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Autore: mamogirl    04/03/2013    2 recensioni
"This Power is greater than the forces of nature."
Brian e Nick. Frick e Frack.
Una forte amicizia che, con il trascorrere del tempo, si é trasformata in un sentimento molto differente e molto più profondo.
Ma il loro rapporto potrà durare nonostante un ritorno di un passato doloroso e gli ostacoli che si presenteranno lungo la strada?
NOTA: Non ho abbandonato questa storia. Alcuni capitoli sono in fase di revisione e di riscrittura e saranno presto online. Ringrazio tutti coloro che stanno ancora aspettando. =)
NOTA: ONLINE IL CAPITOLO 24.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Brian Littrell, Kevin Richardson, Nick Carter
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Quindicesimo Capitolo

 

 

 

 

 


 

 


 

Si osservavano.
In silenzio, si osservavano e si studiavano, cercando di capire a chi dei due toccasse la prima mossa.
Non era sempre stato così.
Era sempre stato Kevin a tenere il ritmo delle discussioni. In realtà, il più delle volte era stato proprio Kevin l’unico interlocutore, sciorinando tutte le ragioni per cui lui – e non c’erano dubbi che la maggior parte delle volte il lui era Nick – aveva sbagliato e le conseguenze delle sue azioni. Nick, per la maggior parte di quelle prediche, rimaneva in silenzio facendo finta di seguire ciò che il maggiore tentava di inculcargli nella mente.
Poi, erano iniziate i battibecchi.
Nick non era più un ragazzino, non aveva più bisogno di qualcuno che lo controllasse e decidesse per lui ogni minima cosa. Così erano incominciate le discussioni, le liti ad alta voce dove nessuno ne usciva vincitore. Ma esse non iniziavano mai in quel modo, in quell’anormale silenzio. No, esse solitamente incominciavano con una serie di recriminazioni e di urla su quanto il maggiore non avesse nessun diritto di impicciarsi in affari che non riguardavano la sua vita.
Con le giuste proporzioni, era anche quello un caso simile. La voglia di Nick di mandare a quel paese Kevin, senza nemmeno dargli un secondo per parlare, era forte ma avrebbe solamente cementato l’idea che il maggiore si era già fatto. Non era nemmeno difficile intuirlo ed ora comprendeva perché Brian fosse stato restio a parlarne con lui.
Poteva farcela. Avrebbe tenuto testa a Kevin, avrebbe difeso quel rapporto e si sarebbe lasciato scivolare via qualsiasi insulto, offesa e minaccia che gli sarebbero stati tirati contro.
“Che cosa c’è da parlare su me e Brian?”
“Che cosa c’è fra voi?”
“Amicizia? Che razza di domanda è mai questa?”
“Oh, andiamo. Non mi prendere per un idiota. So bene che cosa c’è fra di voi.”
“Beh, se lo sai perché me lo chiedi?”
“Nick.”
“Kevin.”
“Non sono qui per scherzare. Senti, capisco che sei giovane e che hai voglia di sperimentare. Non ho problemi con questo e, a parte assicurarmi che tu sia conscio dei rischi, della tua vita puoi fare ciò che più ti conviene. Ma non posso permetterti di sperimentare con Brian.”
“A parte che nessuno qui ha bisogno del tuo permesso ma ti posso assicurare che non sto sperimentando proprio nulla.”
“Vorresti anche dirmi che è una cosa seria?” Kevin non poté evitare la nota sarcastica nella sua voce.
“Certo. – Rispose con onestà Nick. – Può sembrare tutto affrettato ma non ho intenzione di giocare con i sentimenti di Brian. Né, se per questo, con i miei.”
Kevin si ritrovò ad osservare, o meglio, scrutinare con attenzione il ragazzo. Non c’erano dubbi sull’onestà di quelle parole, sapeva riconoscere quando Nick mentiva e quando invece raccontava la verità. Eppure, non voleva credere a quelle parole né a quella luce di forza e sicurezza negli occhi.
Perché farsi convincere da quella prima e misera affermazione significava abbandonare tutte le recriminazioni che ancora aveva fra le mani.
Perché farsi convincere significava ammettere con se stesso che... no, Kevin cancellò quel pensiero dalla testa, poiché stupido e senza senso. Non era così egoista da voler rifiutare una possibilità di felicità solo perché ancora si sentiva in debito.
“Non sai che cosa significa amare.”
“E’ vero, non lo so. – Ammise Nick, senza mai abbassare lo sguardo. - Ma lo sto imparando da Brian e questo è qualcosa che non ti permetterò di portarci via.”
“E cosa ci sarebbe da portare via? – Domandò Kevin con tono sarcastico. – So che può essere affascinante. Elettrizzante. Frick e Frack, una coppia che sembra essere stata decisa da tempo. Ma l’amore non è solo quello che raccontiamo nelle nostre canzoni.”
“Scusa se ti interrompo ma se mi devi fare una lezione di filosofia morale, preferisco risparmiare tempo. So esattamente qual è il punto a cui vuoi arrivare.”
L’ammissione lasciò interdetto Kevin, prendendolo alla sprovvista. Era diventato così prevedibile? O davvero Brian si era fidato così tanto da raccontare tutto a Nick, quando solo fino a qualche giorno prima la sola proposta era capace di mandarlo in un attacco di panico? “Te ne ha parlato, quindi?”
Un’ombra mascherò per qualche secondo gli occhi di Nick, rivelando un punto di vantaggio per Kevin. “Non esattamente.”
“Come sospettavo. – Commentò Kevin, scuotendo la testa. – E ciò lo chiami amore?”
“Certo. Lo chiamo amore proprio perché amo qualsiasi cosa di Brian, anche quei lati nascosti e oscuri che ancora non mi ha permesso di vedere. Forse non lo farà mai, forse io non mi guadagnerò mai la sua fiducia ma... – Nick si ritrovò a scuotere le spalle, un mezzo sorriso sul volto. - ... lo amo. E per uno strano motivo, anche lui mi ama.”
Un lungo sospiro volò inatteso dalle labbra di Kevin. “Nick, non è di questo che Brian ha bisogno. Ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui e non il contrario.”
“Non lo conosci. E’ sorprendente quanto tu non conosca il tuo stesso cugino. Continui a considerarlo un vaso fragile, qualcosa che va maneggiato con estrema delicatezza perché c’è il pericolo che si possa frantumare in mille pezzi. Quell’immagine, beh, non è Brian. Non ha bisogno di essere trattato in modo differente solo per qualcosa che gli è successo in passato.”
Quell’ultima parte di frase fu capace di avvolgere Kevin con un mantello di ghiaccio. Era un ghiaccio di fuoco, però, intriso di una rabbia nel sentire ridotto ad un minimo incidente ciò che era successo ad entrambi. Quell’ignoranza... era proprio quello che aveva paura sarebbe successo.
“Gli farai del male. – Incominciò a pronunciare con tono lento, parole calcolate al minimo dettaglio affinché giungessero come coltelli. – Non sai niente, non si fiderà mai nel raccontarti ciò che è successo. E non è qualcosa di così piccolo da poterlo scrollare di dosso come se fosse una fastidiosa mosca. No, non lo è. E’ un fantasma, sarà sempre una presenza fisica fra di voi. E un giorno, senza nemmeno accorgertene, lo ferirai nel modo più doloroso e peggiore che esista, rovinando entrambi. E’ questo che vuoi?”
Colpito. Sì, Nick si sentì colpito da quei pugnali ma non erano state le parole a provocare la peggiore delle ferite. A farlo, era stato il tono, come se Kevin non stesse parlando con qualcuno che aveva visto crescere e, sperava, maturare né qualcuno con cui ormai condivideva la vita da anni. Sembrava che egli stesse parlando con un estraneo, uno sconosciuto di cui conosceva solamente il passato e da cui Brian doveva essere solamente protetto.
“Credi davvero che possa permettere ciò? Credi davvero che non abbia già pensato e ripensato a quante volte potrei far del male a Brian? Eppure lui si fida. Eppure lui mi vuole. E impareremo insieme a prenderci cura uno dell’altro. E’ questo l’amore, no?”
“Non sai nemmeno che cosa è successo.”
“E’ così importante sapere i dettagli? Non ci vuole un genio o Sherlock Holmes per capire che si tratta di qualcosa di davvero brutto.”
“Brutto nemmeno copre metà di ciò che è successo.”
Nick scosse la testa. Poteva sembrare quello un inutile commento ma aveva letto il messaggio sotto quelle parole. Perché Kevin conosceva il suo lato più debole, quella voglia e bisogno di non esser lasciato all’oscuro, di essere messo in un angolo e di non essere incluso nelle discussioni dei grandi perché ancora troppo immaturo.
Aveva già commesso quell’errore. Aveva già strepitato, alzato i pugni e si era già lamentato per quell’aura di oscurità che si era alzata attorno a Brian e le conseguenze... quelle le stava ancora pagando sulla sua pelle e su quell’insicurezza che, ne era certo, lo avrebbe sempre accompagnato.
Non avrebbe sbagliato una seconda volta.
“Non mi tenti. So qual è il tuo piano. Stai cercando di spingermi a chiederti che cosa è successo, ben conscio di come Brian potrà reagire.”
“Non sei curioso?”
Non era una domanda difficile. Non avrebbe dovuto esserlo. E invece lo fu perché, per la prima volta, Nick non sapeva esattamente che cosa rispondere. Era curioso? Sì, lo era. Ma, allo stesso tempo, aveva paura di quella risposta, aveva paura di scoprire quel mistero.
“No. Quando e se vorrà, sarà Brian a dirmelo. E’ un suo diritto e nemmeno te glielo puoi portare via.”
“Non te lo dirà mai. Perché sa che cosa succederà, sa che te ne andrai a gambe levate lasciandolo completamente distrutto.”
“E se non succederà? Che cosa farai, allora? Tenterai un altro modo di dividerci? Troverai un altro modo per tenere legato a te Brian?”
“Non stiamo...”
“Non parliamo mai di te. Eppure, tu ti infili in ogni discorso. In ogni decisione. Quasi come se avessi paura di perdere l’unico filo che ancora ti tiene insieme.”
“Stai vaneggiando! Sto solo difendendo Brian.”
“Ma lui non te l’ha chiesto! E, soprattutto, lui non vuole la tua protezione. Non ne ha bisogno.”
“Perché ha bisogno della tua? Non farmi ridere.”
“Ridi. Piangi. Urla pure quanto vuoi. Ma non cambierà la situazione. Sto con Brian e non ho intenzione di lasciarlo solo per la tua sindrome da eroe mancato.”
“Sindrome...? Non hai idea di che cosa abbiamo passato o quanto abbiamo dovuto lottare per arrivare a questo punto, quindi non osare fare giudizi o commenti.”
“Come fai tu? Non sai niente di me e di Brian, non sai quanto abbiamo parlato. Hai già deciso che questa storia finirà male e non hai intenzione di ripensarci.”
Nick aveva ragione. Kevin non stava veramente ascoltando quelle parole. Le percepiva ma il loro significato si perdeva non appena andavano a sbattere contro le alte mura costruite con mattoni di paure e ricordi. E la paura più grande, quella che aveva preso l’armatura e stava ora combattendo contro Nick, era quella che Brian un giorno non avesse più bisogno di lui. Ecco perché continuava a preoccuparsi, ecco perché non voleva accettare che qualcun altro stesse prendendo il suo posto.
Altrimenti, come avrebbe potuto mettere a tacere il suo senso di colpa?
“Certo che non ho intenzione di ripensarci. So già come finirà. Ripeto: fatti da parte, smettila con questa storia dell’amore prima che uno dei due rimanga scottato per sempre.”
“E se non lo faccio? – Domandò Nick con aria di sfida. – Meglio, perché non ne parli con Brian? Se hai tutte queste preoccupazioni, perché non ne parli direttamente con lui? E’ lui che vuoi proteggere, non di certo me.” L’ultima affermazione uscì con una nota piccata, invidia perché anche lui avrebbe voluto qualcuno che lo difendesse in quel modo, preoccupato che il suo cuore potesse venir spezzato o maltrattato. Nonostante la pazzia di quel cugino, Brian era davvero fortunato ad averlo.
E lui sfortunato ad avercelo contro.
“Sai bene perché non lo affronto direttamente.”
“Perché sai che Brian non ti darà ascolto. Perché sai che farà sempre di testa sua. E perché hai questa insana idea che non possa sopportare un po’ di discussione. E hai paura di come possa reagire e non perché ti preoccupi del suo stato mentale e emotivo. Anche. Ma non è quella la ragione principale.”
Nick vide Kevin impallidire sotto quell’accusa e capì di aver centrato il bersaglio. Fece solo un passo in avanti, il sorriso compiaciuto sul volto osservando finalmente il punto venir segnato dalla sua parte. Era una soddisfazione che poche volte gli era capitato di provare.
Dopo il primo momento di stordimento, Kevin recuperò subito il terreno perduto. Avanzò anche lui di un passo, lo sguardo mascherato dietro un’espressione di durezza e fermezza. “Sentiamo, allora, visto che sembri esserti appena laureato in psicologia. Quale sarebbe la ragione principale?”
“Non vuoi essere messo da parte.”

