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Autore: Temari    04/03/2013    2 recensioni
Cap. 13: [Takahashi Misaki] - Osservando il cielo terso, mentre si incamminava verso la stazione, Misaki pensò che sicuramente anche quel giorno doveva esserci stato un cielo così azzurro e privo di nuvole... Era successo in giugno, dopotutto—era anche vero che in estate gli acquazzoni improvvisi non erano così rari, ma no, era quasi certo che quella giornata fosse stata molto calda. - => B-DAY!FIC per Usagi-san
*Una raccolta dedicata a Junjou e Sekai-Ichi basata su una lista di 51 prompt che hanno come filo conduttore la Divina Commedia.*
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Salve a tutti! =D
Riporto in vita questa raccolta per una questione di casualità... dunque, come tutte/i sapete ieri è stato il compleanno del Lord e per questo ci tenevo a scrivere qualcosa per festeggiare--con un giorno di ritardo, ma eccomi qui!
Ora. Questa fic per quanto mi riguarda è tutt'altro che una delle mie migliori... è come se fosse un sogno confuso messo per iscritto sotto l'effetto di acido. LOL La mia idea iniziale era a MILLANTA anni luce da questo.
Avete tutto il diritto di riempirmi di insulti.

Note: Ambientata nel periodo di 'stacco' fra la prima e la seconda parte della storia--da cui però prende una piega diversa, ergo sappiate che ci sono 'what if' e conseguente leggero(?) OOC.

ps. Cavolo, devo rivedere tutti i capitoli precedenti... ._.

Ja ne,
Temari


A Walk Through the Underworld
§ Le Tre Cantiche §


Cantica dell'Inferno

- Ira -
 
[Cecità - 1308 parole]
 
        Gettando un'occhiata al calendario, quella mattina prima di uscire, Misaki provò un forte desiderio di saltare le lezioni e restare a casa; spostando poi lo sguardo verso il piano superiore e, in particolare, soffermandosi sulla porta chiusa dello studio, non poté frenare un sospiro dall'oltrepassargli le labbra socchiuse. «Io vado, Usagi-san...» Mormorò, avvolgendosi una sciarpa leggera intorno al collo e chiudendosi la porta del salotto alle spalle prima di infilare le scarpe nel genkan ed uscire di casa.
        La giornata era soleggiata ma il vento che soffiava era ancora piuttosto freddo e pungente, gli ultimi strascichi di inverno tardavano ad abbandonare la città. Osservando il cielo terso, mentre si incamminava verso la stazione, Misaki pensò che sicuramente anche quel giorno doveva esserci stato un cielo così azzurro e privo di nuvole... Era successo in giugno, dopotutto—era anche vero che in estate gli acquazzoni improvvisi non erano così rari, ma no, era quasi certo che quella giornata fosse stata molto calda.
        Per tutto il tragitto verso l'università e verso l'aula di economia (prima lezione del mattino) aveva vagato in una sorta di trance, immerso nei pensieri.
        Ora era marzo... Otto mesi erano passati, e ancora i ricordi di quello che era accaduto erano sbiaditi e distorti. Sepolti in un angolo della mente. Lasciati in disparte. Solo ogni tanto trovavano il modo di riaffacciarsi proprio lì, dietro le sue palpebre pronti ad attenderlo quando serrava gli occhi ed abbassava le proprie difese.
 
-x-
 
        «—Misaki!! È più di un'ora che ti chiamo, dov'eri finito?!» La voce carica di angoscia e panico di suo fratello che gli faceva quasi fischiare le orecchie. «Devi venire subito qui!»
        Un continuo rumore in sottofondo che rendeva difficile capire quel che gli veniva detto... Non riusciva a capire dove si trovasse Takahiro. «—Ospedale...! Akihiko ha avuto un incidente... È piuttosto grave!»
        Quei secondi di terrificante sconcerto... Il sangue nelle vene congelarsi all'istante, il respiro bloccato in gola, le viscere pesanti con granito... Il cuore che parve smettere di battere.
        Non ricordava minimamente di aver fatto il tragitto verso l'ospedale; non ricordava di aver respirato fino al momento in cui non aveva posato gli occhi su suo fratello, nella sala d'attesa, quando per poco non era svenuto sul posto e un'infermiera aveva detto che si trattava di un attacco di panico. Non ricordava nulla delle ore di attesa durante l'operazione di Usagi-san.
        Sapeva di aver iniziato a singhiozzare quando, alla fine, Takahiro gli aveva detto che il peggio era passato e di aver aver pianto incontrollabilmente non appena gli fu permesso di vedere Usagi-san—il volto in parte bendato, così come le braccia, un collare rigido intorno al collo, un flebo attaccata al braccio e diverso altri macchinari che controllavano la condizione dell'uomo... Una pelle bianca come un cencio e un viso su cui mancava il sorriso sardonico che gli era familiare.
        «... Usagi-san...»
        La voce del dottore che sembrava arrivare da un posto lontano anni luce. «Mi dispiace, temo che la vista sia compromessa.»
 
