Non c’era proprio niente da fare.
In momenti in cui le uniche scelte sono fuggire e sopravvivere o buttarsi nella mischia equivalente ad un suicidio, la scelta ricadeva inevitabilmente sulla seconda opzione.
Kisame e Deidara erano dei codardi, lo sapevano ma in quel momento ne andavano fieri.
Tobi stava schiacciando un pisolino mentre i due da un promontorio seguivano la scia di esplosioni ad una distanza di sicurezza.
Moto probabilmente il combattimento doveva essersi trasformato in fuga (anche Itachi ha un minimo di istinto di sopravvivenza), considerato che la ragazza stava letteralmente cambiando il paesaggio locale.
- Non sarebbe il caso di andarlo a prendere?
- Oh. Onorevole principe(pesce) azzurro senza macchia e senza paura. Vai. E già che ci sei fatti arrostire che le scorte scarseggiano.
Pausa.
- Forse è meglio aspettare ancora un po’.
E per quel loro desiderio di vedere il sole sorgere il giorno seguente non si resero conto che il loro compagno era caduto vittima di una trappola.
La miko negli ultimi minuti aveva continuato a provocare esplosioni per tenere gli altri mukenin alla larga.
Durante il combattimento con Itachi, Nara Shikaku era intervenuto prendendolo di sorpresa e bloccandolo concatenando le loro ombre.
- Sbrigati, tra non molto la tecnica si esaurirà e dubito che sia così stupido da ricadere nello stesso giochetto.
- Cerca di resistere. Qui ho quasi finito.
Mameha stava mettendo l’ultimo lucchetto alla catena.
In principio lo aveva bendato per evitare che qualcuno di loro cadesse sotto l’effetto del Mangekyou Sharingan per poi poterlo legare come un insaccato con fili d’acciaio.
Il bavaglio e la catena in titanio erano solo maggiori precauzioni.
In fondo era sempre di Itachi Uchiha che si parlava e un po’ di circospezione in più non avrebbero di certo guastato.
- Sei sicuro di riuscire a portarlo?
- Dopo aver portato quel baule di un Akimichi sulle spalle questo in confronto è un fuscello.
- Se lo dici tu…
- Fidati, ora andiamo. Sari, quando saremo a distanza di sicurezza dovrai far brillare le cartebombe che abbiamo piazzato prima del combattimento. Questo ci farà guadagnare un po’ di tempo prima che si accorgano dell’inganno.
Durante il viaggio di ritorno Shikaku si assicurò più e più volte che nessuno li stesse seguendo considerando che...
“Se gli dovesse succedere qualcosa provvederò personalmente a spezzarti tutte le ossa. (Pausa) Due volte.”
… o almeno era quello che aveva detto la Godaime.
Stridio di due lame che cozzano, boati e tonfi.
Mayls
e TenTen stavano combattendo.
Tutti quelli che avevano già
dato avevano messo le mani su barrette e bevande
energetiche per rimettersi in forze.
Neji stava seguendo l’incontro della sua ragazza comodamente sedere sotto l’engawa del rifugio a sorseggiare una bevanda ricostituente seguendo da lontano
Accanto
a lui Shikamaru fresco come un bocciolo di rosa se ne stava svaccato
sul lucido parquet della passerella a sonnecchiare.
Tutti
e due più pochi altri furbi avevano preso l’iniziativa di combattere nei primi
turni se l’erano cavata con molte abrasioni, sfortunatamente.
Neria
e Ken avevano già concluso con i loro gruppi che stavano stramazzati al suolo esausti e Sky stava cominciando il penultimo
combattimento del suo.
Poveretti.
Con
gli ultimi i draghi ci stavano andando con la mano pesante per la fretta di
concludere in fretta.
Studiando
i loro “Sensei” erano giunti alla conclusione che dovessero per forza dotata di una copertura cutanea di una
consistenza diversa dalla loro, grazie alla quale assorbivano la maggior parte
dei danni senza risentirne in modo significativo.
-
Tutto a posto.
Ragazzo ombra?
- Direi
di sì.
A
giudicare dal numero di merendine che Ken e Choji
avevano con loro i due dovevano aver razziato la cucina del rifugio.
L’Akimichi
si sedette accanto all’amico cominciando a scartare le merendine.
- Il
solito ingordo. Attento a non farti venire un’indigestione.