 

 


****

 

 

 

Le urla si potevano sentire sin dal corridoio ed esse aumentavano di volume e intensità man mano che ci si avvicinava al camerino da cui provenivano. Si faticava a carpire il senso delle parole usate ma era il tono di uno dei due litiganti che lasciò immobile Brian sui suoi passi mentre rami di quello che gli era successo incominciavano a intrecciarsi attorno a lui.
C’erano momenti in cui bastava anche il più piccolo dettaglio per rimettere in moto tutto, ricordi, immagini e sensazioni che se ne erano sempre stati nell’ombra. Quegli attimi erano paralizzanti, era come essere risucchiati via da un vortice che solamente lui poteva vedere e percepire. I suoni arrivavano ovattati, confusi insieme a quelle parole che facevano parte del flashback che ora lo teneva prigioniero. Le pareti del corridoio sembrarono trasformarsi, perdere quel beige opaco e diventare sempre più chiaro, più pallido e sporco; qua e là, pezzi di intonaco che si stavano per staccare o che erano già caduti e che giacevano sul pavimento. Non c’erano più le piastrelle, quadrati perfetti e lucidi sotto la luce delle lampade, ma sotto i loro piedi, i suoi piedi, c’era il terriccio e detriti che scricchiolavano ad ogni passo. Era piccolo e angusto quel capanno, non vi era luce e l’aria era satura di umidità e di chiuso ma c’erano avvolti a loro altri odori e Brian avrebbe potuto elencarli uno alla volta, persino in ordine alfabetico. Ma la sua attenzione era attratta da quelle parole che gli venivano scagliate contro, sillabe colme di una rabbia e una violenza di cui ancora non riusciva a comprende il motivo e che andavano a sottolineare i pugni e calci che gli impedivano di continuare, o almeno provare, a scappare.
Scosse la testa, rammentandosi che non si trovava più in quel capanno e che non vi avrebbe fatto più ritorno. Lentamente tutto ritornò alla normalità, le pareti ritornarono stuccate di bianco panna, con quadri e manifesti dei più gloriosi e importanti concerti tenuti in quell’auditorium, le piastrelle ritornarono ad essere lucenti e gli unici suoni distinguibili erano le voci di Nick e Kevin.
“Bri? Tutto bene?”
La voce di Howie fu un appiglio molto più reale a cui aggrapparsi. Solo allora si accorse di quanto le sue unghie si fossero conficcate nella pelle o dei tremori che facevano vibrare i nervi sotto la pelle.
“Quasi.” Rispose con un respiro affannato, riuscendo in qualche modo a sorridere. Lasciò uscire un respiro, ne espirò un altro e ripetè il tutto per più di una volta, sempre sotto l’attento sguardo di Howie. Attento ma con un velo di preoccupazione, pronto con mille domande sulle lingua ma cercando di trattenersi.
Così, optò per una battuta. “Credo che Kevin abbia fregato tutti.”
Brian alzò lo sguardo, confuso da quelle parole. Solo dopo qualche secondo comprese l’ironia e scoppiò a ridere anche lui. “La mia solita fortuna.”
“Direi che anche Nick è molto fortunato.”
“Meglio andarlo a recuperare o non avrò più un fidanzato.”
“O un cugino.”
La seconda risata arrivò più naturale, meno affannosa e più liberatoria. “Non sarebbe così triste. – Ribattè con ironia Brian. – Anche se la zia non credo che mi farebbe una statua.”
Aperta la porta del camerino, Brian e Howie si ritrovarono di fronte ad una scena insolita. Solitamente, quando Nick e Kevin litigavano, ci voleva sempre qualcuno che si mettesse in mezzo tra i due per evitare che arrivassero a spintoni e schiaffi. Epica era ancora la scena di Nick che mordeva la coscia di Kevin qualche anno prima. Non quella volta, però, dove i due ragazzi si trovavano ai lati opposti della stanza ed un divano a dividere come se ci fossero due fazioni.
“Che cosa sta succedendo?” Domandò Brian, alternando il suo sguardo fra Nick e Kevin.
Per qualche secondo, non volò nessun suono. Kevin mascherò qualsiasi emozione dietro la sua storica espressione fredda, pronto a negare che ci fosse stata la benché minima discussione fra lui e Nick e la ragione era molto semplice: non voleva discuterne con Brian, non solo per quel suo onnipresente senso di protezione verso il minore. In realtà e in completa onestà, non era ancora pronto ad affrontare quel discorso, non senza delle valide motivazioni oltre al “non voglio che ti faccia del male.”
Ma non aveva contato su Nick o, meglio dire, non aveva tenuto conto della sua reazione, credendo che anche lui volesse risparmiare a Brian quell’ulteriore stress.
Nick, infatti, si avvicinò a Brian, circonda dogli la vita con un braccio. “Sa di noi. – Dichiarò senza tanti giri di parole, continuando a mantenere lo sguardo su quello del maggiore. – E non ne è affatto contento.”
“Mi sarei stupito del contrario.” Mormorò Brian, incrociando le braccia sul petto.
“Brian...”
“Sentiamo, quali minacce hai usato questa volta?”
Per un secondo, Kevin si ritrovò sorpreso dalla reazione di Brian. O, forse, non avrebbe dovuto esserlo, conoscendo quanto testardo potesse essere il cugino. Ma rispetto a come lo aveva visto in quelle settimane, era strano e shockante vederlo così combattivo. Avrebbe però dovuto immaginarselo, specialmente dopo quel discorso che gli aveva fatto il giorno prima – possibile che fosse stato solo ventiquattr’ore prima? – e di come voleva lottare per quel nuovo amore.
“Alcune erano alquanto divertenti.” Aggiunse Nick, sorridendo soddisfatto.
“Posso immaginare. - Rispose Brian, facendo un passo in avanti. – Kevin, se hai qualcosa in contrario, è a me che ne devi parlare.”
“Io volevo solo...”
“So benissimo che cosa volevi fare: spaventare Nick in modo che scappasse, così che tu potessi fare l’eroe salvatore un’altra volta.”
“Vuoi davvero fare questa conversazione con lui presente?”
Brian non si scompose, nonostante sapesse che quella domanda non era altro che una provocazione. E anche Nick ne era consapevole, lanciandogli uno sguardo colmo di rassicurazione e di complicità.
 “Ci puoi lasciare da soli?” Gli domandò, cogliendo l’ombra passeggera di preoccupazione nei suoi occhi. Gli angoli della bocca si curvarono in un flebile sorriso, una sottile rassicurazione che sarebbe andato tutto per il meglio.
Poteva farcela.
Doveva farcela.
Voleva farcela.
Nick annuì con un cenno del capo e lanciò un’ultima occhiata torva all’indirizzo di Kevin. “Ti aspetto in macchina.” Sussurrò in un orecchio a Brian prima di uscire dalla stanza.
Per qualche secondo, i due cugini si osservarono senza dire niente. In Brian, per la prima volta, vibrava la rabbia verso il maggiore; fino ad allora, non aveva mai provato a ribellarsi perché, in fondo, sapeva che Kevin lo faceva dettato da senso di colpa e protezione. Ma non era più quel Brian, non era più quel ragazzino che aveva avuto paura di togliersi dall’ombra e iniziare a camminare verso la luce del sole.
“Brian...”
Brian alzò la mano. “No. Niente Brian. Che cosa pensavi di fare? Spaventare Nick così tanto da costringerlo a lasciarmi, in modo da poter recitare ancora una volta la figura dell’eroe? - Domandò con tono sarcastico. – Lascia che ti chiarisca una cosa, sin dal principio. Qualunque tecnica di terrore che tu possa anche solo minimamente pensare di utilizzare non funzionerà questa volta. Non su di me e tantomeno su Nick. Lo conosci, è più testardo e ostinato di me, soprattutto se significa mettersi contro di te e provarti che stai sbagliando.”
“Quindi, è per questo che lo fai? Dimostrarmi che sbaglio nel ritenere questa vostra cosa come qualcosa di passeggero?”
Se ci fosse stato ancora qualcuno in quella stanza, essi si sarebbero sentiti testimoni oculari di un singolare duello durante il quale i due contendenti si osservavano a lungo, pronti a sfoderare una mossa e prevenire quella dell’avversario.
Eppure, non avrebbe dovuto essere così, Brian non avrebbe dovuto difendere le sue decisioni di fronte allo sguardo giudicante del cugino. Era stanco di quel continuo nascondersi, di persone che vedevano solamente tutte le sue debolezze e tralasciavano la forza che lo aveva portato a rinascere da quelle ceneri.
“No. Puoi pensarla come vuoi, non mi interessa. Non voglio di certo sprecare energie inutilmente in continue dimostrazioni. Sono stanco di tutto questo gioco. Perché per anni è tutto ciò che ho fatto, continuare a dimostrare a tutti che potevo farcela, dimostrare ai miei che potevano lasciarmi partire senza avere attacchi di panico, dimostrare al mondo che non ero più quel bambino. Dimostrare che potevo essere un ragazzo normale, nonostante tutto. E ora dovrei dimostrare anche che posso avere una relazione con Nick? No, qui finisce tutto. Non devo dimostrarti niente, Kevin.”