-x-
 
        «Usagi-san...» Disse Misaki, a bassa voce, aprendo la porta ed entrando nella stanza completamente buia ad eccezion fatta per una lampada accesa alla scrivania, «Sono tornato.» Facendosi avanti lentamente, il ragazzo trattenne il respiro quando la sedia davanti a lui si girò, la luce fioca che illuminava appena i contorni del viso dello scrittore.
        «Misaki.» Arrivò la risposta, un tono caldo ed accogliente, accompagnato da un sorriso altrettanto caloroso. Allungando una mano verso di lui, lo scrittore lo invitò a coprire la poca distanza che li separava, «Bentornato.» disse, una volta che Misaki ebbe posato le punte delle sue dita sul palmo della mano distesa ed attirandolo verso di sé. «Com'è andata all'università?»
        «... Non lo so. Ho avuto la testa altrove per tutto il giorno.»
        «Mmh, e come mai? Non riuscivi a toglierti me dalla mente...?» Scherzò Usagi-san, con un piccola risata maliziosa.
        Misaki rimase in silenzio per qualche secondo, poi con un mezzo sorriso auto-ironico, rispose «Ora non farai che vantartene, ma... Sì, è così.» Invece delle parole auto-compiaciute che era sicuro di sentire, lo scrittore posò delicatamente una mano sul suo viso, portandolo più vicino a sé.
        «Ne sono lusingato, mio Misaki.» Gli mormorò a fior di labbra, prima di baciarlo con una tale dolcezza che il più giovane sentì le lacrime, che per tutto il giorno avevano minacciato di scendere, premere per uscire... Invece le ricacciò indietro a forza e chiuse gli occhi, ricambiando il gesto quasi con disperazione.
        «Usagi-san.» Il nome gli sfuggì senza che se ne accorgesse. «Usagi-san...» Racchiudendo il volto dell'altro fra le mani, Misaki strinse le palpebre con forza, tanto da vedere puntini bianchi formarsi, per poi farsi avanti nuovamente baciando lo scrittore e approfondendo il contatto... Trovando una certa dose di conforto nel sentire le loro lingue scivolare una sull'altra con passione crescente.
        Era tutto come sempre.
        Il solito calore, il solito brivido che solo il tocco di Usagi-san gli provocava, la stessa voce sensuale.
        Era ancora lì, con lui.
        —Eppure, la sensazione di inquietudine che l'aveva accompagnato dal mattino non se ne voleva andare.
        «Misaki, che c'è...?» La domanda fu come una scossa elettrica, che mise in moto tutto il suo essere... Le mani scesero fino alla camicia chiara e presero a sbottonarla in fretta, passando i polpastrelli lungo il petto esposto, tracciando un percorso casuale, che poi fu seguito anche con le labbra; le traccie delle cicatrici risalenti all'incidente erano flebili, quasi invisibili, ora che erano completamente guarite, ma la loro vista faceva sentire Misaki in colpa sebbene lui non fosse realmente colpevole di nulla.
        Un nodo in gola gli rendeva faticoso respirare.
        Baciò nuovamente Usagi-san, gli occhi serrati per non perdersi nelle iridi viola pallido desinate a non tornare a vedere—a vederlo. A quel pensiero, non riuscì a trattenere un singhiozzo, ma fece del suo meglio per non perdere il controllo sulle sue emozioni.
        «Haa... Misaki...?» Era un tono preoccupato e l'ultima cosa che Misaki desiderava era causare preoccupazioni allo scrittore, soprattutto in quel momento, in quel giorno.
        Senza rispondere lo studente si inginocchiò davanti ad Usagi-san e con movimenti bruschi e frenetici, gli slacciò la cintura dei pantaloni ed abbassò la zip, «I fianchi, Usagi-san...» mormorò poi con voce roca e tremante. Tolto l'impiccio degli indumenti, Misaki chiuse delicatamente la mano attorno all'erezione parzialmente formata del trentunenne, abbassando poi il viso e prendendola fra le labbra. «Ah! Misaki...!»
        Avvertendo il membro irrigidirsi, lo studente continuò a muoversi su e giù, gli ansiti ed i gemiti di Usagi-san che gli penetravano il cervello—calmando ed incendiando allo stesso tempo il suo cuore e tutto se stesso.
        «Nnh... Mnh!»
        «Misa—ki! Non solo... Ngh—io. Lascia che ti tocchi anche io.» Usagi-san gli poggiò una mano sul viso per attirare la sua attenzione e Misaki, sollevando lo sguardo sentì il petto stingersi e gli occhi riempirsi per l'ennesima volta di lacrime: il leggero rossore sulle guance e l'espressione carica di amore furono quasi troppo.
        «... No... Lascia che faccia io. Per favore.» Allungandosi verso l'altro, posò un altro bacio sulle labbra di Usagi-san e fu certo che lui poté avvertire la disperazione e il conflitto che si agitavano dentro Misaki. Quando il gesto venne ricambiato con un sorriso, il ventunenne tirò un sospiro di sollievo.
        La verità era che Misaki avrebbe davvero voluto lasciare che Usagi-san prendesse il controllo come faceva sempre... Ma per qualche motivo questo era il solo modo che aveva per cancellare l'angoscia che l'aveva accompagnato tutta la mattina.
        Doveva avere la prova che Usagi-san era davvero lì con lui, che respirava ed aveva un cuore che batteva.
        «Ah! Misaki!» Quello fu il solo avvertimento che ricevette dell'orgasmo dello scrittore, che si irrigidì ed inarcò la schiena sulla sedia, venendo fra le labbra di Misaki.
        Una volta ripreso fiato, il ventunenne gettò le braccia al collo dell'altro, nascondendo il viso nell'incavo della clavicola e mormorando «... Mi sembra un miracolo poter passare un altro anno con te, Usagi-san. Quando hai avuto quell'incidente, ho creduto fosse finita...», le lacrime che non poté più frenare che impregnavano il colletto della camicia sotto al suo naso. «Ti amo, Usagi-san, più di chiunque altro... Buon compleanno.»

 
   
 
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