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Autore: TeddySoyaMonkey    01/03/2013    15 recensioni
[Interattiva]
"Ambarabà ciccì coccò
Un tributo mi schiattò,
era in vita da troppe ore
e di funghi avvelenati mangiò le spore.
La fine degli Hunger Games decretò,
Ambarabà ciccì coccò."
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Caesar Flickerman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Distretto 5
 

Mide

 Quando il palco fu di nuovo libero e Caesar ebbe annunciato l'ennesimo tributo, finalmente Mide potè uscire dalle quinte per sorridere al conduttore. Non che fosse particolarmente ansiosa di farsi intervistare, ma voleva togliersi il pensiero e l'ansia dal volto, e quale modo migliore di farlo con un sorriso? Sarebbe piaciuto a Capitol City, al suo distretto e, be', anche a lei stessa.
Per questo, quando la ragazza avanzò verso le poltrone, Caesar capì per la prima volta cosa intendeva il suo chirurgo plastico dicendo che il sorriso è l'accessorio migliore di una persona.
La ragazza, avvolta in una lucida stoffa color del cielo fece una piroetta mentre attraversava il palco, ridacchiando in modo radioso per l'applauso del pubblico.
Quando finalmente raggiunse il conduttore si strinsero la mano e si sedettero sulle poltrone. Mide incrociò le gambe come la sua accompagnatrice le aveva insegnato a fare e si scostò dal viso una ciocca di capelli mossi e castani della lunga capigliatura sciolta, che il suo stilista aveva modellato con mani esperte per incorniciare il suo sorriso stupendo. Stesso sorriso che venne esibito ancora una volta davanti alla telecamera che aveva seguito la sua breve sfilata lungo il palcoscenico.
-Be', abbiamo avuto molti tributi attraenti questa sera, ma tu sei raggiante, mia cara!- Esclamò Caesar, complimentandosi.
-Oh, è tutto merito dei preparatori.- Ridacchiò Mide accompagnando le parole con un gesto della mano. -Non sarei mai stata così carina senza le loro mani magiche.-
-Ed invece sono certo del contrario e credo che anche i nostri amici la pensino come me.- Replicò il conduttore, mentre uno scroscio di applausi d'assenso percosse la folla.
Mide rivolse loro un altro sorriso, che accrebbe l'applauso.
Per un fugace attimo immaginò il viso di suo fratello Apollo che scuoteva il capo, costernato; non era mai riuscito a capire come la sorella facesse ad essere così solare e spensierata. Quel pensiero la riscaldò un po', preparandola ad affrontare l'intervista appena iniziata.
-Ma bando alle ciance,- Disse Caesar, riportando l'attenzione alle domane con un sorriso, pregustando già l'eccitazione che il pubblico avrebbe provato nel sentire l'argomento che stavano per affrontare e che, da quando i tributi erano stati sorteggiati, aveva colpito tutta Panem. -passiamo alle domande serie, Artemide cara.-
-Preferisco Mide.- Lo corresse la ragazza.
-Bene, Mide, come ben sai dopo la tua partenza è stata rilasciata un'intervista al tuo mentore, sotto sua richiesta, e, be', ce ne puoi parlare?-
Per un attimo il sorriso della ragazza vacillò al pensiero di quelle dichiarazioni. Il pubblico conosceva già tutta la storia, ma era ovvio che voleva sentire la notizia da parte sua, che era la diretta interessata. La cosa non le piaceva un granchè, così decise di sfruttare le buone reazioni che aveva precedentemente scatenato sorridendo per scuotere la testa.
-A dire il vero non credo di poterlo fare, per me è stato un duro colpo.-
Caesar annuì comprensivo:- Lo immagino, lo immagino, ma perchè non sfrutti quest'occasione per dire come ti senti? Sono sicuro che ti aiuterà.-
Mide sospirò e, dopo qualche attimo, annuì, pensando che, forse, parlare l'avrebbe aiutata se non a riprendersi almeno con gli sponsor.