Kevin si lasciò sfuggire un sospiro, sperando di far uscire con esso parte della frustrazione. Non era arrabbiato con Brian, comprendeva in parte il suo punto di vista e più di qualsiasi altro voleva che lui fosse felice.
Ma non così, non gettandosi in qualcosa solamente per sfuggire da ciò che ancora lo tormentava.
Ma non con Nick, che a malapena era in grado di prendersi cura di se stesso. E senza sapere nulla, come poteva Nick proteggere Brian?
“Ancora non capisci, vero? – Mormorò Brian, sottotono e sconfitto da quell’ostinata incomprensione. – Non ho bisogno di protezione, non ho bisogno di essere costantemente messo sotto osservazione perché potrei crollare. Non dico che sono guarito, non lo sarò mai completamente, ma... ho bisogno di vivere. Come qualsiasi altro ragazzo. E’ chiedere troppo?”
Kevin non era pronto ad arrendersi, una parte di lui continuava a credere ed essere fermamente convinto di essere nel giusto e lui sapeva anche l’origine di quella spinta. “Quindi continuerai a fare come hai sempre fatto? Dimenticherai ciò che ti è successo fino alla prossima volta che qualcosa ti ricorderà ciò che è successo?”
“No! – Esclamò Brian, questa volta impossibilitato a trattenere la frustrazione. – No. Mi sono sempre nascosto, questo lo ammetto. Ammetto che non è stata la decisione migliore e ora sto pagando le conseguenze. Ma non voglio più nascondermi né lasciarmi condizionare. Voglio vivere, non semplicemente sopravvivere a pelo dell’acqua.”
“Con Nick? Con Nick che non sa nulla?”
“Lo saprà. Non ora ma lo saprà. Un giorno, glielo dirò.”
“E non hai più paura della sua reazione?”
“Avrò sempre paura. Ma so che, qualunque sarà la sua reazione, non sarà mai contro di me. E l’ho imparato oggi. Howie mi ha ignorato per tutto il giorno ma non perché non voleva avere più niente a che fare con me ma perché non sapeva come affrontare una cosa del genere. Ne abbiamo parlato e, per me, è stato come togliermi un piccolo peso.”
“Quindi lo racconterai anche agli altri?”
“Altri... manca solo Aj. Credo di sì. Con lui sarà un po’ più difficile ma... non è giusto nei loro confronti. Non è giusto nei tuoi confronti.”
“Miei?” Domandò Kevin, gli occhi sgranati per la confusione.
“Sì. In questa storia, non sono l’unica vittima. Forse io ho ancora le cicatrici inscritte sulla pelle ma le tue sono soprattutto nell’anima. Ed è anche colpa mia se non sei mai riuscito a guarirle. Ti ho costretto a essere sempre quello forte, sempre quello che doveva occuparsi di tutto senza mai permetterti di crollare. Il punto non è che io ora stia con Nick o meno, il punto è che arrivato il momento di lasciarci alle spalle questa storia. Non permettere a Tyler di continuare a tormentarci, non dargli anche la soddisfazione di continuare a rovinare la nostra vita.”
Per un momento, Kevin pensò di trovarsi in una realtà parallela a quella che stavano vivendo fino a qualche attimo prima. Perché fino a quel momento, entrambi erano stati arrabbiati e la rabbia di Brian era stata palpabile nel modo in cui aveva tenuto le dita strette nelle pieghe della felpa. Ma ora, invece, il suo sguardo era differente, l’arrabbiatura era scemata via e si era trasformata in una maturità mista a compassione che, come sempre, lasciava interdetto Kevin.
“Non puoi chiedermi di perdonarlo. Forse tu puoi farlo, anche se non riesco nemmeno a concepire come. Ma non puoi chiedermi di...”
“Non te lo sto chiedendo. Ti sto chiedendo di perdonare te stesso.”
“Me?” Urlò Kevin.
E fu di fronte a quella reazione che Brian intuì di averci visto giusto, di aver colpito l’origine di tutta quella rabbia rivolta verso Nick e verso il loro rapporto.  
“Mi hai sempre detto che dimenticare, buttare tutto nel dimenticatoio e non affrontare ciò che era successo, non era la terapia giusta. Ma anche tu hai fatto così, ti sei scordato che Tyler era prima di tutto il tuo migliore amico. E che ti ha tradito. Più di qualsiasi altra persona. E ora hai paura che Nick possa fare lo stesso, temi che ti possa colpire alla schiena esattamente come ha fatto lui...”
Kevin lo interruppe prima di poterlo lasciare finire. “Non stiamo parlando di me.”
“Certo. E’ sempre stato così, d’altronde. Non abbiamo mai parlato di te, abbiamo sempre parlato di me e dei miei attacchi di panico, dei miei tentativi di autodistruzione e degli incubi. Abbiamo parlato di che cosa fare per proteggere questa storia, abbiamo discusso se dirlo o meno ai nostri manager ma mai, mai, mi hai detto qualcosa che riguardava te.”
“Non c’è niente da dire.” Rispose Kevin a denti stretti.
“Non c’è mai niente. Ecco perché ci ritroviamo in questa situazione.”
“Non stavamo parlando di me. Stavamo parlando di te e della tua idea di...”
“Di cosa? Di finalmente tornare a vivere? Ed è questo che ti spaventa. Se io vado avanti, se io finalmente mi libero dalla tua armatura e scudo, non avrai nessun altro che potrà nascondere i tuoi demoni.”
“Non hai idea di che cosa stai parlando. – Ribatté Kevin, anche se la fermezza nella sua voce si stava lentamente sgretolando. – Stai cercando, come sempre, di girare attorno ai problemi.”
“Io o tu? – Non cedeva, Brian. Non voleva, non quando sapeva di essere finalmente allo stesso livello del maggiore e di poter finalmente essere colui che avrebbe offerto aiuto, invece che richiederlo. Sentirsi forte lo faceva sentire forte. – Perché io non lo sto facendo, li sto affrontando giorno dopo giorno.”
Kevin fece scoccare le labbra mentre incrociava le braccia davanti. “Vuoi dirmi che metterti insieme a Nick è il tuo modo di affrontare tutto?”
“No. Mettermi insieme a Nick non ha niente a che vedere con ciò. Ha solo a vedere con me e con il fatto che... – Brian si lasciò sfuggire uno sbuffo. – Sai una cosa? Non devo giustificare proprio niente. Pensala come vuoi, pensa che Nick mi farà del male, pensa che io sia un idiota. Ma non cambierò idea.”
“Sto solo cercando di proteggerti! Santo cielo, perché non lo vuoi capire?”
La rabbia, mista a stanchezza e fastidio, riesplose dentro di Brian. “Proteggermi? Non ce n’è bisogno, non ho bisogno di protezione. Quella... avresti dovuto proteggermi tanti anni fa.”
Le parole colpirono come se fossero pugnali affilati. Brian vide Kevin sussultare fisicamente ad ogni sillaba, impallidire come se lo avesse realmente preso a pugni. “Scusa non... non avrei mai dovuto dirlo.” Si scusò Brian, conscio di aver usato quelle parole solo per lo scopo di far del male, non perché le pensasse veramente.
“No, hai ragione. Ho fallito ed è per questo che non posso più commettere lo stesso errore.”
Una coltre di silenzio cadde fra i due ragazzi. In quell’assenza di parole, Kevin si voltò e si avvicinò all’unica finestra all’interno della stanza. Quando riprese a parlare, la sua voce aveva perso qualsiasi espressione o tono.
“Non posso dirti che cosa fare, Brian. Questo lo so. Ma non puoi chiedermi di smettere di preoccuparmi o di tentare di tenerti al sicuro. Avrei dovuto farlo tanto tempo fa ed è colpa mia se ti trovi in queste condizioni. Il minimo che posso fare è cercare di rimediare.”
Brian non fece un passo in avanti, come se ci fosse una linea invalicabile fra di loro. “Kevin, l’unico modo che hai per rimediare è perdonare te stesso. E riprendere a vivere. Avrò sempre bisogno di te ma... in modo differente. Non posso legarti a me per la vita, di certo Kristen avrebbe da ridire su ciò.”
La battuta non ebbe l’effetto sperato. Solo Brian accennò ad un debole sorriso mentre, da parte di Kevin, non giunse nemmeno il più piccolo sussulto.
“Mi spiace che tu non riesca a vedere ciò. Mi spiace che, per colpa mia, non riesci a scioglierti da quella ragnatela. Ma se non riesci ad accettare il mio rapporto con Nick, allora... - Brian non terminò la frase, per quanto potesse essere arrabbiato con Kevin, non riusciva a pronunciare quelle ultime parole che sapevano di condanna finale. – Un giorno ti accorgerai di quanto tempo hai perso e incolperai chiunque per averti permesso di lasciarti avvelenare da lui.”
Con quelle ultime parole, Brian recuperò il borsone e il computer di Nick prima di uscire. Lanciò un’ultima occhiata dietro di sé, non aspettandosi realmente un repentino cambiamento nel maggiore ma non potendo impedire alla speranza di vivere per qualche secondo.
Inutilmente.

