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Autore: Ca7    05/03/2013    2 recensioni
<< Non so a quanti di voi sia capitato di incontrare una persona e sentire sin da subito una certa sintonia. Beh, a me è accaduto con Jennifer. Quando l’ho conosciuta, ho come avuto la sensazione che avremmo legato facilmente, non so spiegarvelo bene. La nostra amicizia è cresciuta con il passare del tempo, è diventata un’amicizia importante, ma la cosa che mi ha stupito è stata quella di realizzare quanto lei fosse diventata una presenza fondamentale nella mia vita. E quando tieni tanto a una persona, speri che abbia solo il meglio. >>
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Le stagioni s’immergono profondamente nelle città che ne assorbono colori, odori, sensazioni, dando loro nuova linfa. E se ci si sofferma a guardare questi cambiamenti, le città ci appaiono più belle, con qualcosa in più da dire, da raccontare, anche se tutto quanto intorno è lo stesso paesaggio. E questo accade anche con le persone. A volte scopriamo di provare sensazioni diverse che cambiano il flusso dei nostri pensieri, portandoci alla deriva, confondendoci. Ma forse segnano un confine su cosa vogliamo e cosa desideriamo.
New York City accoglieva l’autunno: la stagione in cui le ombre del mattino e della sera quasi si fondono.
<< Pensavo che oggi potremmo andare un po’ più tardi a lavoro e concederci del tempo solo per noi due.>>, esordì Madison mentre baciava la moglie sulle labbra.
<< Hai scelto il giorno sbagliato. Mi aspettano due clienti in negozio per la prova d’abito.>>
<< Non puoi rimandare l’appuntamento a pomeriggio?>>, Madison accarezzava la gamba di Jennifer dal basso verso l’alto.
<< No, non posso.>>, Jennifer bloccò tempestivamente la mano di Madison prima che arrivasse alla “zona rossa”.
<< Che palle!>>, sbuffò. Rimase su di lei e la guardò con serietà.
<< Tu lo vorresti un bambino?>>
<< Come scusa? Parli sul serio?>>
<< Sì.>>
<< Siamo sposate da soli due mesi, non ti sembra di correre un po’ troppo?>>
<< No, perché di tempo ne passerebbe prima di averlo. E magari Micky potrebbe aiutarci. Conoscerà di sicuro qualche ottima clinica che si occupa di fecondazione, no?>>
<< Non lo so, può darsi. Resto sempre dell’idea che sia affrettato, comunque.>>
<< Perché? Ti ricordo che noi un figlio dobbiamo progettarlo.>>
<< Progettarlo? Oddio Madison, si tratta di un bambino, è davvero triste chiamarlo così.>>, disse irritata.
<< Jennifer, è solo una parola.>>, cercò di minimizzare.
<< No, non lo è. E comunque, io … io non mi sento pronta.>>, Jennifer si agitò visibilmente, << E poi sia il mio lavoro sia il tuo, ci impegna molto e ci porta via parecchio tempo. Come potremmo occuparci di un bambino? Come lo cresceremo?>>
<< Se la metti su questo piano, noi un figlio lo avremo mai, allora.>>, Madison si alzò scocciata e si diresse verso il bagno per farsi una doccia.
Jennifer si portò una mano sulla fronte sbuffando più volte. Non si era mai chiesta se un giorno avrebbe voluto avere un figlio o meno. E la cosa la turbò. Scese giù dal letto e si preparò per affrontare un’altra giornata lavorativa.
Prima di recarsi in boutique, però, passò al New York Presbyterian. Chiese di Micky a un’infermiera la quale la informò che era in sala parto ma che a momenti sarebbe uscita. Per ingannare l’attesa, fece un giro nel reparto maternità fermandosi davanti alla Nursery: la tenerezza e l’ingenuità di tutti quei neonati, quasi la commosse. L’infermiera addetta stava adagiando un nuovo arrivato in un lettino libero.
<< Mi è stato detto che mi cercavi.>>, Micky spuntò alle sue spalle.
<< L’hai fatto nascere tu?>>
<< Sì, e non voleva venir fuori.>>
<< E’ davvero dolce. Come si chiama?>>, Jennifer continuava a guardare il neonato.
<< Christopher.>>
<< Comunque, sì ti cercavo …>>, si voltò verso di lei, << Oggi, Madison mi ha chiesto se voglio avere un figlio. Le ho risposto di no, o meglio che non è il momento giusto, ma la conosco e so che non mollerà tanto facilmente. Il punto è che ha tirato in ballo anche te, pensa che con le tue conoscenze potresti aiutarci.>>
<< In effetti, sì.>>, rispose cercando di restare lucida.
<< Beh, nel caso dovesse chiedertelo… dì no o inventa qualche scusa.>>
<< D’accordo!>>
<< Grazie!>>, Jennifer sorrise sollevata.
<< Ma… un giorno lo vorresti avere un figlio?>>
<< Non lo so proprio. Forse sì, forse no.>>, chinò il capo e poi tornò a guardare i neonati dietro il vetro, << Non contemplavo l’idea di un figlio, sino a oggi. E il solo pensarci mi fa sentire inadeguata.>>
<< Nessuno nasce genitore.>>
<< E non tutti ne sono capaci. Ho una diretta esperienza con mia madre.>>, disse con sarcasmo, << Insomma, un figlio ha bisogno di attenzioni, di cure, di genitori responsabili, presenti. E ti prego non dirmi che essere spaventati è normale e che sarò sicuramente un’ottima mamma.>>
<< Infatti, stavo per dire che saresti una pessima mamma.>>, le rispose Micky ridendo. Poi, le prese una mano e la abbracciò.
<< Grazie!>>, le sussurrò Jennifer, << E scusa se con il mio comportamento a volte ti ferisco. Credimi, non è mia intenzione farlo.>>
<< Lo so J.J.>, Micky le sorrise.
I loro sguardi s’incontrarono: Jennifer poteva tranquillamente andar via e sarebbe finita lì, ma all’improvviso avvicinò lentamente le sue labbra a quelle di Micky e la baciò. Lei ricambiò e il bacio divenne intenso.
  
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