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Autore: DarkStorm    17/09/2007    2 recensioni
Come presentare questa ff? non lo so nemmeno io... innocenti giochi di guerra si consumano in un bosco per conquistare la coppa di miglior compagnia militare, a suon di pallottole di vernice e strategie senza senso nate dalla mente di una ragazza un po' isterica. (e quando dico che le strategie non hanno senso, non lo hanno proprio...)
Genere: Commedia, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WAR GAMES

-Eco a base, Eco a base! Rispondete, passo!-.

Una voce gracchiò in risposta nell'auricolare del ragazzo.

-Base in ascolto, Eco. Che novità? Passo...-

-Pessime notizie base...- disse il ragazzo -Siamo circondati, senza via d'uscita. Siamo in minoranza numerica... hanno catturato Driade e Marte... e abbiamo munizioni insufficienti...- fece una pausa -Dobbiamo arrenderci al nemico... passo...-

-Cosa? Mat... cioè... Eco! Ma stai scherzando? Non potete farlo!-

-Vi ho esposto la nostra situazione molto chiaramente, base. Non c'è altro modo. Dobbiamo consegnarci a loro. Se potete mandate Marx a prenderci... Eco chiude. Ci dispiace, ragazzi.-.

Alla base i compagni e le compagne della squadra di Eco si guardarono sconfortati: i primi due giorni di battaglia li aveva visti prevalere, all'inizio, ma al terzo giorno, alcuni errori grossolani da parte loro e delle contorte ma efficacissime manovre offensive partorite dalle menti criminali dei loro nemici avevano capovolto velocemente la situazione.

Quella di Eco era la seconda squadra a venire catturata nel giro di poche ore!

Per fortuna la loro ultima squadra, la loro migliore squadra, era ancora a piede libero e scorrazzava liberamente per i boschi, impegnando i nemici in lotte all'ultima pallottola.

Lo squadrone rosso, formato da Hegel, Molotov, Garibaldi, il Gatto e Mirage, unica ragazza del gruppo, e comandato da Marx, sparava a vista su qualunque cose sembrasse loro sospetto.

-Base a Marx! Base a Marx! Rispondi!-

-Qui Marx, base. Ricevo forte e chiaro, non c'è bisogno di urlare... passo.- rispose il comandante.

-La squadra di Eco è stata costretta alla resa, passo.-

-Cosa?- Marx si bloccò, forse per impedire a sé stesso far partire una raffica di insulti indecenti diretti contro tutte le divinità mai esistite -Maledizione! E noi non abbiamo ancora trovato la base nemica... accidenti!-

-Niente panico, Marx... anche loro non ci hanno trovati, finora.-

-Comunque tenete gli occhi aperti, base.. anzi, meglio spalancati... noi cominciamo a muoverci, ci è rimasto un solo settore da controllare. Vi faremo avere notizie. Le Aquile vanno a caccia, fateci gli auguri, ragazzi... chiudo.-.

Marx fece un paio di fischi bassi e modulati, per chiamare gli altri. I ragazzi si spostarono in silenzio, fermandosi alla fine in una zona strategica, dove avrebbero potuto, in tutta tranquillità, fare il punto della situazione e decidere cosa fare.

-Ho una brutta notizia.- esordì Marx, passandosi una mano tra i suoi ricci capelli neri -La squadra di Eco è stata catturata. Siamo restati solo noi...- un coro smorzato di proteste si levò, immediatamente messo a tacere -Hegel, come stiamo a munizioni?-

-Abbastanza per impallinare tutti quei bastardi uno per uno fino a fargli fumare il culo, comandante!- rispose con un ghigno il ragazzo altissimo e biondo.

-Ok, allora... il piano è semplice. Troviamo quei gran figli di papà, ci divertiamo a fare una gara di cecchinaggio selvaggio, liberiamo i nostri e ce ne torniamo a casa da vincitori. Non siamo arrivati in finale per farci battere così miseramente...-.

-Mi piace il tuo piano!- ridacchiò Garibaldi.

-Mirage...-

-Sissignore.- rispose prontamente la ragazza.

-Vorrei che tu tornassi alla base.-

-Come?- chiese con espressione stralunata.

-Ci saresti d'intralcio, lo sai. Abbiamo bisogno di muoverci veloci e in silenzio...-

-Oh... hai ragione, nel modo più assoluto...- disse abbassando gli occhi grigi al suolo.

-Ti nomino responsabile della sicurezza della base.- disse Marx, per farle capire che comunque la riteneva una buona combattente.

Mirage gli rivolse un tenue sorriso e fece un lieve cenno d'assenso col capo.

In verità sapeva di combinare più pasticci, che altro: per poco una volta non aveva caricato la squadra di Libero, che al momento stava anche lui ai ferri nel campo nemico.

E come poteva dar torto a Marx, quando era perfettamente consapevole che non solo lei era l'incarnazione dell'antitesi del silenzio in persona, ma finiva anche per sparare a vuoto, consumando munizioni e rischiando in entrambi i casi di far scoprire la squadra.

Mirage era finita in quella squadra per puro caso. Si era unita all'esercito di Napoleone solo due giorni prima dell'inizio delle ostilità e, dato che la squadra di Marx era rimasta a corto di un combattente, era stata integrata nello squadrone rosso. Il comandate Marx avrebbe preferito mille volte arruolare Annibale, perché conosceva il suo valore e le sue capacità, mentre di Mirage non sapeva proprio nulla, ma Napoleone era stato irremovibile. Per lo meno sopportava bene la fatica ed era volenterosa... ma una tale sbadata e combinaguai, non l'aveva mai incontrata! Ma perché Danton si era ammalato? Perché? Perché?!?

Marx lasciò che Mirage tenesse con sé una pistola e una mitraglietta leggera, più due caricatori per arma, poi si divisero.

Il Gatto, un bel ragazzo smilzo, con i capelli e gli occhi scuri, si spinse gli occhiali sul naso, mentre osservava la disordinata chioma castana della compagna che scompariva tra gli alberi.

-Avremo fatto bene?- chiese rivolto a Marx -E se la catturano?-

-Salveremo anche lei...- rispose sospirando l'altro.

-Ci rimane solo un settore da perlustrare. Se negli altri non abbiamo trovato niente, vorrà dire che la base dei nemici sarà là per forza.- disse Garibaldi -Siamo in cinque, nella disposizione a ventaglio uno di noi dovrà rimanere solo...-

-Starò io da solo.- si offrì il Gatto.

-Bene, allora Marx e io e Hegel e Molotov formeremo le altre due squadre.- mostrò agli altri una cartina -Possiamo attestarci in questo punto col 'nido'.- propose indicando un punto -Sono le... 15.07 ora. Ci troveremo al nido alle 20.00 per fare rapporto. Limitate i contatti radio. E se qualcuno viene catturato, acqua in bocca, mi raccomando...-

-Nessuno verrà catturato.- disse Marx -Siamo i migliori, non scordartelo.-

-In marcia!- esclamò Molotov entusiasta.


Il sottobosco era già coperto da uno spesso strato di foglie cadute dagli alberi, che rendeva difficile, se non impossibile, essere silenziosi. Per fortuna lo squadrone rosso si era addestrato molto bene, su quel genere di terreno, e riusciva a provocare il minor rumore possibile. Le due coppie procedevano ai lati del Gatto, che stava poco avanti a loro. I ragazzi erano ben distanziati, ma in modo da mantenere un minimo contatto visivo tra loro e sempre a portata d'orecchio.

Alla fine i tre gruppetti si separarono definitivamente, per esplorare le zone che si erano divisi.

Era una bella giornata, per essere pieno autunno. Il cielo era terso, solcato ogni tanto da qualche nuvoletta candida. C'era perfino caldo.

Marx e Garibaldi piegarono verso il corso d'acqua a sud est, che sarebbe potuto essere un buon posto per installarvi la base. Setacciarono accuratamente le rive, cercando ogni traccia possibile, e anche la parte di bosco antistante al torrente, ma non trovarono nulla.