- Ma
lascialo fare. E se fossi in voi farei lo stesso. Appena avrete finito di
riposarvi comincerete subito e non avrete più tempo di mangiare.
Alla
fine il giovane Nara cedette.
Si
mise a sbocconcellarne una ripiena ma presto si
interruppe catalizzando la sua attenzione sulla crema giallognola che la
guarniva.
Il
drago ridacchiava sotto i baffi a vedere il ninja alle prese con della crema
pasticcera.
Dopo
vari indugi immerse il dito e portarlo alla bocca per
poi ritrarlo subito dopo.
Troppo
dolce.
Tentò
con il ripieno alla crema di nocciola e una al cioccolato fondente.
Nisba.
Alla
fine si era dedicato ad una liscia che lo soddisfò più delle altre.
Ken si
stiracchiò.
-
Sbrigatevi che hanno quasi finito.
Aveva
visto giusto.
TenTen
aveva esaurito tutte le sue innumerevoli armi e Mayls non solo le impedì di
recuperarle, ma dimostrava di essere una guerriera fuori dal
comune parando molti dei suoi colpi e uscendo indenne dagli tutti gli altri.
-
Basta così. Direi che può bastare. Ora va a raggiungere gli altri.
TenTen
si accasciò a terra esausta.
Era da
tempo che non affrontava un avversario così tenace.
- Va
bene.
-
Abbiamo disposto al rifugio bevande e bibite energetiche. Non appena Sky avrà
finito vi faremo sapere.
Neji
afferrò una bottiglietta di ricostituenti e alcune merendine e le portò alla
ragazza che senza farselo ripetere due volte li afferrò e prese a saziarsi.
Shikamaru
si riguardò di nuovo in giro prima di parlare al
drago.
-
Posso farti una domanda?
-
Dimmi pure.
- Sorvolando
sul fatto che state trattenendo la vostra vera forza, il che mi pare ovvio…
- In effetti ragazzino… dobbiamo addestrarvi, non mandarvi
all’ospedale…
- …comprensibile.
Mi chiedevo come fosse possibile ricreare un simile ambiente sottoterra.
-
Magia.
-
Magia?
-
Esatto. I demoni hanno manipolato lo spazio tramite l’utilizzo della magia. In
fondo tra i nostri incantesimi e le vostre Genjutsu
la differenza è minima. Si tratta sempre di catalizzazione e manipolazione
della propria energia, l’unica differenza è che mentre voi per poterlo fare
usate le posizioni delle mani, noi usiamo oggetti come
bacchette o aste.
-
Capisco.
- Alla
fine che la si chiami Chakra, Prana,
Ki, magia personale, aura o non cambia. Sempre di
energia si tratta. Auch. BEL COLPO FRATELLO!! CHE AVEVI DETTO A RIGUARDO DI NON UCCIDERE NESSUNO?!
- NON
TI RISPONDO NEANCHE!!!.
Dopo
un quarto d’ora, quando tutti si furono ripresi Sky cominciò ad esporre il
programma e l’allenamento ebbe inizio.
Ognuno degli shinobi
avrebbe dovuto portare
agli arti polsiere da cinque chili l’uno al fine di
potenziare resistenza e forza fisica.
Da quel momento i novelli martiri dovettero sputare polvere sudore e sangue.
Non
necessariamente in questo ordine.
* * *
Quella mattina di due settimane più tardi Gaara si
svegliò con un certo non so che.
Si era recato a Konoha perché in mancanza di Shukkaku il suo potere aveva subito un taglio.
Era rimasto taciturno, ma con tante ore di sonno
alle spalle era sempre più rilassato e gentile, senza contare che aveva preso
l’abitudine di ripassarsi gli occhi con una matita là dove c’erano state per
anni le sue occhiaie perché a sentire i fratelli gli donavano parecchio.
Nel campo d’addestramento sotterraneo aveva visto in
giro numerosi ammassi di ferraglia che somigliavano ad una via di mezzo tra una
videocamera, un carro armato e un elicottero.
Per un po’ ne aveva seguito osservato uno che
svolazzava qua e là, finché l’obbiettivo della telecamera non aveva zoomato ed
era scomparso dietro ad un cespuglio.
Tempo due secondi ed era stata dato il via ad una
caccia al bersaglio mobile (nota: i bersagli erano gli shinobi),
e il robot si era messo a sparare proiettili dal
potenziale di un petardo.
in più punti ninja di konoha
distesi per terra ridotti ad uno stato pietoso.