 

 


***

 

 

 

Il viaggio di ritorno in hotel fu avvolto dal completo silenzio e da un’aura di tensione difficile da spezzare con due parole. Nick e Brian erano seduti sui sedili posteriori, l’uno contro il finestrino mentre osservavano il riflesso dell’altro sfrecciare fra le luci dei lampioni che si stavano accedendo.
C’erano tante cose, tante parole, che Brian avrebbe voluto dire ma sapeva che quello non era il momento migliore: i muscoli tesi, il viso contratto e gli occhi che non lasciavano trasparire nessuna emozione. Almeno apparentemente perché Brian sapeva leggere dietro quell’assenza di sentimenti e sapeva che, sotto di essa, c’era un fuoco di rabbia e ira che cercava di sgomitare e di uscire fuori ma Nick non glielo permetteva.
Continuò a non dire niente ma allungò semplicemente la mano, oltre quei pochi centimetri di spazio e distanza che li separavano, e l’appoggiò su quella di Nick, stretta con fermezza attorno ad una piega dei pantaloni. Con dolcezza, sciolse le dita una ad una, per poi intrecciarle con le sue, ricevendo nel riflesso del finestrino un accenno di sorriso. Bastò quel lampo di luce per riassettare l’animo di Brian e rimettere sotto controllo il panico. Certo, Nick era arrabbiato ma quella rabbia non era rivolta a lui o al fatto che, per colpa sua e di quel segreto, Kevin lo aveva scritto sulla sua lista nera.
Ma sapeva, comunque, che era arrabbiato. Poteva immaginare le parole che Kevin poteva avergli urlato contro, i sotterfugi messi in atto con l’unico scopo di farlo scappare e lì, mentre pensava a quelle parole, sentiva ancora la rabbia ricominciare a montare dentro di lui. Era strano, non l’aveva mai accettata così completamente e senza remore: anche quando in passato lo era stato, arrabbiato, c’era sempre stata una punta di senso di colpa a macchiare quell’emozione.
Non ora. Perché ora poteva tornare a comportarsi come sempre, anche se non era più una maschera per nascondere le sue fragilità. Ora poteva tornare a fare ciò in cui riusciva meglio, ovvero prendersi cura di Nick e far scivolare via tutte le sue insicurezze.
Arrivarono all’hotel e alla loro camera rimanendo sempre in silenzio, sempre quella mano stretta l’una nell’altra che parlava per loro. Fino a quando fu Nick a staccarsi da quell’intreccio.
“Vado a farmi una doccia.” Mormorò a Brian, abbassando il viso quel tanto per sfiorare la fronte del ragazzo con un bacio.
“Nick?” Lo richiamò Brian.
Nick si voltò, una mano appoggiata allo stipite. “Sto bene.” Disse semplicemente prima di scomparire dietro quella porta.
Entrambi sapevano che era una bugia.
Brian sapeva che era una bugia, bastava uno sguardo a quei nervi ancora tesi sotto la pelle per capire che no, non stava bene. Ma si stava trattenendo per beneficio suo. O forse per beneficio di se stesso, perché non voleva accettare che le parole di Kevin avevano avuto effetto su di lui e che, silenziose, si stavano costruendo un’abitazione dentro la sua anima.
E ciò non poteva permetterlo.
Aprì la porta del bagno e, per qualche secondo, rimase semplicemente ad osservare Nick. Era ancora vestito, un altro segno che la doccia era solamente la scusa per sfuggire via e nascondersi.
Era qualcosa che avevano in comune.
Silenziosamente, si avvicinò a lui e, come quella mattina – davvero era successo solo qualche ora prima? – coprì la schiena di Nick con il suo corpo, appoggiando la fronte sulla maglietta e circondandogli la vita con le braccia. Per un secondo, i muscoli sotto di lui rimasero tesi; poi, come a comando, seguirono il sospiro che Nick si lasciò sfuggire prima di appoggiare le mani sopra le sue.
“Non sono arrabbiato con te, Bri – bear.”
“Lo so.” Rispose Brian con un bacio nell’incavo delle scapole.
“Non lo sono nemmeno con Kevin.”
“Bugiardo.”
 Un altro lungo respiro ma Nick non disse nulla.
“Kevin non è realmente arrabbiato con te.” Iniziò a dire Brian.
“A me lo sembrava abbastanza.”
“Lo sai che è abbastanza contorto come persona. – La battuta, involontaria, fece sorridere Nick. – Ma non ce l’ha davvero contro di te né è fermamente convinto che tu possa farmi del male. E credo che tu abbia capito che, per male, non intende un tradimento o un cuore spezzato.”
“Questo l’avevo intuito. E’... – Nick si inumidì le labbra prima di continuare la frase. Pur sapendo che stava rischiando, non aveva mai posto domande dirette su quell’argomento e, in un certo, voleva mettere alla prova quella fiducia di cui tanto si era beato contro Kevin. - ... ha a che fare con ciò che ti è successo? Il famoso segreto?”
Fu il turno di Brian di irrigidirsi, un mezzo respiro soffocato dalla maglietta di Nick. Nick reagì in automatico, copiando quel gesto di conforto che lo stesso ragazzo aveva fatto qualche minuto prima in macchina. E sentì, percepì sotto le sue dita, il momento in cui la tensione lasciò quel corpo stretto attorno al suo.
“Sì. – All’inizio fu un sussurro ma che, nel silenzio, risuonò forte. – Sì. Non... non riguarda solo me. Anche se a Kevin piace pensarla in questo modo. Ed ecco perché è furioso. Se c’è qualcun altro a prendersi cura di me, se io mi rivolgo a qualcun altro, lui dovrà vedersela con i suoi demoni.”
“Quindi, è arrabbiato non con me ma per ciò che rappresento?”
Forse era da codardi ma Brian non riusciva a staccarsi dalla protezione offerta dalla maglietta in cui si stava nascondendo, perché solo così poteva riuscire a lasciar parlare un pezzetto di quel vecchio Brian senza sentirsi sprofondare sotto la paura di che cosa Nick avrebbe potuto pensare.
“Era... era il suo migliore amico. Chi mi ha fatto del male, intendo. Si fidava di lui e invece... – Brian scosse la testa, allontanando quelle immagini che stavano ritornando ad inseguirlo. – Ha paura che possa succedere ancora. Ha paura di fallire.”
Nick si voltò, pur lasciando intatto l’intreccio di Brian. Appoggiò le mani sulle braccia del ragazzo, lottando contro l’istinto di alzargli il mento e poter osservare direttamente i suoi occhi, che tanto avrebbero lasciato trasparire più delle semplici parole. E, forse, proprio per quello non lo fece. Perché aveva paura di che cosa si sarebbe ritrovato a fissare.
“Ha paura di poter deludermi ancora. E crede che questo sia l’unico modo che ha per ripagare la sua colpa. E ormai ho abbandonato ogni tentativo per fargli capire che non ce n’è bisogno e che non l’ho mai incolpato.”
“Ora si capiscono molte cose.”
“Già.”
“Anche con Leighanne... anche con lei, si è comportato in questo modo?”
“No. - Ammise Brian. – Ma non perché si fidasse di più o altro. Semplicemente, perché era differente.”
“Lei era una donna.”
“Non solo per quello. Non ero innamorato di lei, non come lo sono di te. Non le ho mai detto niente e quando mi succedeva qualcosa, sia un attacco di panico o qualsiasi altra cosa, andavo sempre da Kevin. Ecco perché questa cosa, la nostra relazione, lo spaventa. Perché se ho bisogno di conforto, vengo da te. Se ho paura, sei tu che cerco. Non più Kevin.”
Per qualche secondo, Nick non rispose, un groppo in gola non permetteva alle parole di formarsi e librarsi lontano dalle sue labbra. Quella fiducia in lui era troppa, lo sopraffaceva in ondate che cancellavano ogni pensiero e dubbio. Come poteva farlo quando Brian lo guardava in quel modo e gli offriva ciò che poteva, anche se faceva male?
“Grazie.” Si ritrovò così solo a mormorare.
Ma fu quell’unica parola a far scattare qualcosa in Brian, allontanare le nubi e fargli alzare il viso. “Di cosa?”
“Di questo. Essere onesto con me.” Spiegò Nick, appoggiando le mani sulle braccia del ragazzo.
“E’ il minimo. – Rispose Brian. – Ti ho promesso che un giorno te ne avrei parlato ma... ciò non significa che debba nasconderti tutto fino a quel giorno.”
“Nonostante ciò che pensa Kevin, non ti costringerò mai a dirti ciò che ti è successo. Tutto ciò che ti chiedo è di dirmi quando ti accade qualcosa, qualsiasi. Magari, anzi, molto probabilmente non potrò aiutarti ma almeno eviterò di fare figure barbare e rovinare ciò che abbiamo.”
“Non è facile.”
“Lo so, non lo è nemmeno per me.”
“Ma hai ragione. – Asserì Brian. – Solo se siamo onesti l’uno con l’altro riusciremo a farcela. Il che vale anche per te, Nick. Non aver paura nel riprendermi quando faccio qualcosa che ti fa soffrire.”
“Oh, non preoccuparti. – Rispose Nick con una mezza risata. – Sai che so essere molto melodrammatico.”
“Lo so. E, a patto che non uscirà mai da questo bagno, è una delle cose che amo più di te.”
“Davvero?”
“Sì. – Rispose Brian. – Ma non puoi usarlo come ricatto.”
Nick finse di mettere il broncio. “Ma così non vale!”
“Ritiro tutto quello che ho detto!”
“No, no. Ora non puoi più farlo!”
Quella volta, fu il turno di Brian di mettere il broncio. “Uffa.”
Una risata solleticò entrambe le gole, uscendo dalle labbra e unendosi in un abbraccio, lo stesso abbraccio che aumentò di intensità fra Brian e Nick. Rimasero in quella posizione per qualche lungo secondo, appagati dal fatto che il silenzio non aveva bisogno di essere annullato con parole e sillabe, sazi di poter lenire le loro emozioni semplicemente con quel gesto che trasmetteva più di quanto avessero mai potuto parlando.
“Va meglio?” Domandò Nick.
“Dovrei essere io a farti questa domanda. – Ribattè Brian. – Stai bene?”
“Con te, sempre. - Disse Nick in un respiro. Le sue mani accarezzarono per un’ultima volta le braccia di Brian, risalendo e ridiscendendo per permettere poi alle loro dita di intrecciarsi. Le sue labbra si posarono sulla fronte del ragazzo, depositandovi un bacio. - Devo proprio fare quella doccia.”
“Sì, decisamente.” Confermò Brian con un sorriso.
“Stai dicendo che puzzo?”
“Non ho detto proprio niente.” Fu la risposta del ragazzo, strofinando poi le due punte del naso.
“Hai confermato la mia affermazione.”
“Potrei...”
Le dita di Nick si slacciarono da quelle di Brian, le mani scivolarono lungo la vita e si incontrarono di nuovo dietro la schiena. Per qualche secondo, aspettò la reazione del ragazzo, pronto a lasciarlo libero al primo segno di ansia ma non accadde nulla e così osò, stringendo a sé Brian. All’inizio, egli tentennò indeciso: non vi era paura, però, nonostante quella posizioni richiedeva un grado di intimità da cui era sempre stato lontano. Ciò che rendeva tutto normale, ciò che lo faceva sentire senza ansia e dubbio, erano le braccia che lo stringevano. Era un gioco, uno scambio di doppi sensi che lasciavano preludere a qualcosa di più intenso e mai prima di allora Brian aveva sentito così forte il desiderio di prendervi parte. Ma quasi immediatamente quello venne spinto via da un’unica realizzazione: non era ancora pronto per quel passo e se voleva intraprendere la strada della normalità, avrebbe dovuto fare un passo dietro l’altro.
