta grigia vorticava un confuso schema d’equilibrio. Pareva che un artista spostasse polvere di grafite indeciso su cosa disegnare.
Eaco contemplava quei movimenti di briciole scure.
Doveva avvertire un arioso senso di libertà e invece era angustiato.
I volatili si divisero in due gruppi.
Si intersecarono freschi di spericolata razionalità.
Il ragazzo li ammirò sbalordito: quegli esseri si incrociarono senza sbattere gli uni contro gli altri, senza demolirsi .
Li invidiò e li osannò con ogni cellula dell'animo.
I suoi pensieri si dividevano ed esplodevano uguali a polvere da sparo: si scontravano a vicenda rompendosi le ali e le teste.
Nessuna euritmia. Nessuna consonanza.
Lui era Garuda e non riusciva a volare sul serio. Tutti i pezzi della mente rimbalzavano tra le pareti dell'incertezza come vespe sfebbrate e deliranti.
Lui era Garuda e non aveva il potere di far confluire in un’unica foce la dicotomia del proprio cuore.
Solo gli uccelli riuscivano a scindersi, riunirsi e scindersi in un ballo che non contemplava dissidio e stonatura.
Sì…solo loro potevano farlo.
Eaco l’aveva constatato con Violate.
Si era illuso di poter creare una perfetta simbiosi carnale con la sola tirannia della lascivia.
Non aveva fatto i conti con i tuoni ribollenti della giovane.
Gli era bastato un “ ti amo “ per vedersi gettato nella crisi più nera.
Avrebbe dovuto prevedere quella confessione! Lo sapeva di essere amato. Amato. Amato.
Come aveva agito, invece? Da emerito vigliacco. Aveva preferito aggirare lo scoglio e continuare ad alimentare le proprie voglie. Non era riuscito a sostenere gli occhi di lei. Non era riuscito a sezionare la propria anima e studiarla attentamente.
La paura. Semplicemente e malignamente la paura.
“ Ti amo…”
Come gli risuonavano procellose quelle parole! Un mondo di geroglifici insostituibili era contenuto in esse; un intero continente, un intero pianeta.
Bastava davvero poco per franare.
La superbia era crollata come la torre di Babele.
Eaco aveva preferito mentire, diagnosticarsi una falsa cecità.
Sapeva di essere amato. Amato. Amato.
Lui? Amava?
Non desiderava indagare.
La paura. Semplicemente e malignamente la paura.
Gli facevano troppo male i sogni su quelle due figure femminili…Gli suggerivano qualcosa di troppo grande e luminoso. Qualcosa che aveva intensamente provato e che ora si ostinava a seppellire.
“ Senti qualcosa che emerge dal vuoto, vedi una luce che ti dona felicità, pienezza e poi ti abbandona. Capisci che quella luce era stata tua…da un’altra parte…in un luogo che il Sonno e la Morte ti hanno tolto.”
Behemoth gli disse la verità quella notte, ma lui continuava scappare.
Era furioso con sé stesso.
Era furioso con lei. Con lei che gli aveva scaraventato in faccia i meandri dello spirito.
La detestava più che mai.
La voleva riabbracciare.
La voleva picchiare.
La voleva sposare.
Era stomacato dalla densa poltiglia del caos.
Durante quei giorni era diventato più brutale nelle esercitazioni e i subordinati fungevano da perfetti capri espiatori.
Violate si era diretta fuori la Foresta Nera per completare i propri addestramenti.
Nell’arco della settimana si era comportata in maniera piuttosto strana.
Garuda aveva captato in lei singolari note di tristezza. Negli occhi le stavano ondeggiando screziature crepate, diluvianti. Era come se stesse cercando qualcosa…qualcosa che non voleva deliberare apertamente.
Con curiosità irritata, il generale si poneva domande sperando e temendo di trovare risposte.
L’ansia era opprimente ma desiderava scoprire cosa Violate stesse vivendo nel cuore…
Avrebbe dovuto iniziarla alla prova finale per conferirle il grado di tenente.
Avrebbe dovuto, innanzitutto, capirla…
Se fosse stata capace di giungere su vette che lui non era riuscito mai a scalare?
Inconcepibile.
Umiliante.
Terribilmente probabile…
________ § _______
Il sole stava ormeggiando al molo dell’estremo ovest.
Nessuno, tuttavia, poteva vederlo.