- Ehilà
sfigati!!!
Disse il fesso.
L’unica
ragione per cui non gli avevano risposto era perché erano tutti troppo stanchi
per rispondere.
Ma la
vendetta è un piatto da mangiare freddo.
- Gioite
fanciulli. Per i nuovi arrivati ho realizzato una nuova invenzione per
supportare i loro allenamenti.
Ma ciò fu veramente un bene per i ninja di Suna?
Ovviamente no.
Perchè in momenti come questi in cui ci si chiede
cosa abbia commesso di tanto orribile il genere umano perché a quell’elfo psicopatico non sia stato regalato un
normalissimo libro di favole al posto del piccolo chimico.
Un normale elfo per addestrare qualcuno tenderebbe
a cercare di ridurre l’apprendista ad un puntaspilli con arco e frecce magiche,
oppure gli sguinzaglierebbe contro un orco di cinque metri di altezza per tre di larghezza tenuto rigorosamente a dieta per due
settimane.
Doc che invece ha più stile, si è limitato e
costruire una sorta di modellino eliocentrico, con una pedana per il pronto
soccorso al posto del sole, tubi chiusi ad anello per le orbite e al posto dei
pianeti tante di quei lancia-petardi (nome inventato
dai superstiti di Konoha delle prime settimana) che sorge spontaneo chiedersi
come quel COSO faccia a stare in piedi senza accartocciarsi su se stesso e allo
stesso tempo a girare.
Perché non è che si tratti di scultura moderna
messa lì per bellezza.
Quell’affare si muove veramente
girando a random
In fondo in fondo Gaara aveva sempre sospettato che
dietro la proposta di alleanza di quella Zelas ci fosse
dietro una qualche fregatura.
Quando le acque si furono calmate si decise per una divisione in sei sottogruppi avrebbero che “maestri” si
sarebbero scambiati ogni un tot ore.
I
primi due avrebbero eseguito esercizi di resistenza con i robottini,
il terzo e il quarto avrebbe duellato duella con demoni minori e i draghi, il
quinto e il sesto si sarebbero dedicati alle Genjutsu.
Oltre
alla divisione i draghi avevano deciso che iniziare certi ninja all’uso di armi
che non fossero quelle coltellini da cucina che si portavano sempre dietro.
Quello era il lunedì della quarta settimana e molti i ragazzi
arrivarono piuttosto intirizziti.
Era una mattinata di metà ottobre, le giornate si erano fatte più corte
e il tepore prolungato aveva dato di punto in bianco il cambio ad uno più
freddo.
Di Miori ancora nessuna traccia, così Mameha aveva temporaneamente
preso il suo posto.
Un uomo che apparentemente dimostrava una trentina d’anni sedeva sui gradini della grande scalinata a nord-est della cupola.
Era alto, non molto muscolo e un paio di piccoli occhiali che portava sul naso non facevano altro che accentuare quel suo aspetto più da intellettuale che da guerriero.
Corti
capelli scarmigliati di un biondo spento ben lontano dalle tonalità albine, il
naso né troppo piccolo né troppo pronunciato tempestato da una pioggerellina di
lentiggini e una barbetta incolta.
Abbigliamento
di un professore universitario in fascia d’età avanzata sovrastato da un camice
bianco un po’ logoro.
Il
tipico uomo dalla bellezza anonima e piuttosto trascurata ma nel complesso
abbastanza gradevole.
In quel momento stava maneggiava
un thermos e una tazza di porcellana.
Dolphin gli si era avvicinato mantenendo una postura rigida
mentre l’uomo versava pigramente del caffé nella tazza.
- Come stanno andando, Christian?
- Procede tutto secondo programma. Niente intromissioni per il momento.
Dimenticavo. Quelle piaghe dei dorati si sono alleati con quella viscida serpe
di Orochimaru.
Christian frugò nella tasca destra del camice e ne
estrasse un taccuino.
Con un dito fece scorrere l’elenco.
- I Chunin vanno piuttosto a rilento, ma era prevedibile. Se va tutto
come da programma per il mese prossimo avranno raggiunto il livello minimo per
superare da vivi la battaglia. Jounin e Ambu sono nettamente migliorati, ma credo che possano fare
di meglio.
Christian mandò giù una grossa sorsata di caffè e
rimase in silenzio per molti minuti tenendo la tazza a mezz’aria.