Strofinò ancora la punta del naso contro quella di Nick e, alzandosi in punta di piede, accarezzò le labbra con le sue.
“In altre circostanze, ti avrei chiesto di farmi compagnia nella doccia.” Sospirò Nick.
“Lo so. E in altre circostanze, avrei risposto di sì ma...”
Nick non lo fece continuare, la punta del suo indice si appoggiò sulle sue labbra impedendo alle parole di volar fuori. “Non importa, davvero. E non sentirti in colpa.”
Brian fece semplicemente un accenno con la testa. “Un giorno.” Promise solamente.
“Un giorno.” Ripetè Nick, non potendo fare a meno di aggrapparsi a quella promessa.
Sull’onta del momento, Brian appoggiò le labbra su quelle di Nick, accarezzandole dolcemente e rimanendo così stretti per qualche secondo. “Grazie.” Sussurrò su di esse, prima di staccarsi. Non con lo sguardo, però, perché i loro occhi continuarono ad osservarsi, quasi come se fossero intenti a continuare una discussione che non aveva bisogno di parole.
E quando Brian si voltò per tornare in camera, gli occhi di Nick continuarono ad osservare la sua figura, domandandosi ancora quale stella avesse deciso di prenderlo sotto la sua ala protettrice e dargli quella possibilità dopo il modo in cui si era comportato. “Bri?”
Il ragazzo si voltò, un piede ormai già sulla moquette della camera. “Sì?”
Un secondo di silenzio, mille parole che sfrecciarono nella mente di Nick senza che riuscisse a pronunciarne nemmeno una; voleva dirgli che lo amava più di qualsiasi altra cosa o persona, voleva dirgli che era spaventato dalla potenza di quel sentimento e che, allo stesso tempo, lo faceva sentire più coraggioso che mai. Sì, Nick voleva dirgli tante cose, scrivere quelle parole sulla sua pelle così non avrebbe dovuto nemmeno pronunciarle ma, alla fine, si ritrovò a dire la più semplice delle verità. “Sei speciale, lo sai?”
Il flash arrivò senza preavviso.
Un momento Brian si trovava in quel bagno, al sicuro insieme a Nick, e il momento successivo si ritrovava catapultato nel passato mentre veniva trascinato nel capanno, mentre ancora le sue dita cercavano di appigliarsi alla sabbia, alla terra, a qualsiasi cosa che gli permettesse di sfuggire. Risentiva nelle orecchie la sua stessa voce, ormai afona, chiedere e pretendere di sapere perché era accaduto proprio a lui.
“Perché sei una persona speciale. E come tale devo proteggerti.”
Durò solo un attimo, quell’unica immagine veloce di due occhi verde smeraldo, prima di ripiombare nella realtà ma gli effetti non smisero solo perché lui si era reso conto di essere al sicuro.
“Bri?”
Brian sbattè le palpebre più volte, cercando di mantenere stabile il respiro. Il tono preoccupato di Nick era un perfetto catalizzatore e su di esso vi proiettò tutte le sue ansie e trovandovi una sorta di forza. Certo, si erano promessi onestà ma in quel caso sarebbe stato impossibile raccontargli ciò che gli era successo lasciando fuori i dettagli.
E Nick, per fortuna, aveva compreso quella sua ritrosia: non si era avvicinato, era rimasto fermo sui suoi passi ma pronto a scattare in caso di bisogno, in qualsiasi forma richiesta.
“Bri? Tutto bene?”
Qualche giorno prima, sarebbe stato facile mentire. Qualche giorno prima, mentire avrebbe significato non aspettarsi richieste o domande scomode. Ora, invece, mentire avrebbe significato mettere una piega in quel rapporto, nuovo, che si stava creando. E la bellezza di ciò risiedeva in quella fiducia che sempre aveva contraddistinto la loro amicizia, in quel privilegio di non sentirsi in dovere di spiegare il perché di quel malessere.
“No.” Si ritrovò così a sussurrare, abbassando lo sguardo.
Nick, indeciso su che cosa fosse la cosa giusta fare, pronunciò le uniche parole che sapeva non sarebbero risuonate ridicole o futile. “Io sono qui.”
E funzionarono. Un timido accenno di sorriso apparve sul volto di Brian, insieme ad alcune linee di ansia che si assottigliarono fino a quasi scomparire. “Lo so. E...”
Nick non lo fece continuare. Era implicito, non bisognava esplicare, non serviva spiegare. “Lo so.”
“Grazie.”
La porta si chiuse prima che Nick potesse dire o aggiungere altro e solo dietro ad essa Brian si lasciò catturare da quei sentimenti e demoni che la mera presenza del ragazzo erano riusciti a tenere a bada. Non era panico, non era nemmeno ansia mascherata da timore. Era più che altro paura per quella sconosciuta spirale in cui sembrava lui si fosse infilato e di cui sembrava non esserci un modo per fermare la corsa.
Un conto erano gli incubi. Poteva affrontarli, poteva lasciarseli scivolare via con pochi effetti collaterali; non era facile, rivivere quell’esperienza pezzo per pezzo era qualcosa di cui avrebbe fatto a meno ma, almeno, quello veniva circoscritto alla camera d’albergo. Nessun’altro vedeva e da quando lui e Nick stavano insieme, il suo sonno era stato costellato da sogni senza immagini. Poco rassicurante, certo, ma almeno non si era svegliato all’improvviso urlando e cercando di sfuggire dal suo aggressore e lui sapeva che parte di quel successo era solo grazie alla presenza di Nick, come se le sue braccia strette attorno a lui creassero una barriera invalicabile per i suoi demoni.
Ma quello?
Quello era imprevedibile, qualsiasi gesto, parola o situazione poteva scatenare un ricordo, rigettarlo in quell’incubo senza che gli fosse permesso di difendersi. Stava forse diventando pazzo?
Brian si lasciò scivolare per terra, la schiena appoggiata contro lo stipite della porta, e si portò le ginocchia contro il petto. Un passo in avanti, due passi indietro: quando pensava di aver fatto progressi, di essere riuscito a fare qualcosa che lo portasse più lontano da quello che era successo, ecco che subito qualcosa lo riprendeva per le spalle e gli faceva riaffrontare tutto.
Non sapeva che cosa fare. Chiamare Kevin significava rinnegare tutto ciò che gli aveva detto quel pomeriggio ed era ancora troppo orgoglioso per ammettere di avere ancora bisogno del suo aiuto. Una parte di lui voleva semplicemente tornare in quel bagno e accettare l’offerta di Nick mentre l’altra metà voleva cacciare via Nick da quel bagno e rinchiudersi sotto l’acqua, calda o fredda non aveva importanza se non far scivolare via tutti quei rimasugli, gli echi di quella voce che riusciva ancora a fargli venire la pelle d’oca e riprovare la sensazione di totale disperazione mentre non riusciva a liberarsi.
Inspirò a fondo, lasciando uscire lentamente l’aria mischiata all’ansia. Non voleva rovinarsi quella serata, non voleva continuare a rimanere lì, in quella terra di mezzo senza nessuna direzione.
Di istinto, si alzò in piedi e si diresse verso la finestra, aprendola per fare entrare l’aria frizzantina della sera che stava calando. Rimase qualche secondo rapito nell’osservare le luci di New York, piccoli rimembri di ciò che era riuscito ad ottenere, il ragazzo che era diventato e che ancora poteva diventare. Quella vista, in un modo che non riuscì a comprendere, riuscì a infondergli un senso di pace che poche volte, in quei momenti particolari, era riuscito a provare. Non c’era bisogno di lasciarsi prendere dal panico solo per un ricordo e non c’era nemmeno bisogno di far finta che fossero memorie di un’altra persona, non sue. Era stato quello il suo errore e ora ne stava pagando le conseguenze, riavendo quella cicatrice aperta nuovamente all’aria. Doveva solo imparare a conviverci e a combatterla.
E non era più da solo.
Con quel pensiero, Brian si voltò, deciso a sdraiarsi sul letto e ascoltare un po’ di musica mentre aspettava che Nick terminasse la sua doccia. Sul letto, quasi una coincidenza, giaceva abbandonato il computer di Nick: si ricordava di averlo recuperato dal camerino e, a quanto pare, anche Nick si era dimenticato della sua esistenza visto che lo aveva lasciato in standby. Alzando gli occhi verso l’alto sconsolato, recuperò dal borsone il cavo e la batteria, sicuro che una volta aperto il portatile, questo si sarebbe eclissato per un più che meritato riposo. E come si era dimenticato il portatile acceso, così Nick aveva fatto anche con pagine di internet e documenti rimasti aperti, presumibilmente lasciati così quando Kevin era entrato come una furia nel camerino.
Non avrebbe voluto sbirciare ma era difficile chiudere le finestre tenendo gli occhi chiusi. Così, non poté evitare di leggere il nome della pagina aperta e, mentre chiudeva il documento di Word, acchiappare qualche parola qua e là, e bastò tutto ciò per capire che cosa Nick avesse voluto cercare.
Il pensiero dietro quel gesto fu sufficiente per far apparire delle lacrime nei suoi occhi e, per quella volta, le lasciò scivolare via senza sentirsi imbarazzato o vergognarsi di esse. Non era lui l’essere speciale, oh, certamente no. Era Nick la persona speciale fra di loro, così speciale che a stento lui sentiva di meritarlo davvero. Che cosa aveva fatto in quei giorni? Aveva pianto, quasi sempre ormai, e si era aggrappato a Nick risucchiando qualsiasi energia e affetto, senza mai offrire niente in cambio. E no, non voleva che il loro rapporto diventasse così sbilanciato, non voleva dipendere così tanto da Nick.
Sì, per una volta voleva anche lui fare qualcosa per Nick, anche solo una cosa stupida, giusto per fargli capire che non sarebbe sempre stato quello l’ordine naturale della loro relazione e che potevano avere anche loro quella magica prima fase in cui tutto sembrava essere preso da un film.
E Brian voleva quello. Voleva la normalità di un primo appuntamento, la normalità di una cena in cui le parole potevano essere omesse per lasciare ai gesti e agli sguardi il palco per conversare. E se fino a quel momento aveva pensato di non poterle mai avere, di essere per sempre relegato a sognare, illudersi e accontentarsi di quel poco che il suo corpo e la sua mente poteva sopportare, ora poteva finalmente sentire il desiderio librarsi libero, senza secondi pensieri o dubbi impliciti. Ne era ancora spaventato, certo, ma era sicuro che Nick non lo avrebbe costretto a fare o dire cose di cui ancora non era pronto.
Il panico di qualche minuto prima sembrò scomparire mentre Brian si allungava per recuperare il telefono.
“Buonasera, avrei bisogno di un favore...”