Nel cielo si impastavano grigio, cobalto, carminio, viola…Il crepuscolo attendeva d’essere purgato da quei nembi sciatti e sudoriferi, da quelle masse gommose e vaporose di pensieri ammorbati.
Era da più di un’ora che Eaco aspettava Violate.
Il surplice da guerra sembrava annerirgli maggiormente il viso.
La sua pazienza era giunta al limite.
Su quella distesa d’erba selvatica, costeggiata dalla Foresta Nera, si sarebbe svolta la grande prova.
Tutti i preparativi per la Guerra Sacra erano stati ultimati.
Mancava un solo ampio dettaglio: l’avanzamento di grado di Behemoth.
Perché quella dannata donna non veniva?!
Il Generale le aveva ordinato di essere al suo cospetto prima del tramonto. Non era da lei, non era per nulla da lei! Non tardava mai. Era fin troppo rigorosa.
Cosa le stava prendendo?!
Quali mulinelli la stavano facendo naufragare?
Era fuggita?
No…non poteva arrivare fino a quel punto…
Eaco scandagliò l’ immobile natura che spumava di umidità…
Gli alberi parevano aver mutilato dispettosamente le loro lingue.
Gli uccelli si affrettavano a ritornar nei nidi.
Nessuno rivelava qualcosa.
Garuda analizzò i colli che emergevano dal tappeto verde della boscaglia…
Un rilievo lo attrasse.
Era insolito ma severamente incastrato in quel paesaggio lussureggiante e arido.
Sulla cima si scorgevano un mucchio di pietre rotte…Una costruzione antica.
Eaco aguzzò la vista: vi era una chiesa lì sopra…Sconsacrata, morta, marcente.
Un candelabro respirava in mezzo a quelle rovine.
Una fiaccola potente ma accasciata.
Violate.
Il generale corse verso l’eremo sfondando crudelmente gli alberi che lo intralciavano.
Fronde verdi esplosero in aria come spruzzi di sangue da arterie recise.
Dopo aver devastato tutti i cippi arborei, il giovane giunse ai piedi del rilievo e lo scalò con irato impeto.
La Foresta Nera, che si spianava al suolo, appariva un concilio di tristi sacerdoti.
Non aveva incensieri con cui aromatizzare preghiere…
Non aveva ostensori da adorare con devozione…
Giunto a destinazione, il gendarme vide , inchinato ai suoi piedi, il pavimento impolverato della basilica. Le colonne e i costoni , che sorreggevano un tempo le volte a crociera delle navate, componevano uno scheletro.
Tutti quei pilastri, tutti quei marmi, altro non erano che un carcame d’elefante: i resti rosicchiati di un regale pachiderma.
Sui gradini di un imbalsamato altare di marmo, era seduta la giovane.
Aveva gli avambracci posati sulla ginocchia, la testa reclinata, la lunghissima criniera scura che pareva il velo di una Madonna funebre.
Indossava dei pantaloni, degli stivali neri ed una semplice cotta metallica.
Violate non portava il surplice di Behemoth. L’aveva riposto, alla maniera di un’inservibile reliquia, davanti una colonna scalcinata .
Eaco avanzò.
I suoi passi crepitarono con la secchezza ferrata dei tamburi marziali.
I suoi occhi viola dardeggiavano, gelati, in direzione della guerriera.
Le si fermò di fronte.
Un silenzio di carbone si dipanò oltre l’abside dell'edificio, oltre i mattoni stracciati…
- Ebbene, Violate?
Nessuna reazione.
Immobilità afflitta.
- Perché sei sparita?
La ragazza restò inerme.
Il mutismo ticchettava tremante.
- Perché sei sparita proprio adesso? – scandì il giovane con lenta e minacciosa calma .
Violate si rinchiuse ancora di più, come volesse rifugiarsi in un ventre materno.
- Basta con queste idiozie!
Venne afferrata, con brutalità fulminea , per i capelli: aveva gli occhi invasi da un pianto livellato.
- Ti sto per investire del titolo di tenente! – esclamò il superiore - devo sottoporti alla prova più importante e tu che fai?! Ti ritiri a frignare?!
L’interlocutrice non osava rispondergli.
- Ne ho abbastanza ! È da due settimane che sei strana! Cosa sono queste stupidaggini?!
Il sergente gli strinse l’avambraccio liberandosi bruscamente dalla presa.
Ripiombò il silenzio.