Hegel e Molotov, invece, si diressero verso sud ovest, una parte di bosco occupata per buona parte da vecchi castagni, che già lasciavano cadere i loro grossi ricci.

-Potremmo raccoglierne un po'...- disse scherzosamente Hegel.

-Non mangio castagne arrostite da non so quanto... mi piacerebbe.- rispose Molotov chinandosi a raccogliere da terra un riccio e aprendolo.

-Quando sarà finita, verremo qui e raccoglieremo tutto quello che riusciremo a prendere e ci faremo una scorpacciata di castagne arrosto fino a scoppiare!-

-Ci sto!- disse dandogli il cinque.

Continuarono la perlustrazione, passando di albero in albero e coprendosi le spalle a vicenda. Non trovarono assolutamente nulla.

Il Gatto puntò deciso a sud, percorrendo tutta la sua zona con quel silenzio che gli era valso il suo nome di battaglia. Lui lavorava meglio da solo.

Controllò veloce tutto il territorio, palmo a palmo. La sua zona era un po' più stretta di quella degli altri, ma molto più lunga. Finiva su un muro a secco diroccato, su cui si fermò a sostare per un quarto d'ora. Il fatto di non aver trovato nulla lo aveva irritato e messo all'erta.

Non aveva trovato neppure uno sputo che potesse indicargli che i nemici fossero anche solo passati di là... eppure per lui quello era un buon posto per organizzare una base. Agguantò il suo pacchetto di sigarette e ne presa una. La fumò con calma. Aveva ancora tempo per tornare al 'nido'.


Mirage sobbalzò, quando si accorse di aver sbagliato completamente strada e di essersi trovata esattamente al punto di partenza.

-No... ditemi che non è vero...- mugugnò -Ma perché?-.

Dispiegò la mappa con rabbia e cercò febbrilmente la bussola.

-Lo sapevo! Lo sapevo che dovevo andare dritta e non voltare a destra! Io e la mia insulsa pretesa di trovare un scorciatoia!-.

Tirò un calcio a un sasso, sconfortata.

Sulla strada del ritorno, pensando di accorciare la strada, si era diretta verso nord est, per poi concludere che la sua idea era stata peggio che pessima: prima aveva dovuto combattere contro una macchia di rovi che pareva infinita, poi si era trovata davanti a una parete rocciosa che le aveva sbarrato la strada. Aveva provato a scalarla, non era molto alta, ma era caduta da tre metri d'altezza e, pur non essendosi fatta troppo male, aveva deciso che era meglio lasciar perdere il free climbing e buttarsi sul trekking.

Per lo meno non si era persa completamente...

Il sole era già sceso oltre gli alberi ed era pericoloso muoversi al buio. Eppure doveva tornare alla base, ma come?

Mirage sospirò. Doveva prima di tutto calmarsi e ritrovare la concentrazione, poi avrebbe potuto decidere come meglio muoversi. Si sedette su un masso e prese fuori la sua arma segreta: una tavoletta di cioccolato alle spezie. Ne staccò due rettangolini e se li ficcò in bocca. Bevve un po' d'acqua, guardandosi intorno, poi si concentrò sulla cartina.

Calcolò che ci sarebbero volute almeno cinque ore, camminando di passo svelto e senza fermarsi mai. Ma lei girava dall'alba e oramai il buio era quasi completo. Non si attentava ad accendere la torcia, per paura che i nemici potessero scoprirla. Quella notte la luna sarebbe stata piena e le avrebbe permesso di muoversi abbastanza agevolmente anche senza la torcia. Si risolse ad attendere la notte, riposandosi in attesa di riprendere la marcia.


I primi a tornare al 'nido' furono Hegel e Molotov. Erano in anticipo e così si appostarono poco lontano e si acquattarono in attesa che arrivasse qualcuno.

La luce della luna piena si faceva strada agevolmente, tra i rami spogli degli alberi, così che i ragazzi ci vedevano abbastanza da non dover usare le torce.

Dopo un po' che aspettavano, però cominciarono a preoccuparsi.

-Ormai Marx e Garibaldi dovrebbero essere qui...- disse Molotov.

-Effettivamente sono in ritardo.- replicò Hegel, mostrando il quadrante dell'orologio che si illuminò: segnava le 20.05.

-Pensi che siano solo in ritardo o...?- chiese ancora Molotov.

-Lo sai anche tu... Marx non è mai arrivato tardi al nido. Cioè... so che sono solo cinque minuti, però...- disse cupo il biondo, che accarezzò la sicura del mitra.

-Da quando combattiamo con lui non ha tardato nemmeno un minuto. È sospetto...- finì Molotov.

-Già.-.

Sapevano che il Gatto di solito ci metteva più degli altri a tornare, perché scortecciava perfino gli alberi, per controllare che non ci fosse nessuno dietro.

Ma Marx... in tutti gli anni della sua carriera non aveva mai sgarrato di un secondo.

-Io provo a chiamarlo.- decretò il biondo.

Molotov annuì.

Hegel armeggiò un momento con l'auricolare e cominciò a dire -Hegel a Marx. Hegel a Marx... rispondi, passo...- quando lo schiocco di un rametto spezzato lo fece voltare verso il folto cespuglio che lo nascondeva sul lato destro. I suoi occhi si fissarono sulla canna circolare di un fucile, a meno di due centimetri dalla visiera del suo casco.

-Oh cazzo...- sbottò.

Molotov fece per scattare in piedi, ma qualcuno lo atterrò e lo immobilizzò, faccia a terra.

-Buonasera, bellezza.- rise una voce al suo orecchio.

-Hai visto quanti topi pulciosi girano per il bosco?- disse a voce più alta quello nascosto dietro il cespuglio, alzandosi.

-Per fortuna che ci siamo noi a fare la disinfestazione... ma ce ne mancano ancora due!-

-Il capo non sarà molto contento, ma siamo a buon punto, non credi?-

-Ehi, biondino!- sbraitò l'altro -Dimmi un po'... dove sono gli ultimi due?-.

Hegel fece finta di non sentire.

-Oddio! Quanto li odio quando fanno i difficili...- sbuffò scocciato -Avverti gli altri di venire fuori...-.

Con un fischio acuto, il resto della compagnia, che poi si rivelò l'unione di due squadre, fece capolino portandosi dietro due prigionieri legati, imbavagliati e per nulla collaborativi.

Hegel e Molotov ebbero un tuffo al cuore: erano Marx e Garibaldi!

Per un istante avevano follemente sperato entrambi che avessero catturato il Gatto e Mirage, e che il loro comandante fosse ancora libero.

-Siamo spacciati...- commentò con uno sbuffo Molotov.

-Ehilà!- esclamò giulivo Hegel sorridendo e agitando una mano in direzione dei due compagni catturati.

Uno dei nemici si guardò col suo vicino e questo si picchiò l'indice su una tempia.

-Perdere una guerra non è molto salutare per la psiche...- disse.

I nemici disarmarono i due ragazzi e li legarono e imbavagliarono, poi si misero in marcia, senza più preoccuparsi di essere silenziosi.


Mirage si era beatamente assopita da un bel po' e nulla sembrava potesse svegliarla.

Nulla tranne...

-MIRAGE! MIRAGE!-.

La ragazza si alzò di scatto, impaurita.

Chi era che tentava di farle fuori un timpano? Ah, sì! L'auricolare...

-Mirage in ascolto...- disse sbadigliando.

-Mirage, sono il Gatto! Abbiamo un enorme problema!- disse agitatissimo il suo compagno.

La ragazza scosse la testa, cercando di schiarirsi la mente.

-Che tipo di problema?- bofonchiò lei di rimando.

-Hanno catturato la squadra!-

-Eh? Ma se tu stai parlando con me!-

-Mirage! Ti dico che hanno preso la...- si fermò un momento -Mirage... ma stavi dormendo?-

-Sì... e tu mi hai svegliata...- rispose irritata la ragazza che, chiaramente, non aveva ancora compreso in pieno le parole del Gatto.