- Ormai la metà demoniaca avrà che concluso la sua parte di
addestramento. Come se la cava?
- Quella ragazza è piuttosto sveglia. Ha appreso velocemente i
principali rudimenti della magia e ora riesce a fare uso della maggior parte
dei suoi poteri. È ancora lenta nell’evocazione degli oggetti dal piano astrale
e manca ancora di controllo, ma un po’ di pratica su campo aggiusterà le mancanza.
- Dici che gli dirà tutto?
- Credo sia inevitabile. Presto o tardi lo verrà comunque a sapere. Intanto stiamo prendendo le contromisure. I gingilli dell’elfo sono quasi pronti e presto anche le cerchia angeliche si muoveranno per aggiudicarsi la metà restante.
Negli
ultimi tempi si respirava una forte tensione e aveva preso forma con piccoli
episodi.
Ino
non riusciva a rivolgere la parola dopo la mattina successiva alla festa,
quando aveva seguito Naruto e Miori fino all’uscita del villaggio.
La demone era
stanca di farsi troppe seghe mentali e cadere periodicamente in risisi.
Aveva
detto tutto, a partire da quanto successo quasi tre anni prima, tralasciando la
faccenda delle reincarnazioni.
Come
prevedibile non prese bene la notizia.
***FLASHBACK***
- È uno scherzo.
Ino cercava di abbozzare un sorriso.
Stava tentando in ogni modo di illudersi.
Che quanti le era
stato detto era una burla e che presto i tre sarebbero scoppiati a ridere
ammettendo il misfatto.
Ma non avvenne.
- Tu… tu… perché non me l’hai mai detto.
Occhi lucidi e la voce roca di chi è sul
punto di piangere.
- Ino.
Miori tese la mano verso l’amica
ma questa arretrò.
- NON MI TOCCARE!!!
Io… io credevo di essere la tua migliore amica. Perché non mi ha detto nulla.
PERCHÈ A LORO SÌ E A ME NO!!!
- Se non lo avessi scoperto per caso avrebbe
tenuto all’oscuro di tutto anche noi.
Tutti si voltarono verso Hinata, poi
ritornarono a fissare Miori quando la loro attenzione
venne attirata dal tintinnio negli orecchini.
Senza di essi aveva
ben presto ripreso le sue sembianze.
Ino
si sentì intimorita da quelle gocce d’ambra tagliate da una lama di ossidiana quale era
la sua pupilla ferina che ora la fissavano nel profondo degli occhi celesti.
Sentendosi intimorita Ino abbassò lo sguardo ma miori gli risollevò il volto tenendolo stretto
tre le sue dita artigliate.
- Guardatemi.
Mani ai fianchi e una sfida a ribattere nello
sguardo.
- Credi davvero che volessi
diventare un demone. Avanti, parla, ti ascolto. In fondo siamo qui solo per
questo.
Esibiva un tono quasi canzonatorio.
Non aveva il coraggio di parlare e percepiva
chiaramente sua inquietudine riempirle le narici come una forte essenza di
spezie.
- Se non mi fossi trovata alle strette avrei
preferito morire veramente piuttosto che fare una cosa del genere. Stai dando
per scontato che sia stato tutto facile. Che non abbia
avuto paura.
Lentamente si allontanò.
Prima di oltrepassare il portone si girò
un’ultima volta.
- Ti prego di non odiarlo, in fondo non lo
sapeva neanche lui cosa avrebbe provocato. O almeno non credo che sa stato così
stupido da combinare qualcosa che avrebbe ammazzato anche lui.
***FINE FLASHBACK***
E con
il suo consenso aveva comunicato l’accaduto a tutti quelli della vecchia
guardia che in comune accordo avevano mantenuto il segreto.
La
bionda spesso guardava Sasuke di sfuggita.
Il
ragazzo era arrivato già da tempo al villaggio.
(Santa) Tsunade (di
Calcutta) era intenzionata a riconoscerlo come spia ai suoi ordini, che per
anni aveva seguito da vicino le mosse del nemico, corrotto Kabuto
e Tayuya convincendoli a tradire Orochimaru
e cedere il maggior numero di informazioni a disposizione sui piani del Sannin in cambio di immunità diplomatica.
La
Godaime avrebbe dichiarato di avergli fornito una copertura con una finta
spedizione di recupero.