Eaco emetteva respiri d’impaziente collera.
Lei ripiegò il capo con sfacciata tristezza.
- I-io…- frusciò tra le labbra- ricordo.
Il ragazzo sollevò un sopracciglio con fare interrogativo.
- Come?
- Io…ricordo.
Ella alzò lo sguardo.
Sorrise.
Sorrise inverosimile: non vi era alcuna impronta di gioia ma una tragica dolcezza, una feroce coscienza.
- Dubrovnik* – disse vacillando.
Il sangue di Garuda si rimestò inquieto.
- Dubrovnik – chiarì lei deglutendo – è…la città…in cui sono nata.
Il generale sbarrò gli occhi con sbigottimento.
La sua bocca venne percorsa da un leggero singulto.
- Tu…- lampeggiò – tu…ricordi…la tua città?!
Violate annuì intorpidita da una perigliosa malinconia.
- E’…è bellissima – mormorò – si vede tutto il mare…il mare che credevo libero.
Eaco scosse la testa irritato, confuso, angosciato.
- Impossibile…- tuonò cupo.
Sì…era assurdo.
Per quale ragione lei rimembrava il luogo natale?! Prima di diventare spettri di Ade si veniva depredati in ogni angolo della memoria: era una squarciante catarsi, un esilio dalla dimensione umana.
In che modo ce la si poteva fare? Con quale prodigio?!
- Dominique…Costance…
- C-che stai…dicendo? – chiese il giovane sempre più teso.
- Nicholas…Karen…Sofja…
- Che stai dicendo?!
Violate si alzò lentamente dai gradini dell'altare. Spettrale e ignifera, passò oltre il suo Re.
- Quelli…- gli rivelò- erano i nomi dei miei genitori, di mio fratello, delle mie sorelle.
Eaco sbiancò in preda ad una nausea dilapidante.
Lui che non rimembrava e restava trepidante.
Lui che udiva soltanto il Vuoto roboante.
Si svegliava le notti lacrimando: nei sogni non riusciva a riconoscere i contorni di quelle due figure che lo accarezzavano. Chi furono?
In che modo lo amarono?
- Mio padre – raccontò schiacciata Violate – era un mercante. Si recava in Italia, in Spagna, in Grecia…portava con sé Nicholas per insegnargli il mestiere. Quella volta, sapendo che sarebbe dovuto restare a Napoli per molto, ci fece imbarcare assieme a lui. Mia madre, le mie sorelle maggiori, mio fratello… Avremo viaggiato finalmente tutti assieme.
Il generale taceva con lo sguardo al suolo.
Era spaventato dalla narrazione.
- Ci teneva davvero – proseguì la ragazza oscillando – papà ci teneva davvero a volerci tutti assieme…- Si fermò come avesse affrontato una sfiancante nuotata. Proseguì - d-durante il viaggio verso la Campania…fummo attaccati da pirati…Sembravano saraceni. Massacrarono tutto l’equipaggio… Compresi mio padre e Nicholas…che avevano tentato di proteggerci…Quei maiali bastardi non risparmiarono neppure mia madre, Karen e Sonja dopo essersi divertiti…
Strinse i pugni. Ringoiò pianto e bile per concludere:
- Io…mi salvai per poco…per un miracolo…per Behemoth. Non ne ho idea di come accadde quel caos. Fui inondata da un’energia così improvvisa ed enorme che distrussi qualunque cosa, qualunque uomo vivo. Finii poi in mare e da allora sono andata sempre più a fondo.
Tacque.
Eaco avvertiva le palpebre vibrargli.
Serrò i denti.
Si voltò verso la fanciulla.
- Stavi farneticando, vero? – le domandò.
Violate tornò a porgergli gli occhi : due egide inconfutabili.
- Non sono fuori di testa – ribatté con la solennità di un’ascia.
Il giovane sussultò lievemente.
Proruppe in una risata nevrotica:
- Su, Violate! Hai immaginato tutto! Ti sei inventata la tua storiella!
Behemoth gli si avvicinò affannata.
- Io non mi sono inventata nulla!
- Balle! Balle! Stavi talmente male senza un passato che hai finito per sputarmi addosso la favoletta che ti sei creata!
La guerriera si morse le labbra lacrimando ira.
Sussurrò nera:
- Quello che vi ho detto è verità. Lo sapete.
- Sei patetica.
- Lo sapete!
