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Autore: Rory 96    05/03/2013    1 recensioni
La vita della protagonista, Kate, una giovane ragazza di sedici anni,e quella di chi la circonda, viene sconvolta dall'arrivo di Joe, un vampiro. Dopo la diffidenza iniziale di Kate, tra la ragazza e il vampiro nasce un'amicizia profonda, che pian piano per Joe si trasforma in qualcosa di più forte. Per Kate e il suo ragazzo, Matthew, iniziano delle complicazione a causa della gelosia del vampiro. Nelle vicende dei protagonisti vengono coinvolti anche le persone più vicine a Kate, tra cui la sua migliore amica Melanie e suo fratello Luca. I problemi da affrontare non sono pochi e le soluzioni sono spesso dolorose.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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RAPPORTI DIFFICILI
La relazione tra me e Matthew iniziò a ricolorarsi con le tempere dell’amore, più matura dei normali legami tra adolescenti, non poneva i suoi pilastri su quell’infatuazione che da giovanissimi regala il batticuore e le farfalle nello stomaco; ma la sua essenza era il bisogno reciproco dell’altra persona, era la voglia di donare tutto l’amore possibile e di essere amati senza più riserva alcuna, era la speranza di poter costruire una famiglia insieme.
Un po’ di giorni dopo che ci eravamo rimessi insieme, Matthew mi chiese di andare a cena fuori. All’inizio mi era parsa un’idea un po’ strana, una cosa che facevano solo i “grandi”, ma avevo capito quanto fosse importante per lui e gli avevo detto che mi avrebbe fatto molto piacere.
Non avevo idea di come ci si dovesse presentare ad un appuntamento galante, ma Matt aveva detto di mettermi qualcosa di elegante, e così feci.
Quando suonò, scesi e, appena fuori dal portone, osservò il tubino blu e i tacchi che avevo indossato con uno sguardo sorpreso. Forse non andavo bene.
«È troppo?».
«Assolutamente no», disse avvicinandosi e salutandomi con un bacio sulla guancia.
Nonostante fossero passate quasi due settimane, non aveva neanche minimamente provato a baciarmi sulle labbra. Non riuscivo a darmi altra spiegazione se non quella, molto probabile, che semplicemente non volesse, per un qualsivoglia motivo.
Il viaggio in macchina non fu molto lungo, e il mio compagno era così allegro che canticchiò tutto il tempo.
Non potei fare a meno di guardarlo e sorridere. Sorridere insieme a lui, sorridere di lui, sorridere per noi.
Arrivammo al ristorante relativamente presto e una cameriera gentile e alquanto timida ci mostrò il nostro tavolo. Come un perfetto gentiluomo, Matt mi fece accomodare e andò a sedersi.
Il posto era intimo e tranquillo; oltre a noi c’erano soltanto altre due o tre coppie.
Dopo i primi minuti durante i quali non sapevo come comportarmi, mi rilassai e lasciai che la conversazione scorresse tranquilla.
Ordinammo da mangiare e non ci volle molto prima che i piatti arrivassero.
La serata passò serenamente e, dopo che Matthew aveva insistito per pagare anche la mia parte, andammo a fare un giro per il centro della città.
Stavamo passeggiando, quando una sua domanda mi ricordò che dovevo parlare con mio padre.
«Quando pensi di parlarci?».
«Non ne ho idea. Non so neanche se vorrà vedermi».
«Perché dici così?».
«Perché non gli è mai interessato di me in particolar modo».
Rimase in silenzio qualche istante, fissando il vuoto, preso da chissà quale pensiero.
«Se per caso riuscirò a sopravvivere, darò tutto me stesso per essere un buon padre e se mi vorrai ti starò sempre accanto».
Una scintilla si accese nella mia testa. Aveva appena affermato che non aveva perso del tutto la speranza. Forse sarebbe sceso a un compromesso… forse.
«Non potrebbe essere diversamente».