Il
destino fu contro di loro e solo grazie a svariati intervanti di attività
criminale Sasuke fu salvato ad un passo dal patibolo.
Per
decisione del consiglio il giovane avrebbe avuto l’opportunità di ripulire la
sua fedina penale attraverso un lungo periodo di servizio civile, una volta che
conclusa la missione.
La
bionda proprio non riusciva ad odiarlo, perché sapeva bene che Miori aveva
ragione in fondo.
In molti come lei provano per il moro pietà e tristezza, a differenza di pochi altri (Naruto e Rock Lee) che si trattenevano a stento dal rivoltarlo come un calzino.
E fu
quella tensioni delle due parti che portò all’inevitabile scontro tra Naruto e
Sasuke.
Non
era tanto l’essere evitato di per sé, o il fatto che il biondo guardasse il
moro con lo stesso disprezzo con cui una casalinga fissa uno scarafaggio.
Il
moro si era stancato di quel comportamento ma nonostante le sue buone
intenzioni di riappacificazione rimediò un pugno
poderoso e da lì alla rissa non ci volle molto.
Erano
tutti lì a incerti sull’intervenire o facendogli risolvere i propri problemi
guardarli prendersi a pugni come ai vecchi tempi.
Ma avevano
si erano trattenuto troppo a lungo e a distanza di quasi tre anni si trovarono
nuovamente a puntarsi Rasengan e Chidori uno contro
l’altro.
Il
primo che intervenne fu Lee
- KONOHA SEMPUU!!! (trad: Vento della
Foglia)
Li
scagliò uno lontano dall’altro, senza sapere di aver appena dato via ad una
reazione a catena.
Naruto,
che ancora una volta sembrava essere protetto dalla sua buona stella, non
incontrò nessun ostacolo, ma la sfera gli sfuggi di mano conficcandosi nel
suolo in cui scomparve, per sbucare in superficie pochi metri più avanti frantumando
delle rocce.
Le
schegge vennero proiettate a random
per un raggio di dieci metri e intercettate da Shikamaru che esercitando il suo
dominio sull’ombra si creò uno scudo.
La
consistenza dell’ombra non era tanto solida come un
muro quanto gommosa come la fibra plastica di un palloncino, ma fu comunque
abbastanza per respingere i frammenti.
Per
Sasuke non fu così semplice: in un primo momento rischiò di trafiggere la
povera Hinata
- Hakkeshou Kaiten (Trad: Rotazione Suprema)
La
giovane Hyuga si aspettò di respingere semplicemente
l’attacco, ma contro ogni sua previsione il suo Chakra
si fuse con quello di tipo elettrico dell’Uchiha con risultati inaspettati,
quali la parziale perdita di controllo della tecnica e la completa liquefazione
della spada di Sky che l’aveva protesa davanti a sé per proteggersi dal
colpo.
Fortunatamente
un attimo prima di ritrovarsi fritto Sasuke venne
salvato in extremis da Mayls che teletrasportò
entrambi a distanza di sicurezza lasciando nel punto dove prima c’era il ragazzo
delle increspature nell’aria.
Hinata
era corsa quasi subito da Naruto e si rassicurò e vedere che Kyuubi lo stava
già guarendo e che alla fine gli era solo rimasto lo zigomo destro un po’
arrossato per via del colpo di Lee.
Sul momento solo il biondo si era reso conto che da un avvenimento apparentemente casuale erano appena nate tre nuove arti.
Kiba
si era allontanato dalla marmaglia che stava soccorrendo i
due imbecilli seguito dal suo fedele Akamaru.
Di
colpo il cane si bloccò di colpo.
Aveva
sollevato il naso verso l’altro per annusare, poi girò la testa alla destra del
padrone e si mise a ringhiare.
Poco
più a vanti, appollaiata su un albero, c’era Midna, la gatta siamese di
Chiharu, una Chunin di Suna che del Clan Nekoi e seduta
contro il tronco della stessa pianta.
Dai
capelli lunghi fin poco sopra alle spalle di un castano chiarissimo che quasi
sfociava nel bianco, in netto contrasto con le iridi ramate, era uno
scricciolo, più bassa di lui di una buona spanna e mezza e con la corporatura
di una bambina appena uscita dall’accademia.
Con
quei pinocchietti grigi e con il chimono corto viola
legato da un obi purpureo sembrava una bambina che cerca
di apparire adulta indossando si nascosto i vestiti della mamma.