-Ma sei alla base?- chiese.

-Ehm... no!- rispose lei ridacchiando -È una lunga storia, sai? Mi sono persa e mi sono ritrovata al punto esatto in cui ci siamo separati! Non è divertente?-.

Il Gatto non replicò subito.

Dovette fermarsi un momento a ragionare e a fare due calcoli: Mirage non era alla base, ma al punto in cui si erano divisi.

Lui stava seguendo i nemici che avevano catturato la sua squadra, che si stavano innegabilmente dirigendo verso il punto in cui si trovava Mirage.

Sommando i due eventi arrivò alla seguente conclusione:

-Mirage spostati! Te li ritroverai addosso tra meno di cinque minuti!-

-Cosa?-

-MIRAGE SVEGLIA!! Stanno venendo dalla tua parte!-.

Mirage finalmente comprese e, balzata in piedi, si precipitò a nascondersi.

-Quanti... quanti sono?- chiese tremante.

-Dodici. Hanno unito due squadre. Io gli sono dietro. Sta giù e non farti vedere. Lasciali passare e aspetta... diciamo dieci minuti. Poi comincia ad avanzare dietro di loro, con cautela. Dovremmo riuscire a vederci, a quel punto... chiudo.-.

Mirage sentì un rivolo freddo di sudore scenderle giù per la schiena.

Strinse a sé la mitraglietta e si preparò al peggio.

Poco dopo sentì distintamente le risa soffocate di parecchie persone.

Cercò di farsi ancora più piccola e si schiacciò a terra.

Le voci si avvicinarono pericolosamente e lei smise di respirare.

Le sentì cominciare ad allontanarsi ma, proprio in quel momento, si sentì un distinto 'bip bip bip' provenire dal suo orologio.

-Oh nononononono...la sveglia no!- piagnucolò a denti stretti, cercando di spegnerla.

Troppo tardi.

-Ehi... avete sentito?- fece una voce.

-Cosa?-

-Non vi è sembrato di sentire qualcosa suonare? Tipo una sveglia?-.

Un coro di 'no', ma con qualche 'sì' di mezzo, si levò dall'unità.

Un nuovo 'bip bip bip' risuonò, stavolta più vicino a loro.

Mirage per poco non si lasciò sfuggire un grido, poi si accorse che non era stato il suo orologio a suonare.

-Ehi! È stato l'orologio del ricciolino, qui, a fare casino.-

-Ma io ne avevo sentito uno più distante...-

-Avrai sentito male!- tagliò corto una voce dura.

Mirage la riconobbe e sentì una stretta alla bocca dello stomaco.

-Forza, non perdiamo tempo. Domani attaccheremo la loro base e questa storia ridicola finirà, finalmente.-.

I nemici si rimisero in marcia.

Mirage rimase immobile, con gli occhi sbarrati. Si riscosse, ricordando le parole del Gatto.

Aspettò quanto le era stato ordinato e poi si mosse in silenzio.

Era difficile seguire i nemici al buio, nonostante la luce della luna. Temeva di rompere un rametto e di farsi scoprire e del Gatto non c'era traccia.

Per fortuna, il fatto che i nemici non badassero ad essere silenziosi copriva in modo soddisfacente i rumori provocati da Mirage, che ad ogni passo almeno tirava insulti strozzati a destra e a manca contro sassi, radici, foglie secche e quant'altro.

Ad un tratto i nemici si fermarono in una radura, un poco rialzata.

Mirage si avvicinò per vedere meglio.

Si sentì il verso di un gufo, forse disturbato dai ragazzi. Mirage non ci fece troppo caso, anche se aveva la sensazione che quel suono le fosse famigliare.

Stava osservando dove e come venivano assicurati i prigionieri, quando una mano le tappò la bocca. Lei cominciò a divincolarsi, la una voce amica le disse di calmarsi.

-Dio, Gatto! Vuoi farmi venire un infarto?- ringhiò la ragazza.

-Scusa... ma mi ci hai costretto! Perché non hai risposto al richiamo?- sussurrò lui di rimando.

L'espressione stranita della ragazza gli fece comprendere che non ricordava che il verso del gufo serviva a richiamare i compagni, nelle azioni notturne. Decise di lasciar perdere.

-Che facciamo?- chiese Mirage.

-Non lo so. Non ho abbastanza elementi per elaborare una buona strategia. Ma perché si sono fermati, ad un certo punto?-

-Il mio orologio... avevo messo la sveglia, perché volevo raggiungere la base durante la notte, ma è suonata al momento sbagliato. Marx deve avere capito che doveva esserci qualcuno, perché poi ha fatto suonare la sua e credo che mi abbia salvata.-

-Ok... hai sentito qualcosa dei loro discorsi?-

-Hanno detto che vogliono attaccare la nostra base domani!-

-Oh... questo non va bene... dobbiamo avvertire la base e dire di stare pronti a ricevere visite.-

-Ma scherzi? Ci andranno addosso con tutte e tre le loro squadre!- bisbigliò combattiva Mirage.

Il Gatto la guardò perplesso e poi le fece segno di venirgli dietro. La condusse in un punto riparato, lì avrebbero potuto parlare con più calma.

-Tu dici che lasceranno sguarnita la loro base?- chiese guardingo.

-Sì! Si sentono al sicuro! Hanno catturato praticamente tutte e tre le nostre unità, con l'eccezione di noi due. Dobbiamo far spostare la nostra base. Napoleone non ha scelto una buona postazione, questa volta. Non è ben difendibile come lo è di solito.-

-Ma tu che ne sai? È la prima battaglia che combatti al nostro fianco...-

-Bé...- Mirage cercò di trovare una risposta plausibile, sapeva che il Gatto non era stupido -Insomma... La fama di Napoleone nel scegliere il terreno più adatto al campo base è risaputa... e poi ragiona! Faranno così per forza! Non hanno nulla da temere da noi! Noi non abbiamo ancora trovato la loro base! Penseranno che non...-.

Nonostante fosse buio, non le era sfuggito il cambio di espressione del Gatto.

-Come mai dici che non abbiamo ancora trovato la loro base? Tu non sai se noi l'abbiamo trovata o no...-

-Ma scusa...- cercò di giustificarsi la ragazza -Se aveste trovato la base, mi avreste richiamata indietro... e poi... non ci sarebbe stato bisogno di trasferire i prigionieri, no?-.

Il ragionamento di Mirage parve convincere il Gatto, per il momento.

-Quindi tu proponi di far trasferire la base?-

-Sì...- mormorò -Pensavo... ti ricordi dove siamo passati il... primo giorno, poco prima di fermarci per la notte?-.

Il Gatto rimuginò un momento.

-Sì, credo che... ma ci vorrà tempo...-

-Più che altro...- disse Mirage, prendendo la cartina e una piccola pila -La vera fregatura è che è distante... per trasferire tutto ci vorranno minimo dodici ore, facendo almeno due giri, e non camminando, ma trottando...-

-Si potrebbe tentare... ehm... con una tappa intermedia?-.

La ragazza ci rimuginò velocemente.

-No. Bisogna trasferire tutto e bisogna farlo il più presto possibile.-

-Ma dobbiamo tenere d'occhio anche questi... potrebbero portarci alla loro base.-

-Lo so, ma se loro attaccassero la base e non trovassero niente... io credo che... tornerebbero indietro, per decidere una nuova strategia...-

-Ha un senso.- disse il Gatto.

-Aspetta aspetta... ho un'idea per velocizzare il trasloco... portiamo con noi solo l'indispensabile, il resto lo nascondiamo.-.

Il Gatto cominciava ad essere sconcertato: da quando Mirage era diventata stratega?

La sua compagna aveva messo via cartina e torcia e si era alzata in piedi.