 
Quando mi riaccompagnò a casa, avrei voluto formare il tempo quel suo scorrere inesorabile. Avrei voluto passare la notte con Matthew accanto, avrei voluto salutarlo con un bacio, ma non lo feci. Paradossalmente, avevo paura di correre troppo, di fare il passo più lungo della gamba. Ma sapevo bene che stavo solo mentendo a me stessa, l’unica vera grande paura era quella che mi faceva dubitare che mi volesse ancora come prima.
Probabilmente Matt percepì l’indecisione che mi tormentava, infatti, dopo aver passato un po’ di tempo con mio fratello, mi strinse in un caloroso abbraccio, senza dire niente, e se ne andò.
Il giorno seguente, seguendo il consiglio di Luca, decisi di chiamare mio padre nel pomeriggio.
A scuola ero un fascio di nervi. Il nostro rapporto non era mai stato molto aperto. Mio fratello non ci parlava neanche più. Nonostante questo, però, aveva insistito affinché avessi un confronto faccia a faccia con lui.
Finite le lezioni, mi stavo dirigendo verso il pullman, quando mi ritrovai di fronte a Matthew.
«Ciao», dissi stupita, «Come mai sei qui?».
«Volevo sapere, se per caso, una bella signorina aveva bisogno di un passaggio».
«Perché no?».
In quel momento passò Melanie, anche lei alla ricerca del pullman.
«Ehi, Mel. Oggi vi riporto io  casa».
Ci avviammo verso il parcheggio, ma non riuscivo a vedere la sua macchina.
D’un tratto ci fermammo accanto a un’enorme Range Rover nera, che dava l’idea di essere nuova di zecca.
«E questa da dove spunta fuori?».
«Invece del viaggio di maturità, mi sono fatto una macchina come si deve. Ti piace?».
«È un bel macchinone».
«Come il padrone», disse malizioso.
Alzai gli occhi al cielo e salii in macchina.
Dopo aver accompagnato Melanie, senza aspettare ancora, digitai quel numero che scottava come il fuoco.
Mentre dall’altra parte il telefono squillava, avevo il cuore in gola e batteva così forte che da un momento all’altro avrebbe potuto esplodere.
Quando una voce maschile rispose, si fermò per un istante.
Presi fiato, poi sputai tutte le parole come un mitra spara colpi su colpi. Non spiegai perché volevo incontrarlo, ma, forse, avrei dovuto farlo.
La chiamata durò solo pochi minuti e, finita, tirai un sospiro di sollievo. Anche se in realtà era un sollievo momentaneo.
«Allora, che ha detto?».
«Ci vediamo tra due giorni, vado a cena da lui».
«Sono sicuro che andrà tutto bene».
I suoi occhi dicevano esattamente il contrario, ma era meglio non girare il dito nella piaga.
Matt voleva restare ancora un po’, ma preferii di no. Dovevo metabolizzare quello che era appena successo. Così lo salutai e, mentre salivo le scale, ,o vidi partire. Possibile che più il tempo passava e più lui diventava fondamentale?
Arrivata in casa, entrai in camera mia e la porta rimase chiusa per il resto del pomeriggio.
 
Appena suonò il campanello, presi la borsa e mi infilai nella tromba delle scale. Fuori mio padre mi stava aspettando in macchina.
Salita sul veicolo, notai che non era cambiato molto dall’ultima volta che lo avevo visto. I bruni capelli ispidi erano un poco più radi e la pancia leggermente più rigonfia, ma la barba fatta da poco, gli occhi scuri e la stazza mastodontica erano sempre gli stessi.
Ormai da anni si era costruito un’altra famiglia e insieme alla nuova moglie e alle figlie di lei viveva in una villa a un’ora e mezza di distanza dalla sua vecchia vita.
Quella sera avrei cenato con loro, perché dovevo informare mio padre sulle ultime novità.
I primi minuti passarono quasi nel silenzio totale. Forse avrei dovuto parlargli mentre eravamo ancora da soli, in modo che potesse assimilare la notizia.
Senza ascoltare il cuore che correva veloce nel petto, mi feci coraggio e presi fiato.
«Papà, quando la mamma ti disse che era incinta di me come reagisti?».
Titubò un istante, preso alla sprovvista.
«Ne fui più che felice; io e tua madre ti stavamo cercando da tempo».