Tra i
due era stato odio a prima vista, come cane e gatta ed ogni occasione era buona
per litigare.
Ma
quella mattina non aveva voleva saperne delle schermaglie del ragazzo e lo
aveva snobbato nel modo più assoluto.
Quando
lo sentì avvicinarsi a malapena inarcò a malapena le sopracciglia, si abbassò
sugli occhi il cappellino di pelo bianco in cui fatto cucire una piastra
metallica con lo stemma di Suna e tornò a dormicchiare.
Quella,
per l’Inuzuka, era un’occasione d’oro per rifarsi.
Tornò
indietro al rifugio più vicino dove riuscì a trovare un dei secchi usati per le
pulizie, lo riempì d’acqua e si avvicinò alla preda quatto quatto.
Stava
per svuotare l’intero contenitore quando Midna si mise
a miagolare come una scimmia urlatrice svegliando la padrona, la quale
vedendosi puntata contro tutta quall’acqua reagì
tirando un calcio al secchio ritrovandosi zuppa tanto quanto il ragazzo.
Per un
attimo nessuno dei due si era mosso.
Oltre
al danno la beffa: il colpo infatti aveva sbalzato in
aria il secchio che aveva dopo una cortissima parabolica era andato a
conficcarsi in testa al ragazzo.
Kiba era furioso: oltre
allo scherzo rivoltato contro, ci aveva anche guadagnato un bel bernoccolo.
Perse
il suo ghigno diabolico quando Chiharu gli tolse
gentilmente il secchio dalla testa.
Il
ragazzo pensò che la botta dovesse aver sconquassato udito, vista, olfatto e
tatto.
Non
era possibile che ora la ragazza stesse facendo le
fusa come i gatti, né che lui si sentisse inebriato da uno profumo dolcissimo
che sembrava provenire dalla ragazza.
Né che
lo sguardo della Nekoi fosse tanto languido e libidinoso.
Né che
si fosse chinata su di lui lo stesse baciando.
Doveva
essere così, perché non si sarebbe mai lasciato abbracciare da una ragazza (una
Nekoi poi!).
Non
avrebbe mai lasciato che lo costringesse a sedersi mettendosi a cavalcioni sulle sue ginocchia mascoline e men che meno avrebbe mai lasciato che fosse lei ad
insinuare la sua piccola lingua rugosa nella sua bocca.
Dannati ormoni.
Era notte fonda.
Soffiava un vento gelido e il
tepore della propria abitazione era come un dolce invito a restare a casa.
Nell’ala nord del vecchio ospedale
riecheggiava l’eco di passi.
L’edificio era caduto in disuso
diversi decenni prima, in seguito ad un incendio.
Quella, era una forse l’unica
parte rimasta in piedi dopo il disastro, ma se anche non fosse,
buona parte era stata comunque demolita.
Simile destino sarebbe stato il
suo se non fosse che il luogo era abbastanza
pittoresco per usare i sotterranei, all’epoca rimasti intaccati dalle fiamme,
come uffici per gli interrogatori.
Morino ne era rimasto deliziato,
ma ciò lo si poteva vedere benissimo dalla ricca
collezione di strumenti di tortura appesi alle pareti del suo ufficio.
Essendo tutti uomini i dipendenti
era assai intuibile non solo la mancanza di un qualunque tocco femminile, su
cui si poteva sorvolare tranquillamente.
Quello che realmente mancava, e
questo lo dimostravano due dita di polvere per terra e la vernice scrostata
delle pareti, era il concetto dell’igiene.
Lì, cadere e sbucciarsi una
qualunque parte del corpo equivaleva a beccarsi una qualunque patologia andante
dal tetano alla lebbra, dalla peste al colera.
Come quel posto non fosse stato
chiuso da quelli dell’ufficio igiene e raso al suolo era ancora un mistero
insoluto, un po’ come i ratti grossi come gatti che bazzicavano da quelle parti.
In una di quelle stanze era stata
occultata la presenza di Itachi, il quale era stato di tutta fretta reso
innocuo per chiunque e tenuto sotto sorveglianza di pochi eletti, in
preparazione alla cerimonia che in base alla riuscita sarebbe
significato per l’Uchiha salvezza o morte.
Itachi era stato incatenato ad un
palo, con diverse protezioni in metallo a bloccare ogni suo movimento, una
benda sugli occhi e un morso in bocca.