-Dai, andiamo! Abbiamo poco tempo e dovremo correre, per avere abbastanza tempo. È quasi mezzanotte e ci metteremo sei, sette ore a tornare. Se ci impegniamo ce la possiamo fare in cinque.-

-Pronta per una corsetta al chiaro di luna?-

-Sissignore!- rispose con un sorrisetto la ragazza.


Mirage e il Gatto corsero a più non posso, senza quasi fermarsi. Il ragazzo sembrava davvero un gatto, perché sembrava vederci alla perfezione al buio, evitando ogni ostacolo, mentre Mirage ogni tanto si scordava di saltare le radici e cadeva a pesce per terra. Allora il suo compagno si fermava, la raccattava da terra e riprendeva la corsa.

-Scusa...- annaspò Mirage dopo l'ennesima caduta -Sono una vera palla al piede...-

-Non preoccuparti...- la rincuorò il Gatto.

Mirage tirò fuori dal taschino che stava sullo spallaccio dello zaino la sua cioccolata e ne offerse un pezzo al Gatto.

-Ecco! Vedi che non sei una palla al piede?- disse il ragazzo ridendo -Non puoi esserlo, se mi offri la tua cioccolata!-

-Ci vuole ben altro, per non esserlo...- replicò sorridendo.

Arrivarono finalmente in vista della loro base quando erano ormai le 5.30 del mattino e buttarono fuori dalle tende tutti quanti si erano concessi un riposino.

Napoleone li chiamò a rapporto e ascoltato il breve riassunto dell'accaduto, concordò su quanto Mirage proponeva.

Lasciarono al campo le tende e parecchi utensili da cucina, mentre fecero incetta di incerate, che usarono come sacchi per trasportare le apparecchiature di comunicazione e le armi e le munizioni. Poi presero le coperte e le provviste. Ciò che dovettero lasciare lì, ma che non volevano finisse nelle mani dei nemici, fu interrato in buche ben mimetizzate.

In poco più di mezzora fu tutto pronto per la partenza. Il Gatto si caricò lo zaino sulle spalle e cercò con gli occhi Mirage. La ragazza era appoggiata ad un albero, con espressione corrucciata e pensierosa.

-Mirage...- la chiamò avvicinandosi -Vieni?-.

Mirage scosse la testa.

-Io resto.-

-Cosa?-

-Dobbiamo sapere cosa succederà quando scopriranno che abbiamo abbandonato il campo e poi non possiamo lasciare tutto deserto. Serve qualcuno che movimenti il campo o potrebbero insospettirsi...-

-Oh...- fece il Gatto -Aspetta un momento.-.

Il ragazzo raggiunse Napoleone e gli disse che restava ad aiutare Mirage. Il generale annuì, lanciando uno sguardo veloce al loro ultimo acquisto... di cui non sapeva assolutamente nulla!

Si era presentata la sera di tre giorni prima dell'inizio dell'ultima battaglia dell'anno, per sapere se c'era posto per una ragazza nella sua sua compagnia. Caso voleva che uno dei suoi uomini si fosse ammalato esattamente il giorno stesso e così aveva colto l'occasione al volo. Non aveva tempo per controllare le credenziali della ragazza a fondo, così si era limitato a sottoporla a una verifica in poligono di tiro, per assicurarsi che sapesse come maneggiare le armi, e poi ne aveva sommariamente tastato le capacità fisiche in palestra. Mirage si era rivelata idonea e l'aveva integrata nella squadra di Marx, anche se questo non era stato troppo contento...

Il Gatto tornò da Mirage, dicendole che era con lei.

Lei si limitò ad annuire e gli disse di accendere il fuoco e di preparare una bella caraffa di caffè forte, poi lo lasciò.

Mirage passò un'ora a trafficare con qualcosa nei dintorni dell'entrata del campo. Aveva tagliato degli arbusti e li aveva posti in due posizioni strategiche ai lati del sentiero, e sparso per terra qualcosa di non meglio precisato sul lato nord del sentiero, poco davanti a una ripida salita, ma era troppo distante per capire cose fosse.

-Mirage! Il caffè è pronto!- la avvertì.

-Arrivo!- rispose lei di rimando.

-Mirage, che intenzioni hai?- chiese il ragazzo.

-Nulla di interessante...- disse evasiva -Il mio caffè?-.

Il Gatto le porse una tazza ricolma di liquido fumante, insieme al barattolo dello zucchero.

-Ti spiego quello che faremo, ok?-

-Ok... tieni. C'è rimasta della torta al cioccolato.-.

La ragazza prese la fetta di dolce che il Gatto le tendeva.

Prese fuori un piccolo taccuino e vi scarabocchiò qualcosa sopra.

-Noi siamo qui e questo è il sentiero. Probabilmente una squadra verrà per il sentiero, ma le altre due si metteranno ai lati. Così.- tracciò tre frecce con la punta che convergeva verso il campo. -Noi ci posizioneremo qui e qui.- e indicò due punti precisi, tra le frecce -Dove ho messo i cespugli, mi segui? Aspettiamo che siano passati, poi facciamo un po' di casino, gli spariamo addosso, ok? Poi tu, mentre io ti copro, mi raggiungi e raggiungiamo questo punto. Lì aspettiamo.-

-Come aspettiamo? E cosa, poi?-

-Che ci vengano vicini.- rispose con naturalezza la ragazza -Tu non preoccuparti. Fidati del mio piano e gli faremo fuori metà degli uomini. Dovranno tornare alla base per forza, perché gli farò sprecare tante di quelle munizioni che non gliene rimarranno neppure per spararsi un colpo in testa da soli per la vergogna.-.

Il Gatto non era per nulla convinto di quel piano. Osservò Mirage finire di mangiare e prendere un piccolo registratore.

-Bene, Gatto. È ora di fare un po' di sana conversazione...-

-Cosa?- disse il ragazzo confuso.

-Dobbiamo fare conversazione! Per esempio...- accese il registratore -Qual'è il tuo animale preferito?-.


Le tre unità al completo della compagnia di Giulio II si stavano avvicinando. Le tre squadre si muovevano in formazione a raggiera. Tre file che convergevano verso la base nemica.

Erano le due del pomeriggio e faceva decisamente troppo caldo, per essere il 29 ottobre. Quando furono abbastanza vicini, sentirono delle risate provenienti dalla tenda più grande. Sembrava che fossero tutti lì a chiacchierare del più e del meno, pure le sentinelle, che non si erano viste.

Incredibile! Avevano perso tre squadre ed erano lì a ridere e scherzare!

Ormai erano vicinissimi. Prepararono le armi e uscirono allo scoperto.

Risuonò il colpo di un fucile. Poi un altro e un altro ancora e presto l'aria si riempì di pallottole fischianti. Solo che non erano loro a sparare, ma qualcun altro!

Presi alla sprovvista e confusi ci misero troppo a riorganizzarsi e per quel ritardo due di loro furono freddati. Un terzo fu colpito, mentre cercava riparo dentro una tenda.

Cominciarono a sparare a casaccio contro invisibili nemici nascosti nella boscaglia, proprio da dove erano venuti. Uno dei comandanti, si trovò nella tenda da dove erano venute le voci e con sgomento si accorse che sul tavolo c'era solo un pc portatile, che aveva il volume al massimo e diffondeva discorsi senza senso, mentre lo screen saver faceva scorrere senza sosta la scritta a caratteri cubitali 'FREGATI!'.

-Che stronzi!- sibilò.

Staccò la spina del portatile e poi urlò con quanto fiato aveva:

-Basta! State sprecando munizioni, idioti! Smettetela!-.

Il fracasso cessò quasi subito.

Gli altri due comandanti riuscirono a raggiungere Granata e discussero animatamente su cosa era successo, perché era successo e come uscirne.

-Devono aver scoperto che intendevamo attaccare la loro base e devono essersi spostati.- ringhiò, come gli si confaceva, Ringhio.

-E allora chi è che ci spara?-

-Non lo so...-

-Devono aver lasciato indietro qualcuno.- disse Granata.

-Dobbiamo esser passati loro di fianco mentre venivamo qua e non ce ne siamo neppure accorti...-

-Dio, che palle... Santo, come ne usciamo?-.