«E se un giorno in un futuro non molto lontano ti dicessi che ci sono io in quella situazione?», chiesi sommessamente.
Per un attimo uno sguardo perplesso gli attraversò gli occhi.
«Beh, ne rimarrei fortemente deluso, perché ti ho sempre insegnato a tenere la testa sulle spalle. Sono sicuro, però, che con te non avrò di questi problemi, giusto?».
Rimasi in silenzio, senza trovare la forza per rispondergli.
Dai suoi occhi vidi quando capì quale era il nocciolo della questione.
All’improvviso fermò la macchina di lato alla strada e si voltò verso di me. Era deluso, arrabbiato e dalla sua espressione traspariva quasi odio.
«Scendi», disse con tono fermo.
«Cosa?».
Lo guardai frastornata. Forse avevo capito male. O almeno speravo di aver capito male.
««Hai sentito bene. Scendi. Ora!».
«Perché? Io…».
«Non voglio una poco di buono in casa mia. Scommetto che non sai neanche di chi è».
«È di Matthew!».
«Quel Matthew? Ancora peggio. Incinta di uno scapestrato strafottente! Non voglio sentire una parola di più. Tu non sei degna di essere mia figlia. Scendi immediatamente».
Aprii la portiera e feci per scendere, ma, poi, mi voltai di scatto verso mio padre disgustata.
«Solo due cose. Primo, Matt non è uno scapestrato, ma un ragazzo intelligente e maturo. Secondo, io lo amo. Ma, forse, tu non sai cosa significhi amare qualcuno; non ne sei mai stato capace».
Mi sentii in colpa di aver pronunciato quelle ultime parole non appena finii di parlare.
Lo guardai rimanere in silenzio e impassibile, poi scesi dal veicolo e lui partì, lasciandomi sola in mezzo al nulla.
Mi guardai attorno. C’erano solo alberi che si estendevano a perdita d’occhi e non passava nessuno, neanche una macchina.
L’unica cosa che potevo fare era chiamare Joe per farmi venire a prendere.
Per il momento non me la sentivo di affrontare Matthew o mio fratello. Conoscendoli, non avrebbero reagito in modo positivo e l’ultima cosa che volevo era che anche loro si incasinassero con mio padre.
Gli spiegai dove mi trovavo e una ventina di minuti dopo stavo tornando indietro con lui. Non fece domande su quanto era successo, mi lasciò, invece, immersa nei mille pensieri che mi vorticavano in testa.
Troppe cose erano state dette, ma ancora di più erano quelle rimaste nel silenzio.
Come un bambino che impara ad andare in bicicletta e cade ancora e ancora, così per me ogni errore era una caduta, ma la forza per rialzarmi diminuiva ogni giorno di più.
Arrivata a casa, salutai velocemente mia madre e Luca e, senza lasciar loro il tempo di chiedere qualsiasi cosa, salii in camera mia. Joe era già lì ad aspettarmi, entrato dalla finestra per non farsi vedere.
Mi lasciai cadere sul letto, stanca. Stanca di tutte quelle discussioni. Stanca di sentirmi sempre in colpa. Stanca di non essere mai abbastanza.
Il vampiro si sedette accanto a me, e in quello stesso istante vidi quella vecchia foto di famiglia che proprio Joe aveva tirato fuori dal cassetto dei ricordi molto tempo prima e che quel pomeriggio avevo osservato per minuti interi.
Non riuscii a trattenere le lacrime, infrangendo così la promessa che avevo fatto a me stessa. Quella foto rappresentava la famiglia felice che non eravamo più. Le parole di mio padre bruciavano ancora come il fuoco; non mi considerava degna di essere sua figlia.
Joe si avvicinò in silenzio e mi strinse a sé con un braccio, offrendomi una spalla su cui piangere.
Come se non bastasse, ero costantemente in bilico, come un funambulo novello al suo primo spettacolo, sospesa tra amore e amicizia. Ero consapevole che di fronte a me c’era un bivio, una strada portava a Matthew, l’altra a Joe, e prima o poi avrei dovuto fare una scelta. Mi sembrava impossibile che due persone come loro, intelligenti e mature, potessero essere così in contrasto tra di loro. Sapevo che il loro odio era nato a causa mia e capivo che Matt ce l’avesse con lui per averlo quasi ucciso, ma questo atteggiamento non avrebbe certo cambiato le cose né avrebbe aiutato a risolverle.