 


 

****

 

 

 

Non avrebbe voluto rimanere così tanto tempo sotto la doccia ma i minuti erano sembrati scivolare via insieme ad ogni goccia che cadeva sopra il suo corpo. L’acqua calda, all’inizio, aveva fatto miracoli sui muscoli ancora tesi delle spalle e della schiena: la conversazione avuta qualche momento prima con Brian aveva già fatto sciogliere i nodi più duri, lasciando sul pavimento i rimasugli della rabbia che le parole di Kevin avevano fatto insorgere. Molte delle accuse che gli aveva lanciato il maggiore erano paure e paranoie che avevano albergato nella sua mente da tempo; erano i dubbi che lo avevano portato a comportarsi come un pazzo psicopatico per poi pregare e implorare un perdono che era giunto anche fin troppo facilmente. Ma non poteva deludere tutta quella fiducia che Brian aveva posto in lui ed ecco perché ci stava davvero provando a essere più responsabile, più maturo... più materiale da fidanzato che da fratello minore. Ma il dubbio era sempre lì, insidiato dentro di lui, e quelle parole lo avevano colpito più di quanto avrebbe voluto ammettere.
Come sempre, ci aveva pensato Brian a rimettere in ordine il suo mondo. Anche se, quella, era stata la conversazione più onesta che avevano avuto: per la prima volta, Brian aveva lasciato traspirare quel segreto che si portava dietro, lasciando indizi liberi di essere raccolti e racchiusi in un angolo.
Non aveva compreso molto, ovviamente, ma la verità che lo aveva riportato a sorridere era stata rendersi conto che Brian si fidava di lui, nonostante ciò fosse per lui ancora un territorio totalmente nuovo a esplorare. E ciò... ciò lo rendeva più forte, più sicuro sul legame che ora si era creato fra lui e Brian.
Nick finì di lavarsi i capelli e, dopo essersi concesso qualche secondo in più sotto un getto di acqua fredda, aprì la porta della doccia e recuperò l’asciugamano. Anche per lui si trattava di un nuovo territorio, ancora da esplorare completamente e questo semplicemente perché non aveva mai avuto quel tipo di relazione e di corteggiamento. In passato, se gli piaceva qualcuno o qualcuna, non esistevano mezzi termini o troppe riflessioni: una serata in un locale, qualche ora nella sua camera d’albergo o sul suo tourbus e centinaia e centinai di messaggi dall’alto tono di flirt e malizia. Con Brian, sapeva di non poterlo fare, non almeno ai livelli a cui era abituato.
Eppure, ciò non lo faceva sentire completamente alla deriva. Insieme, lui e Brian avrebbero trovato un modo per incontrarsi a metà strada e trovare, creare, il loro sentiero costellato di prime volte. E, se proprio doveva ammetterlo, quella prospettiva era decisamente più eccitante di quanto mai avesse immaginato.
Si voltò per recuperare i vestiti che prima aveva abbandonato sul pavimento ma trovò le piastrelle completamente vuote; si guardò in giro e il suo sguardo si posò sul water sulla cui superficie vi era una pila di vestiti, Brian doveva averli portati mentre lui era sotto la doccia: una camicia bianca ed un paio di jeans neri. Non poté fare meno di domandarsi che cosa avesse in mente il ragazzo e, soprattutto, non vedeva l’ora di prendervi parte.
Ma niente di ciò che aveva pensato si avvicinò a ciò che Nick trovò una volta riemerso dal bagno. La stanza era avvolta dalla penombra mentre varie candele rilasciavano luce e un profumo di oceano soffuso; la sera era scesa, assieme alla luna e un venticello faceva gonfiare le tende, lasciando intravedere lo sfavillio delle luci newyorkesi. Il tavolino che prima si trovava sul terrazzo era stato portato all’interno, decorato con una tovaglia rossa, dei bicchieri e delle posate. Lì accanto, intento ad accendere le ultime due candele, vi era la persona responsabile di quella sorpresa. Per qualche secondo, appoggiato con la spalla allo stipite della porta, Nick non fece altro che osservare il ragazzo, ammirando come anche una semplice camicia blu scuro riuscisse a far risaltare l’azzurro degli occhi. Ma forse il dettaglio più attraente in quel momento era quel sorriso, naturale e finalmente privo di ogni forzatura, che illuminava il volto di Brian più di quanto potesse fare la luce della candele. Era un sollievo perché sì, doveva ammetterlo, si era preoccupato per quella piccola ombra che aveva oscurato Brian per qualche secondo, nascondendolo quasi come non fosse realmente lì ma ovunque quel segreto che si portava dentro aveva avuto origine. Non lo aveva forzato a dirgli che cosa era successo, consapevole che spettava a Brian decidere se spiegarsi o meno. Era frustante, certo, perché era sempre un gioco di indovinare e sperare di fare la cosa giusta e a volte, quando ci riusciva, non sapeva nemmeno dire o indicare che cosa avesse fatto, in modo da ricordarlo per il futuro. Per cui, vedere Brian come lo aveva sempre ingenuamente idealizzato, ovvero come una persona senza nessun segreto o buco nero, era la visione più attraente e appagante che potesse desiderare e cancellava qualsiasi dubbio riguardo a ciò che era accaduto poco prima.
E quando Brian si accorse della sua presenza, Nick poté giurare che il suo sorriso diventasse ancora più splendente e una sferzata di calor avvolse il petto. “Pensavo di avere ancora un po’ di tempo. Le pizze non sono ancora arrivate.”
“Pizze?”
“Lo so, con quest’atmosfera ti saresti aspettato qualcosa di più elegante e sofisticato ma non so ancora quanto il tuo stomaco possa sopportare dopo l’altra notte. Così ho ordinato, anzi fatto ordinare, due pizze da quella pizzeria che ti piace così tanto.”
“Ma non fanno consegne.”
“So essere molto convincente.”
“Ne so qualcosa. – Rispose Nick, annullando gli ultimi centimetri di distanza fra lui e Brian. – Quante volte mi hai convinto a chiedere scusa a Kevin?”
“Lì non c’entro nulla. Era il tuo senso di colpa.”
“Uhm. Può darsi.”
“E, comunque, non sono l’unico ad avere quel potere. Howie è riuscito a convincere Kevin a seguirlo in un locale.”
“Quindi abbiamo tutto il piano per noi?” Nick non chiese di Aj, non solo perché era cosa ormai nota che la sera il ragazzo la preferiva trascorrere fuori dagli alberghi. Anche se pochi erano a conoscenza che la maggior parte di quelle ore venivano passate in un incontro dell’Alcolisti Anonimi.
“Tutto per noi. Ecco perché ho tenuto la nostra porta aperta, altrimenti non potremo sentire quando arrivano le pizze.”
“E sia mai che ciò accada! – Scherzò Nick, osservando attentamente Brian mentre appoggiava le mani sui fianchi di Brian.  – Anche se mi sento stupido a chiederlo, come mai tutto ciò?”
Invece di spostarle, Brian appoggiò le mani su quelle di Nick. “Non posso organizzare una cenetta?”
“Non ho detto che non puoi. Solo che volevo sapere se c’era un motivo speciale.”
“In realtà, c’è. E... – Brian alzò le spalle, cercando di sottolineare come fosse futile quel pensiero. - ... volevo solo fare qualcosa di speciale per te. Per ringraziarti.”
“Bri...” Incominciò a dire Nick ma Brian lo silenziò appoggiando il pollice sulla sua bocca.
“So che non è facile, Nick. Non lo è per me e posso solo immaginare la tua confusione senza nemmeno sapere con esattezza in che cosa ti sei infilato. Per questo ti ringrazio perché, nonostante tutto, non mi tratti come un vaso pronto a rompersi in mille pezzi se solo viene toccato.”
“Bri, è... mi fai sentire come se stessi facendo chissà che cosa. Fintanto che mi lascerai aiutarti, tutto quello che posso fare è amarti.”
“Lo so. – Rispose Brian. – E a me basta solamente questo.” Dai fianchi, le mani di Brian risalirono fino a stringersi attorno al colletto della camicia di Nick. Per qualche secondo, scomparve il mondo esterno, tutto quello su cui Brian riusciva a concentrarsi era il viso di Nick e quel desiderio di baciarlo. Non ne aveva mai abbastanza, non era mai qualcosa di cui poteva averne paura tanto da sfuggire via. Così, come sempre, si alzò in punta di piedi, pronto a sfiorare le labbra quando qualcuno, bussando alla porta principale, interruppe quel momento.
Nick si ritrovò a sospirare mentre Brian si lasciò sfuggire una risatina. “Non ho mai odiato una pizza così tanto.” Gli sussurrò a fior di fronte.
“Non vado da nessuna parte.”
“Certo. Rimani qui.”
“E chi prende le pizze?”
“Io.”
“No!” Rispose Brian, voltandosi di scatto visto che Nick era riuscito a superarlo e già era diretto verso la porta.
“In che senso?”
“Sono io che ho organizzato l’appuntamento, tocca a me...”
“Oh andiamo! Guarda che cosa hai preparato! E’ il minimo che io possa fare!”
“Ma è un appuntamento!”
Con una scrollata di spalla, Nick scomparve nell’altra stanza, lasciando Brian a scuotere la testa divertito. Con l’eco della risata di Brian alle spalle, Nick si diresse verso la porta di ingresso, dopo aver recuperato velocemente il suo portafoglio. Aprì la porta e si ritrovò di fronte un ragazzo di qualche anno più grande di lui, l’uniforme tipica dei corrieri anche se, fra le mani, non portava solamente le due pizze ma anche un mazzo di fiori azzurri.
“Da quando fate anche consegne di fiori?” Domandò accigliato e confuso.
“Oh no. – Rispose il ragazzo, anche se il suo viso era nascosto dal mazzo. – Ho incontrato un gruppo di vostre fans che mi hanno chiesto di portare su questi fiori.”
“Gentile da parte tua.” Fu il commento di Nick, prendendo le pizze e i fiori dalle mani del ragazzo. Liberato la visuale, si ritrovò di fronte al viso di un uomo, non di un ragazzo: un accenno di barba nera che poco nascondeva una cicatrice sull’angolo destro della mascella. Ma furono gli occhi a catturare la sua attenzione, una variazione più fredda e glaciale di quella tonalità di verde che aveva visto solo negli occhi di Kevin. C’era qualcosa, però, in quello sguardo che lo metteva a disagio così pagò le pizze il più velocemente possibile.
Ma quella sensazione negativa venne subito cancellata non appena rimise piede in camera, nel vedere gli occhi di Brian che si illuminarono di curiosità quando si posarono su quel punto blu che teneva in una mano mentre l’altra reggeva le pizze fumanti.
Non disse niente, alzò semplicemente il sopracciglio mentre Nick gli passava il mazzo.
“Fiori?”
“Cortesia da parte delle fans.”
“Non credo che avessero idea che sarebbero stati usati in un appuntamento.”
“Di certo non lo sapranno mai.”
“Però... strana scelta.” Mormorò Brian, osservando con attenzione i fiori.
“In che senso?”
“Solitamente, ci regalano rose. Sempre rosse, per indicare la passione che provano nei nostri confronti.”
“Qualcuno ha studiato il significato dei fiori?”
“Sono cresciuto in campagna, i fiori sono la prima cose che impari indipendentemente dall’essere maschio o femmina. E ti procurano punti in più con le ragazze.”
“E questi che fiori sono?”
Non Ti Scordar Di Me. Ecco perché sono strani, non sappiamo nemmeno chi siano. Come possiamo ricordarci di loro?”
Nick si avvicinò a Brian, prese i fiori e li confuse insieme agli altri già presenti nell’unico vaso nella stanza. “Tu pensi troppo. – Lo ammonì con un buffetto sulla guancia. – Forse erano gli unici fiori che avevano trovato. E, qualsiasi sia la ragione, non ha importanza. Anche perché hanno ragione, almeno per me.”
“In che senso?”
“Non ti scordar di me. – Rispose Nick. – O della pizza.”
La risata di Brian risuonò di allegria. “Tanto ci penserà il tuo stomaco a ricordarci della pizza.”
Nick lo fulminò con uno sguardo a metà fra l’arrabbiato ed il divertito mentre appoggiava una scatola sul letto e l’altra ai piedi di esso.
“Nick, noi ci dormiamo.”
“Non sopra.”
“E con questo? – Domandò di ribatto Brian. – Non ho fatto preparare il tavolo per niente.”
“Lo so ma... ti fidi?”
“Dipende.”
“Da che cosa?”
“Da ciò che hai in mente.”