Il Santo non aveva nulla in mente, ma in compenso la mente di Granata lavorava a pieno ritmo.

-Non possono tenere sott'occhio tutto il territorio. Possiamo provare ad aggirarli...-

-Si può provare, ma facciamo un tentativo, prima di farci ammazzare in modo stupido. Dobbiamo capire quanto sono bravi i nostri avversari e magari anche capire dove sono.-

-Chi mandiamo?-

-Ehm... Hook e Cecchino... no, Cecchino ci serve...-

-Kappa?-

-Sì... e Fire.-.

I tre prescelti si mossero, strisciando silenziosi sul terreno un po' saliscendi.

Il primo ad essere beccato fu Kappa, freddato perché aveva alzato il capo per vedere meglio il percorso da seguire.

-Uno è là, tra quei cespugli.- disse il Santo.

Hook fu il secondo. Non aveva fatto niente, ma era stato visto e ucciso, così anche il secondo cecchino nemico fu individuato.

Fire invece, arrivò piuttosto vicino a quello a sud, prima di essere impallinato.

Prima da quello a sud. Poi da quello a nord.

-E cazzo, ragazzi! Sono morto! Smettetela di spararmi!- protestò alzandosi.

Altre due pallottole lo raggiunsero e il ragazzo tornò a sdraiarsi, con quattro macchie di colore rosso acceso sulla mimetica.

-Sono due. Uno a sud e uno a nord del sentiero. Sono piuttosto bravi.- riassunse Ringhio.

Un improvviso movimento a sud attirò la loro attenzione e videro un ragazzo saltar fuori dai cespugli e correre come una furia verso nord, verso il suo compagno.

I soldati che stavano nel campo si misero allo scoperto, per cercare di farlo fuori, ma raffiche improvvise di mitra li raggiunsero, eliminando altri due di loro.


Il ragazzo ormai era al sicuro.

-Ottimo lavoro, Gatto.- disse Mirage stringendogli un braccio e sorridendogli.

-Sì, ma la prossima volta lo fai tu!-

-Ok...- rispose soffocando una risata -Ora dobbiamo correre, ma non andremo lontano, davvero. Pronto?-.

Il gatto annuì e al segnale della ragazza scattarono entrambi, tenendosi bassi.


-Stanno scappando!- gridò Chuck.

-Ma che diamine?...- Granata era allibito.

-Uomini! All'inseguimento! E sparate a vista!- ordinò Ringhio.

Quello che restava della compagnia di Giulio II cominciò a correre sparando colpi contro le due prede, che però non vennero mai colpite.


-Mirage! Dove dobbiamo andare?!- chiese il Gatto che aveva sentito troppe pallottole fargli il pelo.

-Ci siamo quasi! Sali!- rispose la ragazza, prendendolo per mano e conducendolo su per una ripida salitella, al di là della quale c'era una discesa altrettanto ripida. In cima Mirage si fermò e si mise in attesa, col fucile spianato.

Il Gatto riuscì ad abbattere un altro nemico, prima che i compagni di quest'ultimo si riparassero dietro alberi e cespugli.

La ragazza indietreggiò quanto bastava per evitare possibili pallottole nemiche e si girò verso il suo compagno, con un sorrisetto strano.

-Hai una paglia?- chiese con noncuranza Mirage.

-Come, scusa?- farfugliò il Gatto.

-Ti ho chiesto se hai una paglia...-

-Ma tu non fumi!-

-Ma che ti frega, scusa?- si spazientì lei -Chi ti dice che non abbia voglia di cominciare? Allora questa sigaretta ce l'hai o no? E non dirmi che non ce l'hai, perché so benissimo che fumi, caro il mio Micetto...-.

Il Gatto le diede quello che voleva.

Mirage avvicinò la sigaretta alla labbra, e il ragazzo gliela accese. Diede un solo tiro e poi tossì violentemente.

-Ecco...- disse Mirage con voce stozzata -Ora ho la dimostrazione pratica che fumare sigarette è una delle cose più stupide e autolesioniste che una persona possa fare...-.

Il Gatto sbuffò.

-Dalla a me, per lo meno non sarà sprecata...-

-E chi vuole sprecarla?- ribatté la giovane, allontanando la sigaretta dall'avida mano tesa del ragazzo.

Prese un capo di una sottile miccia che aveva di fianco a lei e si inginocchiò.

-Lo sai che una sigaretta accesa potrebbe tirarci fuori d'impiccio?- asserì con un ghigno vagamente folle.

Accese la miccia e corse ad accucciarsi sul fondo della discesa.

Il Gatto sulle prime non capì e la guardò confuso.

-Gatto! Vieni qui, muoviti!- si sbracciò lei.

Il ragazzo la raggiunse con agili balzi e appena le fu accanto, le chiese cosa stesse per succedere.

-Tieniti forte e sta' pronto!- rispose lei ridacchiando.

Bastarono pochi istanti perché il fuoco, partito da una singola miccia e attraversando una ragnatela studiata e micidiale, arrivasse a lambire i diversi capolinea, provocando un autentico pandemonio: attorno agli inseguitori, tra di essi, presero a esplodere colpi sparati da invisibili nemici.

Il Gatto e Mirage, approfittando della confusione, uccisero altri due nemici e poi si allontanarono di corsa, ma non troppo.

Appena si fermarono, Mirage scoppiò a ridere a crepapelle, tanto che le vennero le lacrime agli occhi.

-Hai visto le loro facce?- chiese -Dio! Non mi sono mai divertita tanto!-

-Ma che diavolo hai usato?- replicò il Gatto allibito.

-Miccette! Banalissime miccette! Ho fregato quei bastardi coi petardi più comuni che esistano!- si fermò per un altro eccesso di riso -E dire che dubitavo che avrebbe funzionato!-

-Mirage! Hai rischiato di dare fuoco al bosco!- disse con voce dura il Gatto.

-Cosa credi? Ha preso le mie precauzioni!- si impuntò la ragazza.

-È stato pericoloso comunque!-

-Senti un po', Gattino... ti ho appena salvato una delle tue preziosissime vite! Quindi non ti lamentare. Ci rimangono sette nemici, da far fuori. Proviamo a riavvicinarci a loro, con prudenza, per vedere cosa fanno.-.

Il ragazzo, ancora un po' contrariato e confuso dal comportamento della compagna, che da soggetto relativamente timido era passata ad essere una feroce e folle killer, la seguì in silenzio.

I due compagni si mossero cautamente, con circospezione e avvistarono il gruppo di nemici che si ritiravano dal campo di battaglia.

I morti avevano già levato le tende e formavano un gruppo a sé stante, tutti imbrattati di rosso, poco distante dagli altri.

Mirage socchiuse gli occhi. C'era qualcosa che non quadrava. Chiese al Gatto quanti nemici vedesse. Il ragazzo prese fuori un piccolo binocolo e guardò.

-Sono sei.- disse alla fine.

-Sei sicuro?- disse lei, strappandogli il binocolo e guardando a sua volta -Cazzo, hanno lasciato indietro qualcuno...-

-Cioè?-

-Abbiamo un cecchino sulle nostre tracce. Sta giù!- e lo strattonò a terra.

-Non puoi dire sul serio...-

-Ci manca una persona. Sono sicura di aver contato undici uccisi. Tre all'inizio, tre che ce li avevano mandati contro per stanarci, altri due mentre tu correvi da me e quello che hai ucciso tu prima che accendessi la miccia, poi gli ultimi due che abbiamo freddato dopo che le miccette sono esplose. Fanno undici scalpi per noi e zero per loro, per il momento... ci mancano sette persone da far fuori. Il loro cecchino deve essere sopravvissuto.-

-Come fai a dirlo?-

-Perché ce l'hanno sguinzagliato addosso.- fece cupa la ragazza -Era un'eventualità che mi era passata di mente. Avrei dovuto ucciderlo subito, ma anche se me ne fossi ricordata, lui non è certo uno stupido! È sempre stato al coperto...-

-Ci rallenterà tantissimo...- sbuffò contrariato il Gatto.

