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Autore: LuluXI    02/03/2013    3 recensioni
“Il cosmo a noi ostile abbraccia una vasta area, in cui ora regna la morte” prese la parola Shaka “Non so dire quanto sia forte il suo possessore, fatto sta che ha il controllo sulla periferia di Atene. Ha eretto una barriera, molto simile a quella che circondava il castello di Hades.”
“Ma perché seminare tutto questo terrore?” domandò Shun “Cosa lo spinge a comportarsi così?”
"Il desiderio di Vendetta" (Dal Capitolo 2)

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Per grazia di Atena e delle altre divinità, i Saint ritornano in vita. La priorità di Death Mask è quella di ritrovare sua figlia che, nel frattempo, lotta per sopravvivere nelle terre gelide della Norvegia. Dopo tre anni di pace, Death Mask è costretto ad interrompere le sue ricerche infruttuose: un nuovo nemico minaccia Atene e i suoi abitanti e lui, Ikki e Shiryu devono recarsi nel covo nemico; agli altri Saint il compito di vegliare sul Santuario, su Atene e su Rodorio, per spergiurare la catastrofe.
[Seguito de "La Maschera della Morte e la Vendetta", di cui non è strettamente necessaria la lettura; possibli OOC, dato che il tutto è una "What If?": cosa sarebbe successo se Death Mask avesse avuto una figlia?]
Genere: Avventura, Guerra, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cancer DeathMask, Dragon Shiryu, Nuovo Personaggio, Phoenix Ikki, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una figlia per la morte'
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ciò che hai pensato di me
mentre io pulisco questa parete
con le mani dell'incertezza

(Linkin Park, What I’ve done)

 
Shyriu arrivò alla porta d’ingresso nel momento esatto in cui Death Mask aggirava l’edificio, per proseguire verso il retro e, con suo grande stupore, la trovò aperta. Gli bastò sfiorarla perché questa, cigolando, ruotasse sui cardini e si aprisse. Prima di entrare il Bronze Saint lanciò un’occhiata ad Ikki che, alla sua destra, si stava arrampicando sugli alberi morti, nel tentativo di trovare un appiglio per salire sul tetto o, comunque, entrare da una delle finestre del secondo piano.
Una volta all’interno, la porta si richiuse alle spalle di Shyriu, lasciandolo nell’oscurità più totale. Quando i suoi occhi si furono abituati al buio il Bronze Saint riuscì a capire dove si trovava: un piccolo atrio che saliva al piano superiore con una scala e che permetteva di accedere ad altre due stanze passando attraverso due porte, una a destra e una a sinistra.
Le provò entrambe, ed entrambe risultarono chiuse; così si decise a salire al piano superiore.
 
La casa sembrava in tutto e per tutto disabitata, visto il silenzio irreale che vi regnava. Tuttavia, per quanto squallida fosse la costruzione, non vi era neanche un filo di polvere né una ragnatela sui mobili. La casa era si sinistra, ma non di certo per quello: era come se l’aria stessa si fosse impregnata di oscurità e rancore, oltre che di odio. Erano le pareti dell’edificio a lasciar trasudare tutte quelle emozioni negative.
Una volta al piano superiore il Saint del Dragone fu attirato da una luce, proveniente da una stanza. Silenziosamente, si avvicinò alla porta e sbirciò all’interno, attraverso lo spiraglio che era stato lasciato aperto: appesa alla parete di fondo della stanza con delle catene si trovava Shunrei, con al collo un ciondolo blu, identico a quello che lui aveva ritrovato a Goro-Ho.
Silenziosamente, continuò a guardare dentro la stanza, apparentemente vuota; stava per entrare, quando un colpo alla testa lo fece barcollare in avanti.
Un rumore metallico rimbombò per tutta la casa; qualcuno lo aveva colpito al capo con un oggetto di ferro. Voltandosi Shyriu si ritrovò faccia a faccia con una ragazza che teneva una padella in mano. Non fece in tempo a mettere a fuoco il viso, che la padella calò ancora sulla sua testa.
La ragazza però era troppo lenta e il Bronze Saint fece in tempo ad indietreggiare, entrando completamente nella stanza.
 