Garuda le sferrò un manrovescio che la buttò a terra.
- Finiscila, Violate.
La specter si rialzò asciugandosi un rivolo di sangue al lato della bocca.
Trafisse con lo sguardo il comandante.
- Tu non vuoi ricordare.
Il ragazzo divenne ancora più furibondo: lei aveva adoperato il “ tu” ogni volta che era stata nella sua camera da letto.
Cos’era tale intimità? Come s’ arrischiava ad impugnare l’elsa di quella daga?
- Bada a come parli, Behemoth.
- Hai paura di ricordare. Vorresti…vorresti con tutto te stesso ma non riesci.
- Basta.
- Avevi ragione quando dicevi che siamo schiavi della paura.
- Basta!
Con una terribile ondata di fiamma la scaraventò in aria.
Ella , però, coi riflessi acuminati, ricadde in piedi.
Studiò l’avversario con lo spessore petroso di un rinoceronte, con l’ ansimo artigliato. Sembrava una delle turbinose Erinni.
Eaco, più che temere quella spietatezza, fissava devastato un altro tifone . Nelle pupille di Behemoth folgorava l’amore più atroce : una croce di dolore e colore più sanguigna del sangue.
- Anche io ho paura – affermò la donna rizzandosi in tutta altezza – sì…ne ho tanta… ma so infischiarmene.
Il Sole del tramonto scotennò la rete delle nubi. Le sue lame sembravano forgiate da Efesto.
Abbaglianti raggi rosso arancione schiaffeggiarono la cattedrale mummificata.
Tutto parve ingioiellarsi di incendio. Tutto parve infernale paradiso.
- Hanno provato a dissanguarmi- continuò Violate – me nessun dio può comandare i battiti del mio cuore… Né Ade, né Thanatos, né Hypnos . Io possiedo la mia anima. Io possiedo ogni suo movimento.
Eaco sentì l’aurea spiritica della guerriera accrescersi in maniera spaventosa.
Il surplice di Behemot si sollevò per vestire il corpo della padrona.
L’armatura corvina splendette di scaglie d’ infero rubino.
- Io reggo i miei battiti! – urlò la giovane – io sola li controllo! Io te li ho dati tutti! Prima dell’inizio di questa guerra! Prima di qualunque inizio!
Il Generale scatenò le proprie ombre calpestando i fasci del Sole.
Fu circondato da lingue di fuoco nere e brillanti.
- Bene, Violate. Mostrami i tuoi battiti che esplodono!
Il giovane protese le braccia in avanti versando due enormi colonne di fiamme.
Le loro estremità avevano forme di teste di Garuda.
Una coppia di becchi , dai denti aguzzi, trafisse polvere e luce.
Violate, incrociando le braccia, si schermò dall’assalto.
L’incendio si sfracellò di fronte a lei.
Una nube di carbone e scintille ustionanti invase la sommità del colle.
Con occhi di roccia, l’ armigera venò il terreno con l’energia che si materializzava sotto di lei.
- Brutal real!!
Sbatté il piede.
Grandi zolle di terra si gettarono in alto. Le pietre della chiesa volarono sbriciolandosi.
Ogni cosa fu triturata come carta essiccata.
Eaco si lanciò all’attacco polverizzando le fontane di sassi e terra che lo osteggiavano.
Si trovò faccia a faccia con Behemoth.
Le loro mani s’intrecciarono stritolandosi violentemente.
Le loro bocche digrignarono come belve sanguinolente.
I loro occhi , spalancati, si accoltellarono carnalmente.
Sprigionarono , follemente, la potenza dei loro spiriti.
Esasperati, distrutti e distruttori.
Il cranio del monte crepò sempre di più.
Era l’apocalisse.
Ribollivano, tentavano di sopraffarsi, ribollivano.
I due giovani avevano i lineamenti trasfigurati da sforzi incredibili.
Pareva stessero danzando diabolicamente.
I muscoli delle loro braccia erano tesi e rigonfi.
Le vene del collo vibravano di tuoni.
Le gambe, granitiche, non avevano intenzione di cedere.
Con un urlo da indemoniata, Violate caricò all’estremo l’energia e scaraventò via il rivale.
Il ragazzo frenò l’impeto della spinta solcando il terreno squassato.
L’avversaria gli si precipitò contro.
Lui le sferrò un colpo al ventre respingendola ferocemente.