-Però...- mormorò Mirage -Senti, facciamo così. Tu vai dietro al gruppo e io resto qui e mi occupo del cecchino.-

-Ma... non rischio di farmi uccidere?-

-Se il cecchino ti vedrà andare via da solo, arriverà alla conclusione che qualcuno è rimasto qui. Se ti sparasse rischierebbe di rivelare la sua posizione, e io sono capace di correre abbastanza veloce da non lasciargli il tempo di trovare un buon nascondiglio in tempo utile...-

-Quindi credi che preferirà andare a cercare te, che sparare a me?-.

Mirage annuì, con espressione furba e sicura di sé.

Il Gatto sospirò e guardandola fissa negli occhi, tanto che lei arrossì un poco, disse:

-Finora i tuoi piani hanno funzionato. Voglio fidarmi anche stavolta, ma se il cecchino mi uccide, ti assicuro che torno qui e ti tiro un colpo alla testa, capito?-

-Va bene. Ci sto!- replicò lei, tendendogli la mano -E ora vai, o rischi di perderli...-.

Il Gatto si alzò guardingo e prese a camminare veloce, nella direzione in cui aveva visto allontanarsi i nemici. Ad ogni passo che faceva, gli sembrava che il piano di Mirage fosse talmente assurdo, che ormai si aspettava da un momento all'altro di sentire la schioppettata che l'avrebbe ucciso.

Schioppettata che non arrivò mai.

Finalmente intravvide i nemici in lontananza, e con tutta la sua abilità di inseguitore discreto e invisibile, li accompagnò fino al loro campo.


Da mezzora Mirage cercava di capire dove potesse essere nascosto Cecchino. Sapeva che a lui piacevano i luoghi un po' rialzati, orientati in modo da non avere la luce in faccia, che di conseguenza sarebbe stata negli occhi del nemico, quindi preferibilmente a sud.

Guardò l'orologio e stimò che il nemico era più spostato verso ovest così, dopo aver nascosto parte del suo equipaggiamento, cominciò a strisciare verso sud est. Al riparo di una piccola conca prese la cartina e cercò di trovare una zona che potesse essere adatta a Cecchino.

Vide che poco distante da dove lei si trovava presumibilmente, il terreno si alzava abbastanza per rappresentare un buon posto per il nemico.

Con calma cominciò ad avanzare, senza lasciare nulla al caso. Aggirò il rilievo, per trovarsi sull'altro lato.

Per la prima volta le sembrò di essere veramente silenziosa.

Mirage aguzzò la vista, in direzione di alcuni cespugli. Prese il suo binocolo e lo ispezionò con cura.

Un fugace baluginio attirò la sua attenzione un poco più avanti, verso un tappeto di foglie. Osservò con attenzione, finché non distinse chiaramente la parte terminale di un fucile di precisione.

-Eccoti...- sussurrò sorridendo.

Immaginò che doveva trovarsi sotto un telo, coperto a sua volta da foglie per nasconderlo.

Raggiunse un albero dal tronco largo e si tirò su. Montò in silenzio il suo fucile e caricò. Si sporse quel tanto che bastava per prendere la mira. Il colpo risuonò secco nell'aria, facendo fuggire un paio di corvi, che si alzarono in volo stridendo.

Il grido contrariato del bersaglio colpito fece sogghignare Mirage.

-Ehi! Brutto bastardo! Vieni fuori!- gridò il ragazzo tirandosi su in piedi.

Il telo gli restò addosso, rendendolo un moderno fantasma in tuta mimetica. Cecchino riuscì finalmente a liberarsi dall'incerata e si guardò attorno furente.

-Mi hai sentito? Fatti vedere! Mi hai colpito a una chiappa! Sai quanto fa male?- urlò ancora.

Mirage guardava Cecchino sbraitare sempre più. Alla fine uscì da dietro l'albero, col fucile in spalla. Si spinse indietro gli occhiali, mentre osservava il ragazzo smettere di inveire contro il suo assassino e sgranare gli occhi, dopo essersi accorto di lei.

-Se li spalanchi un altro po', rischi che ti cadano gli occhi, sai?- disse avvicinandosi.

-Dio, ma sei tu!- boccheggiò il ragazzo.

-No, sono la mia gemella cattiva... certo che sono io, Cecchino!-

-Ora capisco...-

-Bravo.-

-Come hai fatto a scoprirmi?-

-Eri nascosto bene, ma hai mosso il fucile e la punta ha riflesso la luce del sole. E poi sapevo dove trovarti...-

-Sky...-

-No. Non sono più Sky. Ora sono Mirage.-

-Oh, ok... Mirage... ma perché?-

-Perché? Sono diventata vendicativa...-

-Hai la mia comprensione, ma non la mia approvazione.-

-Della tua approvazione mi frega come di un moscerino spiaccicato sul parabrezza della mia macchina. Addio.- ribatté Mirage voltandosi e incamminandosi a riprendere le sue cose.

Si caricò in spalla lo zaino e decise di raggiungere la base, per rifornirsi di munizioni.

Cecchino l'aveva guardata per tutto il tempo. La ragazza all'ultimo si girò.

-Se osi dire una parola a Giulio, vengo a cercarti! È una promessa, non una minaccia!- gridò prima di scomparire.


Il Gatto aveva osservato con attenzione il campo. Campo che, miracolosamente, era apparso nel punto esatto che lui stesso aveva perlustrato di persona giusto due giorni prima. Il ragazzo era giunto alla conclusione che quella era una delle poche compagnie che usavano il campo base mobile: una faticaccia orrenda, che comportava il dover spostare tutte le apparecchiature da un posto all'altro quasi costantemente, ma che aveva il grande vantaggio di rendere quasi introvabile la base, facendo diventare matti i nemici.

I suoi compagni si stavano annoiando a morte, chiusi in una tenda bella grande, guardata a vista costantemente da un paio di guardie, che si davano il cambio ogni ora.

I sei sopravvissuti avevano fatto rapporto a un ragazzo biondo, che era esploso in improperi spaccatimpani e alquanto raccapriccianti.

I morti della giornata si stavano preparando a levare le tende.

Con un tuffo al cuore aveva visto il loro generale prendere dieci dei suoi compagni e farli fuori come se niente fosse, per semplice rappresaglia.

Al massacro erano sopravvissuti Molotov, Annibale, Diana, Libero, Marx e Strega.

Poi si era accorto che comunque i conti non tornavano e fece fuori pure Molotov.

I morti avversari, tutti molto indignati e arrabbiati, recuperarono le loro cose e se ne andarono borbottando animatamente. Un Molotov sconsolato cercava di pulirsi dalla vernice bianca all'altezza del cuore, che testimoniava la sua uccisione.

-Vuole uno scontro sette contro sette...- mormorò il Gatto scuotendo la testa -Sempre che Mirage sia sopravvissuta...- aggiunse.


Un nuovo giorno era finito. Un nuovo giorno in cui c'erano state le prime vittime di quella battaglia.

Le squadre di Napoleone erano state tutte catturate senza quasi bisogno di sparare. Catturavano alcuni componenti delle unità e lasciavano che i nemici restati scaricassero un po' le armi, poi li costringevano alla resa. Una strategia contorta ma efficace, che giocava soprattutto sulla psicologia, facendo credere che il nemico fosse in superiorità numerica e meglio equipaggiato, che fino a quel momento aveva funzionato.

Ce l'avevano quasi fatta, se non fosse stato per quell'attacco disastroso, in cui avevano perso più della metà dei soldati effettivi.

L'ideatrice delle loro strategie era scomparsa dopo una furibonda litigata col generale Giulio II, ma almeno i piani per l'ultima battaglia dell'anno erano già stati fatti, prima del fattaccio. Dopodiché Sky era scomparsa.