“Shyriu!” urlò Shunrei, riconoscendolo “Va via!”
“Che cosa vuoi?” disse la ragazza, che ancora reggeva tra le mani la padella; al collo, portava anche lei un ciondolo azzurro.
“Sono qui per salvare Shunrei, che tu hai rapito. Lasciala andare!”
“No, Shyriu, scappa! Non è lei il vero nemico! Scappa, non è me che vogliono ma…”
Shyriu non potè udire la fine della frase, perché un pugno lo colpì allo stomaco e, prima che potesse reagire, un altro gli arrivò in pieno viso.
“Mi dispiace Dragone, ma questa volta non ti sarà così facile vincere.” Nel campo visivo di Shyriu passò, per un istante, una maschera argentata e un’armatura.
 “SEKISHIKI KONSOHA!”(*)
Un’onda mista di luce argento-bluastra con sfumature nere avvolse Shyriu, inglobandolo, per poi implodere; il Saint provò a rialzarsi ma non fece in tempo: l’ennesima padellata in testa, lo fece svenire.
Shunrei continuava a piangere.
“Smettila, altrimenti lo ammazzo subito.”
“Perché stai facendo tutto questo? Sei una Sacerdotessa di Atena anche tu, perché ci attacchi?” domandò Shunrei, ma non ricevette risposta.
“Non può essere arrivato qui da solo…” disse la ragazza con in mano la padella.
“Non importa: ai suoi amichetti ci penso io” rispose la Sacerdotessa.
Un istante dopo, si udì il rumore dei vetri che andavano in frantumi.
“Qualcuno deve essere entrato dalla finestra” disse la Sacerdotessa “Rimani accanto alla botola: se tornano loro prima di me, scappa ma, qualsiasi altra cosa succeda, non ti muovere da qui.” disse precipitandosi fuori, non prima di aver immobilizzato come poteva il Saint del Dragone.
“Ti prego, fa attenzione!” urlò l’altra; la porta si richiuse a chiave e lei si rannicchio vicino alla botola. Da lì potè udire perfettamente il rumore della porta sul retro che andava in frantumi: era entrato qualcun altro. Tuttavia, qualcosa le diceva che chi stava arrivando non le era ostile: non avrebbe saputo dire cose, ma riusciva a sentirselo, dentro.
Rimase per un po’ immobile poi, decise di aprire la botola, disobbedendo agli ordini: era consapevole del fatto che, una volta uscita, non sarebbe più potuta rientrare passando di lì, visto che si apriva solo dall’interno.
“Qui sarai al sicuro, lei non vi farà del male: non è cattiva come sembra. Vedrai che finirà tutto bene.” Disse a Shunrei; poi si lasciò scivolare fuori dall’apertura nel pavimento.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
Death Mask proseguì lungo il corridoio, al buio, per molto tempo.
Quel corridoio era fin troppo lungo, viste le dimensioni della casa, ma si auto convinse a non pensarci, limitandosi a proseguire. Sul corridoio si affacciavano diverse porte ma, per quanto lui provasse ad aprirle, erano tutte chiuse. Dopo aver camminato per diversi minuti, si ritrovò alla fine del corridoio, che terminava con una porta, anch’essa sbarrata: l’unica altra via d’uscita era una botola che si apriva nel soffitto, raggiungibile tramite una scala a chiocciola; probabilmente, portava al piano superiore.
Stava per provare a salire la scala, quando la botola si aprì costringendolo a rintanarsi tra le ombre, per non essere visto.
La misteriosa figura posò i piedi sulla scala, per poi far sbucare anche le braccia e la testa dall’apertura, che si richiuse un istante dopo alle sue spalle; tuttavia, quell’istante bastò a Death Mask per vederne il viso.
A quella vista, un’espressione mista di stupore e rabbia comparve sul viso del Gold Saint che attese che la sua preda arrivasse alla fine della scala.
Non appena la figura gli passo accanto a passo svelto e stringendo tra le mani una padella, Death Mask scattò: la afferrò per un polso e la sbattè contro il muro.
 
La ragazza urlò per lo spavento e lui, facendo pressione col suo corpo, la schiacciò ancora di più contro la parete e con l’altra mano le tappò la bocca.
“Evita di belare come una pecora, Serena, altrimenti ti stacco subito la testa… Hai capito?”
La ragazza, riconoscendo la voce, annuì appena e lasciò cadere a terra la padella: il suono dell’impatto rimbombò per tutto il corridoio.
“Così va meglio…” concluse lui, con un ghigno, levando poi la mano che le chiudeva la bocca. “E’ da parecchio che non ci vediamo…”
“C-cavaliere voi…voi siete qui! Io…io non so che dire… E’ un sollievo sapere che siete viv…”
“Non fare la finta tonta con me” disse lui, schiacciandola ancora di più contro la parete “Mi hai odiato dal primo momento in cui mi hai visto, quindi non cercare di fregarmi. Che cosa state complottando tu e Christine eh? Dov’è Aletto?”
“C…Christine?” domandò la ragazza, stupita “Non c’è nessuna Christine… Io sono Sara…”
A quell’affermazione, Death Mask la afferrò per i capelli girandole la testa, di scatto, scoprendo il collo; dalla bocca di lei non uscì alcun suono.
“Niente voglia color caffè sul lato sinistro del collo: pensi che io possa dimenticarmi di chi uccido?”
“Soprattutto, pensi che possa dimenticarmi di lei e di quello che mi ha fatto? Di quello che le ho fatto?”
 
Ricordava fin troppo bene la morte di Sara. Era stesa sotto di lui, che non aveva nemmeno avuto il coraggio di guardarla in faccia mentre la uccideva. Aveva stretto le mani attorno al suo collo sottile e aveva affondato la testa nei suoi capelli. La aveva sentita tremare, ma Sara non aveva nemmeno provato ad opporre resistenza. Lui, da parte sua, non aveva sentito niente mentre la privava della vita.E quando il suo corpo aveva smesso di tremare, solo allora aveva trovato il coraggio di guardarla in faccia, per scoprire che il volto di quella che era stata la sua ancella più fedele non era colmo di orrore o ribrezzo, ma aveva un’espressione tranquilla, serena, quasi di gioia.
 