“Niente di che. Qualcosa di diverso della solita cenetta. – Rispose Nick, buttandosi su un lato del letto e posizionando poi la pizza in mezzo. – Avanti, vieni.” Aggiunse poi, sbattendo la mano sul piumone.
Brian lo issò ancora indeciso per qualche secondo per poi sbuffare, sospirare e infine prendere posto dalla parte opposta, non prima di aver recuperato da bere e dei tovaglioli.
“Ok, genio del romanticismo, qual è la nostra prossima mossa?”
Gli angoli della bocca di Nick si curvarono in un sorriso, coadiuvato da un tocco di bacio sulla guancia di Brian. “Semplice: mangiamo e parliamo.”
“E di cosa?”
“Di tutto.”
Brian all’inizio pensò che sarebbe stato qualcosa che si sarebbe esaurito nemmeno a metà pizza, visto che non esisteva più nulla che lui e Nick non conoscessero dell’altro; e non era solo un mero fatto di essere l’uno il migliore amico dell’altro ma più il semplice motivo di stare insieme da quasi ormai dieci anni. Che cosa non potevano sapere dell’altro?
Ed invece, fu proprio quello che accade. Tra una fetta e l’altra, Brian e Nick si ritrovarono a spolverare fatti che, in passato, avevano semplicemente accennato o non considerato importanti da raccontare. Brian si ritrovò a domandare a Nick di quei primi anni dell’infanzia trascorsi proprio lì, nello stato di New York e di quanto fosse stato difficile lasciare e poi dover creare nuove amicizie in un luogo totalmente sconosciuto in cui non si conosceva niente e nessuno. In cambio, Brian gli raccontò la versione che non aveva mai raccontato a nessuno di quando Kevin lo aveva chiamato, di come fossero state ore e ore costellate di ansia, litigate e paura che sarebbe bastato ritrovarsi in un luogo più ampio per far accadere tutto di nuovo. Brian disse ciò senza dettagli, ovviamente, ma a Nick non servivano, non almeno in quel momento: la sua curiosità era più attratta da quella velatura di vulnerabilità che prima non aveva mai visto, nascosta dall’eccitazione di che cosa quel giorno avesse portato nelle loro vite. E più Brian raccontava, immagini intrecciate fra loro di quelle prime settimane, e più Nick non poteva fare a meno di sorridere mentre si rendeva conto di quanto fossero sempre stati più simili di quanto immaginato. Perché quel giorno non era stato unicamente lui l’unico che si era sentito, come sempre, messo in disparte. Certo, Howie e Aj cercavano sempre di includerlo nelle loro discussioni e lui e Aj avevano già messo in atto qualche scherzo a danno di Kevin, ma gli mancava qualcuno che fosse solamente il suo migliore amico. O, anche solo suo amico. Fra audizioni, trasferimenti e fratelli impiccioni, non aveva mai avuto la fortuna di avere una persona del genere e Brian... ora Nick sapeva che Brian era stato letteralmente un regalo divino. Ma la differenza ora che Nick poteva vedere che lui era stato l’identica cosa per Brian ed era quella una verità che gli infondeva sicurezza, riassettandolo più in equilibrio con il ragazzo che aveva sempre visto più in alto di lui.  
Fetta dopo fetta, Brian e Nick si riscoprirono e si conobbero in modi sempre più diversi e sempre più profondi, aprendo nuovi spiragli e lasciando intendere che ancora altro c’era da scoprire. C’erano tutti quegli anni in cui non si erano conosciuti, c’erano le infanzie trascorse su qualsiasi campo pur di giocare e quelle trascorse fra canto e danza; c’erano i mesi in cui si erano allontanati, divisi da amicizie e fidanzate. Non c’era più rancore per come certe situazioni erano andate a comporsi, non provavano più il rammarico o il desiderio di tornare indietro e cambiare, stravolgere, quel periodo della loro vita: senza di essi, non sarebbero stati le persone che erano in quel momento, grati di saper riconoscere qualcosa anche, e soprattutto, grazie agli errori che avevano commesso.
“Prima, in bagno. – Disse Brian in un attimo di silenzio, costringendo Nick ad alzare lo sguardo dalla fetta di pizza che stava per prendere. – E’... ho avuto un flashback.” Aveva dibattuto se confidare o meno a Nick quello che era successo poco prima. Una parte di lui avrebbe voluto tenere il segreto il più a lungo possibile ma la parte più razionale sapeva che sarebbe stato solo controproducente. Quegli attacchi sarebbero continuati ancora a lungo ed era meglio che Nick sapesse fin dall’inizio come riconoscerli.
E, ancora una volta, il minore riuscì a sorprendere Brian con una sensibilità che bastava per fargli desiderare di nascondersi lì, in quelle braccia, ed uscire solamente quando tutto sarebbe terminato. Fu un semplice gesto, quella volta, a lasciarlo sorpreso, come quello di appoggiare la mano sopra la sua.
“E’ stato qualcosa che ho detto?”
Nick non gli stava chiedendo di dirgli che cosa era successo o che cosa aveva ricordato. Non come Kevin che, dopo ogni incubo, gli aveva sempre fatto il terzo grado per scoprire esattamente che cosa si era ricordato. No, Nick stava cercando di capire che cosa avesse fatto, in modo da evitare un simile errore in futuro.
“Non sentirti in colpa.”
“Non lo sono.”
Brian alzò il sopracciglio, gesto che faceva sempre quando sapeva che Nick stava mentendo.
“Ok, forse un pochino. – Rispose Nick con un timido sorriso. – Ma non sono arrabbiato. Non ho motivo di esserlo. Sei stato onesto ed è questo che conta, okay?”
Un cenno con la testa rispose a quella domanda. “Quando mi hai detto che ero speciale.”
“Ok. Ok. Ok. – Bofonchiò Nick, grattandosi la testa. – Allora non ripeterò più quella parola.”
“No. Non... non devi censurarti per causa mia.”
“Vorrà solo dire che dovrò trovare nuovi modi per definirti. Unico? Unico va bene?”
“Sì. – Rispose Brian con un sorriso. – Sì, va più che bene.”
“Allora cambieremo quella parola, che mai pronuncerò, con unico. E, in effetti, ti calza più a pennello. Sei davvero unico.”
Spinto da quel momento, Brian allungò la mano e l’appoggiò sulla guancia di Nick. “Anche tu non sei da meno.” Pronunciò in un sussurro. Fu lì che Brian riprovò lo stesso desiderio provato in bagno e anche quella mattina ma, invece di combatterlo e di esserne impaurito, lo accolse senza remore. Per la prima volta, infatti, agì prima di farsi prendere di mira dai dubbi: si allungò con il corpo e avvicinò il viso fin quando fu a pochi centimetri da quello di Nick. Fissò qualche secondo quella luce di confusione passare sopra l’azzurro degli occhi, prima di sciogliersi in comprensione e pazienza. Sì, Nick lasciò completamente le redini a Brian, rimanendo assorto in quel viso che si stava arrossendo e che appariva sempre più bello ai suoi occhi. E non gli chiuse, no. Continuò ad osservare ogni minimo gesto, dal modo con cui il palmo di Brian rimase sempre poggiato sulla sua guancia, accarezzandola con lievi gesti delle dita, fino al primo ed insicuro tocco di labbra sopra le sue.
Si rendeva conto quanto fosse importante quel gesto per Brian e per il loro rapporto: era un passo in avanti, un passo in quella complicata strada per ritrovare e riconquistare quella parte di se stesso che aveva perso. E sapendo la ragione di quella perdita, pur sempre sfocata e per ora solamente un insieme di indizi ma niente di concreto, Nick si era promesso e ripromesso di fare tutto ciò che gli fosse possibile per aiutarlo. Avrebbe commesso errori, lo sapeva ma, per la prima volta, non gli importava così tanto da bloccarlo sui suoi passi perché anche Brian ne era a conoscenza e non sembrava farsene un cruccio. Più di tutto, per la prima volta, in quel terreno ancora sconosciuto per entrambi, erano alla pari: entrambi spaventati, entrambi dubbiosi ma con quell’inarrestabile voglia di rendere tutto perfetto.
Per qualche attimo, lasciò a Brian tutta l’iniziativa, rendendosi una vittima di fronte agli attacchi di quelle labbra: non era, però, un bacio di quelli che toglievano immediatamente l’ossigeno dalla carica passionale che contenevano. In realtà, era il più dolce e tenero bacio che avesse mai ricevuto, cauto nei suoi movimenti ma, allo stesso tempo, sicuro di ciò che voleva trasmettere ovvero una passione che fino a quel momento aveva fatto fatica a superare le barriere postegli davanti. Con il passare dei secondi, la sicurezza di Brian sembrò trovare sempre più fermezza e consapevolezza rendendo impossibile per Nick continuare a non rispondere, non almeno attivamente. Cautamente, incominciò a lasciar scivolare una mano sul braccio di Brian, per poi farla proseguire lungo il petto e appoggiarsi infine sul fianco. Nemmeno lui sapeva che cosa aspettarsi come risposta ma non lasciò spiragli alla paura, continuando a tenere la mano su quel punto di pelle, coperta dalla camicia.. Sorprendentemente, Brian non si ritrasse ma, anzi, si spinse ancora più in avanti, fin quando solamente le leggi fisiche gli impedivano di aderire completamente al corpo di Nick.
Durò un attimo, forse un minuto, ma quando si staccarono, entrambi avevano l’espressione di chi aveva appena fatto un viaggio in un’altra dimensione. Appoggiarono la fronte l’una contro l’altra, respirando i loro respiri e lasciandosi trasportare nelle profondità dell’azzurro in cui si stavano rispecchiando.
Erano quelli i momenti che Brian avrebbe voluto ricordare.
Erano quelli i momenti per cui Brian avrebbe continuato a non arrendersi.
“Sai, ripensando a tutta questa giornata, c’è una buona cosa che si può tirar fuori dalla discussione con Kevin.”
La frase fece alzare il sopracciglio di Brian in un misto di confusione e curiosità. “E cioè?”
“In qualsiasi occasione, per quanto tu possa odiarlo, avrai sempre qualcuno che cercherà di proteggerti. – Rispose Nick, socchiudendo gli occhi. Era l’unica cosa che non aveva detto a Brian, l’unica nota stonata che ancora risuonava ogni tanto dentro di lui. – Sei molto fortunato per questo.”
“Nicky...” Mormorò Brian, appoggiando poi le labbra sulla sua guancia.
“Insomma, è tuo cugino quindi è giusto che si preoccupi di te ma... vorrei anch’io che qualcuno si preoccupasse del mio cuore. E’ come se fosse la norma pensare che sarò io a farti del male, a tradirti o lasciarti.”
Le labbra di Brian lasciarono piccoli baci fino all’angolo della bocca, piccoli tocchi che erano nati spontaneamente dentro di lui nel momento in cui quel tono triste aveva toccato l’aria intorno a loro. “Vale che abbia sprecato cinque anni ripetendomi che ti avrei fatto solo del male se ti avessi confessato i miei sentimenti?”
“Sei l’unica persona che si è sempre preoccupata di me per primo.”
“E sarà sempre così, Nick. – Lo rassicurò Brian. – Prima di qualsiasi altro.”
Nick agì con l’istinto di chi non sapeva esattamente come rispondere a quelle parole, l’istinto di chi sapeva solo ribattere con i gesti. Non fu un bacio ma semplicemente strinse a sé quel ragazzo che fra le sue braccia sembrava essere così piccolo e che, invece, era riuscito a trasformarsi in tutto il suo mondo. Nascose il viso fra i suoi capelli, assaporando quel sapore che era solo di Brian e che lo avrebbe tenuto avvolto anche quando fisicamente non sarebbe più stato presente nell’aria.
E, più tardi, non seppe dire nemmeno quanto tempo fosse trascorso da quel primo momento in cui entrambi si erano nascosti l’uno nell’altro: Brian si era addormentato, il viso appoggiato metà sulla sua spalla e metà sul cuscino, una mano stretta attorno ad una piega della sua maglietta. Era quella la più meravigliosa sensazione che Nick avesse mai provato, saper di poter proteggere la persona che amava dai suoi peggiori incubi.
Ed era quella sicurezza che rendeva meno interessante e attraente il sonno.
E ancor più tardi, quando i primi raggi di luce iniziavano a far capolino dalla finestra, Nick non seppe quante ore avesse trascorso osservando Brian dormire. Ma, con sorpresa, si accorse che poco avevano importanza. 