Sarebbe servita lei, ora, per trovare un modo per vincere quella guerra, nonostante Giulio dicesse che potevano farcela da soli.

Avrebbero dovuto ricominciare tutto da capo, cercare di nuovo la base dei nemici, trovare quei due che erano sfuggiti alla cattura, ma era rimasta praticamente una sola squadra di sette unità!


Al campo di Napoleone gioirono, vedendo Mirage ritornare incolume. La ragazza spiegò che il Gatto era andato dietro ai nemici, per scoprire dove avevano la loro base.

Si prese due ore per dormire e poi chiese un paio di tazze di caffè e un panino. Riempì la borraccia e attese che il Gatto si mettesse in contatto con la base.

Il ragazzo chiamò che erano le 21.23 e Mirage si era rimessa a dormire. La ragazza fu mandata a svegliare.

Mirage raccattò lo zaino, in cui infilò qualcosa da mangiare per il Gatto e si incamminò nel buio al punto d'incontro col compagno.

Era talmente stanca! Quelle poche ore di riposo non erano bastate a farla riprendere, e nemmeno le ulteriori tre tazze di caffè che aveva preteso, nonostante i suoi compagni le avessero detto che non era il massimo della salute.

Arrivò di corsetta leggera, trovando il Gatto su una rialzo del terreno, dietro delle pietre. Il ragazzo mangiò il panino e la fetta di torta che la ragazza gli aveva portato con avidità e gioì talmente alla vista del thermos del caffè bollente, che quasi saltò al collo della ragazza.

Si misero reciprocamente al corrente di cosa era successo dopo che si erano separati. Mirage, quando il ragazzo le disse di come il generale nemico aveva reagito alla notizia della sconfitta dei loro uomini, si irrigidì.

-Che stronzo!- sibilò con odio.

-I sopravvissuti li hanno spostati in una tenda più piccola, centrale rispetto alle altre, e hanno raddoppiato le guardie. Sono quattro.-

-Bisogna entrare, in qualche modo...-.

Stettero in silenzio per un po', cercando di escogitare un piano decente e non suicida per liberare i compagni.

-Mi consegno.- se ne uscì alla fine la ragazza.

-Che? Cosa?- chiese incredulo il ragazzo.

-Fidati. Ci è andata sempre bene, no?-.

-Non puoi continuare a contare solo sulla tua fortuna.-

-Non è fortuna! O almeno non solo quella! Io conto anche su una strategia!-.

Il Gatto scosse la testa.

-Dai! Sarà divertente!-

-Ma sei matta?-.

Mirage si tolse il fermaglio che le fermava i capelli. Gli mostrò il bordo: affilatissimo.

-Manette e catene sono vietate, ma non le corde. Se usano quelle, le posso sciogliere facilmente.-

-Sì, ma poi?-

-Poi ci serve un diversivo... mi servirebbe qualcosa che sparasse dalla parte del campo opposta a dove si trova la tenda dei prigionieri- continuò Mirage in pieno attacco creativo -Sai le armi che ho portato in più? Le nascondiamo nel bosco, poco lontano dalla tenda, così mentre sono distratti dalla mitragliatrice che spara, noi scappiamo verso le armi così riarmiamo i nostri compagni e poi scappiamo via!-

-Ehm... quindi io dovrei rischiare di nuovo di farmi impallinare?-

-No! Non necessariamente! Se riusciamo a bloccare il grilletto, l'arma può sparare da sola, senza che tu rischi nulla! Basta che la azioni e poi ti sposti!-

-Oddio... mi sembra talmente assurdo come piano!-

-Bé, al massimo ci rifaremo l'anno prossimo...- replicò Mirage facendo spallucce.


Le sentinelle sentirono qualcuno avvicinarsi. Era impossibile non sentirlo! Anche se sembrava che ce la stesse mettendo tutta per non fare rumore...

I due ragazzi arrivarono da dietro, atterrando il nemico, che cercò di divincolarsi furiosamente, coprendoli di insulti. La disarmarono con poco garbo.

-Una ragazza! Incredibile che facciano entrare le ragazze come soldati...- rise uno.

La ragazza, che era stata tirata su di peso, sganciò un calcio laterale fulmineo al piede della sentinella che urlò di dolore e la lasciò andare.

-Hai qualcosa contro il fatto che alle ragazze piaccia combattere? Eh?- gli strillò in un orecchio.

-Stai calmina, bellezza.- la ammonì l'altra guardia, pungolandola con la punta del fucile.

-Muoviti, bastarda!- mugugnò l'altro.

Trascinarono la nuova prigioniera verso il campo, ma appena la luce del fuoco illuminò il volto della ragazza, rendendolo finalmente visibile, le due guardie lanciarono uno 'Dio' di petto, degno del tenore più in voga del momento.

-Oddio! È lei!- gridò uno.

-Ciao, Pedro...- disse annoiata la ragazza.

-Che succede?- sbraitò Giulio, uscendo dalla sua tenda.

Si fermò basito, come tutti gli altri che erano accorsi.

-Tu?-

-Oddio! No! Non sono io! Sono un fantasma! Sono tornata dall'oltre tomba per vendicarmi! Anzi, avete una allucinazione collettiva da stress! È il rimorso per avermi destituita!- sbottò.

-Brutta figlia di una puttana stronza!- la aggredì il generale.

-Ehi! Mia madre non è una puttana! È tuo padre che è un puttaniere! L'ha mollata appena ha scoperto che era incinta di me, dopo aver tradito tua madre!-

-Oh, scusa sorellina!-

-Oh, sì! Certo! Dimenticavo che tu sei per la lapidazione delle 'puttane' e una medaglia al valore per i puttanieri... stronzo.-.

Giulio le si avvicinò e le mollò un ceffone da ribaltarle la faccia. Mirage fu sbilanciata, ma non cadde e, ruotando velocemente, si abbassò, tendendo la gamba e falciando il fratello che cadde per terra.

-Brutto figlio di puttaniere!- gli ringhiò.

-Guarda che lo sei anche tu!-

-Per lo meno io lo ammetto e non me ne vanto!-

-Sky,sto perdendo la pazienza...- la minacciò rialzandosi.

-Io l'ho già persa da quel pezzo, la pazienza!- strillò lei di rimando.

-Dio, non ci posso credere che l'hai fatto!-

-Bé, apri gli occhi e credici, idiota... sto col francese, adesso!-

-Ma tu li odi, i francesi!

-Non è vero! Per Napoleone ho sempre avuto una certa simpatia.-

-Ma sei passata al nemico!-

-E ti assicuro che ne sono fierissima!-

-Portatela via, prima che compia un omicidio!- gridò in un ringhio Giulio, pestando un piede per terra.

A Mirage furono tolte le protezioni a braccia e gambe, fu legata con le mani dietro la schiena e spintonata fino alla tenda dei prigionieri, che guardarono allarmati la nuova venuta.

-Mirage?- fece incredulo Marx.

-Salve capo...- sbuffò lei mettendosi seduta.

-Ma tu sei...-

-No, guarda, non è il momento adatto per fare salotto.- lo bloccò brusca Mirage -Tu!- disse in tono basso ad Annibale -Toglimi il fermaglio, e intendo toglimelo ora, non tra un'ora.-.

Una volta tolto l'inusuale coltello dai capelli, Mirage spiegò il suo piano, intanto che Annibale tagliava agevolmente le corde dei suoi compagni.

-Gatto ormai dovrebbe essere pronto ad entrare in azione. Gli ho detto di darci una mezzora, a partire da quando sarei entrata nella tenda.-

-Cavolo, Mirage... chi ti ha tatuato questa mano in faccia?- chiese Marx sfiorandole la parte colpita con un dito.

-Mi sono schiaffeggiata da sola.- rispose lei -State pronti. Queste sono le tende migliori per i campi mobili, perché praticamente si riducono a tre pali e un telone. Ma per i prigionieri è piuttosto facile uscirne: non sono picchettate granché e riusciremo a sollevarla abbastanza agevolmente... ma del resto perché disturbarsi tanto?- disse rigirandosi tra le mani il fermaglio tagliente.