Cercai di ricompormi il più velocemente possibile, perché non volevo fare la vittima né pesare su Joe.
Non so come ma la sua presenza riuscì a calmarmi. Questo fece sorgere domande che da tempo nascondevo a me stessa, forse perché avevo paura delle risposte. Perché avevo chiamato lui e non Matthew o Luca? Non era solo per il fatto che non sarei riuscita ad affrontarli in quel momento, e lo sapevo bene, ma non volevo ammetterlo.
Quello che provavo per Joe non era neanche minimamente paragonabile ai miei sentimenti nei confronti di Matt, ma era qualcosa di strano e non era trascurabile.
Era diventato più importante di quanto avrei mai potuto immaginare e questo era un bel casino.
Nel vorticare indefinito dei pensieri, ma ne sorse uno particolare.
«Se mai un giorno mi dovesse accadere qualcosa, ti prenderai cura del bambino o della bambina?».
«Certo che lo farò», rispose e dopo un attimo in cui sembrò riflettere su qualcosa di molto importante aggiunse, «Perché questa domanda?».
Mi prese in contropiede e cercai si non smascherarmi con le mie mani.
«Non lo so, non vorrei che rimanesse senza qualcuno vicino, senza una famiglia».
Abbassai gli occhi e sperai che ci credesse, anche perché non era del tutto falso, ma non era certo quello che sarebbe accaduto veramente.
Ci fu un istante di silenzio, poi mi alzò la testa e mi obbligò a guardarlo.
«Non ti succederà niente, okay? Finché potrò, ci sarò io a proteggerti e so che anche Matthew lo farà. E un giorno avrai una famiglia, te lo prometto».
Il modo in cui pronunciò il nome del suo peggior nemico, senza quella smorfia che di solito gli storceva le labbra, mi stupì, così come la certezza di ciò che aveva detto traspariva dal tono fermo della sua voce.
Sentimmo dei passi per le scale. Nello stesso istante in cui qualcuno bussò alla porta, il vampiro mi schioccò un bacio sulla fronte e sparì.
Era mio fratello che voleva sapere cosa era successo.
Gli raccontai tutto molto brevemente e sminuendo il più possibile le parole di nostro padre per non farlo infuriare troppo. Non appena esposi l’opinione che ora aveva di me, Luca scattò.
«Stai scherzando? Dimmi che non è così!».
Scossi la testa.
«E per questo ti ha lasciata in mezzo alla strada? Non ci posso credere! È davvero…».
Non riuscì a finire la frase, perché Matt entrò dalla finestra con una folata di vento.
«Cosa ha fatto?», sibilò.
Aveva gli occhi rossi dalla rabbia, segno che aveva udito l’ultima frase di Luca.
Sapevo di cosa era capace quando si alterava e non era il caso di peggiorare la situazione. Inoltre, non volevo che facesse qualcosa di cui poi si sarebbe pentito.
Mi alzai e mi avvicinai a lui.
«Ascolta, non importa. Ormai è passato».
«Se prova un’altra volta a fare una cosa del genere, lo distruggo. Non me ne frega niente se è tuo padre, non può trattarti così, per nessun motivo».
Le mani gli tremavano in modo convulso e gli occhi diventavano sempre più del colore del sangue.
«Non è successo niente, è stato… un gesto impulsivo, non…».
«Me ne fotto se è stato un gesto impulsivo o no!».
Gli presi il volto e lo avvicinai al mio, cercando di non pensare che a neanche un metro da noi c’era mio fratello che ci stava osservando.
Non aprii più bocca, tanto sapevo che avrebbe trovato una risposta a tutto ciò che avrei detto, semplicemente appoggiai la mia fronte sulla sua e aspettai che il suo respiro tornasse regolare.