Lei sbalzò all’indietro ma ripiombò in piedi.
Riprese la rincorsa e travolse Eaco con una grandinata di pugni.
Garuda faticò a proteggersi da quelle sassate e alcune di esse gli ruppero l’armatura.
Fu sprigionando le sue fiamme che riuscì a liberarsi da quella trappola.
Violate venne sollevata e sbattuta a terra.
Si rialzò, tuttavia, rapidissima e saettò verso l’avversario.
Saltando e collimando , i duellanti sembravano asteroidi in un perenne vortice di esplosione.
Le loro percosse erano macigni di catapulte che si rompevano scontrandosi.
I loro calci somigliavano a spranghe di ferro.
I due spettri guerreggiavano con brutale lealtà: si sferzavano , frontalmente, senza finte.
Perdevano pezzi di corazza, pezzi di tenebra metallica.
Erano cieli notturni che s’azzannavano reciprocamente le carni nere. Il sangue colava loro dal naso , dalla bocca, dalle tempie.
- Vediamo come balli, Violate! – esclamò Eaco.
La giovane vide lo specter sollevare le braccia in alto.
Nell’aria si sparpagliò una coltre corposa e rigurgitante di bubbolii. Pareva avesse la consistenza di una pece pesante ma distillata.
Dei piccoli solchi l’ornarono. Erano palpebre d’occhi.
Si aprirono tutte.
Eaco gridò:
- Galactica illusion!!
Una spira di fulmini cominciò a circondare il corpo della ragazza.
Si fermò, però, in modo anomalo.
Garuda guardò in basso.
Una lunghissima ombra gli stava gelando i movimenti delle gambe e di tutti gli arti.
Behemoth gli sorrise biecamente.
Con quell’incantesimo era riuscita ad inibire la potenza del Generale.
Aveva evocato le tenebre del Settimo girone degli Inferi. Le tenebre di cui era guardiana e che racchiudevano l’essenza di anime dannate.
Avanzò a testa alta verso il giovane che bolliva.
Lo afferrò , per il mento, con aggressiva tenerezza:
- Generale, io non scherzo con l’anima e il sangue. Mi hai avuto tutta. Tutta…
Serrò il pugno con sguardo abbacinato e minacciato dalle lacrime.
- Mi hai avuto e sono tua ancora adesso!
Colpì l’antagonista spingendolo via, in una marea di furore.
Eaco venne scaraventato in alto.
Si schiantò sul dorso spaccando i sassi dimessi dell'arena.
Rimase disteso e immobile.
Silenzio…
Violate, angosciata, gli si avvicinò.
Lui iniziò, improvvisamente, a sghignazzare piano… Piano…Piano…poi sempre più forte, più forte.
Alla fine rise scomposto, impazzito, senza ritegno.
Sollevò la testa e poi il busto con una meccanicità sinistra e innaturale.
Behemoth era allibita e spaventata.
Il ragazzo la guardò con un sorriso demoniaco ed imbrattato di sangue.
I suoi occhi erano dischi viola inebetiti, sconclusionati, pestilenti.
- Quanto sei imbecille – rideva con voce alterata e roca – imbecille! Imbecille!
Si alzò ciondolando cadaverico.
I capelli neri gli dondolavano , scarmigliati e sporchi, sulla fronte e sulle spalle.
Le braccia altalenavano appesantite.
Si mise diritto con una legnosità tragica e inviperita.
Levò le mani al cielo.
Violate rabbrividì.
Sapeva ciò che stava per accadere.
Scaturì, nell’atmosfera, una coltre similare a quella dell’illusione galattica ma più bituminosa, spessa, claustrofobica…Ululava lampi e versi stridenti di rapace.
Tre linee di fessure comparvero…
La guerriera si sentì morire di freddo e caldo.
Le vertebre le divennero tastiere di un clavicembalo terrorizzato.
Il cuore si sbatteva contro i polmoni. Ossigeno e anidride carbonica si squagliarono nel panico totale.
Eaco sorrideva bulimico di vendetta.
Abbassò gli avambracci incrociandoli.
- Galactica death bring!
Tre giganteschi occhi si aprirono sopra di lui: lo sguardo trino del buio della Via Lattea.
Violate si sentì infilzare il cervello da lame di mannaia.