-Quando è giunto il tempo dei saluti non credevo che parlasse sul serio, il mio mentore, intendo. Insomma, aveva ignorato me e mio fratello per ben diciassette anni e poi, nel momento in cui ci sentivamo più spaventati, è apparso, dicendoci che ci voleva bene e che ci avrebbe riconosciuti come suoi figli, finalmente. Io però non gli ho creduto.-
La ragazza si morse il labbro costringendosi a non piangere per non rovinare lo stupendo lavoro che i suoi preparatori avevano fatto.
Caesar le mise una mano sulla spalla, in modo confortante. -Ma alla fine vi ha riconosciuto per davvero con quell'intervista.- Le disse dolcemente.
Mide annuì. -Sì, lo so, ma è ancora tutto così strano.-
-Ti capisco, mia cara, ti capisco.-
La ragazza tentò un piccolo sorriso che sciolse il cuore degli spettatori e che si esibirono in parecchi sospiri per quella povera ragazza, figlia di una puttana del distretto e di un vincitore pomposo, che, restio a riconoscere lei e il fratello, aveva spedito i bambini in un istituto dove erano stati più i giorni che passavano dal riprendersi dai lividi inflittogli che quelli a vivere come bambini spensierati come conveniva loro.
Caesar lasciò che il pubblico e la ragazza si riprendessero, prima di continuare con le sue domande.
-Perchè non parliamo di qualcosa di più leggero? Tuo fratello, per esempio, sappiamo che gli sei molto legata.-
Mide si riaggiustò i capelli e tornò a sorridere, facendo sospirare di nuovo il pubblico, intristito per la sua storia.
-Sì, gli voglio molto bene. È sempre stato il mio unico amico ed è molto strano considerando che il suo carattere è l'opposto del mio.-
-Cosa intendi?-
-Be', Apollo è molto... chiuso rispetto alle altre persone. È scorbutico e antipatico, un po' attaccabrighe, anche, ma mai con me.-
Caesar annuì. -E come ha preso la tua estrazione alla mietitura? Era felice o...?-
Mide sospirò al ricordo:- Era arrabbiato, molto arrabbiato. I pacificatori non volevano nemmeno permettergli di venirmi a salutare; credo che abbia fatto un po' di... danni, al Palazzo di Giustizia.- Rispose, ridacchiando, o malgrado, alla buffa scena di suo fratello che lanciava oggetti contro chiunque osasse avvicinarglisi e che, al momento di separarsi da lei dopo i saluti, aveva spinto un pacificatore invasivo contro una mensola piena di vasi, che gli si erano rovesciati addosso.
-Be', sembra davvero la tua antitesi.- Commentò Caesar. -Mi viene da pensare che vi completiate a vicenda.-
La ragazza sorrise:- È esattamente così.-
Caesar annuì, poi si portò una mano sotto il mento e inclinò leggermente la testa, assumendo un aria pensierosa. -Come credi che reagirebbe se fosse al tuo posto, nell'arena.-
-Molto male.- Rispose semplicemente Mide, intristita. Non voleva nemmeno immaginare suo fratello nelle stesse condizioni in cui si era ritrovata lei, ma per fortuna Caesar aveva pronta una domanda, per distrarla:
-E tu? Come reagirai all'arena?-
Mide ci pensò per un po'; aveva pensato spesso a cosa fare a giochi iniziati, ma per qualce motivo ognuna delle ipotesi che aveva avanzato le sembrarono sbagliate, così decise di dire la pura verità:
-Non lo so. Credo che cercherò qualche alleato valido e poi... be', chi vivrà vedrà.- Fece una pausa per aprirsi in un sorriso dalle sfumature ironiche. -E sinceramente io spero di vivere.-
Caesar rise, subito imitato dal pubblico.
-Sono certo che ce la farai, che vincerai e che tornerai a casa felice.-
Mide annuì: -Ci proverò con tutta me stessa.-
-E noi faremo il tifo per te.- Aggiunse Caesar, prima di alzarsi in piedi e lasciare che Mide concludesse l'intervista esibendo ancora una volta quel sorriso che l'aveva sempre accompagnata come un amico fedele, malgrado la tristezza della sua vita.