 

******

 

L’auditorium era affollato di persone, gremito di suoni, di applausi e di canzoni cantate e recitate quasi come esse fossero le parole di una preghiera.
Erano giunti ormai a metà concerto, seguendo la scaletta che avevano fatto e rifatto fino a qualche minuto prima di andare in scena. Per la prima volta, attorno a loro non c’erano palchi che si alzavano o fuochi d’artificio che sottolineavano i momenti più topici delle canzoni o delle coreografie. Quelle ultime non erano nemmeno presenti, accantonate per lasciare tutte le luci alle voci e agli strumenti musicali che accompagnavano le melodie.
Erano soddisfatti. Tutti, dal pubblico fino ad ognuno dei ragazzi, erano soddisfatti di quello spettacolo e, a mano a mano che le ultime battute risuonavano ed echeggiavano fra le mura, si aveva la sensazione che quello non sarebbe stato rilegato ad essere un evento unico.
Come qualcuno aveva predetto, la disposizione dei ragazzi sul palco non era stata predisposta come d’abitudine: al centro, per la prima volta, sedeva Howie, alla sinistra Aj e Kevin mentre alla destra Nick ed infine Brian. Esattamente come previsto, il ragazzo aveva deciso di rimanere nell’angolo più all’ombra, preferendo quasi scomparire pur di non dar nell’occhio. Era sempre rimasto al fianco di Nick, cercando di evitare di incrociare lo sguardo con Kevin, nonostante il desiderio di cancellare quella tensione era sempre lì presente. Ma quella volta non sarebbe stato lui il primo a muoversi, quella volta toccava a Kevin capire dove stava sbagliando e porvi rimedio. Lui aveva ben altro a cui pensare e ben altro su cui voleva canalizzare ogni energia che gli era rimasta in corpo. Ed era ben poca, oramai, soprattutto dopo l’altalenante giornata precedente: ogni nervo risentiva di tutte quelle settimane e, quella mattina, si era risvegliato con l’orribile sensazione che qualcosa sarebbe successo, anche se non riusciva a spiegarsi bene che cosa potesse essere. Erano trascorsi anni dall’ultima volta che si era sentito in quel modo, dubbioso di ogni rumore e di ogni gesto.
Ecco perché se ne rimaneva in quell’angolo, ecco perché cercava il più continuamente possibile un gesto, un tocco o un semplice sguardo di Nick perché era solo il ragazzo che riusciva a riportarlo in una condizione più o meno colma di logica e buon senso.
Non può succederti nulla qui - Continuava Brian a ripetersi durante le pause. – Ci sono i nostri bodyguard. C’è la sicurezza della Radio City Hall. Non può succedere nulla.
Ma, nonostante tutte quelle rassicurazioni, non riusciva a tranquillizzarsi. C’era solo una cosa che voleva fare e non era di certo rimanere al centro dell’attenzione su di un palco, per quanto le luci potessero essere state abbassate o per quanto lui avesse cercato di evitare qualsiasi contatto visivo con il pubblico. Non che quest’ultimo fosse stato difficile, considerato che ormai anche i muri sapevano del suo tic nervoso di socchiudere gli occhi mentre cantava.
Quel giorno, era quasi un miracolo se li avesse tenuti aperti per più di un minuto.
No, non voleva trovarsi lì. Voleva ritornare il più velocemente in albergo, voleva trovare un campo da basket e continuare a rilasciare tutto quello stress fino a quando gli sarebbe stato impossibile pensare a causa della stanchezza.
Non mancava molto, era tutto quello che riusciva a concentrarti. Poche canzoni, qualche domanda a cui avrebbe lasciato agli altri l’onore di rispondere e poi avrebbe potuto togliersi quella pelle che non faceva altro che pizzicare dal tanto che era nervoso.
Fu un attimo. Durò solo un attimo, una semplice non curanza. Alzò lo sguardo, come se questi fosse stata attratto da qualcosa. No, non qualcosa, qualcuno. La sensazione che qualcuno lo stesse fissando lo aveva accompagnato dal primo momento in cui era salito sul palco ma non vi aveva badato, aveva semplicemente ripetuto a se stesso che era frutto della sua paranoia.
Avrebbe dovuto dar ascolto al suo istinto.
Perché quando alzò lo sguardo, posandolo sul pubblico di fronte a lui, si accorse che l’istinto non aveva preso una cantonata. Come non aveva potuto riconoscerlo?
Lì, davanti a lui, con un mezzo sorriso soddisfatto, c’era il ragazzo che qualche settimana prima lo aveva aggredito: gli stessi capelli, gli stessi occhi, la stessa espressione compiaciuta. Fu come essere ancora travolti dai ricordi, fu sentire ancora quel respiro affannato sopra il suo collo, le mani che accarezzavano e gli bloccavano il respiro.
Ma non era il peggio.
Il peggio era ritrovarsi completamente paralizzato, il peggio era non riuscire a sviare gli occhi lontano da quell’individuo che aveva riaperto il vaso di Pandora.
Il peggio fu quando il ragazzo si spostò di qualche centimetro ed un altro viso prese il suo posto, anch’esso così difficile da cancellare dalla sua memoria perché quegli occhi verdi lo avevano sorvegliato per notti e notti, rinchiusi in un angolo d’oscurità di cui erano le stelle più luminosi. E perché avrebbe riconosciuto quella cicatrice, che si stagliava sulla mascella destra, era l’unico segno tangibile della sua lotta.
L’unico sfregio che aveva recato al suo aggressore, a Tyler, prima di soccombere sotto le sue mani.
I suoi due incubi erano lì, di fronte a lui, e lui non riusciva a fare niente, nemmeno muovere le labbra per chiedere aiuto.
I suoi due incubi erano lì presenti ed erano molto reali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Come prima cosa, mi scuso dal più profondo per avervi fatto aspettare così tanto per questo capitolo. Potrei dirvi che non è una storia semplice da preparare, ogni capitolo richiede un livello di concentrazione per i piccoli dettagli ma non sono scuse. Quindi spero che questo capitolo possa ripagare tutta l'attesa. =)
E sono curiosa di sapere i vostri commenti! Stiamo finalmente andando avanti! lol

   
 
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