Li fece disporre sul lato di fondo, pronti a uscire a fionda dalla tenda.

Passò qualche minuto, prima che le raffiche della mitragliatrice, posizionata dal Gatto mentre i nemici erano distratti con Mirage, fendessero l'aria. La ragazza contò fino a cinque e poi gridò:

-Via!-.

Il telone fu tagliato di netto e i sei compagni fuggirono veloci come il vento. Una sentinella era rimasta a guardia dei prigionieri e sparò ad Annibale e Diana, che si fermarono a incitare i loro compagni a correre più veloci.

Nel folto degli alberi trovarono il Gatto e furono riarmati velocemente; poi ripresero a correre allontanandosi sempre di più dalla base nemica.

Il giorno si stava avvicinando. Erano quasi le 4.30 di mattina. Mirage, dopo averli convinti, fece compiere ai compagni una curva larga verso destra, per tornare indietro.

I tre ragazzi e le due ragazze arrivarono al campo nemico poco prima delle 7.

Silenziosi e guardinghi circondarono quello che era rimasto della base e osservarono i nemici radunati a consiglio.

Il primo colpo fu sparato dal Gatto, che colpì Granata, sopravvissuto alla notte.

Poi tutti gli altri si diedero da fare per eliminare tutti gli altri.

Il Gatto si accorse che dalla postazione di Mirage non sparava nessuno. Guardando meglio, vide che non c'era nessuno. Doveva essersi spostata.

Al campo nemico erano rimasti in piedi due, anzi, tre bersagli, ben nascosti. Mirage avrebbe potuto colpirli da dove si trovava! Dov'era finita?

Gli spari cessarono. Bisognava attendere che quelli che erano rimasti mettessero il naso fuori, oppure provare a spostarsi, ma era rischioso.

Due colpi in rapida successione ferirono il silenzio, uccidendo altri due nemici.

Era rimasto solo il generale, che si affrettò a mettersi al riparo dentro una tenda.

Mirage uscì allo scoperto con una pistola in mano.

-Ehi! Giulio! Che ne dici di un fratello contro sorella?- gridò.

Non ricevette risposta. Continuò ad avanzare, tenendosi al coperto.


Giulio, da dentro la tenda, stava pronto, col dito sul grilletto della pistola.


Mirage aveva passato una corda lungo il perimetro della tenda dove si nascondeva il fratello, poi aveva fatto cenno al Gatto di prendere un capo della suddetta corda e avevano cominciato a tirare piano. Quando la corda stava cominciando a tendersi sul telo, Mirage strillò con rabbia:

-Tira, Gatto! Tira!-.

Giulio si trovò soffocato all'improvviso nel soffocante viluppo della tenda e cadde giù divincolandosi.

-Eh! Io gliel'ho sempre detto di non scegliere terreni troppo morbidi, per piantare le tende, perché poi i picchetti cedono e questo giochino viene tanto bene! Soprattutto se le tende sono picchettate con quattro spilli contati, storti e sbilenchi e con una inclinazione sbagliata...- spiegava la voce della sorella.

Giulio non aveva lasciato la pistola. Quando qualcuno aprì con qualcosa di tagliente il sacco che aveva imprigionato il generale, questo puntò la pistola davanti a sé e sparò un colpo.

Un grido.


Fine delle ostilità

-E per la compagnia di Napoleone, hip hip!

-Urrà!-

-Hip hip!-

-Urrà!-

-Hip hip hip hip hip hip!-

-Urrà!-

-La coppa è nostra!-.

Facce felici e non molto sobrie, imporporate dal calore dell'ambiente e dall'alcool cantano 'We Are The Champions', tutti con le braccia sulle spalle dei propri vicini, tranne una persona.

Finito il coretto, Mirage si siede esausta e vagamente ubriaca a una delle lunghe panche di legno, con il braccio destro al collo.

-Ciao.- la voce del Gatto la coglie di sorpresa.

-Oh, ciao!- dice, mentre il ragazzo le si siede accanto.

-Come va il braccio? Ho saputo che non è rotto.-

-No, ma il colpo mi ha incrinato le ossa. Se avessi avuto le protezioni, non sarebbe successo.-

-Comunque grazie... quella pallottola avrei dovuto beccarmela io! Ti assicuro che quando ti vista cadere per terra, tenendoti il braccio, ho pensato che la pallottola fosse entrata...-

-Anche io. Per fortuna non è successo. Comunque ti ho spinto via perché quella pallottola non era per te, ma per me. Temo che mio fratello mi volesse sparare già da molto tempo...-

-Nel vostro caso non si può proprio parlare di amore fraterno, eh?-

-Direi proprio di no!- ride Mirage.

Restano in silenzio per alcuni istanti.

-Mirage?-

-Sì, Gatto?-

-Resterai con noi?-

-Oh...- la ragazza sembra imbarazzata da quella domanda -Bé... non lo so... mi piacerebbe...-.

Il Gatto le spinge indietro gli occhiali, facendola arrossire.

-Piacerebbe anche a me...- sussurra.

Ora Mirage è bordeaux. Ride imbarazzata, non sa che dire.

-Che fai? Ci provi?- chiede guardandolo di sbieco.

-Perché no?- risponde lui candidamente.

Mirage rimane di stucco.

Farfuglia consonanti e vocali in parole senza capo né coda.

Lei odia farfugliare!

È già abbastanza ridicola di suo...

-Mirage, tu ce l'hai il fidanzato?-

-Nononcel'ho...- bisbiglia, mangiandosi un paio di lettere.

Come in un sogno, il Gatto la fa alzare e la accompagna fuori, nel freddo di una notte di pioggia, che finalmente si è decisa a cadere.

Il Gatto affonda sornione il viso nella massa di capelli soffici, puliti, di Mirage. Il delicato profumo di fiori della ragazza si mischia a quello più selvatico della terra umida.

-Se c'è una cosa che amo più di giocare ai soldati...- bisbiglia all'orecchio di Mirage -È avere una ragazza carina e intelligente al mio fianco...-.

Mirage tace. Ha avuto modo di conoscere il Gatto, in quei pochi giorni passati insieme.

Erano stati diffidenti, l'uno verso l'altra, all'inizio; non si conoscevano e avevano litigato e si erano scontrati.

Lui amava la solitudine, ma anche lei la amava, così finivano sempre per trovarsi da soli, insieme.

Parola dopo parola, si erano scoperti.

Fugaci occhiate, inconsapevoli, per lo più.

Piccoli gesti di cortesia, l'uno verso l'altra.

Lei ne aveva apprezzato le varie sfumature del carattere, la sua serietà e lealtà. Cose che le erano piaciute.

Lui aveva ammirato il suo spirito d'iniziativa e la sua generosità, nonostante fosse un po' scostante, come persona.

-Ti amo.- il sussurro si perde nel canto della pioggia.

-Ti amo.-.

Il mormorio si ferma, si sente solo la pioggia che cade.

Il primo bacio nel silenzio della notte.


















Questa battuta è di un film, ma non ricordo mai quale!


Non so se questa cosa sia fattibile, mi piacerebbe provare a farlo solo per vedere se riesce...



Ok...

io non so assolutamente nulla

[e sottolineo nulla]

degli argomenti di cui ho scritto

mi sono limitata a lavorare molto di fantasia e a ricordarmi qualche stralcio di film o partita ad Half Life e Jedi Knight... (penose, le partite -.-'')

quindi se c'è qualche esperto, chiedo perdono per tutte le cavolate che ho scritto.

Detto questo, io mi sono abbastanza divertita a scrive questa cosa,

senza avere nessuna pretesa letteraria di alcun genere.

Spero che sia piaciuta anche a voi,

altrimenti, pace...


[vorrei precisare che io sono pacifista, ma che l'idea di andare in giro a spararsi con proiettili di vernice non mi dispiace... sono un po' contraddittoria, lo so... ^^]

  
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