L’unico nutrimento era dato da delle
soluzioni nutritive iniettate direttamente in endovena tramite una flebo, mentre una seconda conteneva un concentrato
micidiale di sedativi.
Completamente immobilizzato e
circondato da cerchi magici, il diavolo parassita non poteva fare nulla di fatto per liberarsi e scappare, figurarsi anche solo
tentare la fuga, e se anche fosse riuscito a scappare sarebbe crollato a terra
rintronato come un astemio che si fa a goccia tre dita di vodka.
Eppure pallido e nel degrado della
denutrizione degli ultimi tempi, il ragazzo manteneva il suo fascino di bello e
dannato.
Un bel bocconcino.
Cioè quello che aveva pensato il
vampiro che si era infiltrato nell’edificio per potersi gustare in santa pace le
sacche di sangue che doveva aver trafugato dall’ospedale.
Per quanto potesse
sembrare sospetto ai cittadini un tizio pallido come un cadavere, zannuto e che
se ne andava in giro fischiettando con un cestello della spesa sottobraccio
pieno zeppo di sacche per le trasfusioni (cioè molto), il non-morto aveva
deciso di rifugiarsi da quelle parti per evitare eventuali scocciature.
Gli si era avvicinato una volta
scoperto che i sigilli non erano calibrati su creature come lui.
Con due dita aveva delicatamente
sollevato il volto al suo “spuntino di mezzanotte” per mettere ben in vista la
giugulare prima di spalancare le fauci per affondare i canini nella carne.
Il destino per una notte era dalla
parte di Itachi quando decise che spettava a Mameha
fargli da guardia e che questa non fosse dell’umore adatto per andarci con mezze
misure.
Poggiato il palmo sul petto del
vampiro scaricò un colpo di un potenziale equivalente ad un Rasengan caricato
ad energia positiva che disintegrò buona parte della metà inferiore del corpo
del non-morto.
Mameha afferrò il
capelli vampiro per i capelli e lo sollevò (o almeno sollevò quanto ne
restava)
- PUTTANA!!!
Ringhiò il vampiro tossendo
sangue.
- VAFFANCULO GREY!! Dimmi che cazzo ti passava per la testa
quando hai tentato di morderlo.
- mmm…
nutrirmi?
- FOTTITI!
- Da solo o in compagnia!?
- Preferisci che ti risponda o che
ti ammazzi del tutto?
- Scherzavo, scherzavo. Ma lo sai
almeno quanto fa male un colpo del genere?
- No, e non me ne frega un’emerita
mazza.
Il vampiro Grey
si ricompose (nel senso che si rigenerò le parti mancanti del corpo) e
ricostruì i suoi vestiti inevitabilmente inceneriti dal colpo.
- Quanto sei acida. Non è che per
caso hai le tue cose?
- Non sono cazzi
tuoi.
- Va bene. Ora, racconta a zio Grey cosa angoscia la tua innocente indole.
Mameha decise di sorvolare sullo
sfottò.
- Davvero lo vuoi sapere? BENE!!! La truppa si è divisa in fazioni, non so come dire al
mio ragazzo (che è anche quello della mia metà, ma sorvoliamo) che ci ha quasi
accoppate e per finire in bellezza…
Fece con tono teatrale.
- ABBIAMO UN INUZUKA IN CRISI
MISTICA! TI BASTA O VUOI ALTRO, NEH ZIO GREY?!
Grey inarcò il sopracciglio.
- Mannaggia che sfiga. E come pensi di risolvere il problema.
- Tre parole…
- FESTA. DI. HALLOWEEN
Grida gaudio da una parte e pallidume improvviso dall’altra.
Il kazekage continuava a sorseggiare il suo tè caldo, nascondendo la sua espressione con la tazza.
Gaara non amava Halloween.
Lui adorava quella festa.
Viveva funzione di quella festività.
Contava i giorno che lo separavano da quella notte, Kankuro e Temari sparivano esattamente ventiquattrore prima, giusto perché Halloween sottintende anche scherzi piuttosto pesanti.
Attendeva quel giorno solo per indossare il suo costume e andare in giro a spaventare bambini, genitori, vecchiette senza che potessero dirgli niente e magari guadagnarsi qualche dolcetto.
Niente era più bello di sollevare il mantello e spaventare la vecchietta di turno.
Beh, a parte quella volta in cui aveva “accidentalmente” fatto venire un infarto alla vicina di casa.