Passai le dita fra i suoi ricci, consapevole che quel semplice gesto era capace di calmarlo. Quando il verde smeraldo che tanto mi piaceva tornò a brillare, sfiorai le mie labbra con le sue per qualche secondo. Lui, invece, mi afferrò i fianchi e premette la bocca per baciarmi. Era il primo bacio da quando avevamo deciso di recuperare il nostro rapporto e per qualche istante dimenticai tutto il resto. Mi era mancato sentire il suo sapore sulla lingua, mi era mancato quel contatto che ci legava e ci rendeva uniti.
Mi tornò in mente che non eravamo soli e stavo per staccarmi imbarazzata, quando all’improvviso Matt si voltò verso la finestra e si mise davanti a me, piegato in avanti, mostrando i canini al sole che ormai stava tramontando.
Che stava facendo? Non appena Joe entrò con le mani in alto, capii e vidi mio fratello alquanto stupito.
«Che cazzo ci fai tu qui?».
«Volevo solo assicurarmi che lei stesse bene», disse accennando a me con lo sguardo, «Mentre me ne stavo andando ho percepito la tua rabbia e volevo solo essere sicuro che avresti mantenuto il controllo».
«Io non farei mai male a qualcuno che amo, in nessun modo», sibilò.
La sua voce era piena di collera e di tensione.
Cercai di mettermi tra i due, perché sapevo che non si sarebbero mai affrontati se ci fosse stato il rischio di ferirmi, ma Matthew mi precedette e in un secondo mi ritrovai al muro.
«Tienila ferma», ordinò a Luca e si voltò nuovamente verso il vampiro.
Mio fratello cercò di protestare ma fu zittito subito.
Le mani avevano ripreso a tremare e stavolta tutto il corpo fremeva. Dovevo fermarlo. Era diventato un’altra persona e quella volta non si sarebbe limitato alle parole, per niente. Guardai Joe e all’istante capii che lui non si sarebbe difeso in alcun modo.
Provai a scostare mio fratello, ma lui mi fermò le mani e mi parò la visuale. Dal sua sguardo traspariva il timore che sarebbe accaduto qualcosa, ma non sarebbe mai andato contro il suo migliore amico. Con le labbra mimai un “ti prego”, e dopo qualche secondo allentò la presa e mi lasciò passare.
Quando Matt mi vide, irrigidì la mascella.
«Ti avevo detto di tenerla!», urlò.
Mi piantai davanti a lui e lo fissai. Poi presi un gran respiro e cominciai a parlare.
«Ascoltami, lascia stare. Cosa pensi di risolvere facendo così? Oramai quello che è successo è acqua sotto i ponti e questo non è il modo di risolvere tutto questo casino. So che sei incazzato per quello che ti ha fatto, ma così puoi solo peggiorare le cose».
«Cosa dovrei fare secondo te? Lasciare che ti ammali così quando morirò potrà averti?!».
Scossi la testa stupita.
«Lo sai che non sarà così, io appartengo a te. Ormai sei tu che hai in mano il mio cuore».
Non rispose, riflettendo chissà su che cosa. Pian piano i muscoli della mascella iniziarono a rilassarsi.
Mi voltai verso Joe e gli feci capire che forse era meglio se andava via. Dopo neanche un secondo era sparito.
Mio fratello mi aiutò a far ragionare Matthew, sia per quanto riguardava mio padre sia per quanto riguardava Joe.
Quando mio fratello ci lasciò da soli, mi avvicinai a lui e lo abbracciai, appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Stai bene?».
«Più o meno», sussurrò con il viso fra i miei capelli.
«Mi dispiace, davvero. È colpa mia se c’è tutto questo casino», dissi dandogli un bacio sul collo.
«Non è così, non devi neanche pensarla una cosa del genere».
Stavo per protestare, ma lui mi zittì con un bacio. Lasciai che le mie labbra si muovessero con le sue, senza opporre resistenza. Lo sentii cingermi la vita e sollevarmi delicatamente con la stessa facilità con cui avrebbe alzato un libro, per poi andarsi a sedere sul letto e poggiarmi sulle sue gambe senza mai smettere di baciarmi.
«Lo sai che sei solo mia, vero?».
«Sì», dissi sorridendo.
   
 
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