“No…No cavaliere ma è così! Sono io! Aletto ha…”
“NON PRONUNCIARE IL NOME DI MIA FIGLIA!”
La colpì al viso, con uno schiaffo e lei nuovamente, non emise alcun lamento.
“Sara non ha mai urlato quando la maltrattavo.”
Diverse immagini si susseguirono nella mente di Death Mask: Sara che veniva picchiata, sbattuta contro i muri e violentata, senza emettere alcun suono. E Serena, la sua gemella, che ad ogni minimo suo gesto, urlava di terrore.
Le afferrò il collo con violenza, costringendola a guardarlo.
“Se sei tanto convinta di essere Sara, convinci anche me.”
“Oggi è il compleanno di Aletto. Compie tredici anni.”
“Non basta” rispose lui, spostando la mano sul collo di lei, aumentando la stretta “Abbiamo festeggiato il suo decimo compleanno quando Serena era già nostra ospite.”
La pressione sul collo aumentò ancora: “
“Strangolerò anche lei”.
 
“Atena, ti prego, ascolta la mia preghiera: fa che i miei gesti siano sempre conformi al suo volere, fa che io non debba mai più disobbedire ai suoi ordini, fai in modo che io possa essere una sua serva fedele.” Ricominciò a parlare la ragazza, fermandosi di tanto in tanto nel tentativo di recuperare ossigeno.
“Fai in modo che io possa sempre servire lui e nessun altro tuo Cavaliere. Fa in modo che lui possa portare giustizia e uccidere chi cerca di distruggere la perfezione e la purezza del mondo che tu desideri. Fa in modo che Death Mask possa continuare a combattere per te… e fai in modo che il mio amore per lui possa sempre proteggerlo.”
Death Mask mollò di scatto la presa sul collo della ragazza e indietreggiò di un passo: la stava per uccidere, di nuovo, nella stessa maniera.
“Serena non era alla quarta casa quando Sara ha pronunciato questa preghiera e Sara aveva già smesso di scriverle delle lettere… Ma come è possibile che sia viva?”
Sara scivolò al suolo, ansimando, cercando di riempire nuovamente i polmoni d’aria.

“Papà lo so che ho sbagliato questa mattina ma… vorrei chiederti una cosa…”
“Dimmi…”

“Non uccidere Serena.”
“Perché me lo chiedi?
“Perché mi serve per quando sarò più forte”

Quella conversazione a cui non aveva dato molta importanza anni prima, gli tornò in mente, assieme al fuoco fatuo che aveva visto in continuazione girare con Aletto.
“Stesso corpo, anima diversa…” sussurrò appena “E’ stata lei vero?”
Sara, annuì.
“Dov’è adesso?”
“Al piano di sopra… Non potete passare dalla botola… dovete fare il giro.”
Death Mask non perse tempo: le lanciò un ultima occhiata, per poi tornare accanto alla porta che chiudeva il corridoio; la abbattè con una spallata e si rimise a correre.
 
NOTE:
(*)SEKISHIKI KONSOHA = Onda della Sepoltura Spirituale dello Tsei She Ke
Palesemente copiata (ma a modo mio, rivisitata) da una delle tecniche di Manigoldo (si, in questa storia ci sono tantissimi riferimenti al Lost Canvas xD Forse perché mentre la scrivevo, compravo gli ultimi manga e li leggevo tutti!). Visto che non son brava con i nomi, ho preferito approfittare di una tecnica già esistente e trasporla su Aletto. Si, teoricamente glie l’ha insegnata Pal (e anche qui, mi riaggancio al Lost Canvas: Hakurei e Sage, i due gemelli, sono rispettivamente Saint del Cancro e dell’Altare, ed entrambi giocano con le anime come Death Mask… Dunque perché anche in questa guerra Sacra il Saint dell’Altare non può sapere qualcosa circa queste tecniche?). Certo, ora non dobbiamo immaginarci che Aletto sia forte quanto Manigoldo eh? Anzi, questa tecnica è decisamente meno “efficace”: la tecnica migliore di Aletto resta il Sekishiki Meikaiha.
 
Passando alle cose serie… Alla fine, tutto era più semplice di quanto volevo farvi credere. Dubito di essere riuscita a fregarvi, ma volevo, quantomeno, insinuarvi dei dubbi. Sara è viva e vegeta, esattamente dove la avevamo lasciata alla fine dell’altra fic: nel corpo di Serena. Aletto, anche se non sappiamo ancora come, a quanto pare è rientrata ad Atene ed è lei che ha ordito tutto questo piano malefico ai danni di Atena. Il punto ora è: cosa farà quando vedrà suo padre?
Scusatemi, ancora una volta, per i lunghissimi tempi di aggiornamento :( 

   
 
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