 Jared

 Quando anche l'ultimo scintillio della stoffa azzurra del vestito di Mide si fu dileguato oltre le quinte, quello dorato della giacca di Jared lo rimpiazzò, scatenando un sacco di Ooh e di Aaah di circostanza da parte del pubblico.
Quel capo di vestiario che, ad un occhio esperto sarebbe risultato pacchiano, per gli spettatori, che adoravano il genere, risultò spettacolare e quando Jared si avvicinò a Caesar per stringergli la mano già sulla fronte sembrava che gli fosse stato applicato il marchio di indimenticabile.
Quando entrambi si sedettero Caesar attese qualche secondo prima di fare domande, per lasciare che il pubblico potesse apprezzare l'abilità dello stilista del ragazzo.
-Be',- Commentò infine, quando i mormorii si furono estinti. -direi che quando finiamo qui ti chiederò il biglietto da visita del tuo stilista.-
Jared si limitò ad alzare le spalle come se la cosa gli importasse poco, nascondendo con vera maestria tutta l'irritazione che provava in quel momento. Aveva odiato il suo stilista, così grosso, stupido e pacchiano, dal primo momento in cui aveva proteso i suoi artigli su di lui.
E quella giacca, così come il costume con le pale eoliche sul dorso che gli era stato fatto indossare per la sfilata, era l'esatto opposto di come Jared avrebbe voluto apparire.
Non era un tipo vezzoso, per niente, e nemmeno appariva in tal modo con quei suoi occhi neri sempre vuoti, che non lasciavano trasparire nemmeno una delle emozioni forti di rabbia, ansia e nervosismo che si ritrovava a provare, e di conseguenza a trattenere, troppo spesso.
-Non sembra che ti piaccia molto.- Notò Caesar, inclinando la testa e chiedendosi come un simile capo potesse non colpire, perchè quel ragazzo sembrava davvero indifferente, e non solo alla giacca, ma anche all'intervista, al pubblico e a tutto il resto.
Jared arricciò il naso e il conduttore non seppe se intrpretare quella smorfia come un assenso al commento precedentemente fatto o come l'ennesimo gesto menefreghista.
Si ritrovò a pensare che, probabilmente, lo stilista di Jared si era rivelato molto intelligente confezionando quella giacca così appariscente che, almeno inizialmente, distoglieva l'attenzione dall'aura grigia che attorniava il ragazzo.
Caesar, cui quel tipo di tributi erano sempre risultati molto scomodi, decise di passare subito a parlare di strategia che, solitamente, riusciva a strappare qualche parola persino alla figura più tenacemente silenziosa.
-Non sei molto loquace, da quel che ho il piacere di notare, ma i nostri spettatori sono ansiosi di sapere qualcosa su di te, e su come agirai nell'arena.- Disse, sorridendo.
Jared venne invaso da un nuovo moto di disgusto alla vista delle labbra di quel rosa così acceso e innaturale, incurvate in modo lugubre, così gli ci volle tutta la sua forza di volontà che possedeva per non incrinare la propia maschera di indifferenza.
Dopo qualche secondo in cui riuscì a distogliere lo sgaurdo dal viso di Caesar e a riprendersi, fece un sospiro che suonò molto scocciato e disse, semplicemente:- Ucciderò.-
Caesar lo guardò di rimando, come se aspettasse che aggiungesse altro, ma quando fu chiaro che così non arebbe stato scoppiò in una risata squillante, cercando di far passare l'unica parola pronunciata dal tributo come qualcosa di divertente. Il pubblico lo imitò incerto, ma smise subito notando che l'espressione di Jared non si era nemmeno lasciata andare al più timido accenno di simpatia.
-Stai pensando a degli alleati?- Tentò Caesar, cercando di recuperare la situazione.
Jared alzò le spalle di nuovo, ma alla fine decise di rispondere a quella domanda.
-Poi dovrei ucciderli. Quindi non avrebbe senso.-
Di nuovo Caesar fece passare la risposta per una battuta, ma il pubblico non lo imitò e il presentatore sembrò risultare ben poco sano di mente. Quando se ne accorse, persino sotto lo spesso strato si trucco bianco che aveva sul viso si intravide il rossore delle guance.
-Ehm, molto bene.- Disse quindi in evidente difficoltà, grattandosi la capigliatura accesa. -È evidente che non vuoi rivelare nulla sulla tua strategia, perchè non ci parli del tuo distretto, allora?-
Jared fece roteare gli occhi, lasciando trasparire l'esasperazione che quelle domande gli provocavano; non voleva parlare, perchè Caesar doveva insistere tanto perchè lo facesse? Non era meglio farla finita subito?
-Produciamo energia.- Rispose, con un lungo sospiro.
-E ti manca il tuo distretto?- Incalzò Caesar, lieto di vedere che, anche se in minima parte, Jared cominciava a collaborare.
Subito, però, venne smentito da un'altra alzata di spalle.
-E i tuoi famigliari? Loro ti mancheranno di certo.-
In tutta risposta gli giunse lo stesso, medesimo, gesto.
L'uomo per un attimo pensò di prendere quel tributo antipatico per le braccia e scuoterlo come una bambola di pezza, per sfogare la frustrazione che quell'intervista gli stava suscitando.
Tuttavia, nella sua lunga carriera di presentatore, Caesar aveva imparato a controllarsi, così si ricompose brevemente in un sorriso e guardò di sfuggita i tecnici che gli facevano cenno di resistere ancora per poco prima che il tempo a disposizione di Jared finisse.
Il resto dei minuti a loro disposizione passò con i tentativi del conduttore di far parlare il tributo, che riuscirono ad avere successo solo quando, finalmente, Caesar si alzò in piedi e porse la mano al ragazzo affinchè la stringesse.
-Be', allora buona fortuna.- Gli disse, augurandosi tuttavia di non doverlo affrontare sul palco dopo un'eventuale vittoria.
Jared fece l'ennesima smorfia indifferente, e senza preoccuparsi di stringergli la mano, mosse qualche passo per uscire dal palco, ma prima di farlo si fermò, si tolse la giacca dorata e la lanciò a Caesar che la prese al volo.
-Visto che ti piaceva tanto.- Disse il ragazzo a mo' di spiegazione in tono sprezzante, prima di voltare i tacchi.
Mentre spariva tra le quinte si maledisse mentalmente per aver ceduto alla rabbia, si morse il labbro e si concesse un pugno al muro di cemento dietro al palco che in pochi notarono, o fecero finta di non notare per non incappare nella sua ira che, pochi secondi dopo, tornò ad essere faticosamente trattenuta.

 

Angolo di Ted:
Voglio una giacca dorata.
-Teddy

  
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