Non riuscì più a riflettere, proteggersi…Fu pervasa dalla lava del Vuoto…Una sensazione di nero le riempì gli organi. Era risucchiata da sabbie mobili che non la guidavano da nessuna parte…
Si paralizzò apolide e svuotata di sentieri.
Quella magia attanagliava la psiche. Qualsiasi corrente di luce.
Il generale inondò le proprie braccia di cicloni incendiati:
- Garuda flap!
La ragazza venne investita da quel terremoto di vampate e scheggiata verso il cielo.
Fu ingoiata da un’energia sferragliante, tagliente, senza scampo.
Crollò, devastata, sul suolo rottamato.
Le nuvole di fumo e polvere del combattimento si sedimentarono.
Scivolò il silenzio.
Eaco boccheggiava stordito, scartocciato, sudante.
Avvertiva in bocca un disgustoso e acre sapore di vomito.
Si sentiva le reni, il fegato, lo stomaco in frantumi.
Camminò verso l’inerme Violate.
Sperò che la vista della sua disfatta lo colmasse di felicità e invece lo fece stare malissimo.
La pazzia venne sfrattata dall’ anima.
La ragione e la disperazione irruppero selvaggiamente nel cuore.
Le gambe tremarono puerili e stremate.
Eaco piombò , con le ginocchia per terra, affianco a Behemoth.
La guardò ansiogeno, impaurito: le aveva distrutto l’armatura, le aveva dilaniato i vestimenti di stoffa, le aveva sfregiato il corpo con migliaia di ferite.
Si percepì come l’essere più idiota, ripugnante e insensato dell'universo. Sarebbe stato meraviglioso se qualche divinità lo avesse potuto abortire.
Il ragazzo prese , febbrilmente, la giovane tra le braccia.
L’attrasse dolorosamente a sé.
Si distaccò, leggermente, per riosservarla… Grondava sangue: pareva innaffiata da un vino malato e turpe.
Egli sollevò la mano.
Non aveva mai adoperato i poteri in quel modo.
Lasciò sprizzare dei fuocherelli viola chiaro che si sparpagliarono sul corpo della ferita : ciascuna epistassi le venne prosciugata.
Sulle splendide e forti membra restarono incancellabili striature di cicatrici.
Il giovane indirizzò lo sguardo ad ovest: il Sole era appena caduto nel fossato della sera.
Lui, invece, esisteva ancora, impossibilitato di seppellirsi dentro quell’orizzonte.
Sul pavimento del cielo giacevano panni di logore nubi, stracci di mendicanti morti e decomposti.
Un tocco lieve distolse il generale da quelle elucubrazioni funebri.
Una carezza.
Violate aveva schiuso leggermente gli occhi e gli stava sfiorando la guancia.
Sorrideva debole e appassionata.
Nonostante fosse sporca e graffiata era bellissima. Nessuna purezza di rubino poteva imitarla.
Nessuna belva possedeva la sua scultorea soavità.
Lui si spezzò in un pianto sfibrato.
La strinse forte.
Le mise le mani tra i capelli per accertarsi di percepire ancora il suo odore.
La baciò sulle labbra sentendo una dolcezza combattuta, sanguinante, pura.
Mai vi fu contatto più etereo di quella musica cianotica di conflitto.
Il vero sconfitto era lui.
Lui che non aveva il coraggio di guardarsi alle spalle e ricordare un sé stesso che non gli apparteneva più…Lui che non era in grado di trovare le luci che aveva smarrito…
Quella donna era riuscita a ridarsi di nuovo un titolo, ritrovare la propria storia…
Eaco non aveva che un baratro dietro di sé.
L’unica via che gli stava dinanzi era lei .
Prendendola in braccio, la sollevò delicatamente.
- Violate…- disse lui solenne – d’ora in avanti sarai il tenente della mia avanguardia.
Quelle parole percorsero il terreno massacrato del monte.
Si dispersero nel mormorio della cortina serale.
La Guerra Sacra stava per cominciare.
Le armature sarebbero state riparate folgorando di tempesta.
Garuda avrebbe raggiunto le fortezze del cielo con le sue ali.
Behemoth.
Uragano di leghe metalliche.
Respiro scarlatto d’apocalisse.
Note:
Dubrovnik* : è una città della Croazia meridionale situata lungo la costa della Dalmazia. Conosciuta anche col nome italiano di Ragusa di Dalmazia, fu, nell’antichità, una delle più importanti potenze mercantili dell'Adriatico e del Mediterraneo orientale.